Bogut, Jennings e Ilyasova sono il futuro dei Cerbiatti
Dopo aver trascorso diversi anni nell'anonimato, i Milwaukee Bucks si stanno rendendo autori di una stagione al di sopra di ogni più rosea aspettativa. La storia di questa loro annata è già adesso molto interessante ma, se consideriamo che ci sono ancora diversi capitoli da scrivere, capirete bene perchè vale la pena di raccontarvela.
Partiamo da un dato di fatto: ad oggi i "cerbiatti" occupano la quinta posizione nella Eastern Conference, e sono la rivale più agguerrita del quartetto di testa composto da Cleveland, Orlando, Boston ed Atlanta. Tutte squadre che, per essere chiari, puntano al titolo.
E' bene precisare che neanche il fan più sfegatato, a Milwaukee, pensa di poter davvero competere per la vittoria finale contro le altre super-potenze della Lega. Quello di cui tutti si sono accorti, invece, è il netto miglioramento dei ragazzi allenati da coach Scott Skiles.
Facciamo un piccolo passo indietro: ora le cose vanno piuttosto bene, ma negli ultimi anni la franchigia ha attraversato periodi molto peggiori rispetto a questo. Basti pensare che l'ultima partecipazione ai play-off risale al 2006, e che negli ultimi 20 anni solo in un'occasione i giocatori in maglia bianco-verde sono riusciti a superare il primo turno. Eravamo nel 2001, quando in una serie tiratissima i "cerbiatti" vennero eliminati 4-3 in finale di Conference dai Philadelphia 76ers.
Arriviamo così all'attualità . Come abbiamo detto poc'anzi, Brandon Jennings e compagni occupano il quinto posto della Eastern Conference, con un record che recita 42 vittorie e 34 sconfitte. Ciò che più impressiona è il cammino intrapreso da questi ragazzi negli ultimi due mesi: tra febbraio e marzo, infatti, sono arrivate 19 vittorie a fronte di sole 8 sconfitte, ed una inattesa risalita nella classifica.
Il punto di svolta della stagione sembra essere stata la gara del 10 gennaio contro i Los Angeles Lakers. In quell'occasione la stella della squadra, Michael Redd, si è infortunata seriamente. Logico pensare che la sua assenza sarebbe stata troppo pesante da sopportare, e invece proprio da un evento negativo questo gruppo di ragazzi sembra aver trovato nuova linfa.
Tutti sono stati spinti a dare di più in questa situazione difficile, a partire da Brandon Jennings ed Andrew Bogut, che sono da considerare i maggiori punti di forza della squadra. Ancora una volta, possiamo vedere come sia importante il funzionamento dell'asse playmaker-pivot nel basket.
In pochi si aspettavano un rendimento così elevato da parte di Jennings nel suo primo anno di NBA. Quello americano è il suo basket, decisamente di più rispetto a quello europeo in cui non ha brillato. Ma non sono solo le sue caratteristiche ad averlo spinto così in alto…ad aiutarlo sono stati soprattutto il suo atteggiamento, la voglia di mettersi in gioco e anche un po' di sana sfrontatezza.
Poi è chiaro, difetti da limitare ce ne sono parecchi. Ad esempio è un buon realizzatore, ma il suo tiro dalla media è tutt'altro che affidabile e spesso tende a forzare dei tiri senza una logica. Ciò lo porta a degli alti e bassi in fase di realizzazione, e anche se il suo essere un giocatore d'istinto rappresenta per certi versi una qualità , in determinate situazioni è una caratteristica che lo danneggia.
Se parliamo del suo tiro da 3 e della sua capacità nel passare la palla, invece, parliamo di due aspetti del gioco in cui è nettamente migliorato. Ci vorrà ancora del tempo per vedere un giocatore di altissimo livello, e non è neanche sicuro che possa diventarlo, ma le potenzialità ci sono tutte e i suoi progressi fanno ben sperare in ottica futura.
Andrew Bogut, invece, è un giocatore dalla storia molto particolare.
Prima scelta assoluta da parte dei Bucks nel Draft 2005, questo centro australiano non era mai riuscito a far parlare di sé come potenziale stella.
