Road to the Rookie of the Year

I 2 favoriti: Jennings e Evans

L'infortunio di Blake Griffin, prima scelta assoluta dei Clippers al Draft 2009, aveva escluso fin dal principio il favorito per il titolo di "Rookie of the year". A detta di molti la classe dei rookie 2009/2010 non avrebbe sfornato grandi giocatori e l'assenza per tutta la stagione di Griffin ne escludeva il giocatore con maggior talento.

Conclusa ormai la stagione regolare molti si sono dovuti ricredere sorpresi dalle prestazioni inattese di alcuni giovani talenti come Evans, Jennings, Collison e Curry. Arrivati nella NBA tutti e quattro con grossi dubbi da dissipare nell'arco della stagione hanno trovato il loro spazio in squadra rivoluzionandone gerarchie e ruoli. Il premio sembra destinato a Tyreke Evans ma la decisione è tutt'altro che scontata.

Tyreke Evans

Classe 1989 Evans lascia Memphis in anticipo e si dichiara eleggibile al Draft dove i Kings non si lasciano scappare la possibilità  di sceglierlo con la numero 4. I dubbi che lo accopagnano nel suo arrivo a Sacramento riguardano soprattutto la sua posizione. Non ha abbastanza tiro perimetrale per essere una guardia e la contemporanea presenza in squadra di Kevin Martin induce i Kings a schierarlo da point guard.

In una squadra giovane e in rifondazione come Sacramento Evans ha sfruttato a pieno l'opportunità  che l'infortunio di Martin gli ha concesso. Libero lo spot di guardia titolare Evans ha preso in consegna da Martin anche il ruolo di leader offensivo. La presenza di due playmaker puri come Udrih e Rodriguez non gli ha comunque impedito di essere il fulcro dell'impostazione del gioco dei Kings. Verso fine 2009 i Kings si erano stabilizzati intorno ad un record del .500 sognando anche un'insperata quanto improbabile qualificazione ai play-off.

Con in squadra una giocatore completo e già  determinante come Evans Sacramento ha preso l'occasione di scambiare Martin e il suo lungo e oneroso contratto con Houston per McGrady che poiè stato subito girato a New York. Tanta sicurezza nel lasciar andare il giocatore franchigia è stata alimentata dalle prestazioni del rookie da Memphis. Il futuro è nelle sue mani ma le cifre già  adesso parlano per lui. 20 punti di media, 5,3 rimbalzi e 5,8 assist per gara, medie che gli sono valse il soprannome di "Little LeBron", cifre che ricalcano quelle di James nel suo primo anno.

Gli unici dubbi possono nascere dal campionato dei Kings. Partiti forte hanno calato notevolmente dopo L'All Star Game anche a causa degli scambi ma la stagione è deficitaria anche se meno peggio d quello che ci si aspettava all'inizio. Altri candidati come Jennings possono portare a suffragio della propria candidatura una stagione vincente con arrivo ai play-off anche se in un Eastern Conference ancora meno competitiva.

Evans vincerà  il premio per il miglior rookie dell'anno perché oltre alle cifre che lo descrivono come il miglior marcatore tra i primo anno ad una media invidiabile di 20 punti per gara è nettamente il giocatore più completo e incisivo tra quelli selezionati nel giugno 2009.

Vero è che deve migliorare il tiro perimetrale ma in penetrazione è devastante, ha un ballhanding eccellente, il gioco in post-basso è già  ottimo gioco ed ha una visione di gioco superiore alla media, come dimostrato nel Rokkie Challenge contro i Sophmore dove ha condotto e Rookie alla vittoria per la prima volta in sette edizioni ed è stato eletto MVP della partita.

Brandon Jennings

I 55 punti fatti segnare contro Golden State sono già  negli annali come record per punti segnati in singola partita da un rookie e nei mesi di Ottobre e Novembre Brandon con oltre 20 punti di media era il più serio candidato al titolo di "Rookie of the year".

