Luis Scola è caldissimo, i Rockets molto meno…
Il punto
Quello avvenuto nel periodo successivo al weekend delle stelle può senza dubbio definirsi un crollo verticale delle quotazioni degli Houston Rockets, la cui volontà di farsi avanti nella corsa ai playoffs nella Western seppure con poco talento non è stata supportata sulla lunga distanza da una voragine di problemi già analizzati su queste pagine in passato, cui s'è aggiunto il logico scotto da pagare quando si va a modificare la struttura del collettivo attraverso una trade.
McGrady e Landry appartengono al passato già da un pezzo perché questo è sport, ma anche business, mentre Kevin Martin sta cercando di adattarsi il più velocemente possibile ad uno schema che conosce già , e a dei compagni con i quali deve comunque trovare un minimo d'intesa, perché se non ci si conosce, è difficile che vada tutto a gonfie vele fin da subito. E difatti, per il realizzatore proveniente da Sacramento, le cose non si sono messe bene dal principio se si guardano le orride percentuali delle sue prime quattro apparizioni con l'uniforme bianca e rossa, fattore peraltro prevedibile, percentuali che si sono aggiustate un pochino alla volta facendo esplodere la guardia verso tabellini che hanno già superato i 30 in qualche occasione, rendendolo sensibilmente più vicino al giocatore spiccatamente offensivo conosciuto fino ad oggi.
I problemi, quelli, sono invece rimasti, ed Adelman sta cercando in tutti i modi di venirne fuori, anche se la mossa di Houston sembra più un investimento per l'anno venturo che non un qualcosa di disperato eseguito per acciuffare dei playoffs che svaniscono sempre più ogni giorno che passa.
Per carità , è stato piacevole vedere gli Spurs crollare sotto i colpi di ben tre Rockets a quota 30 o più punti (Brooks, Martin, Scola), lo è stato meno vederli perdere (ancora) contro Sacramento piuttosto che non riuscire ad offendere a sufficienza la tutt'altro che temibile difesa dei Pacers, episodi che hanno nuovamente sottolineato di quante e quali amnesie viva questo team, che tende ad andare in rottura prolungata troppo a lungo, con gli avversari, forti o deboli che siano, chiamati solamente ad approfittare della situazione e creare parziali a volte imbarazzanti.
Ciò che sembra separare i Rockets da una squadra da playoffs sembra colpire ambedue i lati del campo, perché se da un lato il canestro, come abbiamo poco fa spiegato, viene centrato raramente in taluni momenti delle partite, dall'altro Martin ha sempre avuto il suo tallone d'Achille nella fase difensiva, pressoché inesistente, i lunghi avversari non possono sempre essere contrastati dal cuore del volenteroso Chuck Hayes perché più di una ventina scarsa di minuti in campo non può fare per gli evidenti limiti offensivi, e l'assenza forzata di Lowry ed Ariza per infortunio non ha certo contribuito alla causa, togliendo contemporaneamente alla squadra uno dei suoi due mastini da appiccicare al miglior giocatore avversario ed il giocatore che prendeva più sfondamenti difensivi.
Jared Jeffries, lasciando da parte per un attimo l'onerosità del suo contratto, è stato istantaneamente utile alla causa per la capacità di marcare ali piccole ed ali grandi, alle quali sa come disturbare la ricezione, ma ancora una volta non c'è una risposta quando si tratta di marcare il Dwight Howard di turno, mentre Jordan Hill è ancora tutto da scoprire, ed il fatto che abbia giocato già un paio di finali di gara, può essere un'indicazione di cosa Adelman abbia visto in lui, che deve assolutamente dimostrare di valere la posizione alta in cui è stato scelto dai Knicks.
Portland e l'ottavo posto sono oramai lontanissime, difficilmente raggiungibili anche per gli Hornets privi di Chris Paul e per la mega sorpresa chiamata Grizzlies, ovvero le due squadre che, assieme a Houston, occupano a turno il nono, decimo ed undicesimo posto della Western Conference.
