La finale di Conference più giusta, tecnicamente più interessante e con un pronostico tutt'altro che scontato.
Orlando Magic e Boston Celtics si ritrovano di fronte un anno dopo ma questa volta la serie ha dei contorni molto più elettici e sicuramente vale qualcosa di più, quella finale NBA che le due squadre hanno raggiunto negli ultimi due anni. Vincenti i Celtics nel 2008, perdenti i Magic nel 2009.
Se avesse avuto la possibilità di scegliere, Stan Van Gundy avrebbe preferito di gran lunga (paradossalmente, ma non troppo) incontrare i Cavaliers di Lebron James. Ed invece sulla finora facilissima strada verso le finals incrocerà i fastidiosi tentacoli degli esperti Celtics. Tentacoli che però hanno saputo domare sia lo scorso anno che in questa stagione regolare.
Boston ha tutto quello che serve per mettere in difficoltà il convulso e affascinante sistema offensivo dei Magic. Orlando ha la convinzione mentale e una freschezza fisica che alla lunga può risultare letale per i Celtics.
Il precedente della Semifinale di Conference dello scorso va preso con le pinze del caso.
Il 4-3 di Orlando è figlio di una versione molto sbiadita ma poco arrendevole della squadra di coach Rivers e dell'innata presenza scenica di quel Hedo Turkoglu che era l'anima della squadra nei momenti "clutch" e che ora si interroga sulla sua deludente esperienza canadese.
Il +19 di gara 7, al Garden, con un autoritario e spaventoso 4° periodo ha dato una dimensione totale ai Magic. I 25 punti e 12 assist del turco sono stati la goccia che ha trascinato la squadra di Van Gundy verso la finale con i Lakers.
Quest'anno è tutta un'altra storia. Facce nuove, facce diverse.
In Regular Season, il parziale è favorevole ad Orlando che è stata in grado di vincere 3 partite giocando una sola volta tra le mura amiche dell'Anway Arena e superando i Celtics per tre volte al TD Garden.
Aspetto abbastanza rilevante che fa deporre la tesi di una marginale importanza del fattore campo (vedi gara 7 dello scorso anno). Tre successi esterni limitando Boston sotto i 90 punti (due volte sotto gli 80) e con una durezza prima mentale e poi fisica in grado di recare enorme fastidio alle sicurezze interne dei Celtics.
Nella gara del 20 novembre (+5 Magic) al TD Garden, fondamentali le 10 triple e l'impatto emotivo di un Vince Carter da 29 tiri tentati ed un 4° quarto eroico. A Natale, Boston si è presa la rivincita con una delle gare più dure della stagione, limitando Orlando al 33% e con 21 errori dall'arco.
Un mese dopo, sempre a Boston, la presenza di Howard (19 pts, 10 rebs), il dominio a rimbalzo (+15) ed il canestro a 1.3 secondi dalla fine di Lewis consegnano la vittoria ai Magic mentre nell'ultimo confronto stagionale, il 36-11 del 3° quarto stronca la difesa di Boston con un sensazionale show di Vince Carter.
Sarà una serie che vivrà di dettagli, difesa e tanta, tantissima fisicità .
Le chiavi per i Magic
IL TIRO DA 3
La chiave per i destini degli Orlando Magic. In Regular Season, la squadra di Van Gundy ha prodotto il 30% dei suoi punti, il 28% dei suoi canestri segnati ed il 35% dei suoi canestri tentati dall'arco. Più di qualunque squadra NBA.
Il (finto) segreto è costruire il tiro da 3 nel miglior modo possibile. Le percentuali sono il termometro del sistema che è in grado di supportare (con la gentile presenza di Howard) anche delle giornate storte dall'arco. Basta soffermarsi sulla gara 6 dello scorso anno dove i Magic dominarono nonostante il 6/26 dall'arco ma con una gara da 23 punti e 22 rimbalzi di Howard.
Il bilanciamento delle tue variabili (tiro e Howard) è determinante ma non essenziale. Orlando è in grado di vincere con un Howard da 1/5 dal campo e totalmente avulso dal gioco ma il suo tasso di attività è sempre elevato con la percentuale ai tiri liberi (vedi finals 2009) che sarà risolutiva.
Nelle 8 partite di playoff (o presunte tali visto la relativa difficoltà delle serie contro Bobcats e Hawks) i Magic hanno infilato 89 triple, il 71% delle quali proviene dalle mani del trio Nelson-Pietrus-Lewis. Le 19 di Nelson sono le più sorprendenti, figlie di una grande varietà di soluzioni in situazioni di pick 'n roll del play di Orlando mentre il duo Pietrus-Lewis semplifica nel migliore dei modi l'efficienza del sistema Magic.
Le mani sono armate. Tutto dipenderà dall'efficacia delle rotazioni dei Celtics.
ASSIST E ISOLAMENTI
Le cifre statistiche nei confronti stagionali contro i Celtics, sono quasi tutti dei season-low. Canestri segnati (29.5), canestri tentati (72.0) e soprattutto quelle del numero degli assist. Orlando non è andata oltre i 12.8 assist di media nelle 4 partite giocate. Segno di un continuo numero di isolamenti e della dipendenza, in certi momenti della gara, dal nuovo arrivato Vince Carter.
La ratio assist/TO è modesta. 7 assist per 10 palle perse.
La presenza di Vince Carter ha dato una dimensione nuova ed ha aggiunto quella sana imprevedibilità tecnica di un sistema che a volte è stato vittima di se stesso.
