Mitchell Report: il punto

L'ex senatore George Mitchell, con Bud Selig sullo sfondo

Il Mitchell Report ha scoperchiato un vaso di Pandora. O forse no. In realtà  non ha detto praticamente nulla che già  non si sapesse. C'erano state voci, si sapeva di Kirk Radomski, l'ex tuttofare dei Mets. C'erano stati i nomi citati dal reo confesso Jason Grimsley. Cosa c'è di nuovo? Davvero poco. Più di 80 nomi sono stati fatti, e più della metà  riguarda giocatori già  ritirati. Alla fine l'unico che abbia fatto una figura davvero magra è Roger Clemens, distrutto da 9 pagine dedicate appositamente a lui. La sua carriera, in particolare dal passaggio ai Jays in poi, è completamente da riconsiderare.

I problemi però sono tanti, a partire dalle fonti. Le fonti sono davvero poche, e se non ci fosse stato Radomski, non sarebbe saltato fuori quasi nulla. Tanti giocatori hanno già  negato ed altri negheranno in futuro. Non ci sono test, e molte prove sono già  andate perse. Si lavora sulla memoria e su prove aneddotiche che non possono e non devono essere sufficienti. Ma cosa ha stabilito l'ex-senatore George Mitchell, che peraltro è un membro del Consiglio d'Amministrazione dei Boston Red Sox (ed alcuni, prima del rapporto, hanno messo in dubbio la sua imparzialità )?

I giocatori non collaborano

Praticamente nessuno della MLBPA, l'associazione dei giocatori, ha contribuito. Gli aiuti sono stati pochissimi e pochissimi sono stati i giocatori che si siano resi disponibili e/o reperibili. C'è stata grande omertà , appositamente consigliata da Don Fehr, il presidente dell'associazione. I giocatori hanno fatto muro, coalizzandosi, e così faranno anche da qui in avanti.

Le colpe sono di tutti

Un punto tipicamente cerchiobottista, ma è proprio così: alle squadre non interessava particolarmente investigare sui giocatori. Non pare che ci sia stato doping di squadra, ma vista la natura limitata della ricerca (alla quale hanno contribuito davvero in pochi), il fatto che ciò non sia stato scoperto non può e non deve escluderlo. In ogni caso, se le squadre non spingevano a doparsi, non facevano assolutamente nulla per impedirlo. I Red Sox hanno acquisito Donnelly e Gagne nonostante avessero forti dubbi sul loro passato. La loro inefficacia ed i loro infortuni successivi all'acquisizione corroborano i dubbi, e se da una parte in teoria dimostrerebbero come il doping sia cessato una volta arrivati a Boston, dall'altra mostrano anche la noncuranza ed il menefreghismo della squadra nei confronti delle precedenti abitudini morali dei giocatori. Ovviamente Boston è un esempio, ma pare che fosse un comportamento diffuso tra le squadre.

Tanta, tanta ignoranza

Alcuni giocatori, e citiamo Andy Pettitte su tutti, si erano informati ed avrebbero voluto utilizzare l'ormone della crescita in varie situazioni, ma poi l'hanno fatto solo per recuperare più velocemente dagli infortuni. Possiamo applaudire la volontà  di non imbrogliare (per migliorare le prestazioni), ma solo di tornare il prima possibile ad aiutare la propria squadra, ma dobbiamo sottolineare l'ignoranza per gli effetti delle droghe sulla propria salute. Senza contare, peraltro, che l'utilizzo di qualsiasi PED (Performance Enhancing Drug) in qualsiasi ambito equivalga comunque ad imbrogliare, in regime di proibizione.

Gli Yankees non sono una fabbrica di dopati (non più di altri)

