Kobe sulle orme di MJ

L'immagine di Bryant che festeggia il quinto titolo della carriera salendo sui cartelloni pubblicitari a bordo campo verso il pubblico dello Staples Center non può che far tornare alla mente il Jordan dominatore degli anni '90 che festeggiava nello stesso modo i titoli vinti a Chicago.

Quinto titolo per Kobe ad uno solo dal raggiungere i sei di MJ.

Se il quarto anello era stato voluto in maniera così ossessiva per dimostrare di poter vincere anche senza Shaq, il quinto è stato festeggiato per quello che è, semplicemente il giusto coronamento di una lunga stagione per la squadra più forte, nessun duello personale contro qualcuno se non la rivincita nei confronti dei Celtics, una rivalità  sportiva che ha le radici negli albori della Lega e che si è rivitalizzata nelle ultime stagioni.

Bryant ha vissuto fin qui la sua carriera all'insegna del confronto e della sfida. Non si è mai accontentato nemmeno per un istante di quello che avrebbe potuto ottenere ma ha sempre mirato a qualcosa in più.

Già  il giorno del Draft le sue idee erano chiare, niente Charlotte ma solo i Lakers.
Se ad inizio carriera la sfida era quella di dimostrare di poter giocare ad alti livelli fino a raggiungere il titolo quando l'anello è arrivato l'ingombrante presenza di Shaq era un peso insopportabile da sostenere e l'unica via percorribile era la separazione.

Il quarto titolo di Shaq vinto a Miami non ha fatto che alimentare la voglia di rivincita di Kobe e dopo alcune stagioni deludente le tre finali consecutive hanno portato in dote due titoli sufficienti a superare il numero di vittorie dell'amico-nemico.

Il futuro dei Lakers almeno per la prossima stagione è assicurato, col ritorno di coach Jackson e di Derek Fisher. La caccia al sesto titolo e le possibilità  per questo gruppo di rivincere sono concrete. Sesto titolo che eguaglierebbe il suo idolo Jordan, ma Kobe non si è mai sentito secondo a nessuno e il suo obbiettivo è sempre stato quello di imitare Jordan con il desiderio di fare anche meglio.

Non a caso nelle vittoriose Olimpiadi di Pechino del 2008 nonostante la presenza di giovani rampanti come James, Wade, Anthony e Howard è stato Kobe a prendere e segnare i canestri decisivi nel finale per battere la Spagna del suo futuro compagno di squadra Pau Gasol.

Quando Jordan dettava legge non solo in campo ma anche come icona extra cestistica, Bryant ha sempre voluto distinguersi. Molti hanno indossato negli anni il numero 23 in onore di MJ, Kobe ha scelto il numero 8 sia per ragione affettive sia per allontanarsi dall'immaginario jordaniano e anche quando ha cambiato numero ha optato per il 24.

Anche la sua capigliatura afro di inizio carriera era quanto più lontano dalla pelata lucida che Jordan proponeva ormai da anni. Piccoli particolari che dimostrano come Bryant abbia vissuto un confronto-scontro con il suo idolo.

Nell'ultima apparizione di Jordan all'All Star Game dopo il canestro del vantaggio a pochi secondi dalla fine segnato in faccia proprio a Bryant, la guardia dei Lakers non ha voluto lasciare il palcoscenico per l'ultima volta a Jordan ma si è guadagnato i liberi che hanno dato la vittoria alla sua squadra.

I Lakers dell'ultimo titolo sono facilmente paragonabili ai Bulls del secondo ciclo vincente.
Artest è il Rodman specialista difensivo, Odom è il Kukoc sesto uomo che entra per cambiare il ritmo offensivo, Fisher il tiratore alla Steve Kerr, Gasol come Pippen il secondo violino ideale per Bryant, il vero erede di Jordan.

Già  a fine anni '90 si cercava chi potesse prendere il testimone di MJ ma i vari Stackhouse, Hill, Carter, Jones non hanno mantenuto le promesse. L'unico che per risultati, per stile di gioco e per voglia di vincere gli si avvicina è Kobe Bryant.

I paragoni si sprecano ormai da anni ma all'età  di 32 anni si può tentare un paragone con il cestista riconosciuto dai più come il più forte di tutti i tempi.

La carriera dei due può essere tranquillamente messa in parallelo e le similitudine sono tantissime. Ad inizio carriera NBA la differenza principale è stata la scelta di Bryant di saltare il college ed entrare a 17 anni nel Draft. Dopo tre anni di apprendistato Kobe si è inserito a pieno merito nell'elite della Lega e dal 1999 è inserito nei primi tre quintetti della stagione ed è sempre stato convocato per l'All Star Game.

Come Jordan Kobe ad inizio carriera basava molto del suo gioco sull'atletismo che gli consentiva di segnare in area concludendo spesso con delle schiacciate o giocate altamente spettacolari. Entrambi hanno vinto la gara delle schiacciate dell'All Star Week End, vetrina prestigiosa per mettersi in mostra.

