La stagione di Gallinari è stata positiva, ma nessun italiano è riuscito ad arrivare ai Playoffs
Ho dato un'occhiata a quante volte, nei miei ultimi articoli, ho titolato, messo in foto, usato come argomento principale la sfida tra Kobe e Lebron.
Tante, forse troppe, specie in relazione al fatto che questa sfida da mezzogiorno di fuoco ancora non si e' mai svolta. Negli ultimi 3 anni, prima Kobe non aveva sufficiente cast di supporto, poi si e' dovuto omaggiare la sete di rivincita dei verdi targati "mostro a 3 teste", infine Orlando ha circondato Superbimbo di cannoni a lunga gittata, demandando al Turco la gestione della boccia negli ultimi 5 minuti.
Ogni stagione che passa, sembra che il velo che ancora ci separa dallo scontro tra il re di oggi e quello dei prossimi anni, sia vieppiu' sottile.
A casa dei Lakers il tassametro corre veloce, anche se in realta' il nucleo non e' per niente vecchio: Kobe neanche 32, sia pure con i km di un pullmann di linea, Catalano a 30 scarsi, LamarMancino a 30 e mezzo e il tutto in attesa che CuccioloBynum (che puo' ordinare birra da un paio d'anni) entri nel clan.
I dubbi anagrafici, ma forse piu' di voglia, attanagliano Phil "Special One" Jackson (con questo paragone mi sono di sicuro fatto un sacco di amici…) che e' maestro ogni epoca a portare le corrazzate in porto, usando armi che ad altri non e' concesso neanche sperimentare.
Zio Phil, dopo aver testato poltrone ortopediche in tutte le arene, potrebbe anche decidere che la pesca di trote nei fiumi del Montana sia piu' attraente dell'impegno in giallo viola, fermo restando che, per il disturbo, attualmente la famiglia Buss si alleggerisce di 10 milioni.
A casa Lebron invece, c'e' la folla. Prima di tutto va tenuto conto del fatto che il roster in mano a Mike Brown e' semplicemente pauroso.
In pratica non c'e' un missmatch in grado di essere risolto con uno sguardo verso il pino e l'indicazione a tizio o caio di alzarsi. Sembra la reclame di "ti piace vincere facile eh?". Tutto deciso?
Mah".veniamo subito al dunque, senza girarci troppo intorno.
La mia sensazione sulla dirigenza Cavs, e' che sia ostaggio della sua Miniera d'oro da Akron, Ohio e che, piu' che fare di tutto per vincere l'anello, stia facendo l'impossibile per tenere a casa la sua fonte primaria di guadagni.
Non c'e' nulla di male in questo atteggiamento, e' non solo comprensibile ma anche giustificato, soprattutto perche' e' lecito pensare che, nella malaugurata ipotesi di una partenza di Mr. James verso altri lidi, Cleveland precipiterebbe in una mediocrita' dalla quale sarebbe difficile rialzarsi.
Pero', se la mettiamo sul tema di "come si costruisce una squadra che vince il titolo", allora il sistema non e' propriamente ortodosso.
Anche perche', presi dalla smania di accontentare il Re Sole (che fino a prova contraria, non e' ancora un GM) hanno detto si a tutte le letterine a Babbo Natale.
– Il mammuth con argenteria al dito in grado di decidere un paio di gare nei playoff e di togliere pressione mediatica? Preso (e pagato assai caro).
– Gli specialisti difensivi in grado di prendere i 2-3 in giro per la lega, senza necessariamente stancare il Re? Presi.
– I semi play in grado di svincolare il Re da mansioni di gestione della boccia, almeno fino al 6-7 minuti dalla fine, salvo poi sistemarsi accuratamente dietro l'arco per raccogliere gli scarichi del Re e farne buon uso? C'era gia'.
– Piccoli in grado di difendere ma anche di dare una dimensione penetrativa, che non si chiamino James? C'erano, abbiamo avuto problemi mentali, ma dovremmo averli risolti
– Lunghi in grado di difendere su qualsiasi cosa, fastidiosi, rognosi, antipatici, e comunque potenziali doppie-doppie la sera che il Re decide di premiarci? Ci sono, nascosti fra i riccioli.
– Lunghi in grado dare pericolosita' anche dalla media, perfino da 3? Uno c'era, ma poi lo abbiam dato via per un altro. Salvo poi utilizzare il giochino del "ti vendo, ti rilasciano, dopo 30 giorni ti riprendo", pantomima sfuggita ai tremendi regolamenti del salary cap, e che abbiamo gia' visto altre volte.
