LeBron, 'un re senza corona e senza scorta'. E Cleveland rischia di essere la sua 'città vecchia'.
LeBron James si infrange contro il muro dei Boston Celtics ed esce prematuramente nei playoff. La migliore squadra della regular season e l'MVP della stagione sono già fuori alle semifinali di conference.
Colpa di LeBron ? Colpa del supporting cast ? Meriti dei Celtics ? In queste ore si susseguono le ipotesi e le ricostruzioni ma è una questione che va ben oltre il presente. LeBron ha fallito laddove non poteva e adesso il suo futuro ai Cavs appare segnato. In parallelo, come già molti si affrettano a fare, come giudicare questi suoi primi 7 anni in NBA ?
Cerchiamo di fare un po' un'analisi globale, tridimensionale, tra passato, presente e futuro.
LeBron ha 25 anni, è nel cuore dei suoi migliori anni, ma non è più un adolescente e ha quindi già una storia cui confrontarsi. Adesso si affaccerà dalla finestra della sua camera e cercando di non fare più caso all'orrido panorama cittadino di Cleveland penserà , da solo, a sé stesso, al suo passato, all'oggi e soprattutto all'immediato domani.
Proviamo a immaginarci anche noi con lui, su quel davanzale, dove il tempo sta scorrendo davanti agli occhi.
Ieri
Alla sua settima stagione NBA appena conclusa, LeBron è idealmente a metà del suo percorso tra i pro. Auguro a lui ogni bene, che possa cioè continuare su alti livelli il più tempo possibile, ma non è eretico dire che siamo al giro di boa, o comunque al bivio di un'intera carriera.
Difatti più che su calcoli matematici su quanti anni ancora possa giocare, calcolo ovviamente impossibile, è questo momento sicuramente non già il più difficile ma il più critico della sua vita sportiva.
Come detto ha 25 anni, un'età di mezzo, dove senti di non avere più la spensierata allegria del teenager né tantomeno la maturità completa di chi si avvicina o ha superato la soglia dei 30 anni. Hai forse tutto o forse niente. Questo discorso vale nella vita come sul campo da basket.
LeBron può ancora migliorare ma ha già raggiunto un altissimo livello, pressappoco lo zenit del suo gioco. A livello numerico può produrre cifre ancora più grandi, ma non è questo il punto.
Piuttosto può ulteriormente migliorare su alcuni punti specifici, come tiratore o come difensore, e sul piano mentale, per esempio nei finali di partita, o in generale nei playoff.
Già , i playoff. Del celebre trio del draft 2003, solo Dwyane Wade ha già vinto un titolo, mentre lui e Carmelo Anthony sono ancora a secco. LeBron ha giocato le Finals del 2007, ma è stato uno sweep senza storie contro gli Spurs di Duncan.
Allora nessuno, giustamente, ha gridato allo scandalo, siccome eravamo ancora al quarto anno. Ora qualche brontolio c'è, e a ben vedere. Il parallelo è sempre lo stesso, forse LeBron non lo vorrebbe ma i media del mondo intero lo hanno voluto incoronare come il più grande giocatore della sua generazione, idolatrato fin dal suo penultimo anno al liceo e quindi ogni discorso porta al confronto.
LeBron e Michael Jordan. Michael vinse proprio alla sua settima stagione il suo primo titolo NBA, e come il ragazzo dell'Ohio era sempre uscito precedentemente contro squadre più forti, nonostante prestazioni da superstar.
Qualcuno già parla della sua "legacy", di come cioè rendere agli occhi della storia questi primi 7 anni. Un due volte MVP pur senza anelli dovrebbe stare tranquillo, finora, ma la sconfitta di quest'anno, arrivata addirittura a livello di semifinale di conference, brucia ovviamente più delle precedenti.
Semplicemente è un altro anno che passa senza titolo, lui che da divo in terra già dovrebbe far combaciare il trionfo mediatico (e da indiscusso MVP) col trionfo in campo.
Non voglio indugiare troppo sul parallelo con MJ, ma LeBron merita, se proprio vogliamo trovare un riferimento, di avere anche lui il proprio Scottie Pippen e il proprio Phil Jackson.
E' questa la grande differenza. Il turning point della carriera di Michael fu l'aver incrociato la propria strada con quella di Pippen e coach Zen (vinsero nel '91, alla quarta di Pippen e alla seconda di Jackson), per LeBron invece questo momento non è ancora arrivato.
Nulla di drammatico finora, perché anche i Bulls dell'invincibile terzetto non vinsero al primo appuntamento. Serve però costruire qualcosa di importante intorno, gli anni passano e se questo è stato doloroso l'anno prossimo potrebbe essere un male forse irreversibile.
Prima di questo è storia simile. Anni da MVP (MJ lo fu solo nell'88 prima del three-peat), di grandi numeri, di giocate di spettacolo e di potenza fisico-tecnica e di delusioni playoff.
