Nello sconforto di Garnett c'è la delusione di tutti i Celtics.
Siamo arrivati all'epilogo della stagione. Epilogo triste purtroppo per i Celtics e i suoi tifosi.
Gara7 è andata ai Lakers, che hanno così bissato il titolo dello scorso anno e conquistato l'anello numero 16 della loro storia.
La sconfitta però non deve far passare in secondo piano quanto di buono fatto da Boston all'interno di questa serie e di questi playoff in generale. Purtroppo una delle due squadre doveva uscire sconfitta e nonostante ci abbia provato fino in fondo Boston ha avuto la peggio.
Un grande Rasheed
Gara7 è iniziata per Boston con un grosso deficit.
Come si sa, la squadra del Massachussets ha dovuto fare a meno del proprio centro titolare Kendrick Perkins proprio nella gara decisiva della serie, dopo il suo infortunio al ginocchio occorso nei primi minuti di Gara6. In quintetto, al suo posto, è partito il veterano Rasheed Wallace, che non ha fatto affatto rimpiangere il numero 43.
Wallace ha probabilmente giocato la sua miglior partita da quando è a Boston e ha fugato gli iniziali dubbi che si nutrivano sulla sua tenuta in campo, giocando 36 minuti prima di uscire per falli solo a 25 secondi dalla fine, quando i Celtics hanno iniziato a ricorrere al fallo sistematico per fermare il cronometro e cercare la rimonta disperata.
Al di là delle cifre offerte, che dicono 11 punti, 8 rimbalzi e 2 stoppate, la presenza di Sheed si è fatta sentire a centro area, dove ha difeso in modo egregio sui lunghi avversari.
Persa la lotta ai rimbalzi
Un ottimo Wallace non ha però evitato ai Celtics di perdere la lotta sotto i tabelloni, concedendo ben 23 rimbalzi offensivi ai lacustri. Purtroppo, con la serie che fino a questa gara ha chiaramente dimostrato come fosse fondamentale prevalere a rimbalzo, questo è il dato che più ha condannato Boston alla sconfitta, nonostante la partita si sia retta su un sostanziale equilibrio fino ai minuti finali.
Interrogato su quale fosse stata la chiave della vittoria, anche il coach avversario, Phil Jackson ha puntato il dito sui rimbalzi: “Abbiamo preso 23 rimbalzi offensivi. Ecco perchè abbiamo vinto. Siamo stati aggressivi e abbiamo avuto molti extra possessi”.
Concorde con lui, e non potrebbe essere altrimenti, Doc Rivers: “La differenza di peso ha influito, i ragazzi hanno lottato con tutte le loro forze, 23-8 ai rimbalzi offensivi e 37 a 17 ai tiri liberi sono numeri che ti condannano”.
Pare ovvio che in questa debacle abbia influito l'assenza di Perkins, anche se nessuno ha voluto accampare troppi alibi per la sua assenza e tutti hanno fatto i complimenti ai giocatori che sono scesi in campo, che hanno effettivamente dato tutto quello che avevano.
Ultimo quarto fatale
Boston nel corso di Gara7, nonostante fosse in notevole inferiorità sotto i tabelloni ha comunque messo in difficoltà i Lakers, giocando il tipo di basket a lei più congeniale, congelando l'attacco dei Lakers a metà campo e riuscendo sempre a chiudere l'area nelle penetrazioni degli avversari, concedendo nei prmi 24 minuti il 25,6% del campo ai padroni di casa.
Giocando in questo modo sono arrivati ad avere anche 13 punti di vantaggio dopo 4 minuti del terzo quarto, quando la squadra di coach Rivers sembrava aver preso completamente l'inerzia della gara. Il vantaggio però è stato dilapidato in fretta, complice la serata al tiro non edificante di Allen e la poca efficacia di Pierce negli isolamenti, e i Lakers sono arrivati a chiudere la frazione con soli 4 punti di disavanzo.
Doc Rivers fa fatica a capacitarsi del momento no della squadra: “Penso che abbiamo un po' smesso di giocare. Durante la partita abbiamo avuto ottimi movimenti e circolazione di palla, poi c'è stata una parte di gara dove abbiamo smesso di fare le cose bene. Noi non riuscivamo più a segnare e loro ci rimontavano”.
Nonostante il vantaggio con cui si è chiuso il terzo quarto, poi, i Celtics non hanno saputo continuare a difendere nel migliore dei modi, come testimoniano i 30 punti subiti negli ultimi 12 minuti.
