Paul Millsap è stato autore di una solida stagione venendo dalla panchina…
L'ultima volta che avevo trattato il tema a me tanto caro sulle condizioni stagionali degli Utah Jazz, a malincuore avevo dovuto ammettere che la squadra non girava affatto come avrebbe dovuto, che il collaudatissimo sistema di Sloan iniziava a risultare un po' "antiquato" rispetto agli standard NBA e che la Princeton Offense, per quanto efficace, schiacciasse troppo i giocatori lungo la linea di fondo, non permettendo di allargare il campo e prendere quei buoni tiri, che stanno alla base dei successi negli ultimi 20 anni della città dei Mormoni.
Essendo a quel tempo vicina la trade deadline, avevo pensato che ci fossero tutti i presupposti perché O'Connor e Sloan decidessero di cambiare marcia, inserendo in un contesto che sembrava ormai sopito, qualche giocatore nuovo che avrebbe potuto portare entusiasmo, evitando così di perdere a "parametro zero" a luglio la loro ala grande titolare, Boozer, che ha però dichiarato negli ultimi tempi di essere fortemente intenzionato a firmare un contratto di lunga durata con i Jazz durante la prossima estate.
A due mesi di distanza, pur con la grande stima e rispetto che possiedo nei confronti del vecchio Jerry, mai avrei pensato che sarebbero riusciti ad invertire completamente la rotta senza modificare il roster, ma forse, offesi dal mio articolo precedente (mi piace pensarla così), hanno deciso di dimostrarmi quanto mi fossi sbagliato, evidenziando la bontà dei concetti del loro attacco e mostrando un evidente salto di qualità in tutti i settori del gioco.
Certo, il ritorno in campo dell'ex Phila Kyle Korver, finalmente in condizioni fisiche accettabili, ha permesso di spaziarsi decisamente meglio sul campo in fase offensiva, impedendo agli avversari di occupare costantemente l'area per evitare le incursioni di Deron da pick&roll ed il gioco in post di Booz, ma pare in generale che tutta la squadra abbia assunto una consapevolezza diversa in questo finale di stagione.
Per quanto riguarda i cambiamenti all'interno della squadra ce ne sono stati, o quantomeno, ce n'è stato solamente uno e non di poca rilevanza: infatti, per risparmiare qualche soldino sulla tassa di lusso, i Jazz hanno deciso di inviare a Memphis la loro guardia titolare, nonché miglior difensore del back-court, Ronnie Brewer, ricevendo in cambio un sacco di lenticchie condito da una scelta futura.
Diciamo che ad una prima valutazione non appariva il modo migliore per scuotere l'ambiente, viste anche le critiche del numero 8 riguardanti le scelte di mercato, ma si sa, nella Lega capita che una squadra si convinca dei propri mezzi inanellando una serie di W consecutive, subito il gruppo si compatti ed anche i giocatore che fino a quel momento sembravano non poter contribuire alla causa, diventino fattori determinanti.
Questo è ciò che è successo ai Jazz, che a partire dal 9 gennaio hanno una striscia aperta di 30 vittorie a fronte di sole 9 sconfitte. Il posto in quintetto di Brewer è stato occupato dal giovanissimo ed efficace Wesley Matthew, figlio d'arte, che sta contribuendo con difesa e tiri da tre al successo del team.
Inoltre, elementi fondamentali come Okur e Kirilenko, per i quali sembrava si fosse delineata una stagione decisamente negativa, hanno iniziato a giocare come sanno: Mehmet nel mese di marzo viaggia a 16,8 punti e 8,4 rimbalzi, mentre il russo, da quando ha ricominciato a partire in quintetto, ha aumentato tutte le sue voci statistiche, in particolare nei mesi di gennaio e febbraio, in cui Utah sembrava davvero un'armata inarrestabile.
Da notare anche come molte delle 9 sconfitte arrivino con squadre di livello notevolmente inferiori rispetto ai Mormoni (Bucks, L.A. Clippers, Pacers e Kings), il che significa forse che i ragazzi hanno solo sottovalutato un po' gli avversari e che ben 7 L su 9 derivino da partite giocate in trasferta, situazione storicamente ostica per gli uomini di Sloan.
La posizione in classifica nella Western Conference è migliorata decisamente da gennaio: occupano la terza posizione ad Ovest, con una differenza dalla seconda di sole 0.5 partite, mentre nella loro Division sono primi (quarti ad inizio gennaio), davanti ai Nuggets che inseguono ad 1 partita di svantaggio.
Ritengo inoltre che possano ancora scalare posizioni per i PO, soprattutto perché 4 delle ultime 7 partite verranno giocate in trasferta, compreso un mini-tour ad Ovest contro Rockets, Hornets e Warriors, squadre orami escluse dalla battaglia per l'ottavo posto; il record fuori casa è poco sopra il 50% (19 - 18), del tutto inammissibile per una squadra che si candida di diritto ad essere uno degli accoppiamenti più ostici nel selvaggio West, ma la situazione si potrebbe invertire in caso di acquisizione della seconda testa di serie, così da avere il fattore campo favorevole sino ad un'eventuale Finale di Conference.
Se tutto dovesse rimanere così com'è sino a fine stagione, incontrerebbero al primo turno i giovanissimi Thunder, pieni di entusiasmo ed energia ma forse ancora un pò acerbi e non pronti alle caldissime battaglie di maggio, per poi affrontare in un'eventuale semi-finale i Mavs, franchigia abituata alle guerre della post-season ma senza una reale chimica di squadra forte, essenziale per superare le fasi concitate dei Play-Off.
A questi ragazzi non si chiede di vincere il titolo, almeno per questa stagione, ma fare una bella figura nei Play-Off, nell'attesa che l'estate più calda degli ultimi 10 anni di NBA prenda fuoco e che tutte le pedine si inseriscano nel loro posto, magari coinvolgendo anche la tranquilla e pacifica cittadina di Salt Lake.