Grande Josh Beckett per i Marlins in Gara 5
Se il baseball è uno dei massimi esempi del concetto di "gioco di squadra", le due ultime gare giocate al Pro Player Stadium di Miami, sembrerebbero rappresentare una eccezione. Due dominatori assoluti, si ergevano per rubare il palcoscenico agli altri protagonisti in campo, centrando prestigiosi traguardi personali oltre che, ovviamente, aiutando i propri compagni nel conseguimento della vittoria.
Due "eroi" dunque, uno per parte, per far continuare una serie che se non ha ancora offerto risse da saloon e settantenni sull'orlo di una crisi di nervi, ha messo in vetrina del gran baseball giocato da due squadre dal grandissimo carattere e dalla spiccata mentalità vincente….a prescindere da come andrà a finire.
Certo la serie sembrava sul punto di concludersi dopo pochi innings di gara 4, con i Cubs a maltrattare il loro ex prospetto Dontrelle Willis e con un Matt Clement intento a dimostrare come nella trade del marzo 2002 che aveva visto protagonisti i due partenti, non erano necessariamente i Marlins ad averci guadagnato. L'8 a 3 finale a favore di Chicago andava a rompere l'equilibrio che sembrava sino ad allora dominare la serie, ponendo i Marlins nella scomoda condizione di dover centrare tre vittorie consecutive, di cui due sul diamante del Wrigley Field, per continuare la caccia al secondo titolo.
Erano ancora una volta gli uomini di Baker a partire forte, quando Aramis Ramirez, con le basi piene a seguito di tre walks concessi da Willis, batteva sul conto pari un grand slam che lo consegnava di diritto alla storia, come primo giocatore dei Cubs a riuscire in una simile impresa nella postseason. La serata di Ramirez si concludeva con un altro homer e con un RBI single che ne facevano il recordman, nei playoffs, per la franchigia, con dieci punti battuti a casa in nove partite.
Si metteva quindi subito bene per Matt Clement, il quale forte di un vantaggio che si dilatava sino al 7 a 0 nel quarto inning, poteva gestire quella che era probabilmente la sua miglior partita in carriera. 7 innings e 2/3 lanciati, con cinque valide e tre punti concessi, ne facevano il terzo partente dei Cubs a guadagnare una vittoria, dopo le 4 ottenute dalla premiata ditta Wood & Prior.
Le speranze dei Marlins di ribaltare la serie, restavano dunque affidate a Josh Beckett, partente per gli uomini di McKeon in gara 5 ed ennesimo power pitcher prodotto dal grande stato del Texas, presentatosi alla vigilia delle Championship Series con una media ERA di 2.26 nelle nove precedenti uscite.
"Non possiamo andare in campo pensando a vincerne tre di fila - sosteneva il rilievo Brendan Looper - devi affrontare la cosa non soltanto giorno per giorno, ma inning per inning"non possiamo vincerne tre in una volta sola"occorre andare fuori e giocare"". E non poteva esserci di meglio che un Josh Beckett dominante per cominciare quella rimonta da 1 a 3, che nella storia delle Championship Series è riuscita solamente a tre squadre (Kansas City nel 1985, Boston nel 1986 e Atlanta nel 1996). Meglio ancora se il partente avversario si chiama Carlos Zambrano, eccitabile pitcher che già in gara 1 non era stato in grado di gestire un largo vantaggio.
Zambrano, mai restio a mostrare le proprie emozioni con gesti e atteggiamenti plateali, aveva cercato di contenersi alla sua prima uscita contro i Marlins, ma nel tentativo di non snaturarlo, era stato proprio Dusty Baker a suggerirgli di essere sé stesso, non soffocando le proprie emozioni una volta in campo. Fine psicologia dunque, per l'esperto Baker, che sembrava pagare nei primi quattro innings, quando il giovane lanciatore, pur tra alti e bassi e uscendo da un paio di situazioni complicate, riusciva a tenere testa ai battitori avversari, mantenendo il punteggio sullo 0 a 0.
Ma se Dontrelle Willis, la sera precedente, era dovuto scendere dal monte già nel terzo inning, un Beckett in completo controllo mostrava che le continue dichiarazioni di McKeon, in cui il settantenne manager lo inseriva nella categoria dei Wood e dei Prior, non erano solo parole sparate al vento per motivare un proprio giocatore. A fronte di un lineup evidentemente ispirato, Beckett regalava soddisfazione a tutti coloro sostengano che a prescindere dallo stato di forma delle mazze e dall'entusiasmo di chi attacca, sono i lanciatori a cambiare la storia delle serie di playoffs.