Negli anni il modo di giocare dei due si è evoluto in maniera speculare. Quando con il passare del tempo le incursioni fino al ferro sono diminuite sia Kobe che MJ si sono affidati alla loro tecnica aumentando i canestri dalla media e dal post-basso. Nessuno dei due è considerato un tiratore puro da tre ma entrambi hanno dimostrato di poter sfruttare il tiro da oltre l'arco quando necessario.

Un aspetto che differenzia Bryant da Jordan è evidente se si considera il diverso approccio dei due alle gare in particolare quelle più importanti.

Jordan ha sempre dato l'impressione di avere una sicurezza infinita e mai vacillante con atteggiamenti a volte distaccati dal contesto della partita mentre Bryant è animato da fuoco fatto di voglia di vincere ma anche di rabbia.

Jordan era considerato l'uomo da battere, Bryant ha sempre giocato per battere qualcuno.

La faccia cattiva che Kobe mostra nelle sfide decisive ricca di furore agonistico che l'ha portato a volte ad eccedere non è propria del Jordan vincente.

Le cifre parlano di due realizzatori tra i migliori di sempre, di giocatori in grado di esprimersi al meglio quando conta di più.

Quello che distingue Jordan da Bryant ma anche da tutti gi altri è stata la capacità  di incidere ed essere decisivo quanto doveva esserlo e tutti si aspettavano che lo fosse. Jordan non è il recordman per punti segnati nella Lega e non è il giocatore con anelli alle dita, ma è il giocatore con più punti segnati nei play-off.

La maturità  sportiva di Jordan è arrivata a 28 anni con la conquista del primo titolo.
Da quel momento in poi i suoi Bulls hanno dominato la scena per otto anni, con la sola parentesi del ritiro di un anno e mezzo, con due squadre diverse in cui oltre a Jordan gli unici superstiti sono stati Pippen e coach Jackson.

In sei finali i Bulls hanno battuto cinque squadre diverse affrontando in serie i giocatori più forti degli anni a cavallo tra i fine '80 e i '90. Se giocatori della classe di Barkley, Malone e Stockton hanno chiuso la carriera con il rimpianto del titolo mancante Jordan è il colpevole principale.

Memorabili la serie contro i Suns del '93 che chiuse con 40 punti di media o le sei triple consecutive messe a referto nel solo primo tempo di gara 1 contro Portland nelle finali del '92.
Il '96 è l'anno del record di vittorie in Regular Season, il '97 e il '98 sono gli anni delle finale con i Jazz e del famoso tiro a sei secondi dalla fine di gara 6 dopo aver rubato palla a Malone nell'azione precedente.

Cosa manca a Bryant per essere considerato ai livelli di Jordan se non meglio?
Il paragone non può limitarsi al solo campo di gioco ma deve tener conto che Jordan ha rappresentato l'icona sportiva degli anni '90.

Una prima analisi si può fare confrontando i risultati sportivi. Bryant con ancora alcuni anni da giocare ha già  una Finals in più di quelle giocate da Jordan e probabilmente ne giocherà  altre.

Un primo dato da considerare è che Bryant ha perso due finali, una contro i Pistons nell'era del duo con Shaq e una contro i Boston dei "Big Three" nel recente passato. Inoltre al tempo del primo ciclo Lakers, Bryant era considerato il secondo giocatore della squadra di O'Neal. La rivalità  con Shaq ha caratterizzato parzialmente in negativo quelle vittorie e ha causato lo sgretolamento della squadra.

I nuovi Lakers sono la squadra di Bryant e Kobe si è caricato sulle spalle tutto il peso della responsabilità  del leader. Nella decisiva gara 7 delle finali di quest'anno, dove tutti si attendevano una sfida tra Bryant e Pierce, a sorpresa il protagonista è stato Artest.

Forse Kobe, non al meglio fisicamente, non ha trovato la serata migliore al tiro e la sua partita è stata sporcata da percentuali deficitarie.

Quello che manca a Bryant per potersi avvicinare ancora di più a Jordan è una serie finale equilibrata in cui da protagonista assoluto riesca ad essere decisivo nei momenti chiave.

Bryant rappresenta già  oggi il giocatore simbolo del primo decennio del nuovo millennio con cinque titoli in dieci anni in un periodo di collegamento tra l'era Jordan e il futuro prossimo targato LeBron James.

Molti sono caduti sotto la pressione e l'aspettativa dell'etichetta dell'essere il nuovo MJ.

L'unico che ha dimostrato di poterglisi avvicinare è Bryant e conoscendo la sua fame di vittorie lo vedremo lottare ancora per alcuni anni ai vertici nel tentativo di mostrare che il migliore di tutti veste la maglia numero 24 giallo viola.

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