C'e' quindi di tutto. Ma attenzione, a questo gioco si gioca in 5 per volta.
E la gestione di 4 serie in cui un tizio puo' giocare 25 minuti in una sfida, e fare svariati DNP CD in quella successiva, e' psicologicamente molto complicata.
Inoltre la pressione cui tutto l'ambiente ti sottopone e' enorme, perche' ogni eventuale avvicinamento all'eliminazione potrebbe non avere il paracadute del "al limite ci proviamo il prossimo anno", con conseguenti attacchi di panico dell'ambiente.
Sto chiaramente facendo l'avvocato del diavolo.
Cleveland becca Chicago al primo turno (un 4-0 in pectore) e al secondo turno trova un'alternativa tra dei Celtics logorati e degli Heat appagati dalla grande eliminazione. Ci vuole un grosso sforzo di fantasia per non vederli in carrozza alla finale di conference.
Ecco, un altro "Kicco's world" dedicato in buona parte ai soliti due. Ma fa parte del periodo, e' difficile ignorare l'argomento, cosi' come e' impossibile esibirsi nella "bracketology".
Eccovi serviti:
Cleveland cappotta Chicago
Orlando ha la meglio 4-2 su Charlotte
Atlanta 4-1 su Milwaukee
Boston a fatica 4-3 su Miami (con il cuore, perche' il cervello teme il 2-4)
Ad Ovest
Lakers 4-1 contro Durant, perche' se non si riposano una gara non sono i Lakers
Denver 4-3 su Utah, serie molto divertente ma Utah fatica troppo a vincere fuori
Dallas 4-2 su S.Antonio, perche' ai miracoli fatico a credere
Phoenix 4-1 su Portland, specie con Roy malconcio
Chiosa finale sul trio italico, che guardera' la postseason in TV.
All'inizio di dicembre, sarebbe stato un atto di fede credere che i Knicks avrebbero vinto 29 gare.
Una partenza da incubo, partite imbarazzanti, un coach che invecchiava di settimane ad ogni palla a due. In questo contesto, poi leggermente migliorato, il nostro prode Danilo si e' ritagliato lo scomodo ma affascinante ruolo di predicatore nel deserto.
Inizialmente ha cercato di approcciarsi all'Europea, attendendo che la gara gli arrivasse nelle mani, ma la cosa talvolta non avveniva perche' alcuni suoi compagni ("chi g'ha dito Al Harrington?" direbbe il barbaro di Asterix, mentre la barca affonda) avevano un concetto di gioco di squadra simile al mio di ordine sulla scrivania.
Poi, piano piano, mister 8-8-88 ha cominciato a capire, ha preso in mano emotivamente certe gare chiave, ha affrontato a muso duro un paio di mammasantissima della Lega, che pur risultando spesso vincenti, hanno alla fine apprezzato questo europeo mica tanto soft, e che anche emotivamente mostra di apprezzare certi rituali dei "fratelli indigeni" della NBA (cfr. l'atteggiamento abbastanza impermeabile del Mago, per tacere del regale distacco del Gasol Superiore).
Il risultato, in una squadra che il prossimo anno di uguale avra' solo le maglie, il palazzo ed il coach, e' che tutti pensano (anche un cobra con la penna come Peter Vecsey) che Gallinari rappresenti l'aspetto tecnico piu' appetibile per la caccia agli elefanti che verra' aperta a luglio.
Personalmente, il Gallo mi fa assolutamente impazzire. Gli auguro solo una carriera lontana dagli infortuni, ma credo che abbia lo chassis tecnico, fisico e caratteriale per essere uno di quei giocatori che definisce un decennio NBA. E, riferito alla citta' dove opera, "if you can make it here, You'll make it everywhere""".
Passiamo il confine canadese, dove si ride assai poco, specie in relazione a spese ed aspettative. L'ultimo infortunio a Bosh ha chiuso anche le speranze playoff, dimostrando al sottoscritto una cosa: Bosh non sara' il giocatore che ti fa vincere un titolo, ma senza di lui Toronto non va da nessuna parte.
Per anni si sono sentite voci di CB4 come giocatore sopravvalutato, e mi rendo conto che le cifre offensive non sono l'unico metro di valutazione per un giocatore, specie se di prima fascia.
