Playoff NBA, occhio alle mine vaganti!

I Thunder non sono certo una formazione da prendere sottogamba in questi Playoffs

Ogni anno i playoff NBA ci riservano qualche gradita sorpresa: non c'è serie in cui gli addetti ai lavori non vedano favorita una delle due squadre, in base a diversi fattori. Un roster più lungo, maggiore esperienza nelle sfide che contano, o semplicemente un maggior talento.

Ma non sempre le cose vanno come si pensa… ricordate, ad esempio, il colpaccio dei Golden State Warriors nel primo turno del 2007? Quello fu uno degli avvenimenti più incredibili nella storia recente del basket.

Partita come testa di serie numero 8, la squadra di Don Nelson giocò a viso aperto contro i vincitori della regular season, quei Dallas Mavericks che oltre ad aver messo su una stagione da 67 vittorie e 15 sconfitte erano arrivati secondi l'anno prima e si presentavano come i favoriti nella corsa all'anello.

Nel 2008, invece, a recitare il ruolo di cenerentola furono i New Orleans Hornets e la loro stella, Chris Paul, i quali si imposero all'attenzione generale. Nel primo turno batterono i Mavericks (ancora loro…), mentre nel secondo uscirono sì contro i campioni in carica dei San Antonio Spurs, ma solo dopo 7, sudatissime gare.

Arriviamo così all'anno scorso, il 2009.
Un anno targato Orlando Magic, i quali ai nastri di partenza sembravano squadra temibile, ma non così tanto da riuscire a sconfiggere in rapida sequenza le due favorite della costa Est, ovvero i Boston Celtics e i Cleveland Cavaliers. Due serie vinte a sorpresa, in modo epico, che portarono i Magic ad un passo dall'anello, poi sfumato di fronte a qualche errore di troppo nei momenti decisivi delle scorse Finals.

E il 2010? Cosa ci riserverà ?
Ad Est sembrano esserci quattro squadre superiori a tutte le altre, partendo dai Cleveland Cavaliers per poi passare appunto ai Magic, ai Celtics e ai sorprendenti Atlanta Hawks, i quali per la prima volta negli ultimi anni partono con l'idea di giocarsela alla pari con chiunque.

Ad Ovest i Lakers partono favoriti, forti del titolo vinto nel giugno scorso, ma dietro ad essi c'è grande bagarre. Esclusa Portland, che è stata martoriata dagli infortuni, tutte le altre squadre qualificate per i play-off sembrano in grado di arrivare fino in fondo. O comunque, i rapporti di forza vedono le diverse franchigie molto vicine tra loro, così come sono vicini i loro record.

Noi abbiamo deciso di parlarvi di quattro "mine vaganti", ovvero di quattro squadre che non partono con i favori del pronostico, ma che promettono di dare grattacapi ai propri avversari fin dal primo turno. Andiamole a scoprire allora, partendo dai…

Miami Heat

Dwayne Wade. Basterebbe questo nome per infondere timore a qualsiasi giocatore che potrebbe ritrovarsi a marcarlo. Protagonista del titolo 2006 vinto dai suoi Miami Heat, Wade guida un gruppo di ragazzi pronti a vendere cara la pelle in questa post-season.

Tra le quattro squadre che prendiamo in considerazione, Miami è quella un po' più debole. Il numero 3 è uno dei migliori giocatori della Lega, e non a caso il suo nome è uno dei più "caldi" per quanto riguarda il mercato free-agent di quest'estate, ma il resto del roster non appare particolarmente competitivo.

Quentin Richardson, Jermaine O'Neal e Udonis Haslem sono giocatori di esperienza e che sanno cosa vuol dire giocare ad alti livelli, mentre Mario Chalmers e soprattutto Michael Beasley si presentano come due giovani interessanti e con qualcosa da dimostrare. Dietro di loro poca roba, e la spiegazione è molto semplice: in Florida hanno preferito sacrificare qualcosa a livello di competitività  per questo 2009/2010 in vista proprio del prossimo mercato free agent.