Cosa ha fatto finora ? Ha semplicemente eguagliato e poi addirittura superato il clamore da star che gi è stato costruito prima che arrivasse nella NBA. Può stare moderatamente tranquillo, sono stati 7 anni spesi alla grande. E' adesso che si gioca la vera battaglia.
Oggi
Non si può dire fosse un "Now or never" ma quest'anno LeBron sanguina. Come minimo avrebbe dovuto firmare il foglio delle presenze alle Finals, magari in one on one contro Kobe. A proposito, io ci credo ancora. Ma chiedo mai troppo volendo semplicemente i due migliori giocatori NBA delle due migliori squadre stagionali già da un paio d'anni alle Finals ?
LeBron ha purtroppo trovato una squadra più forte dei suoi Cavs in termini di playoff, i Boston Celtics, la cui difesa lo ha limitato, e a tratti cancellato, dalle luci della ribalta. Sanguina perché i Cavs si affacciavano ai playoff col miglior record della NBA e con l'etichetta di squadra da battere, sanguina ancor più perché questa volta è tanto colpa sua quanto quella dei compagni.
L'anno scorso infatti contro i Magic fu addirittura commovente vederlo sbattere da solo contro il muro di Orlando. Uscì dalla serie senza dare la mano ai vincitori, senza parlare a nessuno, probabilmente perché arrabbiato con i compagni che non gli avevano dato un aiuto sufficiente. Lui aveva dato il massimo, anche con una tripla allo scadere per vincere gara 2.
Nulla di cui recriminarsi. Quest'anno invece contro i Celtics è tutta un'altra storia. Il manifesto è gara 5, con la serie sul 2-2. LeBron gioca una partita inguardabile, che può capitare anche ai migliori, certo, ma che in questo contesto fa pendere la serie verso Boston.
15 punti, 6 rimbalzi e 7 assist con il 3/14 dal campo, 0/4 da tre e 3 turnover. Percentuali pessime, con tiri sbagliati anche di molto e anche completamente smarcato, oppure forzando in area contando solamente sulla potenza fisica. Brutta roba, ancor di più se ci aggiungiamo che il primo canestro su azione è arrivato addirittura a metà del terzo periodo, per di più con una slam dunk in "cherry picking".
In gara 6 le cose non vanno meglio. Sia decapitato colui che lo difende perché ha messo a segno una tripla doppia (27 punti, 19 reb, 10 ast) ma con un altro brutto 8/21 dal campo e, cosa che taglia le gambe a qualsiasi sventurato provi a venirgli incontro, addirittura 9 turnover.
No, la verità oltre i numeri è che LeBron questa serie, al contrario dei Magic '09, l'ha persa in prima persona. Non ha avuto un atteggiamento giusto, quello che da lui ci si aspettava. Il gomito che gli faceva male non può essere una scusa per uno del suo livello.
I commentatori americani continuavano a ripetere che si fossero trovati al posto di coach Brown gli avrebbero detto, senza troppi giri di parole, "Do you", ovvero fai come sai, sii te stesso.
E invece LeBron non è stato LeBron. E' stato colpevolmente a metà del guado. Non ha né preso la squadra sulle spalle, magari forzando ancora di più (qualcuno direbbe facendo il "Kobe"), ovvero tirando spropositatamente più del solito, né d'altro canto ha saputo fino in fondo vincerla essendo vero leader e cioè migliorare e ispirare i compagni, che da parte loro gli hanno fatto un brutto scherzo.
Mo Williams si è rigenerato troppo tardi, Shaquille O'Neal ha dato anche più di quello che poteva, cioè non molto, Antwan Jamison è stato imbarazzante. Mi dispiace dirlo ma c'è una categoria di giocatori di grande talento che puntualmente non sa vincere, vedi anche Tracy McGrady, e a questa appartiene il prodotto di UNC.
Poi c'è il capitolo allenatore. Mike Brown ha certamente dei meriti ed è un ottimo stratega difensivo, ma è venuto meno clamorosamente nell'allenare la serie in corso, ovvero gestendo gli aggiustamenti e i minutaggi dei lunghi, dei quali il giovane JJ Hickson è stato ingiustamente sacrificato.
LeBron ha fallito né più meno che tutta la squadra, coach compreso. Meriti di quei vecchi leoni dei Celtics, rivisti nella forma smagliante della cavalcata del 2008, quindi onore a Ray Allen, Kevin Garnett e addirittura al rinato Rasheed Wallace.
Menzione a parte per un monumentale, soprattutto in difesa contro LeBron, Paul Pierce, e all'eccezione Rajon Rondo, tripla doppia in gara 4, e pazzo stranissimo e divertente fresco fenomeno in ascesa.
Quindi, in definitiva. Come la vogliamo ricordare questa serie ? Non c'è dubbio. La serie in cui LeBron ha fallito. Prima lui che qualsiasi altro.
