Finals 2010: Preview tattica (Part. I)

Due grandi giocatori, due grandi squadre, due grandi allenatori… le Finals alla lavagna.

Celtics contro Lakers è anche Rivers contro Jackson: due Grandi Maestri del parquet tramutato in scacchiera si affrontano ancora una volta in una sfida decisiva, e in questi due articoli proveremo ad anticipare le loro mosse di apertura, iniziando dall'analisi su cosa può accadere quando i Lakers sono in possesso di palla.

Jackson contro Rivers, abbiamo detto; ma soprattutto la Triple post offense di Tex Winters contro la Packline defense di Tom Thibodeau, due sistemi celeberrimi e che hanno fatto la fortuna delle rispettive squadre.

Dell'attacco Triangolo, dopo quasi trent'anni di trionfi, si è detto tutto e il contrario di tutto: tentarne una disamina in questa sede sarebbe da un lato eccessivamente prolisso, e dall'altro inevitabilmente incompleto, viste le innumerevoli nuances di questo sistema; ci accontenteremo quindi di prenderne in considerazione soltanto alcuni aspetti singoli, mano a mano che si presenteranno nel corso della serie.

La packline defense merita invece qualche parola in più: nasce nei college a cavallo tra gli anni '70 ed '80, pensata come rimedio a disposizione di squadre prive di grandi atleti per opporsi ad avversari più veloci e più potenti, negandogli al tempo stesso la dribble penetration e facili soluzioni in post basso e sulla linea di fondo.

La packline da cui prende il nome non è altro che una linea immaginaria con la stessa forma dell'arco del tiro da tre, ma arretrata idealmente di 1/2 metri all'interno dell'area: il concetto di base è quello di tenere un uomo in pressione costante sul portatore di palla, e posizionare gli altri in un semicerchio a protezione del pitturato:

L'obiettivo è "intasare" l'area ombreggiata, invitando gli avversari ad una sterile circolazione di palla sul perimetro, stringendo improvvisamente le maglie non appena essa si avvicina al ferro attraverso la penetrazione di un esterno o un servizio in post; al tempo stesso, però, consente rapidi recuperi sui tiratori piazzati, visto che ogni difensore ha (=deve avere) sempre ben presente la posizione del proprio uomo, ed è pronto a contestargli il tiro uscendo verso di lui in una frazione di secondo.

È una difesa complicata da assimilare e mettere in pratica: può funzionare soltanto con giocatori estremamente disciplinati e concentrati, perchè richiede un perenne movimento “ad elastico”, in cui il giocatore deve continuamente collassare dentro l'area per negare la linea di penetrazione ed uscire subito dopo per contestare il tiro da fuori del proprio uomo sullo scarico, senza mai perdere di vista quest'ultimo; impone inoltre un notevole impegno nelle rotazioni difensive, perchè il movimento degli esterni avversari richiede rapidi aggiustamenti, continui aiuti e aiuti "al quadrato" (le situazioni c.d. "help the helper" ): senza questi rodati automatismi, il rischio è che nelle rotazioni precipitose vengano lasciati ampi spazi vuoti in cui un attaccante aggressivo può insinuarsi per catturare rimbalzi difensivi o ricevere in movimento a pochi metri dal canestro.

Fortunamente per i trifogli, Garnett e i suoi nel corso degli anni hanno ormai perfezionato questo sistema, raggiungendo automatismi impeccabili: le loro rotazioni forsennate e il posizionamento a mezzaluna tipico della packlineD danno talvolta l'impressione che i Celtics siano schierati a zona, quando invece impegano una man-press portata alle estreme conseguenze.

I Lakers, a fronte di una macchina difensiva perfettamente oliata e registrata, non possono quindi contare più di tanto sugli errori altrui, come spesso avvenuto contro le difese affrontate finora: devono guadagnarsi ogni punto eseguendo il triangolo con aggressività  e rapidità , con tagli decisi dei giocatori senza palla e una circolazione rapida ed essenziale, senza fronzoli e senza rallentamenti.

