"I take my time in South Beach and joining the Miami Heat"
Il Re ha deciso. Dopo 7, lunghi anni di record infranti, grandi vittorie ma ancora più dolorose sconfitte, e dopo 3 anni di speculazioni sul suo futuro, il due volte MVP della NBA, LeBron James, ha deciso di unirsi a Dwayne Wade e a Chris Bosh per giocare con i Miami Heat.
Il colpo di scena avvenuto stanotte, e andato in onda in diretta nazionale sulla ESPN, è di quelli clamorosi. In molti pensavano che la scelta più logica per LeBron sarebbe stata quella di andare a Miami, per giocare in una squadra che da subito lo avrebbe messo in condizione di vincere il titolo.
Quasi nessuno pensava, però, che l'ex numero 23 dei Cavaliers avrebbe realmente preso questa decisione. Probabilmente la sua scelta è stata la migliore in ottica-titolo, sicuramente entrerà nella storia dello sport come una delle più controverse.
Fin dal 1999, quando aveva appena 15 anni, questo ragazzo di Akron non sembrava destinato a diventare un ottimo giocatore, e neanche un campione. Sembrava destinato a diventare uno dei migliori giocatori di sempre, alla pari con Michael Jordan, Magic Johnson, Larry Bird e gli altri Immortali del basket.
Da qui il soprannome di "The Chosen One", che in italiano possiamo tradurre come "Il Prescelto". Perchè, in effetti, James sembrava essere stato scelto dagli Dei del basket come il nuovo dominatore del basket mondiale, in possesso di un talento straordinario e di un fisico talmente funzionale a questo sport che mai ci si era così avvicinati alla perfezione in 65 anni di storia.
Solo questo basterebbe a giustificare il clamore generato nelle settimane scorse intorno alla sua scelta. Aggiungeteci il fatto che diverse franchigie avevano la possibilità di fargli offerte allettanti, ovviamente dal punto di vista economico ma anche dal punto di vista puramente sportivo, ed il gioco è fatto.
Eh sì, perchè fino a 72 ore fa ogni singola squadra che è andata a fargli visita in quel di Cleveland, a partire dai Cavaliers passando per Bulls, Nets, Knicks, Clippers e Heat, aveva ottime carte da giocare ed erano posizionate più o meno alla pari in una ipotetica "corsa" per accaparrarsi il free agent più ricercato degli ultimi anni.
Poi, il 7 luglio, la svolta. Nel pomeriggio Chris Bosh annuncia di aver trovato un accordo con i Miami Heat e da quel preciso momento la squadra, sapientemente guidata da Pat Riley, è balzata in testa alla classifica delle pretendenti.
Tuttavia, fino a che non è stato lo stesso LeBron a rendere nota la sua decisione, le speculazioni sono continuate.
Cosa lo attrarrà di più? Il fascino del Madison Square Garden e dei Knicks? O i New Jersey Nets, appena passati nelle mani di uno degli uomini più ricchi del mondo? E poi i Bulls, con un'intera città che non aspetta altro che tornare ai fasti degli anni '90, e i Clippers, i perdenti per eccellenza della NBA, costretti a convivere con la seconda franchigia più titolata in quel di Los Angeles.
Infine gli Heat e i Cavaliers, le due destinazioni più probabili. Da una parte Wade, Bosh e Pat Riley, dall'altra la squadra della sua città , che a livello sportivo non assiste ad un trionfo da 46 anni, con i Cleveland Browns di football, e che nel basket non ha mai vinto nulla.
Alla fine, possiamo dire con certezza che LeBron ha fatto la scelta migliore, decidendo di indossare la casacca dei Miami Heat.
Nessuno poteva offrirgli di più, a livello sportivo: Wade è uno dei cinque giocatori migliori della Lega, Bosh è un'ala grande devastante in attacco, e alle loro spalle hanno un'organizzazione solida, con Pat Riley che, anche se non dovesse tornare ad allenare, rimane una sicurezza come manager.
Le altre pretendenti, ahiloro, non avevano a disposizione tutte queste certezze.
I Cavaliers sono anziani, con i vari Jamison, Ilgauskas, Parker e via dicendo che veleggiano sui 35 anni, e non hanno un secondo violino all'altezza della situazione. Knicks e Nets hanno alcuni giovani interessanti, e i Knicks avrebbero anche Stoudemire, ma il resto è tutto da costruire, anche se le risorse economiche non gli mancano.
