NBA Finals 2010, le pagelle finali

Kobe ritorna trionfante tra le braccia dei compagni. Il dito al cielo, l'ultima emozionante immagine di gara 7

I Los Angeles Lakers firmano il back to back a cavallo tra il primo e
il secondo decennio del terzo millennio, vincendo il sedicesimo titolo
della loro storia. Il distacco con i primi, i Boston Celtics a quota
17, si riduce ad uno solo trofeo.

Già , i Celtics. Onore a loro per averci regalato una gara 7 bella
perché combattuta fino alla fine, ma a gioire, per la prima nella
storia di tale gara tra le due squadre, è solo LA. E' Kobe
soprattutto, ora che ha aggiunto un altro pesante mattoncino alla sua
"legacy" a imperitura memoria.

Come sono state queste Finals 2010 ? Belle, anzi bellissime. Già  in
sede di previsione era molto probabile un equilibrio, storico perché
tra le due ultime squadre vincenti ma soprattutto tecnico, cosicché
molti sono stati autorizzati a sognare il ritorno di una gara 7, che
non si vedeva dal 2005.

Poi l'evolversi della serie ci ha regalato partite a tratti esaltanti,
con tanto di cui meravigliarci della bellezza di questo gioco che ci
tiene in piedi nella notte davanti alla TV. Prima Lakers, poi Boston,
poi di nuovo Lakers, "momentum" che passa da un parte e dall'altra di
gara in gara, poi gara 7, di per sé un evento storico.

Di più, una gara 7 con un solo possesso di distanza negli ultimi
minuti, con la sua incredibile serie di triple, da Rasheed Wallace a
Ron Artest fino a Ray Allen e per ultimo Rajon Rondo, con i tiri
liberi di Vujacic che suggellano il risultato, con Kobe che recupera
il pallone e torna esultante tra le braccia dei compagni con il dito
fasciato proteso verso il cielo.

E' questa l'ultima immagine della notte che intanto è alba. La sfida
più bella della storia NBA risolta fino in fondo. Kobe ha ragione
quando dice che questa vittoria è stata per lui "the sweetest", la più
dolce. Mi permettano i tifosi di Boston. Per tutti i fan neutrali
amanti solo del gioco, e certo per David Stern, queste Finals, sì,
sono state le più dolci. Almeno fino dai tempi del 1998, l'ultimo anno
di Michael Jordan con i Bulls.

I rating televisivi rivestono d'obiettività  i sentimenti dei più. Sono
state le Finals più viste (12,3) proprie da quelle del '98 tra Bulls e
Jazz (un inarrivabile 18,7 record all-time). Ho detto tutto, quelle
Finals '98 furono personalmente le mie prime. E più belle. Michael
Jordan eroico in quel finale di gara 6 non penso sarà  mai battuto, ma
quest'anno non ci siamo andati troppo lontani. Menzione d'onore per le
Finals 2001. Vedere Allen Iverson sul palcoscenico più importante (e
vincere allo Staples) fu semplicemente commovente.

Ecco quindi tutti i protagonisti e le rispettive pagelle per la serie.
Kobe ne è stato l'MVP, per la seconda volta consecutiva, complice
forse anche qualche giro a vuoto di Pau Gasol, per il resto mostruoso.
D'altra parte per i Celtics, nessuno dei Big 3 poteva ambire ad un
legittimo uguale riconoscimento.

Troppo ondivaghi tutti, sia Paul Pierce che Ray Allen che Kevin
Garnett, se gara 7 avesse mantenuto il vantaggio dei biancoverdi, il
premio sarebbe andato sicuramente a Rajon Rondo. Non per esclusione,
oddio forse un po' sì, ma comunque non sarebbe stato un MVP
pienissimo.

Nell'osservare il vantaggio di Boston nel terzo periodo ho pensato
come il destino della storia stesse portando loro il titolo, solo
perché in gara 7 aveva sempre e solo vinto Boston. Ma il presente
diceva di una squadra i cui leader erano stati troppo altalenanti e di
una vittoria fondata esclusivamente sulla difesa, e forse era più
giusto che si andasse dall'altra parte.