Il peccato originale dell'attacco dei Lakers, il tallone d'Achille che troppo spesso trasforma, da un minuto all'altro, una macchina inarrestabile in un panorama stagnante, è proprio la tendenza dei suoi esterni a rallentare la circolazione di palla, limitandosi a palleggi insistiti e a scambiarsi il pallone pigramente al di fuori della linea da tre punti, accontentandosi poi di ripetuti tiri in sospensione dalla lunga distanza, presi fuori ritmo e senza posizione a rimbalzo offensivo: un atteggiamento che, se ripetuto contro questi Celtics, non può che condurli al disastro, dal momento che la packlineD è nata apposta per invitare gli avversari a scegliere questo tipo di giocata, costringendoli a percentuali bassissime e nutrendosi per di più dei numerosi rimbalzi difensivi che ne derivano per scatenare il contropiede guidato da “LebRondo”.

Solo una efficace e brillante esecuzione del Triangolo può consentire ai Lakers di scardinare questa difesa, sfruttando dei matchup che sembrano, nel loro complesso, favorevoli ai gialloviola.

Garnett una volta dominava Gasol e Odom a piacimento, ma adesso ha una gamba in meno e due avversari molto più convinti dei propri mezzi rispetto al loro ultimo confronto su questi lidi. Perkins si è affermato come centro difensivo di livello assoluto, ma paradossalmente Bynum rappresenta per lui un avversario più indigesto di superman Howard: il centro dei Lakers, anche se gravemente debilitato dal suo menisco, ha comunque un vantaggio di centimetri e chili che gli permettono di non farsi spingere troppo lontano dal canestro e vedere il ferro ad ogni azione.

Sugli esterni, inoltre, la situazione non appare migliore: senza Posey non c'è uno specialista difensivo da spendere su Kobe, permettendogli di fare i suoi comodi contro Ray e Tony Allen, che gli concedono troppi centimetri: l'acquisizione di Artest nega però ai Celtics anche la possibilità , sfruttata a piene mani nelle finali 2008, di affidare Kobe a Pierce, perché questo sinificherebbe lasciare una guardia alla mercé della fisicità  di Artest.

Persino la panchina, che per i Lakers è un grave handicap contro chiunque, in questo caso sembra rappresentare un problema meno insormontabile rispetto ad altri avversari: le riserve dei Celtics, infatti, sono complessivamente molto talentuose ed esperte, ma si fanno riconoscere per una discontinuità  di rendimento che non ha nulla da invidiare a quella dei rivali gialloviola: in questo ambito l'ago della bilancia potrebbe essere 'Sheed, che deve dimostrare la stessa voglia di difendere ogni centimetro del pitturato sfoderata contro Howard.

Per fare chiarezza visivamente sulle implicazioni della packline defense e dell'attacco triangolo quando si fronteggiano uno contro l'altro, possiamo affidarci a questo splendido video dal canale youtube del mai troppo acclamato Flavio Tranquillo, tratto dalla sfida del 31 Gennaio tra le due odierne finaliste, in cui si possono ammirare molti dei temi che animeranno questa serie nella metà  campo biancoverde.

In primo luogo emerge (trattandosi di spezzoni selezionati per illustrare alcune delle giocate tipiche dei gialloviola) la capacità  dei Lakers di far male alla difesa celtica quando il triangolo viene eseguito con precisione, velocità  e decisione: gli esterni dei Lakers devono palleggiare poco e muovere la palla velocemente e senza esitazione, e i giocatori lontani dalla palla devono tagliare con decisione e farsi trovare nei "soft spot" concessi dalla difesa, sfruttando la completezza nel mid-range game di Kobe e Gasol, e l'abilità  di passatori di Odom, Fisher e Artest.

Dallo stesso video emergono però, anche se si tratta di casi in cui i risultati finali non sono stati quelli attesi, i movimenti tipici della difesa dei Celtics, che possiamo estrapolare da alcune sequenze specifiche.

