Triste finale di stagione, e forse di carriera, per Tom Glavine
Giustizia è stata fatta, la squadra più in forma della National League East, si è aggiudicata meritatamente il pennant della Division, i Philadelphia Phillies, per la prima volta dal 1993, raggiungono la post-season.
Ma…. un momento! Che ne è della “grande favorita”?
Che fine ha fatto della “squadra da battere alle prossime World Series”?
I New York Mets, grande città , grandi giocatori e soprattutto grande monte salari, dove sono?
Hawaii, Barbados, Kaiman, Polinesia, Mauritius, ecco dove sono, in vacanza, senza pennant, senza post season, e neanche a letto senza cena.
Il solito mese conclusivo di regular season imbarazzante e deficitario tinto rigorosamente di blu e arancio, ha contraddistinto i 30 giorni settembrini di New York Queens borough. Leadership nella National League East fin dal 16 maggio, a tratti il miglior record della Major League, a tratti un gioco esaltante, un attacco mitraglia e un monte di lancio granitico, fino a venerdì scorso. Sabato pareggio in testa, e domenica l'ennesima disfatta, servita ancora una volta di fronte agli eroici sessantamila dello Shea Stadium. Eccoli, proprio loro.
Loro si, avrebbero meritato di meglio, meglio della ultima settimana a Flushing, 4-13, 9-10 e 6-9, cappottati in casa dai Washington Nationals, ovvero l'attacco meno prolifico della MLB, sconfitta 0-3 dai demotivati St.Louis Cardinals nel recupero della partita del 28 giugno, e sconfitta 4-7 dai Florida Marlins, sconfitta che mette nelle mani dei Phillies la National League East.
A questo punto però torniamo indietro, allo spring training, quando le perplessità sui Mets erano molto forti. Infatti la combriccola di Randolph si ritrova con il solito grande attacco esplosivo, una line-up sulla carta imbattibile e con un potenziale di fuoco impressionante, ma con una rotazione di partenti debole, con Pedro Martinez in arrivo solo a agosto inoltrato, con Tom Glavine con una ennesima stagione in più sul braccio, con Orlando Hernandez sempre tormentato dagli infortuni, e con le incognite John Maine e Oliver Perez tutte da verificare.
Anche il bullpen è una mezza scommessa, Feliciano, Heilman, Wagner, Williams, Mota (scontata la squalifica per doping) confermati, a cui si vanno ad aggiungere Sele e Schoeneweis, due solidi pitcher anche molto esperti.
Fin da subito le prove dei blu arancio sono straordinarie, come detto, fin dal 16 maggio i Mets prendono il comando della NL East, attacco straripante come al solito, conferme da All Stars di Reyes e Wright, Beltran risolutore di gare, Delgado un pò al di sotto delle proprie medie in carriera ma grandi prove di Shawn Green, Moises Alou, Paul Lo Duca e tutti il resto della line-up, che in stagione vede aggiungersi un grande giocatore come Louis Castillo.
Sul monte Wagner è una salvezza umana, Maine, Glavine e soprattutto Perez sono macchine da convincenti vittorie. Arriva agosto e la leadership dei Mets è consolidata, ma poi arrivano i Phillies. Cappottati i newyorkesi al Citizens Bank Ball Park in quattro gare a fine agosto, è il preludio della fine.
14 vittorie e 14 sconfitte nel mese di settembre per i Mets, nonostante il ritorno di Pedro Martinez (3-1 in cinque partite, e una ERA di 2.57), nonostante il magico mese di Moises Alou (una striscia di 30 partite consecutive con almeno una valida, in settembre ha battuto 400 di media) e nonostante tutte le mazze blu arancio non abbiano subìto nessun calo di rilievo.
Ma ritorniamo a sabato 29 settembre, con i Mets con le spalle al muro, in imbarazzante crisi sul monte e con l'attacco reduce da svariati passaggi a vuoto. Ed ecco arrivare il capolavoro di John Maine, una no-hitter fino all'ottavo inning, una valida concessa e ben 14 K. 13-0 per i Mets e sconfitta dei Phillies, ed entrambe le squadre pari in vetta alla NL East.
Ci vuole la grande prova, ancora contro i Marlins, per arrivare alla post season. L'uomo del monte è Tom Glavine, veterano di mille battaglie. Ecco fatto. 0.2 inning giocati, 7 punti concessi, e il probabile addio al baseball giocato, di certo non un bel ricordo, visto che compromette fin da subito la più importante partita della stagione dei Mets, finiti sconfitti per 1-8. Qualcuno allo Shea dice “è una vergogna”, e non gli si può dar torto.
Ma chi ha sbagliato? Cosa ha portato a questa disfatta dei Mets (perchè di disfatta si DEVE parlare, con il Salary Cap che si ritrovano e con i nomi che compongono il roster)?
Come spesso accade le ragioni possono essere molteplici, la incapacità di Willie Randolph di gestire le eventuali tensioni all'interno della Clubhouse e di gestire le chiamate offensive nei momenti chiave (molti ex-Mets -ad esempio Cliff Floyd- hanno sparato a zero sulla gestione offensiva di Randolph), la assenza di un vero e proprio leader dello spogliatoio e in campo, la preparazione fisico-psicologica dei pitchers partenti, che nella seconda metà della stagione sono crollati, e infine le scelte di mercato di Omar Minaya, che ha colpevolmente trascurato il monte di lancio (a partire dalla cessione di Brian Bannister) per concentrarsi su grandi fuoricampisti con grandi nomi e grandi contratti, e che a distanza di tre anni dall'inizio della sua missione ha portato solo ad un pennant della NL East, lo scorso anno.
Molte le domande poche le risposte, per il futuro di questi Mets.