Sarà questo l'anno buono per rivedere Billups alle Finals?
Quando una stagione NBA inizia, gli appassionati sono subito pronti a vedere quali novità ci sono nella Lega. Fin dalle prime partite si inizia a capire che impatto potrà avere un nuovo acquisto all'interno di una squadra, quali saranno i cambiamenti tattici apportati da un allenatore rispetto alla stagione precedente, e più in generale quali potranno essere i temi più interessanti dell'anno a venire.
Anche nel primo mese di questo 2009/2010 non sono mancati gli spunti: l'esplosione condita da 55 punti in una notte di Brandon Jennings, il cammino stentato dei Cleveland Cavaliers (i quali si stanno rifacendo con gli interessi…), la notevole crescita di squadre come gli Atlanta Hawks e il ritorno agli antichi fasti dei Phoenix Suns sono solo alcuni esempi.
Un giocatore più degli altri, però, era riuscito ad accentrare su di sé l'attenzione degli addetti ai lavori. Questo giocatore risponde al nome di Carmelo Anthony, ala dei Denver Nuggets. Da sempre paragonato a LeBron James, Melo si sta dando da fare per convincere tutti che questo paragone non è così azzardato come potrebbe sembrare a prima vista.
Certo, LeBron è un predestinato. Ha delle doti fisiche e tecniche fuori dal comune, e raramente si è visto un giocatore di tale completezza, capace di fare veramente tutto su un campo da basket. Anthony gli somiglia come modo di giocare, anche se fino ad ora ha mostrato di avere meno leadership e meno capacità difensive rispetto al suo collega.
La sua squadra negli scorsi play-off aveva dato del gran filo da torcere ai futuri campioni dei Los Angeles Lakers, e ovviamente Carmelo e compagni quest'anno sono partiti come i principali contendenti ad Ovest della squadra giallo-viola.
Nel maggio scorso la serie finì 4-2, con una gara-5 giocata a Los Angeles che si rivelerà come una partita molto equilibrata. E' in quella sfida che le sorti della stagione sono cambiate per entrambe le squadre: i Lakers vinsero 103- 94 grazie ad un ultimo quarto pressochè perfetto, cui seguirà una gara-6 senza storia che darà ai giallo-viola la possibilità di giocare (e vincere) le Finals.
E i Denver Nuggets? Pur perdenti non uscirono affatto ridimensionati da quella sconfitta, anzi. Si capì subito che quella squadra, guidata da Anthony ma anche da Billups, Martin, Nenè ed altri, sarebbe stata una delle contendenti per la vittoria finale nell'anno a venire.
Arriviamo così a questa stagione, ad un attuale secondo posto nella Western Conference con un record che recita 45 vittorie e 21 sconfitte. La situazione è molto equilibrata, così come i rapporti di forza tra le varie squadre, ma l'impressione è che i ragazzi guidati da coach George Karl non avranno grossi problemi a finire la regular season in uno dei primi quattro posti della classifica.
La domanda che tutti si pongono è: può Denver arrivare al titolo? Volendo dare una risposta secca diremmo "Sì, ma con riserva"…nel senso che i giocatori presenti nel roster sono validissimi, la squadra è organizzata bene ma per ora ci sono avversari che sembrano leggermente più attrezzati, in particolar modo i Lakers e, nella costa Est, i Cleveland Cavaliers e gli Orlando Magic.
Prendiamo la situazione della Western Conference di questa stagione, per esempio, e confrontiamola con quella della stagione scorsa. Nel 2008/2009 i Nuggets rappresentavano l'unica alternativa credibile ai Lakers, e la loro superiorità nei confronti degli altri team della costa Ovest era netta.
Nel corso dei mesi molte squadre si sono rinforzate, e ad oggi i Dallas Mavericks, gli Utah Jazz e gli Oklahoma City Thunder si presenteranno ai play-off per arrivare in finale di Conference, senza se e senza ma. Se per i Nuggets possiamo dire che la squadra è più o meno la stessa della scorsa stagione (con delle differenze che andremo ad analizzare tra poco), lo stesso discorso non vale per le tre sopraccitate. I Mavericks hanno un Butler, un Marion e un Haywood in più nel motore, mentre i Jazz hanno ritrovato Okur che si era infortunato nella fase cruciale dello scorso anno, senza contare il risveglio di Kirilenko.
