Il nostro saluto a Lorenzen Wright

E' di stampo inevitabilmente cronachistico, ciò che è trapelato fino ad ora in merito al decesso di Lorenzen Wright, noto pivottone-ala forte che ha calcato per quattordici anni i parquet della NBA.

Un decesso che, già  drammatico, è stato arricchito di ulteriori macabri dettagli: ne avremmo fatto volentieri a meno, eppure era impossibile, apprendendo la notizia da fonti statunitensi ed italiane, non venirne a conoscenza.

La scomparsa era ufficialmente avvenuta il 19 di luglio: denunciata il 22 dello stesso mese, si è dovuto aspettare il 29 per avere la notizia del rinvenimento del cadavere, in un bosco di Memphis.
Una sorta di giallo, una vicenda lucarelliana a tutti gli effetti.

Compito della polizia è ora quello di chiarire se si sia trattato di omicidio - come pare in effetti dalle ultime ricostruzioni – o di suicidio; di capire per quale ragione i colpi di pistola, sentiti nel corso di una chiamata al 911 proveniente da un telefono del giocatore, siano passati sotto silenzio e non vi abbia fatto seguito un tempestivo intervento delle stesse forze dell'ordine; di verificare i rapporti tra Lorenzen e gli uomini che ne avevano minacciato la ex-moglie, tutti invischiati in giri di droga, uccisioni ed altre vicende riconducibili a clan di tipo mafioso.

Sappiamo poi del triste parallelismo tra Lorenzen ed il padre, anch'egli colpito da un proiettile (Lorenzen fu spettatore dell'evento) che l'aveva costretto su una sedia a rotelle; sempre rimanendo ai parenti, oltre al ruolo, non secondario, della già  citata ex-moglie Sherra, abbiamo visto il dolore della nonna e dello zio, abbiamo conosciuto le perplessità  della madre in merito al tempismo dei poliziotti, specie a fronte di quella inquietante (ed inequivocabile) telefonata.

E ancora: l'abitudine, di Lorenzen, di girare portandosi dietro ingenti somme di denaro (si stima abbia guadagnato più di 55 milioni di dollari in carriera, ma, come la nostra fonte sempre ci ricorda "may be incomplete"), nonché le auto cedute a Bobby Cole, nome significativo facente parte del clan di cui sopra.

Ma, soprattutto, abbiamo appreso del dolore dei suoi fans: della città  di Memphis, degli ex-compagni, di tutto il mondo della NBA. Tra i concittadini che hanno espresso il proprio cordoglio, meritano una menzione Anfernee Hardaway, Todd Day ed Elliot Perry.

Ora, questa morte non è semplicemente la scomparsa di un pivot: potremmo accostarlo a pari ruolo con cui ha in comune il fatto di essere spirato, dal mitico Wilt fino a Kevin Duckworth. E', per noi tutti maniacali fruitori della pallacanestro d'oltreoceano, l'ennesimo pretesto per ritornare sulla terra, e ricordare che anche le star NBA sono affette dal morbo che affligge la condizione umana: la mortalità .

Per questa ragione, ci sentiamo di collocare Lorenzen a fianco di atleti strappati in modo brutale alla vita quando ancora non erano affatto dei giocatori in pensione; bastino, per restare in tempi relativamente recenti, i nomi di Bobby Phills, Malik Sealy e, caso per certi versi assai simile al nostro Brian Williams, alias Bison Dele.

Nostro compito, invece, non è quello di prendere posizione pro o contra Lorenzen, né quello di arrischiare improbabili congetture sulle dinamiche dell'accaduto, ma quello di rendere omaggio ad un atleta che se n'è andato, ricordandone l'avventura (e il ruolo che ebbe) nella National Basketball Association, se non nella pallacanestro in generale.

Nato a Memphis il 4 novembre 1975, Wright (211 cm) giocò nella sua città  natale fino al college, che lasciò nel 1996, divenuto ormai eleggibile, e potendo vantare un'inclusione nel terzo quintetto del McDonald's All American.