Tant'è, i Lakers li hanno ripresi con una tripla di Fisher, poi hanno
messo la testa avanti. Boston ha difeso forte per tornare in attacco
con un solo possesso di distanza, ma Ron Artest è stato l'uomo del
destino con la tripla dell'immediata risposta, poi Gasol con una
stoppata e un rimbalzo offensivo ha fatto il resto, insieme ai liberi
di Vujacic.

Los Angeles l'ha vinta sotto canestro, a rimbalzo, Boston la stava per
portare a casa con una difesa meravigliosa ma l'ha buttata via con
decisioni poco lucide in attacco nei momenti decisivi, per colpa di un
Pierce intrappolato da Artest e per qualche errore di troppo di Ray
Allen.

BOSTON CELTICS

Rajon Rondo (13,6 ppg, 6,3 reb, 7,6 ast, 1,6 steals). Per tutta
la serie Phil Jackson ha scommesso sul suo jump shot, facendolo
marcare da Kobe a due passi di distanza. In questa situazione si è
vista la sua natura sui generis, non un tiratore, non una point guard
pura che pur con spazio ha fatto girare la squadra quanto bastava. Una
memorabile gara 2 con tripla doppia (19 pts, 12 reb, 10 ast) ma in
tutta la serie è stato migliore per continuità  dei Big 3.

In gara 1 ha sofferto l'impatto delle Finals (pur le sue seconde ma
dal ruolo diverso) poi ha ingranato pur declinando qualche tiro di
troppo, i suoi numeri sono inferiori ad ognuna delle 3 serie
precedenti di playoff e forse anche il suo atteggiamento da inconscio
sbruffone, visto soprattutto contro Cleveland. Grandi giocate qua e
là , compreso un layup al tabellone con effetto dall'angolo alto e
improbabile, un colpo da biliardo clamoroso.

Gara 7 a due rimbalzi dalla tripla doppia, dedicata alla regia, con 10
assist e 14 punti e una tripla della disperazione uscendo dal
pitturato sparando di colpo dall'angolo. Le sue mani veloci hanno
fatto male, MVP di Boston ma forse non "to the fullest", cioè è
mancato qualcosa perché potesse essere pienamente degno di tale onore.
Oddio, per quelle che sono state le percentuali di Kobe"8

Ray Allen (14,6 ppg, 2,7 reb, 1,7 ast, 36% fg, 29% 3p). In
attacco una giornata da leone e 6 da "coglione". Mi scuserete il
termine, ma raramente abbiamo assistito ad una prova del genere, in
gara 2, anzi mai, in quanto record per le Finals con 8 triple in
partita, le prime 7 consecutive tutte nel primo tempo e poi nel
contempo 6 altre partite con percentuali che sfiorano il ridicolo,
soprattutto per uno come lui.

"Jesus Shuttlesworth" finisce con un pessimo 36% dal campo, con dentro
diversi layup, anche molto facili, sbagliati incredibilmente. Poi però
c'è l'altra metà  della luna, quella buona. In difesa è stato spesso al
limite della perfezione contro Kobe Bryant, per quello che significa
difendere contro il miglior giocatore della NBA di oggi. Ovvero lo ha
limitato, costretto a brutte percentuali, da solo e poi anche aiutato
dai compagni nelle trappole disegnate da coach Thibodeau.

Una sua tripla nel finale di gara 7 poteva riscattarlo sul carro dei
vincitori, ma i Lakers dall'altra parte hanno risposto ad ogni colpo.
Peccato, dopo gara 2 sembrava destinato alla grandezza, e questo per
future considerazioni di fine carriera peserà . Impossibile dare un
voto, semmai bisognerebbe darne uno per ogni metà  campo, ma dobbiamo
farlo"5

Paul Pierce (18 ppg, 5,3 reb, 3 ast). L'MVP delle Finals '08,
il go to guy dei suoi, ha perso la sfida contro Ron Artest. La
"headline" della sua serie è questa. Tranne che in una occasione, gara
5 da 27 punti, è stato troppo impalpabile. Il successo di Boston è
stato anche storicamente costruito sulla sua posizione di prima punta
offensiva, quasi sempre rispondente alle attese di compagni e coaching
staff. Quando in questa serie tale sicurezza è venuta meno tutti i
Celtics hanno perso un pilastro del loro impianto offensivo, il più
importante.

