Squilli di tromba e rullo di tamburi, signore e signori, ecco a voi la finale con più fascino e storia possibili.
Non so se è la più desiderata, i tifosi delle altre 28 squadre dell'NBA potrebbero avere qualcosa da ridire, ma sicuramente è la finale che a tutti noi suscita più ricordi.
Chi, come me, ha visto trascorrere qualche primavera si ricorda perfettamente le sfide fra i Lakers dello showtime ed i Celtics di Bird e di una manica di boscaioli che sembravano scarsi e goffi, sembravano, finchè non avevi la sventura di giocarci contro.
Qualcuno ricorderà anche gli inutili assalti del primo vero Big Three dell'NBA, quello dei Lakers di West, Baylor e Chamberlain, alla corazzata guidata da in campo da Russell ed in panca da Auerbach, che in un modo o nell'altro respinse sempre gli avversari più agguerriti.
Kobe Bryant sicuramente, nei suoi incubi, ricorda la finale di due anni fa. Questo è un tipo che dopo aver eliminato i Suns, pochi giorni fa, affermò che era cancellata l'onta delle due eliminazioni al primo turno. Eliminazioni che oltre a lui possono ricordare solamente Odom, Walton e Vujacic, perchè nel 2006 e nel 2007 gli altri giocatori dei Lakers non erano i vari Gasol, Artest, Fisher ma i vari Smush Parker, Kwame "Sissy" Brown e Cook.
Figuriamoci i suoi sentimenti nei confronti dei Celtics, quegli avversari che due anni fa umiliarono in finale lui e la sua squadra, appena rientrata nel novero delle contendenti al titolo, con un secco 4 a 2 ed un distacco abissale nell'ultima gara.
I commentatori di basket si dividono fra coloro che adorano Kobe e coloro che non lo sopportano, la maggior parte abbozzano, ma quasi tutti rientrano in una di queste due categorie.
Chi non lo sopporta sono due anni che ripete "Bravo, si, ha giocato bene, sono tre finali consecutive che gioca, ha vinto un anello, ma quando contava veramente, contro una squadra vera ed una difesa tosta, ha perso nonostante un'ottima squadra."
Pau Gasol dopo le finali di due anni fa, in cui perse il confronto con Garnett, venne soprannominato "Gasoft", soprannome che ancora lo insegue, anche se ormai è totalmente ingeneroso.
Odom fece la figura del comprimario cui non si possono dare responsabilità . Artest non ricorda umiliazioni in finale, non può ricordarle, fatica a ricordare cosa succede davvero ai play off, qualche volta li ha giocati, con gli Indiana Pacers, con i Sacramento Kings, con gli Houston Rockets, ma le partecipazioni sono sempre state brevi e concluse senza troppa gloria.
Lo scorso anno i Lakers hanno vinto, si, ma hanno faticato più del dovuto contro i Rockets, dimostrando dei limiti, ed hanno vinto perchè ai Celtics mancava Garnett, col bigliettone in campo non avrebbero trovato dei teneri Magic in finale, ma la squadra che li aveva umiliati l'anno prima.
E, se vogliamo, se gli Spurs avessero avuto Ginobili in finale forse non ci sarebbero nemmeno arrivati. Vere o false che siano queste affermazioni, in questa sede non interessa assolutamente, i giocatori dei Lakers se le sentono ripetere da tempo. Non so voi, ma io non mi sentirei tanto tranquillo nell'affrontare gente simile.
Almeno due anni di mal di fegato, battute, prese in giro, paralleli con i vari West e Chamberlain che vennero regolarmente battuti dalla dinastia celtica, difficile immaginare motivazioni più forti. Due anni di mal di fegato indeboliscono un giocatore di scarso carattere, gli fanno tremare le gambe e le mani, aumentano invece all'ennesima potenza le motivazioni di un giocatore di carattere.
Secondo voi inoltre chi è l'allenatore su questo pianeta più bravo a cercare motivazioni nei propri giocatori ed incanalarle nel modo più produttivo possibile? Esatto, Phil Jackson. Ed ecco che tutti noi che ci siamo addentrati in sottili analisi tattiche, convinti di capire qualcosa di come si gioca la palla a spicchi, siamo stati sbugiardati e sbeffeggiati come una massa di cretini.
Poche cose sono date per certe nell'NBA attuale come alcuni dei concetti riferiti alle due squadre in campo. I Lakers sono per eccellenza la squadra che si piace, che gioca davvero solo a tratti, quando vuole fare la differenza, spesso però tende a guardarsi allo specchio dimenticando di aggredire gli avversari.
Sono poi la squadra più forte fra quelle che non difendono, tanto che agli spettatori dello Staples Center vengono offerti i Tacos quando gli avversari dei gialloviola vengono tenuti a meno di 100 punti, tanto che "Tacos, Tacos!" è ormai uno dei cori più frequenti al palazzetto losangelino. Gasol ed Odom sono tecnici, duttili ed hanno visione di gioco, soffrono quando il gioco si fa fisico, Fisher non tiene gli avversari veloci.
Chi parla di Kobe quasi sempre dice che sarebbe il giocatore più forte del pianeta, ma… I ma riguardano il fatto che a volte difenda poco, sia troppo egoista, voglia tirare troppo ed a volte forze nei momenti decisivi.