Carter può garantire (in qualsiasi momento della gara) un quarto da 15 punti e può colpire sia con il tiro da fuori (essenzialmente da 3, in stile Van Gundy), sia con le situazioni "inside" dove basa il 26% del suo attacco che conclude con un ottimo 55% di percentuale reale.
Saranno determinanti i secondi con la palla in mano di Howard nel pitturato e la capacità dello stesso di garantire ribaltamenti ed "hockey pass" per i compagni in grado di liberare i tiratori dall'angolo (Pietrus in primis) e dal mezzo angolo (Lewis).
MATT BARNES
Lebron o Pierce non avrebbe fatto molta differenza. La duttilità di Matt Barnes (dimostrata ampiamente anche contro Kobe Bryant) è la base della sottovalutata difesa degli Orlando Magic (per informazioni rivolgersi a Gerald Wallace e Joe Johnson).
Nella serie appena conclusa contro i Cavaliers, Paul Pierce pur disputando una esiziale gara 6, è stato al di sotto delle aspettative con diversi problemi con il ferro e con i falli. Il confronto diretto con Matt Barnes sarà esaltante e determinante per l'attacco dei Celtics e conseguentemente per la difesa dei Magic che deve assolutamente limitare i punti in contropiede degli avversari. Meno corre Boston, più isolamenti da difendere avrà Orlando e molta più responsabilità si poserà sulle spalle di Barnes.
Fondamentale la sua difesa in post basso, dove Pierce dovrebbe recargli le maggiori insidie.
Le chiavi per i Celtics
DEFENSE
La differenza. A sprazzi si è rivista l'attitudine difensiva del 2008. Eccellenti rotazioni sul lato debole, aiuti qualitativi ed una presenza fisica ed emotiva a centro area che ha respinto i tentativi di Wade e Lebron di entrare nel pitturato. Merito della fisicità di Perkins e di un Garnett che sta rispolverando l'intensità dei tempi belli.
Se offensivamente siamo alla quasi totale dipendenza dei "Big Four" con Rondo prima opzione offensiva, difensivamente l'apporto dei vari Wallace, Allen (pregevole il suo lavoro su James) e Perkins è fondamentale. Il tutto sotto l'inconfondibile ritmo vocale di un Garnett che non sarà difensivamente quello di due anni fa ma che garantisce ancora quelle 4/5 difese che possono far girare la partita in qualsiasi momento.
In Regular Season, i Celtics hanno concesso più di 101 punti a partita. Nei playoff, le cifre si sono sensibilmente abbassate con soli 91.7 punti concessi, seconda miglior difesa dietro ai Magic (83.7 ppg).
LA PANCHINA
Se la panchina di Orlando si può definire operaia e direttamente proporzionale al sistema di Van Gundy, quella dei Celtics è completamente l'opposto. Coach Doc Rivers ha già scelto le rotazioni ed i tre che andranno a completare il roster attivo dei Celtics saranno Wallace, Tony Allen e Glen Davis. Non il massimo dell'affidabilità .
Dopo un primo turno acerbo, Rasheed Wallace con la sua enigmatica predisposizione mentale si è iscritto a questa post-season con una sontuosa gara 2 contro i Cavs e con un'impressionante secondo tempo della freschissima gara 6 vinta e decisiva per l'accesso nella finale di Conference. Nel mezzo, un bel niente.
Molto più discontinuo rispetto ai fausti tempi dei Pistons, il buon Rasheed sa di essere il 6° uomo che potrà cambiare il destino di Boston sui due lati del campo. Deve solo limitare la sua propensione nell'accendere prima se stesso che la partita a suon di tecnici e proteste.
Fondamentale sarà l'apporto di un ritrovato Tony Allen. Difensivamente potrà mettere in difficoltà Vince Carter e sollevare l'altro Allen (Ray) da compiti difensivi che a volte sacrificano la fase offensiva (vedi lo 0/5 da 3 di gara 6).
MAGIC RONDO
Era l'estate del 2007. Roma ospitava la prima (non ufficiale) dei nuovi Celtics. Garnett, Allen e Pierce tutti insieme e con la maglia bianco-verde. Non una domanda sulla coabitazione tattica, tecnica e umana delle tre star. Solo dubbi, incertezze e perplessità sul nome di Rajon Rondo.
Il 2007 è lontano anni luce da oggi. Rajon Rondo è fondamentalmente la prima scelta dell'attacco dei Boston Celtics. La sua innata intelligenza, l'arrogante prova della sua fantasia ed una varietà di colpi in attacco che aveva già fatto intravedere nei Celtics pre-Garnett.
Ora è un All Star a tutti gli effetti. Per i 18 rimbalzi catturati e la clamorosa tripla doppia di gara 5, per la sua capacità di lettura, per la sua sistematica improvvisazione dai 4 metri dal canestro, ma soprattutto per l'impronta emotiva che incide sul match.
Se la vedrà con Jameer Nelson. Play atipici e diversi tra loro. Entrambi sono al centro della miglior istantanea della propria carriera. I colpi dicono Rajon, la concretezza vira su Jameer.
Pronostico
Orlando è completa, profonda e mentalmente al top. Boston ha il carattere dei campioni, il sangue della vittoria.
Magic leggermente favoriti ma i Celtics sono l'unica squadra che può sovvertire i pronostici. Basta vedere la malinconica fine di Lebron James.