Ha sempre disputato discreti campionati, ma in una squadra dal record perdente. L'anno scorso venne bloccato da un infortunio, e la sua carriera sembrava volgere verso l'anonimato: così non è stato, visto che il suo fisico sta rispondendo bene e che il suo apporto, soprattutto difensivo, è cresciuto.
Il dato più impressionante che lo riguarda, in effetti, sono le 2.5 stoppate a partita, a cui aggiunge 16 punti e 10 rimbalzi: numeri che lo proiettano nelle prime posizioni per quanto riguarda il ruolo di centro. Tanto per dire, è il secondo miglior stoppatore della Lega e il nono miglior rimbalzista. Difficile pretendere di più.
Ma una squadra non è composta soltanto da due giocatori. A completare il quintetto titolare, infatti, troviamo John Salmons (guardia), Carlos Delfino (ala piccola) e Luc Mbah a Moute (ala grande). Salmons e Delfino sono due bocche da fuoco niente male (rispettivamente 15 e 11 punti per gara), attaccanti in grado di trovare il canestro potendo scegliere tra diverse soluzioni.
Entrambi sono abili ad aprire il campo con il loro tiro da 3, ma presentano anche delle differenze: Salmons, ad esempio, è un giocatore maggiormente votato a mettere in difficoltà le difese avversarie, mentre Delfino è un attaccante più essenziale ma sa rendersi utile in altri modi, grazie alla sua buona propensione al rimbalzo e alle sue discrete abilità di passatore.
Mbah a Moute, invece, non c'entra assolutamente nulla con gli altri titolari. In mezzo a quattro attaccanti, il suo ruolo è quello di dare intensità difensiva, presenza all'interno dell'area pitturata e intimidazione: tutti compiti prettamente difensivi. In attacco è un lungo limitato, che cerca di prendersi solo i tiri indispensabili, e in ogni caso cerca le giocate semplici visto che non ha la tecnica necessaria per essere pericoloso in post basso. Non c'è da stupirsi, perciò, del fatto che sia l'ultima opzione offensiva prevista dagli schemi di coach Skiles.
Fin qui abbiamo parlato del quintetto.
In panchina, invece, abbiamo diversi giocatori di medio-buon livello, ma nessuno di loro è particolarmente temibile. Insomma, manca il classico “sesto uomo”, un giocatore all'altezza dei titolari capace di subentrare nel corso della partita senza abbassare il livello qualitativo della squadra.
Ridnour è un buon play di riserva, Ilyasova è un giocatore di 22 anni dalle ottime prospettive, mentre Stackhouse e Kurt Thomas sono i classici veterani che possono dare un discreto contributo per 15-20 minuti a partita, e soprattutto possono aiutare i giovani a capire meglio come si sta nella NBA, in campo e fuori.
Sicuramente il rimpianto di non vedere Michael Redd in una squadra che ha finalmente trovato i suoi equilibri c'è. Parliamo di una delle migliori guardie tiratrici della Lega, che a dispetto delle grandi qualità non è riuscito ancora a coronare la sua carriera con una grande vittoria.
Da lui, da Jennings, da Bogut, ma anche dagli altri giovani come Ilyasova e Mbah a Moute che presentano ampi margini di miglioramento dipendono le stagioni future dei Milwaukee Bucks.
Per ora c'è una regular season da finire, e anche se le potenzialità per arrivare a 45 vittorie ci sono tutte, il team dovrà cercare di far fronte all'ennesimo grave infortunio che colpisce un uomo chiave del proprio roster: sabato scorso infatti, nel corso della partita con i Phoenix Suns, Andrew Bogut, dopo un contatto con Amare Stoudemire, è caduto pesantemente a terra procurandosi la frattura della mano, la distorsione del polso e la lussazione del gomito. Stagione finita per lui, che sarà oggi operato per cercare di ridurre i danni causati dalla caduta.
In attesa di scoprire come finirà questo 2009/2010 per i "cerbiatti", la strada da seguire è una sola: "Work hard, play hard". "Lavorare duramente, giocare duramente": è la frase che sta in cima al sito della franchigia, ed è anche l'unico modo che hanno questi ragazzi per far togliere delle soddisfazioni ai loro tifosi dopo anni di delusioni.