Gara-3 tra Red Sox e A’s

L'Home-Run decisivo di Trot Nixon

Dalle premesse di Gara-1, più di 4 ore di gioco, la possibilità  che questa sarebbe stata una serie combattutta era più che concreta, anche se la terrificante prova sul monte in Gara-2 di Barry Zito, tornato a mostrare la sua leggendaria curva, quella che gli ha fruttato il Cy Young Award tanto per intenderci, aveva fatto pensare ad un possibile, e clamoroso, sweep.

Ma i Boston Red Sox non potevano permettere questo affronto, un'altra eliminazione al primo turno, un'altra occasione mancata per incontrare gli Yankees nei play-off e sfatare l'ormai secolare “maledizione del bambino”, lanciata da Babe Ruth all'epoca dell'ultimo titolo Red Sox dopo il suo passaggio ai Bronx Bombers.

In più Gara-3 di queste Division Series di AL si giocava al Fenway Park, prima volta in questi play-off, uno stadio che gronda tradizione da tutti i mattoni.

Sul monte, come previsto, Grady Little mandava il perdente di Gara-1, Derrek Lowe, che aveva finalmente la possibilità  di giocarsi una partita dall'inizio, come sua abitudine, e non essere costretto dagli eventi a dover entrare come rilievo negli extra-inning.

Per Oakland il partente era Ted Lilly, vista l'assenza per infortunio di Mark Mulder.

E proprio i due pitcher partenti sono stati i grandi protagonisti dell'avvio di partita, rimanendo sul monte per 7 inning ciascuno, senza concedere punti e lasciando l'incontro sul punteggio di 1-1.

Infatti se nel primo inning un'interferenza del terza base degli A's Eric Chavez consentiva a Jason Varitek di segnare l'1-0 Boston, nel sesto un insolito, e quanto mai raro, errore di Nomar Garciaparra su una grounder lasciava via libera a Erubiel Durazo di segnare il punto del pareggio.

E allora, con i rilievi dei 2 team che mantenevano il punteggio, si arrivava, esattamente come in Gara-1, agli extra-inning.

Tensione, e anche un po' di paura, sugli spalti del Green Monster, con i tifosi dei Red Sox che temevano un macabro ricorso storico, un'altra vittoria sfumata in una partita maratona che avrebbe per giunta significato eliminazione dalla corsa alle World Series e “cappotto” in casa.

Ma stavolta le “calze rosse” non hanno tradito i propri tifosi, ormai da troppo tempo in attesa di soddifazioni: undicesimo inning, sul monte per gli A's c'è Rich Harden, il vincente della prima partita fiume.

Come pinch-hitter si presenta al piatto Trot Nixon, non al 100% e limitato da un infortunio alla gamba, al posto di Gabe Kapler.

Sono passati 15 anni dall'ultimo home-run di un pinch hitter nei play-off, quello memorabile di Kirk Gibson nel nono inning di Gara-1 delle World Series 1988, ironia della sorte proprio contro gli Athletics.

Ma a questo punto sono i tfosi degli A's a veder riaffiorare i fantasmi del passato: potente blast di Nixon che con un uomo in base spedisce la pallina oltre le recinzioni e consegna Gara-3 nelle mani dei padroni di casa, con il Fenway Park che incita la pallina “dagli” spalti, spingendola metaforicamente “sugli” spalti.

E così è, con Nixon che compie il suo giro delle basi da eroe e Rich Harden che incassa la sconfitta che porta il suo bilancio nella serie a 1 vittoria ed 1 sconfitta; quando si dice l'importanza dei rilievi.

Ora, con la serie riaperta ma sempre comandata nel punteggio da Oakland per 2-1, si torna in campo per Gara-4, sempre a Boston, con i Red Sox che hanno però riacquistato convinzione, coraggio, ma soprattutto inerzia.

La rotazone a 4 di Little prevede sul monte l'esperto John Burkett, mentre anche per via degli infortuni di Mulder e Neu Oakland torna ad affidarsi, ed è un gran bell'affidarsi, a Tim Hudson, con Zito pronto a salire sul monte per un'eventuale, e a questo punto storica, Gara-5.

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