Grande Cabrera in Gara 7 !
McKeon lo aveva detto subito dopo il proprio insediamento al posto di Jeff Torborg in maggio: "ragazzi, se avrete voglia di lavorare duro e dedicarvi a migliorare in tutti quei piccoli aspetti che ti fan vincere le partite, potrete giocare ad ottobre"". Nessuno sembrava crederci allora"ed in molti han perdurato nel proprio scetticismo anche durante le Championship Series.
Doveva essere la serie di Mark Prior e Kerry Wood, un duo di partenti di sicuro avvenire e dal grande presente"doveva essere la serie di Dusty Baker, in procinto di diventare il primo manager a condurre due squadre diverse alle World Series in due anni consecutivi"doveva essere la serie di Chicago, perlomeno della parte targata Cubs, quella avvezza alle delusioni, quella marchiata indelebilmente dalla "maledizione del caprone", quella alla caccia del primo pennant negli ultimi cinquantotto anni…
È stata invece la serie dei Florida Marlins, franchigia al proprio undicesimo anno di vita, che vincendo gara 7 al Wrigley Field, si laureava campione della National League per la seconda volta da quando, nel 1997, vide il proprio percorso culminare con la conquista dell'anello. Da allora molte delusioni, con la squadra del titolo smembrata e una serie di imbarazzanti stagioni che avevano finito per allontanare il grande pubblico. Ma se a maggio, la squadra dell'owner Jeffrey Loria, sembrava incanalata verso l'ennesima stagione di transizione, con un bilancio sotto il cinquanta percento di vittorie, all'indomani dell'impresa compiuta da Mike Lowell e compagni, pare essere tutto dimenticato.
Vincendo nella "città del vento" una gara sette come al solito altalenante nel risultato, i Marlins andavano infatti a iscriversi nel ristretto club di coloro in grado di recuperare una League Championship Series dalla scomoda situazione di una partita a tre, infilando un trittico di vittorie che in pochi sembravano prevedere.
Con le squadre tornate a Chicago dopo la clamorosa prestazione di Beckett sul monte in gara 5, con un complete game shutout e due sole valide concesse, i Cubs sembravano ancora saldamente favoriti per la vittoria finale, forti dei proprio partenti per le due sfide da affrontare sul diamante amico. Se Prior rimaneva coinvolto nella debacle di gara 6, in cui ad avvalorare la teoria delle maledizioni pendenti sulla testa dei Cubs, contribuiva un tifoso il quale, alla caccia di un prezioso souvenir, privava la propria squadra del quartultimo out della partita, era ancora Chicago a dormire sonni tranquilli cullati dal braccio potente di Kerry Wood.
Ma come in "Bianco Rosso e Verdone"quando Mario Brega ricorda che "questo braccio po' esse piuma o po' esse fero"", anche il braccio di Kerry Wood sembrava girare a vuoto nel primo inning, quando, dopo un paio di lanci fuori controllo che costringevano il proprio catcher a delle prodezze per evitare un wild pitch, Juan Pierre apriva le ostilità con una battuta su Sammy Sosa che si trasformava in un triplo dopo che l'esterno scivolava al momento di raccogliere la palla. Con Rodriguez che riceveva una base per ball, il ventenne Cabrera si presentava al piatto per spedire sugli spalti il proprio terzo fuoricampo della serie, per il 3 a 0 Marlins.
Con i tifosi di casa ammutoliti, un Wood apparentemente incapace di dominare sul monte, si presentava in battuta nel secondo inning sul punteggio di 1 a 3, per battere sul conto pieno l'home run da due punti che impattava la partita e che andava a segnare il quinto RBI della propria postseason. Era poi Moises Alou a regalare ai tifosi dei Cubs, l'illusione che il peggio fosse passato, quando spediva direttamente in Waveland Avenue, un lancio del partente Mark Redman.
Con i tifosi che riprendevano colore, il manager dei Marlins toglieva il proprio starting pitcher dopo tre innings per lasciare a Brad Penny la quarta ripresa. Nella quinta, era il turno di Beckett, che riprendeva esattamente da dove aveva lasciato in occasione di gara 5, ritirando dodici dei tredici battitori affrontati in quattro inning da rilievo, il cui unico neo era l'ininfluente fuoricampo concesso a Troy O'Leary nel settimo.
Se Beckett sembrava in pieno controllo, era proprio Wood a tradire le attese, incappando in un disastroso quinto inning che riportava avanti nel punteggio i Marlins: il doppio di Ivan Rodriguez faceva entrare il punto del 4 a 5 (decimo RBI di "Pudge" nella serie, un record che gli garantiva il titolo di Mvp) mentre gli RBIs di Cabrera e di Derek Lee, sancivano il sorpasso.
L'RBI single di Castillo contro Farnsworth nella sesta ripresa, rappresentava il settimo punto dei Marlins, ma anche il settimo punto concesso da Wood, appena uscito, mentre un doppio di Gonzalez una ripresa più tardi, metteva altri due punti sul tabellone, trasformando in un incubo la serata dei tifosi dei Cubs.
Finiva dunque 9 a 6, con Urbina e Pudge Rodriguez a saltare ed abbracciarsi ancor prima che Jeff Conine avesse effettuato l'out conclusivo su un pop di Paul Bako, nel silenzio spettrale di un Wrigley ammutolito. Steve Bartman, l'incauto tifoso protagonista suo malgrado di gara 6, assisteva da casa, sotto sorveglianza (ma per protezione o per evitare che si recasse allo stadio?) ad un finale di partita che ne metteva seriamente a repentaglio l'incolumità nei giorni a venire.
I Marlins si godevano finalmente gli elogi e l'attenzione dell'America intera, la stessa che aveva sostenuto per tutta la serie i propri avversari. Se Wood, il perdente di gara 7, si trincerava sconsolato dietro un: "I choked" (espressione idiomatica che indica l'atto di fallire nei momenti che contano) prendendosi l'intera responsabilità di aver fatto soffrire i propri tifosi, Dusty Baker, comprensibilmente più lucido, riconosceva agli uomini di McKeon i propri meriti: "non siamo noi ad aver perso, sono loro che ci hanno battuto"lo avevo detto prima di gara 6, 'se i Marlins batteranno i miei due migliori lanciatori, meriteranno di andare alle World Series"'".
Così è stato e se uno degli eroi della postseason, Miguel Cabrera, si teneva alla larga dallo champagne che aveva contribuito a far scorrere a fiumi, non disponendo dell'età legale per bere alcolici, Pudge, finalmente alle World Series dopo una carriera a predicare nel deserto dei Texas Rangers, dedicava un brindisi a McKeon, manager ispirato, in procinto di debuttare, a settantadue anni alle finali: "Jack ti vogliamo bene"hai ottenuto quello che volevi (le WS) e adesso le vinceremo per te"". Una promessa"ma che dalle parti di New York, potrebbe suonare come una minaccia"