Fa più male vederlo passare la palla a Rondo per l'ultimo tiro che
ognuno dei suoi errori perché è proprio sulla sua presa delle
responsabilità  che si è sempre giocato l'equilibrio di Boston. La sua
faccia nel finale di gara 7 (18 pts, 10 reb) è la più lampante della
sconfitta, già  prima della sirena finale. Sembrava non crederci più,
distrutto, forse anche un po' deluso di se stesso.

Un suo jumper pulitissimo su bel disegno offensivo di squadra ha
illuminato la possibile rimonta sul -3 solo nello spazio di un
possesso, esce a testa bassa dalla gara che tutti sognano di giocare
ma da cui molti escono ridimensionati. I cattivi diranno che ci
ricorderemo di lui solo per la dichiarazione "Non torneremo ad LA"
dopo il pareggio di gara 2 e per il pugno involontario all'arbitro
dopo un canestro ma così è troppo ingeneroso"5,5

Kevin Garnett (15,3 ppg, 5,6 reb, 3 ast). Mmm, brutta storia.
Nelle prime due gare angelene è stato l'ombra del grande "Big Ticket",
a tratti imbarazzante. Tornato a Boston ha risposto con partite di
sostanza, 25 punti in gara 3, ma ritornato ad LA ha rimarcato le sue
difficoltà  a contenere l'ispiratissimo Gasol. E qui arriva la nota
dolente, al di là  delle prime due orrende gare.

E' stato semplicemente sovrastato a rimbalzo e se i Celtics hanno
perso lo devono molto alla sua presenza limitata sotto canestro. Non è
stata solo colpa sua ma vederlo, soprattutto in trasferta,
completamente lontano dalle sue solite espressioni facciali di rabbia
e intensità  è stato doloroso.

La stessa faccia che è tornata a ruggire al TD Garden per poi di nuovo
scomparire allo Staples Center, quando c'è stata è sembrata
addirittura forzata, quasi a voler nascondere, esagerando, un vero
sentimento di oggettiva difficoltà . Gasol ha detto che ha perso un
passo, di sicuro non è stato quello del titolo 2008, un "bigliettone"
che adesso si accontenta troppo del tiro da fuori perdendo troppe
battaglie fisiche lì in mezzo"5

Kendrick Perkins (5,8 pts, 5,8 reb, 57% fg). Che peccato.
Assente in gara 7, mai si è detto tanto del peso della sua panchina
forzata. Anche lui ha sofferto a rimbalzo contro lo strapotere fisico
di Gasol, Odom e Bynum, ma non ha giocato una cattiva serie.

E' partito bene, 8 e 12 punti nelle prime due gare, buon bottino, poi
è calato ma mai sotto il livello della sufficienza, tanto è vero che
di giocatori come lui si capisce dell'incisività  più quando sono
assenti, come appunto sfortunatamente in gara 7. C'è da dire che ha
giocato sempre con il freno a mano tirato per colpa della paura di
prendere un ulteriore tecnico facendo così scattare la squalifica e
poi, beffardamente, ne ha saltato lo stesso una, la più importante,
per un ginocchio girato.

In stagione regolare e nel primo turno ha viaggiato a 7,6 reb, quindi
il calo è oggettivo, ma l'intensità  è stata la stessa e per questo va
sempre premiato. Non sorriderà  mai, men che meno dopo aver guardato
l'ultimo atto dalla panchina, ma non ha nulla di che vergognarsi"6

Rasheed Wallace (5,3 ppg, 4,6 reb, 20,6 min, 36% fg, 23% 3p).
Che sia un rimorso di coach Rivers ? Intendo, perché non lasciarlo di
più in campo sovvertendo gli equilibri ? Quando è entrato ha sempre
risposto ed è stato anche stranamente maturo, fungendo addirittura da
"peacemaker" nelle risse. Lui, il maestro dei falli tecnici della
storia NBA.

Il ragazzo di Philadelphia insegna a Gasol il post basso in gara 7 con
dolci tabellate alla Duncan, alla fine saranno 11 punti in 36 minuti
con una tripla che poteva essere storica, non fosse stato per la
reazione dei gialloviola.