I Clippers hanno fallito troppe volte nella loro storia, mentre nei Bulls nessuno riuscirà mai a spodestare Michael Jordan dal trono, nonostante il roster sia davvero molto intrigante, con un quartetto formato da Derrick Rose, Luol Deng, Joakim Noah e Carlos Boozer che potrà puntare davvero in alto, anche in futuro.
Insomma, la scelta di James appare assolutamente logica e di buon senso da questo punto di vista. Ciò che il pubblico gli contesta è il fatto di aver abbandonato i Cavaliers, rinunciando ad essere un vincente nella squadra della città in cui è nato.
Ebbene, credo che a questo ragazzo di 25 anni si possano affibbiare ben poche colpe. Nei sette anni trascorsi a Cleveland ha mostrato di essere un grande giocatore, regalando prestazioni epiche sia in Regular Season che nei Play-Off, pur non avendo mai avuto una squadra straordinaria attorno.
Certo, a fianco delle grandi prestazioni ci sono state anche delle cantonate mostruose. La serie contro i Magic nel 2009, fino ad arrivare alle ultime 3 gare contro Boston di quest'anno rimarranno delle macchie nella sua carriera, ma James è il primo a sapere che gli manca ancora qualcosa per vincere il titolo.
Una volta preso atto di questo, non c'è nulla di male nel cercare l'aiuto di due, talentuosi compagni. Soprattutto se si guarda al roster dei Cavaliers, che hanno chiaramente dimostrato nelle ultime tre annate di non essere da titolo, come abbiamo detto prima per limiti di età ma anche per i limiti caratteriali di alcuni giocatori (Williams, Jamison e West su tutti).
Non è neanche vero che, così facendo, LeBron rischia di non essere ricordato come uno dei migliori giocatori di tutti i tempi. Qualunque fuoriclasse, tra quelli che hanno vinto molto, ha dovuto aspettare di avere con sé qualche stella.
Jordan non viene ricordato perchè giocava con Pippen e Rodman? Shaq verrà penalizzato dal fatto di aver avuto Kobe al suo fianco? Oppure Bird aveva Parish e McHale, quindi era troppo facile vincere anche per lui?
No, non credo sia questo il discorso. Dobbiamo sempre ricordarci la storia, e ciò che essa insegna…e noteremo (ma anche questo è solo un mio parere, intendiamoci) che alcuni grandi del passato hanno avuto semplicemente più fortuna rispetto a LeBron.
Prendete Magic Johnson: prima scelta al Draft 1979, e si ritrova subito in squadra con Kareem Abdul-Jabbar. Stesso discorso per Bryant, che fin dalla prima partita in NBA si ritrova Shaquille O'Neal in squadra. Oppure vogliamo parlare di Bird, che al suo secondo anno aveva già a disposizione Kevin McHale e Robert Parish? Per non parlare dei comprimari di lusso, anch'essi subito presenti nelle rispettive squadre (Fisher, Horry, Gasol, Cooper, Worthy, Dennis Johnson…).
Insomma, spesso in uno sport di squadra ci sono tanti pezzi che devono andare al loro posto. LeBron aveva la possibilità di forzare la situazione, è al top della sua carriera e ha deciso di andare là dove avrà la possibilità di vincere tanto.
Il suo obiettivo, infatti, non è vincere un singolo titolo, come poteva essere per Karl Malone, Gary Payton, Kevin Garnett, Ray Allen, Wilt Chamberlain, e via dicendo. Il suo obiettivo è essere ricordato come il migliore di sempre, e per farlo dovrà vincere molto. Non può arrivare in un ambiente veramente competitivo a 30 anni passati, come gli esempi sopraccitati, e da qui la decisione tanto discussa di ieri.
La storia è tutt'altro che scritta…adesso sta a James dimostrare di essere un giocatore che sa vincere un titolo, che sa essere un leader, che sa risolvere le partite fino a raggiungere l'agognato trofeo.
Se riuscirà a fare queste cose, il suo nome verrà scolpito nella leggenda, e nessuno sminuirà le sue gesta, ne sono sicuro.
Se non riuscirà a farle, verrà ricordato alla pari di Malone, di Stockton, di Barkley, di Baylor, di Ewing, di Maravich…grandi campioni, incapaci di portare le loro squadre all'anello, e bollati come "i più grandi perdenti di sempre".
Meno male che non è stata una scelta coraggiosa…
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