L'obiettivo è rifirmare Wade, convincendolo della bontà  del progetto. Nel caso l'MVP delle Finali 2006 dovesse rimanere, ci sarà  spazio salariale per firmare un'altra stella. La dirigenza sembra essersi mossa in modo intelligente, se consideriamo che già  da ora gli Heat sono una squadra da play-off con concrete possibilità  di migliorare grazie a dei nuovi acquisti.

Charlotte Bobcats

Rimaniamo sulla costa Est per parlare degli Charlotte Bobcats, che per la prima volta nella loro breve storia (la franchigia nacque nel 2004) saranno protagonista della post-season. Da novembre ad oggi è stato un periodo molto importante e ricco di avvenimenti per questa squadra.

Michael Jordan è diventato il proprietario della franchigia, e l'augurio dei tifosi è che le sue capacità  dietro alla scrivania siano almeno la metà  di quelle che MJ aveva come giocatore. Il leggendario allenatore Larry Brown, invece, si sta confermando uomo di grande esperienza e con le idee molto chiare, visto che in nemmeno due anni è riuscito a formare un gruppo molto interessante.

La svolta è arrivata grazie all'arrivo di Stephen Jackson il 16 novembre scorso: pur non essendo un ragazzo facile da gestire, Jackson si è calato immediatamente nella nuova realtà , portando in dote le sue qualità  realizzative e una leadership che mancava nello spogliatoio. Intorno a lui si muovono giocatori di indubbio talento come Gerald Wallace, anch'egli sempre più maturo, e Boris Diaw.

Questi sono i tre giocatori principali, ma non ci si può scordare del playmaker Raymond Felton o del centro Tyson Chandler. E ancora, dalla panchina si alzano i giovani DJ Augustin e Tyrus Thomas, più il veterano Larry Hughes. Insomma, parliamo di una squadra piuttosto profonda, anche se con due grossi difetti: innanzitutto Jackson e Wallace sono due ottimi giocatori, ma non sono due vere e proprie stelle.

In questo senso manca un vero e proprio "go-to-guy", il giocatore cui affidarsi nei momenti più delicati degli incontri. Ogni contendente al titolo ne deve avere uno, e invece in North Carolina non c'è. Inoltre, sotto canestro manca un elemento di grande qualità .

Questi sono i due punti deboli principali di quella che comunque rimane una buona squadra, che fa del talento e dell'atletismo i propri punti di forza. Ma l'impressione è che manchino ancora un paio di elementi per arrivare ai massimi livelli.

San Antonio Spurs

Parli di massimi livelli ed ecco che escono fuori i San Antonio Spurs, la squadra che ha scritto pagine importanti della storia NBA negli ultimi anni. 1999-2003-2005-2007: 4 titoli in 8 anni, un risultato pazzesco. Dopo l'ultimo titolo targato 2007, però, qualcosa è cambiato a San Antonio.

Nel 2008 il risultato raggiunto fu una Finale di Conference, persa 4-1 contro i Lakers anche a causa di un Manu Ginobili a mezzo servizio. Nel 2009, invece, la sentenza è stata inappellabile: altro 4-1, ma stavolta al primo turno contro i Dallas Mavericks. Un'eliminazione senza se e senza ma, il punto più basso mai toccato da anni a questa parte.

In realtà , una batosta del genere era prevedibile. Con un Duncan in fase calante e una serie di veterani non più efficaci come un tempo, a partire da Bowen passando per Finley, Oberto e via dicendo, era logico aspettarsi una minore competitività .

La dirigenza, a quel punto, ha sentito la necessità  di cambiare qualcosa. Dentro forze fresche, dunque: un ottimo giocatore come Richard Jefferson, un rookie come DeJuan Blair e altri tasselli tipo il veterano McDyess. Finora le risposte ricevute dai volti nuovi non sono state però quelle sperate. Jefferson era arrivato come una stella da aggiungere a Parker, Ginobili e Duncan, ma in realtà  si sta mostrando un discreto gregario e nulla più.

McDyess dà  il suo apporto sotto canestro, ma anche lui non è certo un giocatore che ti fa fare il salto di qualità  quanto un buon rincalzo. Chi ha stupito in positivo è stato invece DeJuan Blair, che alla prima stagione nella Lega e ad appena 21 anni ha già  mostrato ottima propensione a rimbalzo e capacità  di fornire energia e difesa. Ancora una volta gli Spurs possono dire di aver scelto benissimo al draft, considerando il fatto che Blair venne chiamato al secondo giro, con il numero 37.