Una verità  incontrovertibile : contro di lui
Gasol ha faticato molto di più rispetto agli altri matchup. Due
sconfitte su due in gara 7 alle Finals bruciano, perché quest'anno non
era così scontato si potesse assistere ad un suo positivo contributo
ed invece, dopo una stagione sonnolenta, è uscito alla Big Shot Horry
quando contava. E' il suo canto del cigno ?…7

Glen Davis (6,7 ppg, 5,6 reb, 20,6 min, 46% fg). Il più
positivo dalla panchina, insieme a Sheed. Nel secondo tempo di gara 4
gara ha fatto scintille, concludendo con 18 punti, tutti voluti,
sudati. Non puntava certo su di lui Doc Rivers per mettere una pezza
al dominio fisico dei lunghi avversari, quindi per quel che è
importante "Big Baby" ha segnato abbastanza per meritare il rispetto
di tutti"7

Nate Robinson (4,9 ppg, 1,9 ast, 10 min). Doc Rivers ebbe a
dire durante la regular season che l'appena acquisita point guard dai
Knicks gli avrebbe vinto una gara dei playoff. Ebbene, se aveva un
bonus da spendere lo ha fatto in gara 6 contro i Magic.

Nelle Finals la sua pazzia "off the bench" si è fatta vedere solo in
gara 4, in combo con "Ciccio" Davis con il quale ha condiviso
giustamente il proscenio anche in sala stampa. 12 punti, 50 % sia dal
campo che da tre in 17 minuti, interrotti da un Doc Rivers impacciato
nel ritardare fino all'estremo il rientro dei titolari che intanto
aspettavano sorpresi già  in canotta sulla sideline.

Cameo di 4 minuti in gara 7, forse avrebbe dovuto giocare di più, ma
qui parliamo di uno che si esalta in pre-season, chissà  quali
forzature ci avrebbe regalato con grandi responsabilità  nel finale
della gara decisiva"6,5

Tony Allen (3,1 ppg, 1 reb, 14m7 min). Troppo grezzo palla in
mano per gestire ulteriori minuti, è stato utilissimo nell'allentare
Kobe ma evidentemente non a sufficienza per meritare una marcatura
"full time", anche perché Allen in questo è stato fantastico"6

Doc Rivers. "Get stops, get stops", le sue parole in panchina
erano sempre le stesse. "Keep movin' that rock, keep movin' that
rock". E' difficile non ascoltare la sua appassionata retorica e non
essere coinvolti dalla sua intensità  (per chiamare un time-out volante
si è fatto quasi tutto il campo entrandoci freneticamente), tuttavia
può uscire dalla serie con qualche mancanza. Non di accoppiamenti o
aggiustamenti ma piuttosto sul minutaggio della panchina.

Giusto insistere sui titolari, ovvero sui veterani Big 3, ma di fronte
ad un Ray Allen in pieno "slump" poteva essere più flessibile, come
anche con Garnett cambiato da Davis. Ma ovviamente ne avrebbe sofferto
troppo in difesa, e non si poteva sperare in 7 simil gare 4. Peccato
per Michael Finley, il pianista di pianobar oramai vecchietto. Qualche
pull-up jumper nelle Finals l'avrebbe meritato"7

LOS ANGELES LAKERS

Derek Fisher (8.6 ppg, 3 reb, 2 ast). Come l'anno scorso anche
in queste Finals c'è la sua firma. In gara 3 16 punti, quasi tutti
quanto più contava, con la chicca di una cavalcata solitaria in
contropiede attorniato da 3 avversari. In difesa è stato facilitato
dalle difficoltà  di Ray Allen, per il resto è stato il solito "Da
Fish" che ha fatto dire giustamente a Kobe di meritare l'appellativo
di anima di questi Lakers.

C'è anche la tripla dell'aggancio in gara 7, ad aprire le danze nel
finale per il ritorno di LA dopo un terzo quarto in cui sembrava che
il titolo prendesse la via del New England. Il memorabile maestro sarà 
ricordato come uno dei grandi clutch player della storia"7,5

Kobe Bryant (28,6 ppg, 8 reb, 3,9 ast, 2,1 steals, 40% fg, 31%
3p). Si prende il suo secondo MVP delle Finals nonostante tutto.
Nonostante un grande Gasol, nonostante percentuali al tiro spesso
bassissime. Ma Kobe ha avuto semplicemente più fame degli altri.