Cercando invece di vedere la situazione da un lato positivo anche quando viene difficile farlo, è bene far amalgamare il più possibile questo gruppo di giocatori modificato, al quale è stato aggiunto uno scorer di cui la squadra aveva bisogno come l'acqua nel deserto, ma sul quale persiste l'assenza di un intimidatore difensivo che riesca a stoppare tiri con continuità , ad arginare con il fisico i migliori avversari di post basso che di volta si presentano ad abusare dei Rockets troppo poveri di centimetri. I playoffs sembrano andati, e non resta che chiudere la stagione con un buon record, apsettare il ritorno di Yao Ming, e vedere che cosa, con i centimetri che mancano in area, questa squadra saprà essere in futuro.
I risultati
Houston vs Utah 95-104
Houston @ Milwaukee 127-99
Houston vs Indiana 115-125
Houston @ New Orleans 94-102
Houston vs Orlando 92-110
Houston vs San Antonio 109-104
Houston @ Utah 110-133
Houston vs Toronto 116-92
Houston vs Sacramento 81-84
Houston @ Minnesota 112-98
Houston @ Detroit 107-110
Houston @ Washington 96-88
Record:32-31
Classifica:quarto posto della Southwest Division
Le partite
Nella prima gara post-All Stars disputata, i Rockets hanno confermato la loro manifesta inferiorità stagionale contro Utah, una squadra che soffrono non certo da quest'anno. Deron Williams ha sempre potuto sfoggiare un evidente vantaggio fisico nei confronti di Aaron Brooks, portandolo in post e dirigendo il traffico mormone con la sua solita maestria, in una partita decisa da uno dei soliti parziali passivi arrivati nel quarto periodo: questa volta Houston ha mancato nove tiri consecutivi concedendo un 10-0 ai Jazz, trasformando un +3 a 4:41 dalla fine in una facile vittoria per i ragazzi di Jerry Sloan, capitanati da un Paul Millsap che ha avuto vita fin troppo facile sotto canestro.
Male era cominciata anche la trasferta a Milwaukee, con un 2/11 che richiedeva un immediato risveglio dei meccanismi offensivi, avvenuto grazie ad una più che buona prestazione di Shane Battier, autore di 20 punti e 10 rimbalzi con una striscia di triple consecutive a segno arrivata cinque, un contributo assai gradito dopo l'1/10 della gara precedente. Molto bene anche Chase Budinger, capace di 11 punti con soli 5 tentativi dal campo, un netto miglioramento dal 12/41 che lo stesso aveva fatto registrare nelle precedenti quattro uscite, in una gara sostanzialmente decisa dall'11/14 da oltre l'arco che la squadra ha ottenuto ad inizio della ripresa.
Il primo confronto post-trade ha sancito un trend confermatosi anche in seguito, con Luis Scola, nettamente il miglior Rocket delle ultime 10 gare, ad incidere statisticamente anche più di prima, grazie al vuoto nel minutaggio lasciato da Carl Landry. Migliore in campo nella sconfitta contro Indiana dall'alto dei suoi 25 punti con 11 rimbalzi e 4 assist, giocando pure qualche minuto da centro, Scola medesimo è stato il protagonista, con un passaggio interno che aveva centrato il taglio di Ariza, dell'ultimo canestro di Houston per diversi minuti dell'ultimo periodo, nel quale Danny Granger (36 punti) ed i suoi Pacers, hanno preso un vantaggio in doppia cifra mai più scalfito.
Nella prima gara con i nuovi Rockets fisicamente in campo si è assistito ad una rimonta parzialmente entusiasmante, con minuti di qualità giocati da Jared Jeffries, protagonista principale di quel parziale di 9-1 con difesa, rimbalzi e qualche punto raccattato qua e là .
Degli Hornets messi alle strette hanno comunque saputo trovare la strada per imporsi grazie ad un Darren Collison imprendibile (26 punti, 10/17), nonché con un David West in versione incontenibile ed un Emeka Okafor capace di rispedire al mittente sei conclusioni dei Razzi, sotto per la maggior parte della partita. Fatali tre liberi sbagliati da Brooks e Jeffries negli ultimi due minuti di gara.
E poi venne Dwight Howard, il distruttore. Già è difficile limitarlo di suo, figuriamoci con un pacchetto di small soldiers pronti a tutto, ma privi dei centrimetri e delle libbre che servono a tenergli testa…30+16 quanto registrato da Superman nelle sue statistiche finali, il tutto dopo essere uscito ben presto con due falli a carico nel primo quarto per non farvi ritorno, e dopo che i Magic avevano infilato un secondo periodo da oltre il 73% dal campo con 37 punti a referto, cuscinetto che ha permesso loro di mantere saldo il vantaggio fino al triplo zero.