Dal secondo 30'' al secondo 48'': Kobe si isola sul post basso sinistro, e quando vira verso il centro si trova immediatamente circondato dagli avversari: Garnett, grazie ai suoi istinti difensivi che nessun malanno fisico può disinnescare, riesce agevolmente a negare sia la ricezione di Gasol che la linea di penetrazione verso il canestro che Bryant vorrebbe aggredire.

A parte un timido tentativo di Gasol, che come abbiamo detto viene difeso da KG senza nemmeno troppa fatica, gli altri Lakers sono completamente immobili, e quindi il mamba deve buttarsi dentro in ogni caso: lo scarico a Fisher non è perfetto, e nel momento in cui

Da Fish riesce a posizionarsi per il tiro (45'') Rondo è già  in posizione per negarlielo.

Il veteranissimo a questo punto sfodera un trucco a caso dalla sua valigetta, mandando per aria sia Rondo che Tony Allen (che sbaglia i modi e i tempi dell'intervento, lasciando libero il suo uomo per andare a coprire quello di Rondo, che pure non aveva bisogno di aiuto, e inoltre staccandosi da terra prima di Fisher), ma contro il pericolo rappresentato da Kobe spalle a canestro è impossibile difendere meglio di così.

Dal minuto 1'08'' al minuto 1'23'': in questa sequenza si vede benissimo la disposizione a mezzaluna della difesa dei Celtics, che ruota compatta “allungandosi” di volta in volta verso il portatore, per poi chiudersi con decisione su Bynum non appena il centro riceve palla in posizione per segnare.

In questo caso 'Dre fa un ottimo lavoro nel controllare il passaggio nonostante l'anticipo forte di Sheed, per poi mettere un difficile tiro dai tre metri contestato sia da Sheed stesso che dall'aiuto di KG, ma se i Celtics dovessero costringere i Lakers ad accontentarsi solo di questo tipo di soluzioni, ad elevata difficoltà , la serie si prospetta tutta in discesa per i biancoverdi.

– Dal minuto 5'35'' in poi: a differenza di altre esecuzioni fluide del Triangolo viste all'interno di questo filmato, nell'attacco dei Lakers non ci sono tagli e movimenti dei giocatori senza palla, né una rapida circolazione della stessa: gli esterni si perdono in un palleggio prolungato, mentre la difesa si stringe e si allarga nel suo ormai noto, tipico movimento; i gialloviola alla fine si trovano (minuto 5'47'') a 9 secondi dalla sirena dei 24 senza aver costruito nulla di pericoloso: Artest risolve la situazione facendosi largo con la forza nel cuore dell'area e segnando un avventuroso tiro in corsa in mezzo a tre avversari, ma ancora una volta non si può evitare di sottolineare che i Lakers non possono battere i Celtics se devono fare affidamento a questo tipo di esecuzioni ad alto quoziente di difficoltà .

Anche l'azione immediatamente successiva segue la medesima falsariga: i Lakers sono tutti fermi a guardare Bryant, che palleggia insistentemente e poi cerca una prima partenza in palleggio, ma pur prendendo mezzo passo di vantaggio su Ray Allen trova tutte le linee di penetrazione occupate da Garnett e Perkins; scarica quindi su Bynum, che si ritrova immediatamente raddoppiato e restituisce palla al suo capitano; Kobe riparte in palleggio, ma anche in questo caso non ha una via libera verso il canestro, e alla fine deve accontentarsi di un fadeaway in extremis: solo rete, perché Kobe è comunque Kobe, e può sfruttare il fatto che la marcatura di Allen, come detto in precedenza, gli permette di “vedere” il canestro e poter tirare in sospensione sopra la sua testa in ogni momento; ma si tratta comunque un tiro complicato, non è quel genere di tiro su cui un attacco di elite come quello dei Lakers può costruire la vittoria di una serie finale.

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