La sua faccia non ha mai mentito la voglia irrefrenabile di vincerne un
altro, uno più di Shaq, uno di meno ancora di MJ. E la voglia di
battere i Celtics perché la "legacy" di un buon Laker non è niente se
non li sconfiggi almeno una volta, per di più in gara 7, la sua prima,
quella che ha sempre sognato.

E' stato spesso "ecumenico" ma in gara 5 sembrava essere tornato il
Kobe del sentiero di mezzo tra il primo 3peat e il ritorno di Phil
Jackson. 38 punti giocando da solo, 13/27 dal campo, 4/10 da tre, con
tiri impossibili presi con 3 difensori sul groppone. Alcuni li ha
messi, per la maggior parte ha fatto ridondare i suoi detrattori
dell'inopportunità  di accostarlo a Michael Jordan.

La verità  è che a parte questo episodio ha giocato da MVP. Un ragazzo
ormai maturo, che è sceso in campo per rafforzare le sue credenziali
in vista della Hall of Fame e per il rispetto di tutti. Ci è riuscito.
Gara 7 è stata nervosa, 23 punti con 6/24 dal campo, freddo
all'inizio, ma ha segnato 10 punti nel quarto periodo. Non ditemi che
ha deluso quanto più contava.

I liberi pesanti li ha mandati a bersaglio, ne ha "rubati" 3 a Ray
Allen con una trappola appena dietro l'arco, poi ha giocato
splendidamente in difesa, come in tutta la serie. Poi ancora, ha
catturato 15 rimbalzi, un dato che nemmeno lontanamente vi racconta
della sua folle intensità .

L'ultima immagine di questa stagione NBA è giustamente la sua. Corre
nella metà  campo avversaria per recuperare l'ultimo pallone, poi
ritorna trionfante tra le braccia dei compagni. Un uomo solo al
comando, "with a little help from his friends""8

Ron Artest (10,6 ppg, 4,6 reb, 1,3 ast, 36% fg, 34% 3p). La
redenzione. Un uomo allontanato dal mondo dopo la rissa di Detroit.
Poi le scaramucce nei playoff contro Kobe in maglia Rockets.
L'impossibile è avvenuto. In maglia Lakers a giocarsi un titolo. Sotto
controllo, mai alzando la voce, mai fuori dalla grazia di Dio.

Il miracolo bis di Phil Jackson che dopo aver addomesticato Dennis
Rodman è entrato nella mente anche del ragazzo del Queens. Chi è più
pazzo fra i due ? Bah, sicuramente Ron è stato un fattore. Dopo il
buzzer beater su rimbalzo offensivo di pura voglia contro i Suns, la
firma nelle Finals la mette in gara 7. 20 punti e 5 rimbalzi, con una
tripla nel quarto periodo che non stava né in cielo né in terra.

Ma l'ha messa, e allora ha avuto ragione lui. Non è mai stato un
cattivo attaccante e difatti qua e là , nonostante non bellissime
percentuali, il suo contributo è stato prezioso. Nel primo tempo di
gara 7 è stato il go to guy dei Lakers mentre Kobe litigava col ferro.
Ma Ron "Tru Warrior" era stato preso per la difesa, possibilmente
anti-LeBron. The Chosen One si è eliminato da solo, ma lo stipendio se
lo è guadagnato fino all'ultimo cent.

Ci sono dubbi ? Pierce ha fatto il Pierce solo in gara 5, per il resto
è stato fortemente limitato. L'impressione è che abbia vinto anche la
gara di nervi, cominciata dall'allaccio dopo nemmeno 30 secondi di
gara 1. Le Finals si sono nobilitate per un personaggio come lui. Per
un uomo la cui incoscienza è stata pari alla sua cattiveria mentale,
ora finalmente incanalata per una giusta causa"7,5

Pau Gasol (18,6 ppg, 11,6 reb, 3,7 ast, 2,6 blocks, 47% fg). E
se mai fosse sceso in campo anche in quel paio di gare a Boston ?
Sarebbe stato l'MVP ? Avrebbero avuto il coraggio di non darlo a Kobe
? Non è un'eresia, senza quel paio di gare probabilmente oggi avremmo
parlato del primo MVP delle Finals spagnolo. Anzi, catalano.