Sicuramente veloce sia nel pensare la giocata che nell'eseguirla è anche un ottimo finalizzatore nel traffico nonostante un fisico normale.

Dopo una prima parte di stagione stupefacente il calo fisiologico atteso è arrivato. Il "rookie wall" ha colpito anche Jennings che nei mesi di Febbraio Marzo ha calato la media realizzativa fino a poco più di 10 punti per gara. Considerato il miglior prospetto uscente della High school la sue quotazioni sono calate dopo l'anno deficitario a Roma fino alla decima chiamata con cui i Bucks se lo sono aggiudicato.

La stagione italiana aveva sottolineato più i limiti caratteriali che tecnici di un ragazzo comunque appena diciottenne catapultato in un altro cultura sia sportiva che ambientale. Il ritorno a casa negli USA e l'arrivo in una squadra di bassa classifica come i Bucks hanno tolto molta pressione di Jennings che ha avuto il grande merito di lasciare alle spalle tutti i dubbi del recente passato.

Skiles gli ha affidato la gestione della squadra subito in regia e successivamente anche come primo terminale offensivo dopo l'infortunio di Redd. Dopo aver sognato i play-off ed averli poi quasi persi i Bucks hanno chiuso la stagione alla grande e hanno raggiunto la post-season con il quinto record ad Est.

Jennings può ambire al premio di "Rookie of the year" perché come Evans è già  il leader della propria squadra ma può portare a suo vantaggio il fatto che giocherà  i play-off. Rispetto a Evans ha più tiro perimetrale e gioca meglio i pick-and-roll ma decisamente ha un fisico che non gli permette le giocate di potenza che caratterizzano invece il giocatore dei Kings. Jennings durante la stagione è stato meno continuo ma rispetto a Evans si è mostrato capace di singole performance superiori.

Stephen Curry

Con la settima scelta assoluta i Golden State Warriors di coach Nelson selezionano da Davidson Stepehn Curry. Figlio di Dell Curry, per sedici anni protagonista NBA come specialista del tiro da tre, Stephen ha ereditato dal padre la capacità  di segnare dalla lunga distanza ma il suo gioco non si limita a quello.

Mostruoso realizzatore al college nelle tre stagioni a Davidson chiude con 25 punti di media e il 25imo porto assoluto come realizzatore nella storia della NCAA, è anche u ottimo passatore come dimostrano i 6 assist per gara al suo prmo anno tra i pro.

Due caratteristiche che lo descrivono: terrificante tiratore fuori equilibrio e range di tiro illimitato. Anche per Curry i dubbi che lo accompagnavano erano molti, in particolare dovuti al suo fisico troppo piccolo per gli standard NBA. 190 cm per poco più di 80 Kg Curry è una guardia tiratrice con pochi eguali già  oggi nella Lega. Le difficoltà  nascono naturalmente in difesa dove deve marcare pari ruoli nettamente più grossi di lui.

Inoltre Curry è arrivato in una squadra che aveva già  Monta Ellis, giocatore dalle stesse sue caratteristiche, il leader. Ellis, forse sentitosi minacciato dal talento di Curry, aveva affermato subito dopo il Draft che la coesistenza tra i due sarebbe stata difficoltosa se non impossibile.

Chi più di Don Nelson poteva trovare gli equilibri per far coesistere due giocatori come Ellis e Curry. Sia per caratteristiche fisiche che tecniche Ellis e Curry si assomigliano molto anche se la tendenza di Ellis ad un gioco fatto principalmente di penetrazioni completa perfettamente il gioco perimetrale di Curry.

Curry ha scalato in fretta le gerarchie della squadra spodestanto anche Ellis, il giocatore che doveva essere il riferimento per i prossimi anni ma che dopo l'infortunio di due anni fa nella off-season sembra aver perso la fiducia della dirigenza. Il sistema di gioco di Nelson gonfia le cifre soprattutto quelle offensive e giocatori che dalla D-league sono catapultati nelle NBA spesso diventano protagonisti. Se Curry continuerà  la sua crescita esponenziale sarà  presto il punto di riferimento assoluto della squadra.