Complete-game shutout per il ventitreenne pitcher di Florida, il primo da professionista se è vero che l'ultimo lo aveva lanciato ai tempi della high school e soprattutto una partita di grande intensità affrontata con piglio del veterano consumato, che non può non aver fatto felice il proprio manager, anche più degli undici strikeouts messi a segno a fronte di una sola base per ball e delle due valide concesse. In una serata memorabile, Beckett entrava nel club esclusivo di coloro in grado di lanciare un complete-game two hitter in una League Championship Series, assieme a Ross Grimsley, Jon Matlack e Dave Dravecky, mentre rimaneva il solo Roger Clemens l'unico ad aver concesso una sola valida in una intera partita valida per la conquista del sospirato pennant.
Proprio l'immagine di Clemens doveva attraversare la mente di molti nel quarto inning, quando ancora vive le immagini della baruffa occorsa al Fenway di Boston, Beckett sparava una fastball alta e interna che costringeva Sammy Sosa a gettarsi fuori dal box di battuta. Slammin' Sammy gradiva pochissimo e non si privava di mettere a conoscenza della cosa Beckett il quale scendeva dal monte per fare qualche passo verso casa base, anche se solo per ricevere la palla dall'arbitro. Pudge Rodriguez si frapponeva tra Sosa e il proprio lanciatore cercando di convincere l'asso di Chicago sulla assoluta involontarietà del gesto, ma Sosa memore di una regular season in cui è stato colpito per ben due volte alla testa, si rimetteva alla battuta affatto convinto.
"Credo che la sua reazione sia stata eccessiva"mi ha stupito"sembrava volesse trasformare questa partita in un'altra New York-Boston"" dichiarava Beckett il quale, per quanto stupito, metteva strikeout Sosa con un paio di lanci registrati sulle 100 miglia, non accennando a calare di intensità e soprattutto di velocità , neanche sul finale di gara, quando ancora i suoi lanci si attestavano sulle 98 mph.
A sbloccare il risultato poi, ci pensava l'eroe di gara 1 Mike Lowell, reinserito nel lineup da McKeon proprio per dare maggiore pericolosità offensiva alla squadra, il quale, con un uomo sulle basi, incontrava una slider di Zambrano per un fuoricampo che portava i padroni di casa sul 2 a 0. Con i Cubs in grado di battere dieci homers nelle prime quattro partite, erano dunque i Marlins a toccare duro il lanciatore avversario, andando a colpire ancora con Pudge Rodriguez nel settimo inning e con Jeff Conine nell'ottavo per il 4 a 0 finale che lasciava intatte le speranze della franchigia della Florida e che non demoralizzava di certo i Cubs, consapevoli di presentarsi a gara 6 ed eventualmente a gara 7 da favoriti, di fronte alla propria gente e con i proprio migliori lanciatori sul monte.
"Quando siamo arrivati qui il nostro obbiettivo era assicurarsi di tornare a giocare a Chicago" sosteneva Eric Karros mentre Moises Alou, poneva l'accento su vantaggi di carattere, per così dire, "ambientale": "siamo ancora avanti 3 a 2 e andiamo a casa"sembra che farà freddo e quella è la nostra condizione preferita"certo, io vengo dalla Repubblica Dominicana ma il freddo mi piace e poi avremo Prior a lanciare quindi abbiamo delle ottime chances"".
Ed è quello che pensano un po' tutti i tifosi di Chicago, che pur scaramantici a livelli di antologia e abituati a cocenti delusioni nel corso degli anni, non potranno negare un certo compiacimento all'idea di chiudere in casa quella serie che li consegnerebbe alle World Series per la prima volta dopo 58 anni. La prospettiva di far riposare i proprio giocatori in vista della sfida per l'anello non è necessariamente al centro dei pensieri della città del Blues e con i tifosi intenti ad imbastire ogni possibile rito propiziatorio, gara 6 è attesa come quella in cui potranno saltare finalmente i tappi dalle bottiglie di champagne.
Tra coloro che non si faranno una doccia sino a quando la serie non sarà conclusa e quelli che si assicurano di ripetere sempre ogni singolo gesto che abbia preceduto una partita vinta, i fantasmi di una possibile debacle aleggeranno come al solito, soprattutto se gara 6 non si metterà subito in discesa e d'altronde, come non comprenderli se è vero, come sostiene Spike O'Dell, conduttore di un programma radiofonico che "state parlando di una franchigia che non vince le World Series da 95 anni: se occorreranno bambole voodoo e spilloni magici, siamo pronti".".
Niente da eccepire, ma forse sarebbe il caso di prenderla con più tranquillità ; in fondo, come sosteneva un altro annunciatore radiofonico, Jack Brickhouse, "a tutti può capitare un brutto secolo"".