Scatole e clubhouse

Donald Fehr, direttore esecutivo della MLB Player Association

Howard Bryant, giornalista di ESPN, ha parlato in questi giorni di quella che secondo lui è l'ultima porta aperta sull'era steroidi lasciata dalla lega. Non dal Mithcell Report, ma dalla MLB nella persona di “Bud” Selig. Tale porta sarebbe la mancanza di decisioni da parte del commissioner sui record fatti registrare, ad esempio, da Roger Clemens e Barry Bonds, e la eventuale esclusione dei suddetti dalla Hall of Fame. Prima di sbilanciarci su cosa debba essere fatto, esaminiamo il pre-report ed il post-report, o almeno come esso è profetizzato dal lavoro svolto negli ultimi 21 mesi dall'ex senatore.

Un mondo di doping

Dal 1995 al 2007 molti giocatori sono ricorsi all'utilizzo di sostanze capaci di migliorare le prestazioni. Che lo abbiano fatto per recuperare dagli infortuni o per mandare la palla 30 piedi più in là  poco conta. Hanno messo in pericolo la loro salute e minato la credibilità  della lega. Non solo, hanno traviato chi in loro vedeva un esempio di crescita come Mitchell ha ben spiegato nel suo documento. Non esistono scuse, non esistono attenuanti, non esistono scaricabarili, i coprotagonisti come Kirk Radomski non vanno presi come capri espiatori.

Il Mondo prima del Mitchell Report è un Mondo di sospetti, di parole dette sottovoce, di scatole dubbie recapitate direttamente nelle clubhouse delle squadre. Per noi che viviamo lontani dai confini statunitensi, è molto difficile capire quali fossero veramente le condizioni della situazione doping negli anni passati. Un indizio decisivo ce lo può dare una caratteristiche che pervade il rapporto pubblicato settimana scorsa: l'esplicitazione della trasparenza. Come può un uomo di fama come Mitchell dire in modo così chiaro che il suo rapporto è trasparente e nulla di ciò che emerso è stato omesso? Evidentemente nella "steroid era" questa trasparenza non era così ovvia come da ora ci auspichiamo che sia.

Ci aspetteremmo ben pochi cambiamenti dal report, visto che i nomi citati sono perlopiù di giocatori ritirati o meno conosciuti. Interpretare lo scritto però come una serie di nominativi, o meglio come una sorta di lista della spesa, non sarebbe del tutto giusto e non darebbe una visione d'insieme degli accadimenti. Infatti non si può passare sopra al trattamento che i media riservano a tali argomenti. Altra intenzione di Mitchell è quella di pregare la stampa e le televisione di non bistrattare i nomi presenti nel report, di non scadere nel sensazionalismo; anche questo dovrebbe essere ovvio, ma dalla vicenda BALCO/Bonds sappiamo che molto spesso le illazioni dei giornalisti hanno il loro peso nel creare nei non addetti ai lavori convinzioni sbagliate.

Infine, sembra che tutti abbiano preso sottogamba le prime avvisaglie della tragica situazione riguardante i PED, perché una delle raccomandazioni maggiori è proprio "La situazione è seria", come se il commissioner che viene a chiederti di svolgere un indagine sul doping nel suo sport non sia una situazione seria già  di per sé. Questa serie di puntualizzazioni chiarifica come il quadro generale del pre-report sia fosco, con figure losche che si muovono nell'ombra armeggiando siringhe e pomatine varie. E se consideriamo come obiettivo accendere una luce su tali figure, potremmo concludere che questo Mitchell Report sia veramente un grosso punto di svolta nella lotta al doping nel baseball. Purtroppo questa luce è accesa solo su una parte del fenomeno, cosa utile ma non definitiva per chiudere il conto.

L'alba del giorno dopo

Nelle parole di George Mitchell c'è più che altro un incitamento a seguire una strada di redenzione. Questa strada passa a suo dire dai seguenti punti:
1) Istituire un dipartimento investigativo che collabori con le autorità  federali, atto a fermare lo smercio delle sostanze in questione;
2) Migliorare l'informazione ed i programmi educativi circa l'uso di steroidi e simili;
3) Continuare con i controlli.

Se le sostanze illecite arrivavano persino nelle clubhouse allora la prima proposta è il minimo che ci si possa aspettare. La collaborazione tra forze dell'ordine e lega darebbe un senso di potenza al sistema, che sarebbe impossibile da aggirare, almeno nei luoghi "sacri" del baseball d'oltreoceano. Di solito non sono molto favorevole a prese di posizione così forzate e in un certo senso coercitive, ma a mali estremi, estremi rimedi. Non è possibile che il doping arrivi sotto gli occhi di tutti con una facilità  così disarmante, come se si trattasse di una qualsiasi attrezzatura di gioco. La presenza di veri e proprio insider (come Radomski e altri) nella vendita di ormoni mina in modo irrimediabile la credibilità  della Major League, ed una presa di posizione netta in questo senso aiuterebbe la sua futura riabilitazione. Concludendo, è bene ricordare come i giocatori sono perseguibili sportivamente e legalmente, per cui il primo dettame di Mitchell deve essere rispettato.