San Antonio può contare su un mix di esperienza e di qualità  invidiabile, e rischia di essere una brutta gatta da pelare per chiunque in questi play-off. Parker, Ginobili e Duncan hanno vinto tre titoli insieme, e basta dire questo per capire il loro valore. Sia Jefferson che McDyess sono due veterani in grado di aggiungere ulteriore esperienza nelle partite che contano, mentre Blair è il lungo che mancava a Gregg Popovich per avere un maggiore impatto difensivo.

Cosa manca allora ai texani per essere considerati una seria contendente al titolo? Una panchina più profonda, sicuramente. Abbiamo citato i principali giocatori, ma alle loro spalle difficilmente i vari Mason, Bonner, Bogans riusciranno ad incidere sulle sorti delle gare.

E poi ci sono dubbi anche su Tim Duncan, che per quanto sia l'ala grande più forte nella storia della NBA paga dazio ai suoi 34 anni. E' ancora capace di regalare giocate di classe, ma difficilmente riuscirà  ad essere continuo nel corso delle partite e si sa che se lui non è al 100% San Antonio non riesce ad essere all'altezza degli avversari.

Oklahoma City Thunder

Dei Thunder ormai si è scritto tutto. Sarebbe inutile rimarcare, per l'ennesima volta, il miglioramento dei ragazzi allenati da Scott Brooks, l'ascesa a ruolo di stella di Kevin Durant, l'esplosione di un cast di supporto che si annuncia grande protagonista anche negli anni a venire.

Nessuno, però, ha commentato la notizia più intrigante, ovvero l'accoppiamento ai play-off con i campioni in carica dei Los Angeles Lakers. I Thunder si sono aggiudicati l'ottava posizione nella classifica della Western Conference, e si scontreranno da subito con una delle squadre più forti in circolazione, nonché campioni in carica.

Un primo turno scoppiettante quindi, che metterà  di fronte Kobe Bryant e Kevin Durant, due dei migliori attaccanti dell'ultimo ventennio. Ma giocare le prime gare di play-off della propria carriera contro i Lakers sarà  una grande emozione anche per i vari Westbrook, Green, Harden…insomma, niente male davvero.

Ad Oklahoma City si respira grande entusiasmo, vista la forza e la futuribilità  del gruppo, ma soprattutto i ragazzi che scenderanno in campo non avranno nulla da perdere, motivo in più per considerarli degli avversari temibili. La regular season è stata ottima, i margini di crescita notevoli e se poi si uscirà  al primo turno dei play-off, anche per 4-0, sarà  una sconfitta arrivata contro una squadra più forte e molto, molto più esperta.

Detto questo, la serie è tutta da giocare. I Thunder sono una squadra che corre bene il campo, con una buona difesa e delle individualità  davvero interessanti. Westbrook, Durant e Green sono giocatori capaci di fare tutto, dal mettere punti a referto fino a lottare a rimbalzo e a distribuire assist.

Al loro fianco in quintetto si muovono lo specialista difensivo Thabo Sefolosha, probabile "sentinella" di Bryant, e il centro Nenad Krstic, sicuramente un buon lungo sia in attacco che in difesa, anche se non è da considerare uno dei migliori esponenti del ruolo.

Dalla panchina si alzano James Harden, classico sesto uomo realizzatore dalle doti fisiche notevoli, più due buoni lunghi come Serge Ibaka e Nick Collison. Anche nel caso di questa squadra possiamo dire che, anche se nel reparto lunghi tutto sommato i giocatori hanno discrete qualità , manca un elemento di spicco. Altro punto a sfavore è, naturalmente, l'inesperienza, visto che per molti giocatori quelle coi Lakers saranno le prime gare di play-off in carriera.

Heat, Bobcats, Spurs e Thunder: tutte e quattro partiranno col fattore campo a sfavore. Riuscirà  una di loro a sovvertire il pronostico, che le vede sfavorite?

Buoni playoff a tutti, e stiamo pronti a goderci i due mesi più belli del basket mondiale.

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