Venne scelto come settima chiamata assoluta del Draft 1996.
Oltre a ricordare alla rinfusa alcuni nomi del primo giro di quel favoloso Draft (Kobe, Iverson, Peja, Marbury, Ray Allen, Nash, Antoine Walker, Ilgauskas), vorremmo partire da una considerazione: tra i lunghi di quell'annata, Lorenzen figura ancora quarto per numero di presenze (779 in regular), benché assente dalla scena NBA dalla stagione 2008-'09, quando chiuse potendo vantare una comparsata nei Cavs dell'attuale numero 6 di Miami.

E' preceduto da Erick Dampier, Jermaine O'Neal e Marcus Camby: tre giocatori ancora in forze, ancora attivi ed utilissimi, ciascuno dei quali può vantare una sterminata carriera in post-season (senza anello, cui ognuno è andato tuttavia molto molto vicino).

Precede di qualche gara Zydrunas, destinato a superarlo entro novembre; seguono Othella Harrington (che era però del secondo giro) e Vitaly Potapenko. Aggiungiamo che, tra i top-five di questa speciale classifica, Wright è quello cui è stato riservato il minutaggio in assoluto più scarso.

Questo per dire subito che, come "nei" più evidenti della carriera di Lorenzen, potremmo individuare anzitutto l'impiego piuttosto limitato, e, in secondo luogo, le quattro apparizioni ai Play-Off, per un totale di 15 miseri incontri.

Eppure, anche in fatto di post-season, la storia di Lorenzen si arricchì di contorni più rosei di quelli che appaiano in virtù del semplice dato statistico.

Ad ogni modo, il ventunenne da Memphis approdò a Los Angeles, sponda Clippers, che lasciò dopo un triennio di insuccessi di squadra, e di prestazioni individuali altalenanti. Va anche preso atto del fatto che, a conti fatti, in proporzione al pick numero 7 saremmo legittimati a parlare di aspettative disattese.

Il grafico di Wright rispecchia questa sensazione: un discreto anno da rookie a 7.3 ppg e 6.1 rpg; un'annata da sophomore a 9 punti e quasi altrettanti rimbalzi (con il career high di 1.3 stoppate), ed un terzo anno a 6.6 ppg e 7.5 rpg.

Ora, il primo anno coincise con il record di partenze in quintetto nell'arco del periodo in questione (e con una buonissima post-season, l'unica conquistata a L.A., da 10 + 7 !); al successivo, il ragazzo arrivò a più di mezz'ora di impiego, salvo poi tornare a 23 mpg nel 1998-'99. E, alle porte della stagione che seguì il lockout, i Clips (prossimi all'era Miles-Maggette) se ne privarono per un paio di scelte future, sbolognandolo ad Atlanta.

Al quarto anno, chiuso da Monsieur Dikembe (che indossava peraltro il 55, numero che Wright avrebbe voluto, ripiegando poi sul 42), Wright pareva già  in parabola decisamente discendente, fermo a 6 punti e 4 rimbalzi in sedici giri di lancette.

E bisogna, in effetti, ringraziare proprio la partenza di Mutombo per Phila, alla ricerca del titolo: parliamo di un 2000-'01 assai al di sopra di ogni previsione, con cifre raddoppiate ed un giocatore in sostanza rigenerato. In quello che fu il vero apice della carriera, Lorenzen collezionò 12.4 ppg e 7.5 rimbalzi.

In tutto ciò, per coloro i quali si sarebbero aspettati una più duratura permanenza agli Hawks, vi fu una sorpresa; Lorenzen finì ai Grizzlies - proprio nel passaggio di sede, da Vancouver a Memphis - nel contesto della trade incentrata sul binomio Pau Gasol - Shareef Abdur Rahim.

Anche a Memphis ha senso parlare di altalena, che ha, però, un sapore più dolce di quanto ci si aspetterebbe. Tra 2001 e 2003 Wright si mantenne sui livelli dell'esplosione ad Atlanta. Ai punti fece registrare un 12 netto a fine 2002, salvo poi stabilizzarsi a 11.4 al termine del 202-'03; a tabelloni ebbe invece 9.4 (massimo personale), quindi 7.5.