Va pero' detto che le cifre che fai in attacco sono il parametro che definisce maggiormente il tuo livello di stipendio (sempre che non pensiate che a Bargnani daranno 50 milioni per rimbalzi e stoppate che ancora non sappiamo se ed in quale quantita' il ragazzone romano ammassera').
In questo senso Bosh e' una specie di macchina, che porta a casa con regolarita' i suoi numeri. Con caratteristiche molto diverse, ricorda Amare Stoudamire, con il vantaggio che lui non ha mai avuto un Nash (autentico dopante per le statistiche offensive di chiunque) ad apparecchiare tavola.
Ora, e' assai probabile che Chris abbia gia' giocato l'ultima gara da Raptor, e sia destinato ad altro indirizzo (butto li' un Miami). Ed il nostro italico patriottismo ci ha spesso fatto dire "date le chiavi della squadra in mano al Mago".
Ehm, ehm… mi permetto.
Se il vostro obiettivo e' un Bargnani da 25 a sera, allora potete anche firmare l'assegno. Ma se pensate che il Mago sia in grado, da solo, di trasformare questa franchigia e di mettergli le "palle" che non ha messo Bosh, allora ho seri dubbi.
Bargnani non ha ancora dato la dimostrazione di essere un leader, anzi ha spesso dato l'idea di non gradire il ruolo, anche in contesti molto meno forti (mi riferisco a squadre che evoluiscono in maglia azzurra).
E queste sono cose che si possono imparare solo in parte.
In questa Lega il leader non deve essere una radio accesa: Duncan ha fatto il leader per anni muovendo a stento le sopracciglia. Ma il leader si fa dare la boccia quando e' ora di decidere le partite, e possibilmente, alza anche il volume difensivo del proprio gioco, senza necessariamente stoppare come Russell o schiacciare come Shaq.
Io penso che Bosh e Bargnani siano due giocatori destinati a medesima fascia: quella dei numeri 2 o 3 in una ottima squadra, con uno che tolga le castagne dal fuoco quando serve.
Questo ho scritto. Ma se mi sono sbagliato, sottovalutando il Mago, saro' il primo ad esserne felice.
Chiudo con Marco Belinelli.
Speravo tanto per lui, dopo averlo visto soffrire le manie di variazione di Don Nelson (sei il recordman di vittorie NBA ogni epoca? Ora, gentilmente, lascia il pino ad uno meno suonato".).
Non e' andata bene, perche' di tiratori che pagano meno dazio di lui in difesa e' assai pieno il continente. Purtroppo non c'e' nessuno che abbia provato a sperimentare con continuita' il fatto che il Beli e' gran bravo anche a passare la palla, e dargli qualche minuto in play potrebbe essere la chiave per aumentare il suo impiego.
Ma non a Toronto, dove ad alzarsi dal pino come regista di rincalzo c'e' Calderon, uno che fino a prima di questa stagione sarebbe stato titolare in 20 franchigie.
Se, il prossimo anno cambiera' qualche scenario, magari trovera' qualcuno che allunghera' il suo contratto da rookie. Altrimenti puo' anche darsi che sia piu' conveniente, e professionalmente stimolante, giocarsi le proprie carte in una portaerei europea (vedere la carriera di un Gianluca Basile, per capire) in grado di farti trascorrere una stagione piu' vicino a casa, di farti giocare un numero di gare ad alto livello infinitamente maggiore e, non ultimo, di non abbassare di troppo il tuo tenore di vita.
Un ultima considerazione, spero che me la concederete.
Questo e' l'ennesimo playoff che Play It coprira' con il solito dispiego di uomini, e con la solita passione che, se siete qui, immagino che apprezzerete quanto l'ho apprezzata io.
Ma questo e' il primo playoff nel quale la serie dei "miei" (e di qualcun altro) Boston Celtics non sara' spiegata dal mio amico Christian.
Inutile tornare su quanto accaduto, questa non e' la sede, e a Christian dispiacerebbe.
Mi piace pero' pensare che, dovunque lui sia (probabilmente si sara' preventivamente appollaiato su qualche stendardo al Garden), non vedra' l'ora di leggere il report del bravissimo (o della bravissima) editorialista di turno, per vedere se l'analisi corrispondera' a quanto da lui visto.
E, ad ogni modo, mi tocchera' combattere contro la nostalgia.
Christian, se hai del tempo libero, intercedi con chi di dovere per preservare il ginocchio del nostro Garnett. Altrimenti sara' dura".
Buoni playoff a tutti!