New York è la squadra che è stata più colpita in termini di ex-giocatori. Molti, come Sheffield o Giambi, si sono dopati altrove, mentre altri lo hanno fatto tra la fine degli anni '90 e l'inizio di questo millennio. Se tanti nomi appaiono degli Yankees di quel periodo (come Knoblauch, Pettitte, Clemens), è anche perché una delle fonti principali è stato Brian McNamee, ex preparatore atletico di Toronto e New York Yankees, uno dei principali clienti di Radomski. Purtroppo se ci fossero state altre fonti, è molto probabile che avremmo trovato altro marcio riguardante tutte le squadre MLB. E già  così è stato fatto in parte. Anche i Red Sox, nei confronti dei quali si temeva che Mitchell potesse essere generoso, hanno visto più di 10 giocatori o ex-tali implicati, e sono una delle squadre più toccate. Prevalentemente questo è anche dovuto al fatto che Radomski lavorasse per i Mets e rifornisse molti clienti sulla costa orientale (quelli della costa occidentale avevano in gran parte altri fornitori, a partire dalla BALCO e chissà  quante altre organizzazioni simili sconosciute). Un'altra squadra particolarmente colpita è quella degli Orioles, soprattutto a seguito delle ammissioni di Grimsley, oltre che di Radomski, proprio a dimostrazione del fatto che sia presumibile che tutte le organizzazioni avessero problemi molto simili, ma solo su alcune si sia fatta luce per forza di cose. Inutile criminalizzare alcune squadre più di altre: tutte sicuramente sapevano, forse nessuna incoraggiava, tutte sicuramente se ne infischiavano.

I nomi non sono importanti

Mitchell si è concentrato sull'effetto del doping sui giovani, sul futuro dello sport e su come queste problematiche possano essere risolte, rimosse e cancellate da qui in avanti. Difficile che venga fatto, ma chiaramente adesso Selig ha una bella gatta da pelare. Colpire i (pochissimi) che sono venuti a galla, far passare tutto sotto silenzio o cos'altro? E cosa si farà  con la Hall of Fame quando arriverà  il momento dell'elezione di Bonds (molto ridimensionato nel contesto emerso)? O quello di Clemens? Il punto è che sappiamo che ce ne siano tantissimi altri, ma solo alcuni sono stati sfortunati e sono stati beccati. Punirli, consci delle limitazioni, o spazzare tutto sotto il tappeto guardando al futuro? Tristemente dobbiamo prendere atto del fatto che la mancanza di altri nomi in questa investigazione non sia assolutamente sinonimo della loro innocenza. Tantissimi non sono stati (e non saranno) beccati. Abbiamo la certezza superficiale (e priva di prove concrete in alcuni casi, come per Brian Roberts) che gli elencati siano colpevoli, ma non possiamo dire che gli scagionati siano innocenti. Per certi versi è orribile, perché non aiuta molto nella valutazione del panorama globale MLB.

Impossibile collaborare coi giocatori

La realtà  è che c'è sporcizia tra i giocatori. Jose Guillen si è dopato, ed al contrario di molti, pur non potendo negare nulla, ha rifiutato la sospensione di 15 giorni (oh, sarà  troppo?) che gli è stata inflitta. E la MLBPA lo ha appoggiato incondizionatamente. Tristemente, potrebbero pure vincere visto che non ha fallito alcun test (le uniche prove riguardano l'acquisto di sostanze illecite e non l'utilizzo) e visto che l'acquisto è stato effettuato quando la sostanza non era ancora illegale. I giocatori non collaborano, apertamente ostacolano le indagini e si ribellano alle punizioni. Si riconduce al discorso sull'omertà : a loro va bene così, e questo fa temere il peggio, perché dalle indagini è emerso che le stelle, per la maggior parte, si siano dopate prevalentemente per recuperare in fretta dagli infortuni o tenersi a galla nei momenti di declino. La maggior parte dei dopati è gente che altrimenti non sarebbe stata da MLB, gente piccola con nomi piccoli ed oscuri: si inizia a temere che il doping possa riguardare l'oceano, con gli innocenti a fare la parte delle isole, anziché il contrario. E' logico quindi che la MLBPA voglia difendere il grosso dei propri clienti, ma qualcosa andrà  fatto e Fehr avrà  grandi responsabilità . Ha sempre ostacolato tutto, cercando di non far neanche testare i propri giocatori, ma adesso è troppo. Dovranno far qualcosa. Temiamo che continuino ad opporsi però.

Diffidenza nei confronti dei giocatori sempre rotti?

Una conclusione indiretta del Mitchell Report è che i giocatori sempre rotti e che perdono efficacia da un giorno all'altro possano essere ex-utilizzatori di prodotti dopanti (specie per guarire dagli infortuni) che abbiano smesso successivamente. E' tipico il caso di Donnelly e Gagne, ma a questo punto dobbiamo iniziare ad ipotizzare altri nomi in tal senso? Ci auguriamo di no.

Ma" l'MLB è un po' più colpevole!