La famosa pubblicità  della palla da baseball, di quella da basket, da "soccer" e da football che si sgonfiano, parte di una odierna campagna antidoping in voga negli States, è un mezzo decisamente persuasivo. E' una possibilità  di agire direttamente sulle menti dei futuri possibili avventori, una soluzione che solo in teoria è più soft. Credere nella comunicazione è un passo avanti fondamentale in questa lotta; l'utopia è che se nessuno desidera prendere tali sostanze non le prenderà  nemmeno una volta arrivato nelle Majors. Le basi per realizzare questa utopia vanno gettate proprio ora, quando l'argomento è così caldo, per colpire in maniera uguale e contraria i giovani occhi che guardano le partite in Tv e sugli spalti, approfittando in modo positivo del sempre maggiore seguito che il nostro gioco preferito riscuote in questi anni.
Non sono in grado di scendere nella parentesi sociale nordamericana, ma distribuire volantini nelle scuole, promuovere programmi di educazione alla salute e allo sport pulito sarebbero pratiche legittime. Al contrario del discorso precedente, questa non è una priorità  assoluta, anzi fossi nelle istituzioni preposte allo scopo ci rifletterei in modo regolare prima di varare qualsiasi piano. Certo che se questo discorso finisse nel dimenticatoio, gran parte della implicazioni del report farebbe la stessa fine.

La falla che, apertasi nel 1991, ha portato all'inizio dell'era degli steroidi è stata la mancanza di controlli antidoping. Una volta approvato il controllo sui soli steroidi, gli atleti hanno iniziato a prendere ormoni della crescita, passando dalla padella alla brace. Certo nel '91 non si è voluto affrontare il discorso, poi ripreso nel 2002, dei controlli. Ma ora si vuole affrontare? A sentire le parola di Selig sulle intenzioni da parte dell'MLB di azionarsi in funzione degli spunti del Mitchell Report, sembrerebbe proprio di sì. Certo, non si possono avere controlli programmati visto che i giocatori marci hanno già  dato dimostrazione di quanto sia facile evitare di essere presi in flagrante. Proseguire sulla falsa riga di quanto fatto finora è una buona idea, ma un eventuale potenziamento della rete è indicato. Tutti questi cambiamenti, però, vanno presi con le molle: se è vero che approntando controlli e misure varie atte a distruggere il doping nel baseball in pochi anni sarebbe l'ideale, è altrettanto giusto sottolineare come nessuno vuole più sentir parlare di steroidi, e che quindi questo giro di vite ha bisogno di durare nel tempo. In poche parole, manteniamo una memoria del Mitchell Report per molti anni, e non solo per i prossimi 5-10 campionati.

Gli antagonisti

In ogni storia che si rispetti ci sono sempre i brutti ceffi, quelli che si contrappongono all'eroe nella persecuzione del suo lieto fine. Gli antagonisti di questa faccenda sono gli alti vertici della Players Association. Dimostrata ancora una volta la meschinità  di questa organizzazione, che si contrappone al giusto svolgimento dell'indagine non permettendo ai giocatori di essere intervistati dall'ex senatore (68 intervistati su 500 indagati), e che impone i suoi diktat ancora prima che il rapporto abbia un riscontro da parte della lega.
Siamo sicuri che non sarà  possibile parlare con loro di test antidoping più potenti ed esaustivi. Il problema è che la PA è un'organizzazione troppo potente, e visto che tutti ricordiamo quanto è difficile e buia un'annata senza baseball, le parole del commissioner sull'intenzione di dare chiarezza ancora maggiore al fenomeno suonano ovvie e di circostanza.

Non si può escludere che qualcosa venga fatto, ma a causa proprio di una PA così d'intralcio, il dubbio di non trovarsi di fronte ad un documento storico e realmente rivoluzionario ci sono tutti. Come abbiamo visto, le porte da chiudere sulla "Steroid era" sono molteplici, ma per tornare a quella che Bryant ha fatto notare, le osservazioni possono essere molteplici e riconducibili a due correnti di pensiero: il "Lasciamo passare" ed il "Puniamo!".
La seconda via è in realtà  una scelta tutt'altro che intelligente, ed il caso tipico è Roger Clemens. Cosa fare? Togliergli quattro Cy Young dei sette conquistati, ma lasciargliene tre perché prima non si dopava? Lo stesso discorso può essere fatto per tutti i colpevoli. Anche se la maggior parte degli scorretti è stata smascherata e sta ricorrendo alla confessione di massa per riabilitarsi, resta una fetta di "fortunati" che non è stata scoperta. Visto che non possiamo dire chi meriti i propri record e chi no, ecco che ci troviamo ad abbracciare la prima soluzione, quella di accantonare l'era appena passata, dare la Hall of Fame a chi ha avuto una mano dai PED e pensare al futuro. Mettere tanti asterischi di fianco a coloro che arrivano nell'arca della gloria avendo giocato in questi ultimi 15 anni non è nemmeno giusto per chi l'asterisco non se lo è proprio meritato.
Non etichetterei il Mitchell Report come inutile o scontato. Chi si aspettava fuochi d'artificio è forse rimasto deluso, ma chi invece pensa solo al bene del gioco ed alla redenzione di un Mondo così bello come quello del baseball a stelle e strisce, ha trovato nelle sue evidenti implicazioni una strada da percorrere ed una speranze per tornare ad avere uno sport pulito e dei record pienamente legittimi.

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