Di consolazione è stata senza dubbio la vittoria su San Antonio, con uno Scola reduce da uno zero nella casella dei punti segnati contro Orlando e qui protagonista di un bel trentello con 13 rimbalzi messi lì a condire il tutto, uno di tre Rockets a terminare la partita a quota od oltre i trenta punti. Scola, Martin e Brooks hanno segnato 94 dei 109 punti totali, in particolare l'argentino e l'ex Kings hanno ambedue infilato una striscia di liberi consecutivi arrivata a 14, pareggiando un record di franchigia; la gara è stata perlopiù in discesa dopo un primo quarto molto ben giocato da Houston, grazie ad una difesa arcigna di Hayes su Duncan, nonché ad un parziale di 20-6 racimolato nel mentre di un 3/15 dal campo da parte degli uomini di Popovich.
Deron Williams, parte seconda, e Rockets nuovamente a picco, con quattro sconfitte nelle ultime cinque apparizioni. 35 punti con 13/17 dal campo e 13 assist, uno più smarcante dell'altro, è tutto ciò che è servito al leader di Utah per aver ragione degli spenti texani, surclassati pure dai 18 punti del rookie Wes Matthews, bravo a punire le attenzioni sui big suoi compagni d'uniforme. Con i Jazz a terminare a quota 133, Houston non si è mai avvicinata a meno di 8 punti di distacco.
Passato l'incubo Deron, Brooks si è rifatto nella sfida più abbordabile contro Toronto, rendendosi protagonista di 28 punti con soli 5 errori in 16 tentativi dal campo, mentre David Andersen si è finalmente reso più utile alla causa giocando "alla Bargnani", ovvero proponendosi come lungo capace di colpire da tre punti con costanza, e terminando con 16 punti in 23 minuti, frutto anche di un'estrema precisione da oltre l'arco, creando notevoli problemi difensivi a dei Raptors mai in partita.
Scola è tornato a fare scintille contro i Kings, contro i quali ha raccolto il massimo in carriera di rimbalzi con 18, (con 19 punti) nell'homecoming game di Carl Landry, proprio il giocatore che gli aveva permesso di avere un maggior minutaggio. Landry è stato accolto da un'incredibile standing ovation al suo ritorno al Toyota Center, e se n'è pure andato da vincitore grazie all'84-81 con cui Sacramento si è imposta, dopo avere preso un vantaggio ancora per causa di un 2/14 dal campo da parte dei Rockets nella prima parte del periodo conclusivo.
Contro Minnesota, altro ritocco del massimo in carriera di rimblazi per Scola, 21, conditi da 25 punti, divenendo quindi il primo Rocket dal 2006/2007 a compilare un 20+20 (Yao Ming) ed altro trentello per Martin, statistiche con le quali Houston non si è dovuta preoccupare più di tanto del fanalino di coda della Western Conference, che nell'ultimo incontro le aveva invece procurato diverse problematiche, forzando due supplementari ai texani.
Supplementare che è arrivato contro i Pistons ma che è terminato nel peggiore dei modi, ovvero con l'ennesima sconfitta contro una forza non irresistibile della Eastern, che ha ulteriormente evidenziato la mancanza di un go-to-guy cui dare il pallone con la partita punto a punto.
Nell'ultima gara disputata in ordine cronologico, nel pieno dell'ultima trasferta stagionale ad Est, Houston ha festeggiato con una vittoria a Washington il rientro di Ariza e dell'importante Kyle Lowry, grazie anche ai 20+10 di Scola, ed ai 21 punti di Kevin Martin.
What's Next
13/3 vs New Jersey – non vincere sarebbe molto grave
15/3 vs Denver – i Rockets non hanno mai sconfitto Denver quest'anno
17/3 vs Memphis – gara divisionale di minor importanza rispetto ad un mese fa
19/3 vs Boston – KG e soci non vorranno perdere terreno…
21/3 @ New York – TMac punirà la sua vecchia squadra?
22/3 @ Chicago – i Bulls sono alla rinocrsa dell'ottavo posto ad Est
24/3 @ Oklahoma City – I Thunder non hanno mai battuto Houston quest'anno