Domani
Non lo so se c'è una diretta conseguenza del fallimento con la necessità di cambiare maglia. Così come non sono convinto che se anche avesse vinto il titolo sarebbe restato a Cleveland.
La faccenda è complicata e da qui al giorno in cui ufficialmente LeBron diventerà free-agent ci divertiremo. Oltre al fatto che è arrivato, non il 2012 o la fine del mondo, ma finalmente quel 2010 nel quale anche D Wade, Chris Bosh, Dirk Nowitzki, Yao Ming e Amare Stoudemire possono esplorare nuove prospettive.
Poniamola subito in questi termini. Per divorziare serve un motivo serio. L'anello ? Certo. I Cavs probabilmente non potranno mai costruire un degno supporting cast perché non hanno troppo spazio salariale, quindi andare via non sarebbe anacronistico.
Ma LeBron è dell'Ohio, idolo di casa, gli hanno costruito un regno dorato intorno e difficilmente può sbattere la porta così facilmente. Andarsene dai Cavs, da casa sua, dai suoi compagni con i quali pare a tutt'oggi ha una legame fortissimo (Mo Williams in testa) è per lui più doloroso che per molti altri.
Con qualche buona mossa, con un allenatore più esperto e rinnovata fiducia, LeBron potrebbe ancora vincere a Cleveland. Ma qui si tratta veramente di cercare di entrare nella sua testa.
Dipende solo da lui ? Certo, se vuole fermamente restare o assolutamente andarsene nessuno lo tratterà , ma dubito che a questo punto sappia bene cosa fare. LeBron piuttosto in questo momento è un ragazzo combattuto, sicuramente rammaricato dall'ennesima delusione playoff.
In questo clima quindi di confusione e incertezza, non dipende tutto da lui. LeBron si guarderà allora intorno, prenderà in considerazione ogni possibile ipotesi e poi deciderà .
Dipende da chi potrà offrirgli il meglio. Difficile dirlo adesso, troppo presto e troppo cocente ancora la sconfitta. Ci sono però due soluzioni che sembrano finora prevalere. Suggestive a dir poco.
A Chicago per diventare ancor più limpidamente il nuovo Jordan o a New York. Senza dimenticare Miami e D Wade e i nuovi Brooklyn Nets del miliardario russo
Prokhorov.
Sonny Vaccaro, guru che difficilmente parla a vanvera, si dice sicuro possa andare ai Bulls, trasferimento sognato anche dal Presidente Obama. Con Derrick Rose potrebbe formare un duo formidabile, e con Noah nel mezzo troverebbe la gioventù ulteriore che serve per costruire qualcosa di importante.
Ci sarebbe solo quel dettaglio per cui il figlio del tennista abbia recentemente riempito di parolacce sia LeBron che i Cavs che la città di Cleveland, ma dopo aver visto Kobe e Ron Arstest scannarsi da avversari e poi darsi il cinque in maglia gialloviola non credo più a niente del genere.
L'inchiostro si dilungherebbe a spazi da Divina Commedia, e per di più sarebbe tutto inutile. Siamo nel campo delle congetture. Nel frattempo la città di New York sogna, Spike Lee compreso, e il palcoscenico più luminoso sarebbe forse la decisione più giusta.
L'unica prospettiva che ad oggi mi solleva, parzialmente perché appunto ancora utopia, della delusione di questo fallimento. LeBron a New York sarebbe la copertina del secolo, come se il ragazzo non lo fosse già oggi. Al solo pensiero mi vengono i brividi.
Ma poi con Jay Z come la mettiamo ? Si va ai Knicks o a Brooklyn, dove è socio dei Nets ?. Bah, anche lui ha molto di cui pensare, e non mi vorrei mettere nei suoi panni qualora varcasse il MSG. Non buttatela lì. Queste cose nella NBA contano, quindi il fattore Jigga non è da meno che le mere questioni da salary cap o supporting cast vincente, cosa peraltro adesso assente a Manhattan.
Poi c'è il discorso John Calipari (chi se lo prende riceve nel pacchetto anche The Chosen One ?), che poi è lo stesso di Riley ove mai dovesse tornare sulla panchina degli Heat.
Già , Miami. Alla sola idea di un tandem con Wade si potrebbe chiudere il campionato e consegnare il titolo agli Heat, sempre che il campionato non lo si chiuda davvero, come molto probabile, per colpa del lockout.
Oh signore, quanti pensieri. Non dovevamo mai arrivare a questa situazione, che diverte qualcuno ma a me per niente.
Io fra un po' avrei dovuto guardare nel cuore della notte Kobe e LeBron sfidarsi uno contro uno alle Finals.
Che delusione invece. Sto qui di nuovo, per il secondo anno consecutivo, a lamentarmi di quello che non è accaduto, almeno fino ad ora, sperando che non sia troppo tardi.
Di un LeBron sconfitto, come cantava De Andrè, di "un re senza corona e senza scorta".