Adesso possiamo puntare le dita ai vari Clemens, Pettitte e compagnia cantante. Ma al di là  di tutto c'è un problema mica da ridere: fino ad alcuni anni fa il doping era legale (come accennato sul caso Guillen). L'HGH è stato reso illegale solo pochi anni fa, e non c'è ancora un test. Il THG è diventato illegale solo nel 2004, e gli steroidi anabolizzanti pochi anni prima. I test non ci sono stati fino al 2004 e le sospensioni erano ridicole. Non è stato fatto abbastanza per scongiurare il rischio di doping, e non è stato fatto quasi niente per reprimerlo. Come ci si può arrabbiare inoltre coi giocatori che si dopavano quando era legale? Possiamo punire Roger Clemens per aver preso delle sostanze che erano tanto legali quanto il Gatorade all'epoca? Forse eticamente ciò che ha fatto è sbagliato, ma tutti potevano farlo e mettersi in pari con lui. I soldi li avevano, le possibilità  pure e non era proibito. Il doping era sullo stesso livello delle diete, degli integratori e dell'allenamento, e tutto questo è colpa di Selig. Ora con che faccia, dopo essere stato il principale responsabile dell'inattività  dell'MLB, andrà  a colpire gente che ha intrapreso attività  legali quando lui stesso girava le spalle? Che sia chiaro, non giustifichiamo neanche per un attimo quei giocatori che hanno sfruttato un "vuoto legislativo" per imbrogliare utilizzando mezzi non illeciti ma moralmente riprovevoli, ma se loro hanno colpa, è anche vero che l'MLB si deve vergognare per aver permesso che quel vuoto legislativo ci fosse. Per qualche motivo il doping negli altri sport professionistici americani viene tollerato meglio da una parte del pubblico, ma questa non è una giustificazione (invece Selig ha continuato a propinarci la brodaglia sui "migliori test degli sport pro") ed anzi dovrebbe essere una spinta a lavorare di più e con più efficacia. E' intollerabile la scusa del "gli altri sono pure peggio di noi". Selig ha tantissime colpe e responsabilità  e deve assumersele. Legalmente temiamo che gli imbroglioni del passato possano non essere perseguibili, e forse (sempre e solo da un punto di vista strettamente legale) è pure giusto così, grazie all'immobilità  del commissioner all'epoca.

Si deve lottare!

L'ultimo punto è senza dubbio il più importante. Mentre alcuni vorrebbero gettare la spugna, e tornare ad alcuni anni fa rendendo tutto legale per tutti, l'ingiustizia non si può tollerare. Perché gli integratori si e il doping no? Per una questione di salute. Tecnicamente, chiunque voglia danneggiare la propria salute senza danneggiare gli altri dovrebbe avere la libertà  di farlo, ma questo non può andare a discapito della competitività  sul campo. Non è possibile che un atleta arrivi alla decisione di doversi ritirare (o finire in panchina, o nelle minors) oppure di doparsi. Non si deve obbligare nessuno al doping pur di rimanere al passo coi rivali, ed è per questo che si deve continuare la lotta.

Adesso la palla è nel campo dell'MLB, e tante cose dovranno essere fatte. Purtroppo i rimedi proposti per il momento sembrano abbastanza superficiali ed inefficaci senza l'aiuto deciso dell'associazione dei giocatori. Speriamo che la loro cooperazione ci sia, ma ne dubitiamo, e l'MLB potrebbe aver semplicemente scoperto l'acqua calda con questi 2 anni (quasi) di investigazione.

Chiunque voglia leggere l'intero Mitchell Report, tutto sommato piuttosto interessante nonostante tutto, può farlo qui, mentre qui c'è un riassunto, entrambi nel formato PDF. Se volete vedere rapidamente quale sia la lista di giocatori implicati, potete farlo cliccando qui. Infine, questa è una cronologia dell'era degli steroidi in MLB, mentre questo è un rapido riassunto con la maggior parte dei nomi elencati, con le relative motivazioni (più rapido della lista completa, per chi avesse poco tempo). Per chi volesse saperne di più anche riguardo ad altri giocatori implicati e fonti originali ed ormai antiche nel tempo, questo sito fornisce parecchie interessanti informazioni.

Rimanete sintonizzati su Play.it: nei prossimi giorni pubblicheremo una cronaca più precisa e dettagliata sul Mitchell Report, i suoi risultati ed i giocatori implicati.

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