Trionfo gialloviola

La gara finale dell'anno è stata difficile, spigolosa, ruvida, fisica, emzionante come ci si poteva aspettare, ma dal confronto è emersa vincitrice una squadra cui nessuno, solo poche settimane fa, dava credito di poter vincere una partita simile.

I Lakers passavano per squadra di ottime individualità  ma di scarsa coesione, di mani vellutate ma di scarsa propensione alla sofferenza, ebbene, hanno conquistato una splendida vittoria sfatando tutti questi falsi miti, giocando un basket che sembrava molto più consono agli avversari di sempre, quei Boston Celtics che si sono resi protagonisti di play off giocati sempre con il cuore e l'intelligenza, di una finale in cui hanno reso anche al di sopra delle loro possibilità  e meritano senza dubbio l'applauso che spetta a chi perde perchè il vincitore è uno solo, e stavolta è stato un altro, ma avrebbe meritato quasi quanto il vincitore.

Sofferenza e carattere sono state le chiavi di una serie che tante volte stava per sfuggire dalle dita gialloviola. Tante volte i Lakers sono stati ad un passo dalla sconfitta, in questa splendida finale, tante volte si sono trovati sull'orlo di un baratro da cui hanno saputo risollevarsi, per la conquista di un magnifico e meritato titolo, il secondo consecutivo.

Già  in gara 2 è stato perso il vantaggio del campo, sotto i colpi di Ray Allen e Rajon Rondo, poi immediatamente recuperato in gara 3 grazie ad un fenomenale Derek Fisher, uno degli eroi di questa finale.

Dopo le sconfitte di gara 4 e gara 5, la prima arrivata per la sorprendente prestazione della panchine dei Celtics, la seconda avvenuta dopo una vera e propria disfatta, in cui i Celtics hanno letteralmente dominato e solo uno strepitoso Kobe Bryant ha limitato il distacco, non era facile tornare a credere in una vittoria, eppure in gara 6 i Lakers sono tornati a giocar bene.

Infine a metà  terzo quarto di gara 7 Rajon Rondo ha messo i punti che hanno portato i Celtics a 13 punti di vantaggio, e la partita davvero era sembrata finita, con Kobe Bryant che sparacchiava e la palla che non girava. Eppure anche da quella situazione i Lakers sono riusciti a riemergere, da squadra vera ed autentica.

Bisogna premettere che di showtime in quei due quarti ne abbiamo visto poco, la triangolo non è stata certo applicata in modo perfetto, c'è stata improvvisazione, ma la difesa è stata ferrea, decisa, ed è stata una difesa di squadra, a rimbalzo i gialloviola sono andati decisi e convinti come un sol uomo ed in attacco hanno almeno provato a giocare insieme.

I tiri di Artest sono stati piuttosto estemporanei, ma probabilmente è stato giusto cavalcare un giocatore con una mano così calda, molti palloni sono terminati anche a Fisher, giocatore micidiale che ha bisogno di scarichi o di blocchi per il suo piazzato, non si costruisce certo i tiri dal palleggio, e Gasol, un lungo che ha bisogno che qualcuno gliela passi vicino a canestro.

Gran difesa, grande rimbalzo e palla ai giocatori più caldi anziché cavalcare eccessivamente un Kobe Bryant (che comunque ha fatto un gran lavoro in difesa ed a rimbalzo) da 6 su 24 al tiro, ed ecco che uno dopo l'altro i 13 punti sono stati recuperati ed in un quarto e mezzo il punteggio è passato da 36 agli 83 che son valsi la vittoria, con 30 punti segnati nell'ultimo quarto.

Vittoria di squadra, giusto che l'MVP delle finali sia andato al leader ed al giocatore con le statistiche più appariscenti, Kobe Bryant, ma sono parecchi i giocatori importanti.

Pau Gasol senza quel passaggio a vuoto a Boston avrebbe probabilmente meritato lui il premio individuale, ha dimostrato una volta di più la sua classe. Movenze da ballerino, rapidità  e fondamentali degni di una guardia, visione di gioco, ha sviluppato anche una ottima predisposizione al rimbalzo, sempre di più riesce a reggere il confronto con i giocatori più fisici. Un giocatore davvero superbo, unico per caratteristiche nell'NBA attuale.

Fisher ed Artest in fase offensiva sono comprimari, ma sono riusciti ad essere decisivi in questa gara 7. Artest è stato preso soprattutto per via della sua attitudine difensiva e non si è fatto pregare, attaccandosi a Pierce e limitandolo come nessuno era riuscito a farlo nei play off in questi ultimi anni.

C'era curiosità  di vedere come si sarebbe adattato alla triangolo, occorre dire che solo a tratti Ron è riuscito a calarsi nel sistema offensivo dei Lakers, più spesso è rimasto in attesa che la manovra si svolgesse per ricevere palla e tentare un piazzato o addirittura ha rotto i giochi con tiri estemporanei e dalle dubbie letture, ma in questa gara 7 è stato importante anche per la sua produzione offensiva, ha trovato il coraggio di tirare e la concentrazione ed il carattere giusti per realizzare i tiri.

Derek Fisher invece è un manuale di triangolo, il suo tiro è incerto ed ondivago, ma quando conta lui c'è e si fa trovare pronto, quando le mani degli altri tremano le sue diventano salde e caldissime. Si temeva poi che con lui Rondo avrebbe banchettato, in realtà  il sistema difensivo dei Lakers ha funzionato a meraviglia; certo, Rondo è stato probabilmente il migliore dei suoi in fase offensiva, ma è stato anche lui limitato per quanto era possibile.