Per contro i Celtics sono la squadra dall'attacco bilanciato per eccellenza, dove tutti i primi sei delle rotazioni tirano una decina di volte a partita o poco più, la squadra difensivamente migliore, capace di adattarsi a qualsiasi attacco, sono una squadra fisica e rognosa da affrontare, soprattutto la squadra che gioca con intensità , che fa dell'intensità il proprio marchio di fabbrica, che con l'intensità logora lentamente gli avversari.
Tutti questi luoghi comuni, rafforzatisi costantemente negli ultimi tre anni, nati di sicuro a ragione, ma anche abusati, sono stati spazzati via in gara uno. Volendo potremmo parlare della difesa dei Lakers, un misto di zona e uomo, di come si è adeguata sui tagli e di come ha pressato i tiratori da tre, di come l'attacco dei Lakers ha trovato soluzioni per mettere in difficoltà gli avversari, ma sarebbe probabilmente fiato sprecato.
I Celtics sono scesi in campo contenti di quello che hanno fatto nei play off fino ad oggi, soddisfatti di aver spedito in vacanza Lebron James ed i suoi Cavaliers e Dwight Howard ed i suoi Magic, convinti di poter fare la stessa cosa con Kobe ed i Lakers giocando nello stesso modo.
I Lakers volevano a tutti i costi sfogare sul campo due anni e passa di mal di fegato, di battute, di perplessità che raramente hanno accompagnato una squadra campione. E sul campo lo hanno dimostrato. Concentrazione assoluta, grinta, lotta con il coltello fra i denti su ogni pallone, rimbalzi aggrediti come se da ognuno di essi dipendesse la stessa vita dei gialloviola, accanimento su ogni palla vagante, mani pronte a lanciarsi su ogni passaggio avversario ed a disturbare ogni tiro.
Soprattutto voglia di giocarsela e vincerla insieme, di squadra, come fecero i Celtics nel 2008.
Volete che sia davvero importante commentare la tattica in una partita simile?
I Celtics avrebbero dovuto provare a puntare sulla difesa, sull'intensità , sui rimbalzi, come fecero benissimo due anni fa, invece proprio nei loro punti forti sono stati sconfitti dagli avversari.
Il punteggio finale di 102 ad 89 per i Lakers è persino stretto, dovuto ad una rimonta finale dei Celtics a partita ormai chiusa. All'inizio dell'ultimo quarto i punti di vantaggio per i Lakers erano 18, ad un primo accenno di rimonta dei Celtics, arrivati ad 11 punti, hanno prontamente reagito Gasol e Farmar, riportando il vantaggio ad oltre 15 punti.
Le dichiarazioni dei giocatori sottolineano quanto i giocatori abbiano sentito la partita e quanta rabbia avessero in corpo i gialloviola.
Avete presente le conferenze stampa di Gasol? Ha imparato dal calcio, non dice mai nulla.
Adesso: "Garnett ha perso esplosività , non è più quello di due stagioni fa"
Ma come, Pau? Due anni fa questo ti alitava sul collo come un rottweiler a digiuno da una settimana che abbia visto una salsiccia al sangue, e tu adesso lo aizzi così?
"Io a questo gioco non ci sto, non mi interessa quello che dice Pau"
Si, vabbè, caro Kevin Garnett, non ci credevi nemmeno tu mentre lo dicevi.
Ron Artest come si sente dopo aver vinto gara uno?
"In nessun modo. Stern ha fatto delle finali al meglio delle sette partite."
Pensi di buttarla ancora sul piano fisico, Ron?
"Io non devo preoccuparmi di essere fisico, lo sono già "
Mancava giusto "Io sono nato pronto", poi avrebbe chiuso il cerchio!
Persino Bynum, il più insospettabile, ha sentito la partita, risvegliandosi dal suo lungo torpore, nonostante un ginocchio appena siringato, giocando con una grinta ed una voglia che gli erano sconosciute da tempo, come pure Sasha Vujacic, il cui stile di gioco, che lo aveva portato ad essere soprannominato "The Machine" per la precisione al tiro piazzato, era andato perduto proprio in quelle finali del 2008.
Ora che significato ha questa gara uno?
Sia Phil Jackson che i Lakers hanno sempre vinto le serie di play off in cui hanno vinto gara 1, però non credo ci sia qualcuno che in questo momento sta davvero pensando a questo.
La serie è appena iniziata, occorre vedere se il fuoco sacro che arde nei cuori dei Lakers continuerà ad ardere come in gara uno o si spegnerà , occorre vedere se i Celtics saranno annichiliti dagli avversar come in gara uno o sapranno reagire, soprattutto vedremo se saranno capaci di vincere tutte e tre le partite casalinghe consecutive che li aspettano, in gara tre, quattro e cinque, ma viste le premesse c'è da leccarsi i baffi e prepararsi davanti al televisore sulla poltrona più comoda con tanto di cassa di peroni, panino con frittatona di cipolle e quel che ne segue.
Difficilmente abbiamo visto più motivazioni e più temi tutti insieme in una finale, per quanto di solito siano piuttosto spettacolari.