Per quanto riguarda i Thunder, invece, tutti hanno assistito all'esplosione di questo gruppo di ragazzi, che fanno della gioventù e del talento i loro punti di forza. Ad Oklahoma City si respira entusiasmo, e si sa che quando ci si diverte così tanto a giocare si è già a metà strada per raggiungere grossi obiettivi, anche se l'esperienza dei singoli giocatori nei play-off è, per forza di cose, molto bassa.
Intendiamoci, ad oggi Denver deve guardarsi le spalle ma al tempo stesso sembra aver diminuito il distacco dai Lakers, che tra un Kobe Bryant in calo rispetto alla prima parte della stagione ed un Artest ancora da verificare nei play-off potrebbero cedere il passo. In fondo, l'anno scorso la serie giocata dalle due squadre sarebbe potuta finire anche con una vittoria dei Nuggets, e non vediamo perchè con un Anthony più maturo le cose non possano cambiare.
Oltre alla sua crescita possiamo notare l'ottimo innesto di Aaron Afflalo, che ormai occupa stabilmente la posizione di guardia titolare. Afflalo sta disputando la sua terza stagione NBA, ha solo 24 anni ma è un buonissimo difensore ed un eccellente tiratore da 3 (45% la sua percentuale, terzo classificato in tutta la Lega).
Per il resto, la squadra è sempre la stessa: Billups continua ad essere il leader, grazie ai suoi 33 anni e a ben 130 partite di play-off giocate in carriera, ed è inutile dire che le sorti dei suoi compagni passano soprattutto da lui. Quest'anno sta giocando benissimo, e in attacco il suo contributo è molto elevato…basti pensare che segna 20 punti a partita e distribuisce al contempo 6 assist, tirando con buone percentuali (44% da 2, 42% da 3).
Oltre a lui, nel reparto guardie abbiamo il sopraccitato Afflalo, mentre dalla panchina si alza JR Smith, uno dei migliori "sesti uomini" della Lega. La sua capacità di realizzare punti in ogni modo è sempre molto utile, anche se i difetti del passato sono tutti ancora lì: difende a tratti e in attacco spesso forza i tiri senza una valida ragione. Queste sono tutte cose che, per tornare al discorso di prima, danneggiarono non poco i suoi compagni nella serie coi Lakers dell'anno scorso, specie in gara-6.
Nel ruolo di ala piccola abbiamo invece Carmelo Anthony, il quale ha dimostrato fin dalla scorsa stagione di essere ormai pronto per vincere qualcosa di importante. Gli avversari agguerriti non mancano, a partire da LeBron passando per Kobe Bryant, Dwight Howard, Dirk Nowitzki e via discorrendo, ma mai come quest'anno si ha la sensazione che Melo possa affrontarli tutti a testa alta.
Il reparto lunghi, infine, è buono: Kenyon Martin e Nenè sono rispettivamente l'ala grande e il centro titolari, ed entrambi sono giocatori solidi, capaci di incidere positivamente su una partita sia in attacco che in difesa. Sono buoni difensori, buoni attaccanti, buoni rimbalzisti…insomma, non due stelle ma sicuramente due ottimi comprimari. Alle loro spalle c'è Chris Andersen, classico specialista difensivo che ti dà energia e che in attacco non ti danneggia.
Certo, se volessimo andare a cercare il pelo nell'uovo potremmo dire che manca un giocatore di primissimo livello nel reparto lunghi. I Lakers hanno Gasol e Odom, i Mavericks hanno Nowitzki, per non parlare di Jamison e O'Neal ai Cavaliers o di Dwight Howard ai Magic…anche se c'è da dire che nelle posizioni di playmaker, guardia e ala piccola poche franchigie sono attrezzate così bene come Denver, sia a livello di qualità che di profondità .
Tutte le franchigie si sono messe alla spalle almeno 60 partite di stagione regolare…mancano appena 40 giorni ai play-off, l'evento in cui le domande di un intero anno trovano risposta. Denver appare pronta, ma possono entrare in gioco mille variabili capaci di far propendere l'ago della bilancia da una parte o dall'altra.
Mentre noi rimaniamo qui, in attesa di nuove storie da raccontare, di nuove imprese da ammirare e di nuovi eroi da acclamare…state sicuri che tutte queste cose nella NBA non mancheranno mai.