Ha iniziato ad LA come chi aveva da dimostrare qualcosa al mondo.
Vero, perlomeno contro i Celtics, che tra 2008 e 2010 hanno visto
decisamente due diversi giocatori. Non sarà  stato continuo su 7
partite, ma le sue movenze in post basso sono da raccontare ai
ragazzini, così come la sua presenza a rimbalzo, la conoscenza
accademica del gioco, la visione di gioco.

Sul fronte dell'aggressività  è migliorato, anche se contro il ritorno di Garnett
a Boston è a tratti di nuovo sembrato l'agnellino talentuoso senza
attributi dei momenti peggiori.

Si è rifatto subito, meritandosi il plauso pubblico di Kobe. In gara 7
ha preso 18 rimbalzi, sovrastando letteralmente i malcapitati lunghi
avversari. Tra questi ben 9 sono rimbalzi d'attacco, un dato
mostruoso, ancor più per una gara del genere. Ah, c'è anche una
stoppata su Pierce per scongiurare il -2 sotto i due minuti dal
termine"8

Andrew Bynum (7,4 ppg, 5,1 reb, 25 min). E' partito addirittura
alla grande, 10 punti in gara 1 ed exploit a quota 21 nella
successiva, poi è calato, vittima più che altro delle sue ginocchia di
pasta frolla. Il suo atteggiamento è stato per una volta positivo e il
suo contributo non può essere definito marginale come in tante delle
serie di playoff precedenti.

Non sarà  mai la promessa che qualcuno aveva per lui intravisto ma il
Bynum delle prime due gare ha fatto vedere mani dolcissime e una
presenza, prima mentale che fisica, che ha a larghi tratti impallidito
Perkins e l'imbarazzante Garnett primo e secondo estratto"7

Lamar Odom (7,6 ppg, 6,6 reb, 1,3 ast). Per capire come sia
calato il suo impatto rispetto alle West Finals contro i Suns basta
semplicemente raddoppiare le sue cifre. Assente almeno fino a gara 6,
ha in parte riscattato nel finale una serie che non lo ha mai visto
protagonista.

Difficile capire il personaggio prima che il giocatore, il compagno
della sorella di Kim Kardashian è andato in doppia cifra nei rimbalzi
solo in gara 6 (10), e solo nelle ultime due gare lo si è visto
voglioso. Nonostante tutto è una pedina troppo importante per lo
scacchiere di Phil Jackson e lo è oramai dalle ultime tre stagioni
coronate con le Finals. Non dubito che qualora fosse mancato sarebbe
stato tutto più difficile, anche se così non sembra"6

Phil Jackson. Non perde mai con gara 1 in tasca, non perde mai
la testa nei momenti caldi. E' forse sembrato ancora più annoiato o
stanco o addirittura sfiduciato del solito, ha pubblicamente criticato
Kobe nell'intervista di fine quarto perché prendeva troppi tiri da
solo dal palleggio e se ne esce con un altro titolo, il suo
undicesimo, ovviamente record all-time.

A lui va accreditato l'inserimento nel gruppo di Ron Artest e la sua
maturazione, ha gestito nelle Finals una rotazione minima, dando
pochissimo spazio a Vujacic, Farmar e Shannon Brown ed è riuscito a
controbilanciare il Kobe solista di gara 5 con una perfetta perfomance
di squadra per il blowout di gara 6.

E adesso ? Dovrebbe restare per completare il quarto 3peat in
carriera, perché così vuole la sua storia. E per regalare a Kobe il
sesto, come Michael. Intanto gioca a tira e molla con la stampa. Una
leggenda vivente con più anelli che dita delle mani"7,5

Le Finals 2010 sono state emozionanti. L'appuntamento è per giugno
prossimo, dopo un'estate che si preannuncia caldissima. LeBron e gli
altri free agent possono rivoluzionare i rapporti di forza, intanto
però siamo di nuovo all'ombra della palme californiane.

"It's the city of Angels and constant danger" cantava 2Pac,
newyorchese come Ron e Lamar. Il pericolo costante si chiama Kobe,
veste il 24 ed è arrivato nella NBA da Philadelphia. Passando per
l'Italia.

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