Rivers non fa mistero della sua delusione per aver subito così tanti punti nel quarto finale della gara decisiva: “Ci hanno segnato 30 punti nell'ultimo quarto, e per noi, che siamo una squadra difensiva, è la parte più dura da accettare. Siamo riusciti a segnare 22 punti, è vero, ma ne abbiamo subiti 30”.
La delusione
Come ammette candidamente Doc Rivers: “C'era molta gente che piangeva nel nostro spogliatoio, molta gente che teneva molto a questo titolo. Non immaginate quanto questo gruppo sia follemente unito. Ed è proprio il termine giusto: follemente unito. Questo è il tipo di gruppo in cui ci si può anche urlare dietro, ma alla fine si è molto uniti. E' un gruppo speciale”.
Ray Allen, che ha già dichiarato di voler restare ai Celtics e far parte ancora di questo team, concorda con il suo coach sull'unità del gruppo: “Sono estremamente orgoglioso di far parte di questo gruppo. Siamo una squadra che insieme riesce a dimostrare a tutti cos'è capace di fare. Quando la gente non credeva in noi abbiamo continuato a lavorare per vincere. Abbiamo perso l'ultima gara, ma ne usciamo a testa alta”.
Big Baby, uno dei protagonisti della serie di Boston, è affranto: “Non so, mi sento come se volessi piangere, diventare matto. Arrivare vicini non vuol dire niente. Conta solo vincere. E' andata così, qualcuno doveva pur perdere, abbiamo perso noi e la cosa mi fa schifo”.
Il più affranto nel post partita è sembrato essere Kevin Garnett, come facile aspettarsi dato il suo agonismo. KG non è riuscito ad arrivare al suo secondo titolo, che come dice Michael Jordan è quello che differenzia un vincitore da un vincente.
Il Bigliettone però non si arrende e vuole riprovarci ancora l'anno prossimo, sperando di avere vicino gli stessi compagni di oggi, anche se sa che non è una cosa facile: “E' dura. Penso che siano tutti stanchi, non solo fisicamente ma soprattutto mentalmente. Vivi in un gruppo per la maggior parte del tempo, prepari le partite e ti diverti insieme e allo stesso tempo ti stanchi di stare con tutti, però diventano come dei fratelli”.
Se Allen, in scadenza di contratto, ha già dichiarato di voler restare a Boston, chi è indeciso sul prosieguo della carriera è Rasheed Wallace.
Doc Rivers ha fatto capire che quella di giovedì notte potrebbe esser stata l'ultima partita di Sheed in NBA: “E' un guerriero. Non so se giocherà ancora, ma credo stia pensando al ritiro, credo abbiate potuto vederlo anche nel modo in cui ha giocato. Anche quando ha iniziato ad avere i crampi ha sempre cercato il modo per stare in campo e dare tutto”.
E proprio a confutare la tesi di un Wallace all'addio al basket c'è un fatto abbastanza insolito occorso nel post partita. Uscendo dagli spogliatoi della squadra ospite, Sheed ha cercato di andare nello spogliatoio degli arbitri per parlare con loro.
La sicurezza, conoscendo il personaggio, ha impedito che Wallace potesse entrare, temendo che la visita non fosse di cortesia ma fosse un tentativo di accusare gli arbitri per la sconfitta. Chi ha visto la scena però ha parlato di un Wallace seriamente dispiaciuto di non poter parlare con gli arbitri, e il suo “Dan voglio solo parlare” all'indrizzo di Dan Crawford, detto pare con un filo di dispiacere, fa aumentare i sospetti che il colloquio volesse semplicemente essere un saluto agli arbitri della sua ultima gara nella lega.
Se dovesse esser stata davvero l'ultima sua partita, sarebbe effettivamente la gara migliore per salutare. Una Gara7 giocata come ai vecchi tempi in una Finale NBA storica come può essere una finale tra Lakers e Boston, macchiata solo dal risultato finale, che pesa come un macigno, ma che poco toglierebbe ad una carriera che sicuramente con un altro approccio mentale sarebbe potuta essere più brillante, ma che ha regalato ai tifosi del basket moltissime emozioni.
Il futuro
Dopo la sconfitta bruciante in Gara7 difficilmente si guarderà subito al futuro.
E' probabile che si lasci passare un po' di tempo prima di rimettere mano ai piani per la prossima stagione, cercando di capire se alcuni propositi di abbandono sono reali o dettati dalla delusione del momento e se l'eventuale rinnovo di alcuni contratti, Allen su tutti, può essere una mossa azzeccata alle cifre richieste.
Quello che è certo è che la squadra pur non essendo più molto giovane ha dimostrato di avere ancora molto da dire, e con un paio di innesti chiave potrebbe dare fastidio a molti anche l'anno prossimo, augurandosi di non ritrovare una Gara7 amara come questa.