I Record delle World Series

Babe Ruth e Yogi Berra, due abbonati alle World Series

Ha inizio lo show finale.

Cubs e RedSox rimarranno all'asciutto per la 95-esima e 85-esima volta consecutiva, rispettivamente. Gli Yankees proveranno a centrare il 27-esimo succcesso per distanziare Athletics e Cardinals che seguono lontani a quota 9; i Marlins tenteranno di bissare il risultato del 1997 per rimanere imbattuti nelle serie di post-season. La compagine di Miami dovrà  inoltre tenere alto il nome della National League che, da quando le World Series la vedono opposta all'AL (1903), si è aggiudicata 40 World Champioships contro i ben 58 della lega più giovane.

Record individuali nella classica di autunno.
Dei 10 successi personali di Yogi Berra, che lo pongono in cima alla lista davanti a DiMaggio, abbiamo già  detto all'inizio dei playoff; il simpatico catcher Yankee è anche colui che ha disputato più incontri di World Series: guida a quota 75, seguito da Mantle (65) e Howard (54).

Il primato di battute valide è sempre una questione tra Yogi (71) e The Mick (59), ma la media più alta, tra coloro che hanno un numero significativo di apparizioni nel box, se la spartiscono Pepper Martin e Paul Molitor con .418.
Mantle è il re degli homer (18), in cima ad una compagnia di tutto riguardo: Ruth (15), Berra (12) e poi Snider, Gehrig e Reggie Jackson.

Arlie Latham è il principe dei ladri con 28 SB, seguito da Ward, Brock e Collins. Tra i lanciatori Whitey Ford guida per presenze (22), vittorie (10) e sconfitte (8 come Caruthers); il primo dei tre primati è alla portata di Mariano Rivera, che sabato partirà  da quota 18. Lo stesso Rivera avrà  l'occasione di incrementare la sua leadership nelle salvezze (8 finora).

Whitey Ford conduce anche la classifica degli strikeout con 94, ma i pitcher che hanno ottenuto eliminazioni personali con maggior frequenza sono Orlando Hernandez (11,1 ogni 9 riprese) Bob Gibson (10,2) e Sandy Koufax (9,6). A breve distanza troviamo Roger Clemens, che però difficilmente ritoccherà  verso l'alto la sua media.

Infine i valori di ERA più bassi (per chi ha lanciato un numero significativo di inning) sono di Harry Brecheen (0,83) e Babe Ruth (0,87).

Restando sugli allori dei singoli, dal 1955 viene eletto il Most Valuable Player di ogni World Series: Johnny Podres si aggiudicò per primo il riconoscimento nell'anno del trionfo di Brooklyn; dopo di lui il premio è andato 25 volte ad un lanciatore, mentre nessuna delle restanti posizioni difensive raggiunge quota 10.

Sandy Koufax, Bob Gibson e Reggie Jackson sono gli unici ad essersi ripetuti quali MVP: Sandy e Bob ci sono riusciti nel cuore degli anni '60, mentre Mr. October (non per niente) si è imposto nel '73 militando ad Oakland e nel '77 con gli Yankees. A questa breve lista possono provare ad aggiungersi quest'anno Jeter e Rivera.

Nel 1960 Bobby Richardson degli Yankees è stato giudicato il migliore, il solo ad esserci riuscito giocando nella squadra sconfitta, e l'unico rappresentante dei seconda base.

Nel 1981 ben tre giocatori si sono spartiti gli onori: Guerrero, Cey e Yeager sono stati infatti ritenuti egualmente meritevoli nel successo dei Dodgers; analogamente nel 2001 Curt Schillng e Randy Johnson sono stati co-MVP nel trionfo di Arizona.

Veniamo ai timonieri. Joe Torre, artefice del poker Yankees di fine millennio, tenterà  l'attacco al terzo posto di Connie Mack (5 titoli con i Philadelphia A's), tra i manager più vincenti della storia. Sul trono, appaiati a quota 7, siedono Casey Stengel e Joe McCarthy.

McKeon dei Marlins, dal canto suo, sarà  il più anziano manager in una World Series: a 72 anni supererà  Casey (70-enne nel '60) e Connie Mack (69 nella sua ultima apparizione). Se si aggiudicasse il titolo supererebbe entrambi quale più anziano vincitore: Casey, impostosi a 68 anni, guida con una manciata di mesi di vantaggio su The Tall Tactician.

Per finire i precedenti.
Grazie all'introduzione degli incontri interleague, la sfida Yankees-Marlins non è inedita: i Newyorkesi conducono per 8 a 6 gli scontri diretti, ma l'ultima sfida risale al 2001, quando in un Pro Player Stadium stipato, Derek Jeter accusò difficoltà  legate all'impianto di illuminazione.

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