Allen e Davis giustamente soddisfatti in panchina a fine gara
Non c'è Kevin Garnett? Qual è il problema, ecco Glenn Davis. Il numero undici dei Celtics ha sostituito alla grande il suo più celebre collega che, come tutti sanno, è stato sospeso per una gara a causa della gomitata rifilata a Quentin Richardson in Gara1, ed è stato costretto a vedersi la partita di ieri da casa di Danny Ainge.
Sin dai primi minuti della gara, nella quale è partito a "sorpresa" in quintetto invece di Rasheed Wallace, Davis ha sostituito Garnett alla grande, sia a livello realizzativo (alla fine del primo tempo aveva quattordici punti, tanti quanti Garnett in tutta la prima partita della serie) che emotivo, prendendosi le responsabilità offensive e salendo di livello proprio quando la sua squadra aveva più bisogno di lui.
Alla fine ha chiuso con ventitre punti e otto rimbalzi, prendendo i complimenti di tutta la squadra, ed anche di Paul Pierce: "Sapevo che avrebbe messo questo cifre? Assolutamente no, ma sapevo che avrebbe svolto bene il suo ruolo, facendo quello che i coach gli chiedevano. Quando c'è lui in campo, la nostra chimica è buona: lui ha fiducia e gioca il basket di cui abbiamo bisogno".
Anche Ray Allen non ha voluto, diciamo così, far rimpiangere l'assenza di Garnett, mettendo insieme un'altra gara notevole, chiudendo con venticinque punti, tutti segnati con la sua ormai consueta eleganza: dopo un primo quarto da zero tiri, ha preso fuoco nel terzo, segnando diciassette punti e mettendo definitivamente la parola fine al match.
Ma in un certo senso, il vero Mvp della partita per Boston è stata la difesa, tornata con questi playoffs efficiente come ai bei tempi: in gara 2 i Celtics hanno concesso il 38.2% dal campo, riuscendo a isolare Wade, autore comunque di una buona gara, pur considerando il fatto che, per metà partita, si è giocato con il risultato già deciso. Ma, senza un cast di supporto (gli altri hanno segnato 48 punti con 18/58 dal campo), neanche lui può espugnare la casa dei Celtics.
Per Miami qualcosa non ha funzionato neanche ieri sera, con un attacco che ha chiuso a quota settantasette e che sta avendo dei blackout troppo lunghi e poco giustificabili: già in Gara 1 avevano fatto una gran fatica a trovare il canestro, con il solo Richardson in doppia cifra oltre Wade, con un quarto periodo da soli dieci punti segnati.
Nella seconda partita è stato invece il secondo quarto a portare rogne per gli Heat, chiuso 4/20 dal campo, per soli dieci punti (mai nella storia della franchigia avevano segnato meno in un secondo quarto nei playoffs). Il risultato? A metà a gara i Celtics erano a +16 (49-33), dopo un parziale di 21-0, con l'impressione di avere decisamente in mano la partita, gestita poi nella seconda metà di gara mantenendo un vantaggio sempre intorno o superiore ai venti punti.
E' evidente come gli Heat, a Boston, paiono aver capito veramente poco di che cosa devono fare per battere questi Celtics, nonostante tutti i filmati che, a detta dei giocatori e dello staff tecnico, si erano visti dopo gara 1: in attacco non riescono a muovere efficacemente la palla, non riescono a trovare spazi e soprattutto non riescono a togliere pressione offensiva dalle spalle di Wade; in difesa, invece, sembrano non avere alternativa contro gli avversari, subendo di tutto da tutti (106 punti alla fine per i Celtics).
Le delusioni più evidenti per gli Heat sono O'Neal e Beasley che, almeno in questa gara senza Garnett, uno dei migliori difensori di post della lega, avrebbero potuto e dovuto fare di più: alla fine, in due gare, hanno rispettivamente tirato con 3/14 e 9/22 dal campo, non riuscendo a dare quel contributo offensivo del quale gli Heat hanno bisogno. Alla fine O'Neal ammette le sue difficoltà : "Sto facendo fatica e non ci sono scuse, devo trovare un modo di segnare questi tiri".
Le speranze di vincere la serie per Miami sono decisamente diminuite (dovrebbero vincere quattro partite su cinque), ma non è ancora finita, come commenta un ovviamente deluso Spoelstra: "Bisogna iniziare con il fatto che hanno giocato meglio di noi da ogni punto di vista, ci hanno distrutti. E' stata una sconfitta imbarazzante ma è stata, appunto, una sconfitta, non quattro".
A questo punto, dopo due gare della serie a dir poco a senso unico, ci si sposta tutti in Florida: gli Heat dovranno finalmente iniziare a tirare fuori gli attributi, portare nella gara un diverso livello di energia ed agonismo se davvero vogliono avere una speranza. I Celtics, invece, vogliono tornare dalla Florida con almeno una vittoria, per chiudere questa serie i più in fretta possibile.
Alla prossima.