Lamar Odom ha giocato male le prime cinque partite della serie, addirittura deleterio a Boston, ma nelle ultime due è stato fondamentale; leggendo le sue statistiche è difficile comprendere quanto sia stato importante, ma la sua applicazione difensiva ed i suoi taglia fuori a rimbalzo sono risultati decisivi.

Bynum non è riuscito ad incidere moltissimo, il suo ginocchio dopo le prime tre partite della serie non gli ha consentito più di rendere al meglio, ma comunque ha fatto tutto il possibile ed ha cercato di far valere il suo fisico nonostante una mobilità  compromessa.

La panchina è stata utilizzata pochissimo, solo Farmar ha avuto qualche minuto, ed era normale che fosse così. Vujacic ha trovato però il modo di far ricordare la sua partita, segnando i due tiri liberi che hanno chiuso la partita, la serie, l'annata. Terminiamo con l'MVP di queste finali, Kobe Bryant.

Serie dura, durissima per lui, dopo una prima gara in cui ha mandato al manicomio tutti i giocatori e lo staff tecnico biancoverde, i Celtics con la loro eccellente difesa hanno trovato ottime contromisure per lui, rendendogli la vita durissima. Kobe in alcune partite è riuscito lo stesso a tirare con ottime percentuali, ad esempio gara 5, in altri momenti no, ma è stato tanto intelligente e maturo da capire che in quei momenti era meglio farsi da parte e lasciare il proscenio a gente meno marcata.

Gara 3 è stata decisa nel momento in cui lui ha iniziato ad accennare la penetrazione, ha atteso il raddoppio ed ha passato a Fisher, andando poi a portargli il blocco. In gara 7 ha spesso ceduto palla quando contava a Fisher, Artest e Gasol.

Impensabile immaginarsi il giocatore egoista e vanitoso che nel 2004 distrusse lo spogliatoio fare cose del genere, impossibile immaginare che colui che battè il record di gare consecutive con 40 punti segnati, tirando ogni pallone che gli passava fra le mani e facendo incavolare come bisce i compagni, cedere palla per il tiro decisivo.

Per questa maturazione sono passati questi due titoli dei Lakers, di questo occorre dar merito a Bryant ed ad uno staff che ha lavorato tanto su di lui. Arriviamo finalmente all'ultimo protagonista da citare, l'allenatore che ha vinto più titoli nella storia.

Phil Jackson è ritenuto un mediocre conoscitore del gioco, anche il suo marchio di fabbrica, la triangolo, è stata inventata da altri e portata ad una applicazione vincente dal suo assistente storico, l'ottuagenario Tex Winter.

Phil Jackson non sarà  più pronto nelle contromosse come una volta, ed infatti in questi play off Gentry prima e Doc Rivers ed il suo staff poi sono riusciti a tratti a metterlo in difficoltà , ma è sempre una delle menti più fredde e lucide del panorama cestistico.

Sarà  aiutato dallo status che ha raggiunto, per carità , ma il suo carisma è immenso, nessuno come lui riesce a parlare con i giocatori e convincerli a percorrere la strada più produttiva.

Dopo essersi ritirato nel Montana a curarsi le anche e scrivere libri in cui definiva Kobe Bryant "inallenabile" ha rinunciato alle miriadi di ingaggi che gli venivano proposti come opinionista e si è di nuovo messo in gioco.

Se a Los Angeles pareva che il vecchio Buss volesse cedere il timone al figlio che non lo vedeva molto di buon occhio, si è ripresentato come compagno di Jeanie Buss ed ha prima obbligato, poi convinto gli altri membri della famiglia a tornare ad affidarsi a lui, quindi si è seduto al lettino del terapeuta con Kobe Bryant, comunicando in continuazione con lui fin dalle ferie, sfruttando ogni mezzo possibile, tecnologico o meno, ha ricucito il rapporto, a costo di consentirgli prestazioni da 81 punti, non esattamente il miglior viatico possibile per creare un gioco di squadra, quindi lentamente ma progressivamente lo ha convinto a diventare un leader di un gruppo, non un grande individualista.

Ed ecco il Kobe Bryant che sull'aereo di ritorno da Boston attacca i compagni accusandoli di aver messo poco carattere nelle ultime due partite, ma poi nel momento decisivo si fida di loro e cede la palla. Lucidità  e decisione, senza mai indulgere nell'orgoglio, che pure in lui sarebbe legittimo, Phil Jackson ha lavorato su tutti i suoi giocatori, a partire da Gasol, che era soprannominato Gasoft, per proseguire con Artest, che era ritenuto poco più di uno psicolabile, fino ad un Bynum che non ha abbandonato ed ha sostenuto fino a renderlo decisivo nelle prime due vittorie di questa serie.

Ed anche tatticamente ha dimostrato di essere sottovalutato, adattando benissimo la difesa a degli avversari che hanno mille bocche da fuoco e non danno punti di riferimento, vincendo la battaglia a rimbalzo grazie alla decisione di giocatori ritenuti molli ed alla voglia di aiutarsi, in attacco aggiustamenti semplici, ma fondamentali in due vittorie, gara 3 e gara 7.

Spesso insopportabile, inascoltabile in conferenza stampa senza aver preso qualche dose di tranquillante, indubbiamente è l'uomo che ha lasciato di più la sua impronta nell'NBA degli ultimi 20 anni.

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