Nonostante ciò, la parte più avvincente della vicenda ebbe luogo nel triennio seguente.
Wright entrò di diritto nella storia della franchigia di Memphis, poiché fu tra gli artefici delle tre qualificazioni consecutive ai P.O.; era il miracoloso roster di Hubie Brown, di Gasol e di Jason Williams.

E poco incide sul nostro racconto, il fatto che in questa fase Wright tornò ad essere un ibrido tra il titolare ed il panchinaro, con un rendimento da 9 ppg + 7 rpg, tra 2003 e 2005, ed un'ultima annata invero modesta, da 5.8 ppg e 5.1 rpg.

Wright prese parte all'impresa, che pure non condusse mai a qualcosa di più significativo del primo turno (in post-season ebbe, tra l'altro, numeri persino peggiori di quelli ottenuti in regular).

A parte le statistiche, su cui pure valeva la pena soffermarsi per avere un bilancio il più possibile obiettivo sull'effettivo operato del lungo, egli si mantenne lo stesso giocatore di sempre, con un 45% fisso dal campo, con percentuali scandalose ai liberi, con non più di 1.1 assist a partita, e poco meno di una stoppata ed un recupero.

Ma con un attaccamento speciale al team in cui militava, sintomo delle grandi doti umane che gli sono state ora riconosciute. A questo proposito, al tempo di Atlanta, 'Ren si distinse anche in campo umanitario, quando assieme ai tre altri nativi di Memphis diede supporto economico a Travis Butler, bimbo di Memphis rimasto orfano, che visse per un mese accanto al cadavere della madre per paura di essere dato in adozione: preferiamo ricordare questo avvenimento, che fa il paio con le non chiare circostanze della morte di Wright, per mostrarne quella che fu la figura talora ambigua (fu anche membro della celebre confraternita Kappa - Alpha - Psi: permane il dubbio, in queste operazioni mediatiche con al centro personaggi di pubblico dominio, che si tratti spesso di operazioni sostanzialmente pubblicitarie).

Si accasò nuovamente ad Atlanta, come free agent, nel 2006-'07, ove trascorse un anno e spiccioli.
Lorenzen partì in quintetto in 31 incontri dei 67 stagionali, ma ebbe una media di poco più di un quarto d'ora a partita.

Terminò a 2.6 ppg e 3.2 rpg: erano evidenti i segni di un ridimensionamento del suo ruolo, tanto che a metà  dell'annata seguente venne girato ai Kings, che se ne accollarono tutto l'ingaggio, di circa tre milioni di dollari.

Annata che, tra Atlanta e Sacramento, finì con appena 18 apparizioni per il nostro (13 agli Hawks e 5 ai Kings), e con la consapevolezza di essere ormai un giocatore ai margini delle rotazioni (0.8 ppg e 2.1 rpg), qualunque fosse il suo team di riferimento; 18 è anche il numero di incontri disputati in maglia Cavs, a 1.3 punti e 1.4 carambole.

Non per caso, 'Ren tentò l'anno seguente l'avventura in Cina, in quella CBA che ha ospitato anche Stephon Marbury. I Liaoning Dinosaurs, ex Liaoning Hunters (altra costante, nella carriera di Wright, sono i team freschi di rinnovata denominazione), se ne assicurarono le prestazioni: per rendere l'idea, si tratta di un team i cui giocatori "storici" sono, limitandoci agli americani, Ernest Brown, uno che ha cambiato squadra 25 volte (è tutto vero: dovreste Wiki-controllare!) tra 2000 e 2010, ed Awvee Storey, un altro uomo da NBDL, con 60 partite di NBA sulle spalle.

Quanto al 2010, Lorenzen si era accasato al team siriano dell' Al Jalaa Aleppo: pare inoltre che fosse stato invitato al training camp estivo da due diversi teams NBA, anche se non ne conosciamo il nome; parimenti, registriamo l'intenzione del giocatore, ormai un mestierante della palla a spicchi, di provare un'esperienza cestistica in terra israeliana.
Non ne ha, però, avuto modo.

Lo ricordiamo, poche ora prima della cerimonia funebre al FedexForum, con la didascalia che campeggia da qualche giorno sul profilo di basketballreference del giocatore:

"Thank you, 'Ren, for the joy and passion over your entire life and career. Rest in peace."

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