Se il padre ha saputo ritagliarsi una lunga carriera NBA come specialista Stephen potrà  ambire a qualcosa di più e a suo vantaggio nella corsa per il miglior rookie dell'anno può mostrare tutto il suo talento, il più cristallino tra i giocatori al primo anno.

Come per Evans pesa la stagione negativa dei squadra e in generale se Sacramento è stata una sorpresa per buona parte della stagione i Warriors hanno deluso da subito trovando l'unico spiraglio di luce per il futuro nell'arrivo di Curry.

Darren Collison

Nonostante la stagione sotto le attese e i vari infortuni di Chris Paul in casa Hornets il sorriso non manca. Dopo un inizio disastroso l'esonero di Scott ha segnato nettamente il cambio di rotta di una squadra che prima sembrava allo sbando.

I play-off non sono stati raggiunti ma a Scott è stato imputato un atteggiamento troppo conservatore che non lasciava spazio ai giovani. Bowman, passato dalla scrivania di GM alla panchina, ha avuto il merito di far giocare Collison e Thorton, i due rookie, che hanno ripagato da subito la fiducia.

Se Thorton, che partendo in quintetto ha una media di 20 punti a gara, ho sfruttato l'occasione anche grazie alla mancanza di una guardia titolare fissa, Collison ad inizio stagione si accontentava delle briciole lasciate da Paul. Uscito da UCLA dopo quattro anni era considerato un difensore di primissimo livello ed un playmaker dotato di grande velocità . Pochi consideravano credibile il suo tiro dalla lunga anche se al college aveva chiuso stagioni con oltre il 44% da oltre l'arco.

L'infortunio di Paul ha spalancato le porte del quintetto a Collison ed un minutaggio solido. Inaspettatamente la scelta 21 del Draft 2009 ha mostrato una continuità  ed efficacia superiori a quelle attese per un rookie. Nei mesi di Gennaio, Febbrai e Mrazo ha messo a referto quasi 20 punti di media a partita. Sorprendente per continuità  il suo tiro dalla distanza ma anche la sicurezza del suo gioco che ricordo quello del suo capitano Paul.

Il paragone con CP3 è stato subito azzardato e sicuramente Collison per ora non può che imparare da Paul anche se a New Orleans la partenza di Paul, scontento per le scarse ambizioni future, anche se dolorosa potrebbe essere tamponata con una soluzione interna.

Per meritarsi il prelio di "Rookie of the year" Collison ha dimostrato di saper sostituire una stella assoluta come Chris Paul e in sua assenza ha messo a referto cifre e giocate da All Star. La convivenza con Paul, sperimentata a fine stagione per qualche partita, ha limitato il gioco di Collison ma già  per la prossima stagione si dovrà  pensare ad un modo per farli coesistere, senza sacrificare l'evoluzione del giovane talento.

Gli altri

Come sempre il Draft è una scienza misteriosa e inesatta. La prima scelta assoluta Griffin è stata colpita dalla maledizione dei lunghi ed è rimasto fuori per tutta la stagione come Oden e Yao.

Thabbet ha rischiato la D-league ed è ancora un cantiere aperto. Harden ha mostrato ottime qualità  ma nei giovani e lanciatissimi Thunder sembra trovare spazio più come difensore che come terminale offensivo.

Minnesota ha trovato in Flynn il play del futuro in adessa di sapere cosa deciderà  Rubio che non avrebbe sicuramente sfigurato tra i rookie di quest'anno. Di Hill scelto dai Knicks all'ottava oggi a Houston se ne sono quasi perse le tracce.

Per quest'anno non c'è stata gara, nessuno è riuscito a far meglio di Evans, Jennings, Curry e Collison.

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