Grande Gara 2 per Barry Zito, il miglior pitcher del 2002
Con le spalle al muro"questa la metafora più gettonata per descrivere la condizione dei Boston Red Sox, alla vigilia di gara tre delle AL Division Series. Certo trovarsi sotto due a zero, in una serie al meglio delle cinque partite non sembra la situazione adatta a suggerire considerazioni di carattere ottimistico, ma come tutti ben sanno nella clubhouse bostoniana, abbandonarsi allo sconforto, sarebbe come abdicare.
Certo dopo la sconfitta agli extrainnings in gara uno, con il bunt di Hernandez già entrato a far parte della piccola storia di questa postseason, sarebbe stato lecito aspettarsi una reazione"o un crollo"ed è il secondo ad essersi puntualmente verificato, precisamente al secondo inning di gara due, quando gli A's hanno piazzato una parziale di cinque punti che ha virtualmente consegnato la partita nelle mani di un ispirato Barry Zito e della sua curva mancina.
Sette inning lanciati con cinque valide subite, un solo punto concesso nonché nove strikeouts di cui cinque consecutivi tra il quarto e il quinto inning, rendono solo parzialmente l'idea del dominio esercitato dal vincitore del Cy Young Award del 2002, autore di una prestazione che oltre a garantirgli la terza vittoria in quattro apparizioni ai playoffs, è apparsa come il segnale di una ritrovata fiducia, quella fiducia andata un po' persa, durante quella che è stata, per Zito, una stagione difficile, da 14 vinte e 12 perse e che proprio il manager Macha, sembra attribuire al peso dell'onore individuale toccato al proprio giovane asso, dopo le 23 vittorie e le 5 sconfitte del 2002.
"Parlando con lui - sostiene Macha - credo fosse preoccupato di dover difendere il Cy Young Award vinto lo scorso anno, piuttosto che preoccuparsi di andare in campo per fare quel che sa fare"".
All'indomani di gara due, con gli A's a una passo dal passaggio alle Championship Series e la prospettiva, nel peggiore dei casi, di avere ancora Zito sul monte di lancio in una eventuale ed affatto remota gara cinque, in cui affronterebbe in un confronto stellare Pedro Martinez, la pressione sembra tutta sulle spalle dei poveri Red Sox cui però non mancano appigli per poter sperare in una storica rimonta: tanto per cominciare, l'ubicazione di gara tre e gara quattro (ove necessaria) nello storico Fenway Park, rende molto fiduciosi gli uomini del manager Grady Little, in grado di collezionare un record di 53-28 sul diamante amico, a fronte delle 42 vittorie e delle 39 sconfitte in trasferta (con 6.6 punti di media all'ombra del Green Monster, pronti a scendere a 5.3 di media lontano da casa).
Ed è esattamente sulla potenza del proprio lineup, che Little sembrava contare per mettere in difficoltà il formidabile pitching staff avversario, grazie a una stagione regolare che ha visto Manny Ramirez e compagni piazzarsi ai vertici delle Majors, per media battuta, punti, valide, doppi, basi totali, extra-base hits, percentuali slugging e on-base"e se Ramirez si è reso protagonista in gara due, di una goffa giocata difensiva (dovuta in parte al sole, in parte ad una cattiva valutazione) su una volata sugli esterni di Eric Byrnes costata due punti ai Sox nello sciagurato secondo inning, è proprio offensivamente che dal buon Manny, come dal resto del lineup, sembra lecito attendersi una reazione.
Il ritorno al Fenway, come detto, dovrebbe aiutare a migliorare percentuali non entusiasmanti (Ramirez .125, Ortiz .000, Mueller .222) da parte del cuore dell'ordine di battuta, ma non sono soltanto "le mazze" ad attendersi di trarre giovamento dall'aria (leggi terreno) di casa: come partente in gara tre, si presenterà infatti sul monte un Derek Lowe deciso a non chiudere, davanti ai propri tifosi, una postseason cominciata con grandi aspettative: "Mi sento molto a mio agio qui"mi ci son sempre sentito"in attacco segnamo molti più punti"e l'erba alta del nostro infield mi aiuterà sicuramente"ma a questo punto conta poco dove ci troviamo a giocare"".
Sarà anche vero, ma se Lowe, dopo l'ingresso come rilievo in gara uno in cui ha ottenuto una sconfitta, si troverà ad affrontare Ted Lilly in una gara senza domani, ciò è anche dovuto al suo record casalingo di 11 vittorie e 2 sole sconfitte in 17 partenze con una media ERA di 3.21, che ne fanno il più indicato a prolungare la serie. La sconfitta in gara uno sembra non preoccupare Lowe, il quale attribuisce al lunga inattività (per uno starter) dalla propria ultima apparizione, la cattiva prestazione nella gara d'apertura, dicendosi fiducioso di sentirsi meno "arrugginito" per quella che Johnny Damon definisce "la gara più importante".
Vincere gara tre, potrebbe se non ribaltare la serie, spostare decisamente la pressione sulle spalle degli A's, mettendoli a confronto col proprio passato più recente. Se i Red Sox infatti, sono una delle tre squadre ad essere riuscite, nei nove anni di storia delle Division Series, a rimontare un parziale di due partite a zero, ai danni dei Cleveland Indians nel 1999 (grazie a una gemma di Martinez in gara 5, quando entrando dal bullpen lanciò per sei inning senza concedere valide"), gli A's sono una delle tre squadre ad essersi fatta rimontare, nel 2001, quando due vittorie allo Yankee Stadium non furono sufficenti ad assicurarsi il passaggio del turno.
La memoria delle tre eliminazioni consecutive al primo turno negli ultimi tre anni, può rappresentare lo spauracchio più grande per i verdeoro, che se hanno potuto contare su due grandissimi partenti nelle gare disputate a Oakland, per rendere innocuo l'attacco avversario, possono altresì sperare in una maggiore produzione da parte dei propri uomini di punta nell'ordine di battuta. Tejada e Chavez e Hatteberg infatti, hanno “contribuito” alla causa con un preoccupante 2 su 28, mentre il cosiddetto "small ball" (l'attenzione posta sui piccoli aspetti del gioco, quale avvantaggiarsi di errori e basi per ball, bunt e volate di sacrificio") marchio di fabbrica di questa squadra, ha garantito i punti necessari ad assicurarsi il prezioso vantaggio nella serie.
Ted Lilly, partente per gli A's, avrà l'occasione di rifarsi per la batosta subita nella propria ultima apparizione in quel di Boston, esattamente il 20 agosto, quando dovette abbandonare dopo tre innings e due terzi, a fronte di dieci valide e sei punti concessi. Da allora, l'ennesimo pitcher mancino degli A's ha fatto registrare ben sei vittorie ed una sola sconfitta, contribuendo alla corsa ai playoffs dei californiani e soprattutto non facendo rimpiangere la perdita per l'intera stagione dell'asso Mark "Agent" Mulder, uno dei cosiddetti "Tre Tenori" su cui gli A's contavano di fare affidamento per giungere alle sospirate World Series.
"E' l'uomo perfetto per noi - sostiene il terza base Eric Chavez - è stato eccezionale nelle ultime sei settimane"sarà una grande giornata per lui"so che è pronto e che ha voglia di "mettere il proprio nome sulla carta geografica""sarà l'occasione giusta".
Oakland A's e Boston Red Sox. I Primi per cancellare quella nomea di perdenti di lusso ormai in via di consolidamento, i secondi per cancellare quella ancora più datata, che li vuole mai vincenti dal 1918. Gara tre potrebbe fornire, finalmente, delle risposte.