Tony Parker non riesce a dare la svolta alla stagione Spurs…
La squadra non c'è.
L'identità è ancora un distintivo da fabbricare, la continuità è un segnale che si fa attendere.
I San Antonio Spurs vivono, probabilmente, il momento più difficile dell'era Popovich, considerata da molti addetti ai lavori in piena fase di tramonto.
Da anni, gli Spurs utilizzano questa lunga trasferta prolungata (19 giorni, 7.725 miglia) per dare una svolta alla stagione, per identificare la rotazione giusta, per aumentare l'affiatamento, soprattutto per innescare una serie vincente da estendere nell'ultimo rush della regular season e per entrare nel migliore dei modi al gran ballo dei playoff.
E' stato cosi per la maggior parte delle ultime 13 stagione. Molto probabilmente non è il caso di questa, dove si fatica ad inquadrare un collettivo, una singola difesa di squadra o un semplice frame di quella squadra che è entrata nella storia per l'esiziale esecuzione offensiva e per le rigide regole difensive.
Si fa fatica perché delle 54 partite giocate finora e delle 8 che prenderemo in esame, si è vista solo della grande confusione. A livello di quintetti, di cambi, di freschezza atletica, in situazioni "closer" e soprattutto è apparso abbastanza chiaramente come Greg Popovich sia per la prima volta in difficoltà ad allenare la "sua" squadra, nel senso che non ne sente la minima appartenenza per schemi, indole e fiato.
Le sconfitte contro Blazers e Lakers, senza i rispettivi assi (Roy e Bryant) lo dimostrano ampiamente. Le ultime inaspettate rese contro Sixers e Pistons rimarcano i problemi con uno spessore ancor più preoccupante.
E non serve analizzare i 109 punti subiti da una squadra (Detroit) che ha superato quota 100 punti in 7 delle 54 partite disputate. Non serve perché basta guardare l'atteggiamento generale ed in particolare di qualche giocatore che invece di garantire uno step-up, ha inquinato un sistema abituato a certezze e brevi fasi di apprendistato. Citofonare Richard Jefferson.
Ad illudere parzialmente il coach, i giocatori, la dirigenza ed i tifosi è stata la pesante ed ampia vittoria in Colorado contro i Nuggets, ultima partita in programma prima della kermesse di Arlington dell'All Star Game.
Illusione per la portata del risultato (+19), per la naturalezza di un attacco parso fluido e efficace, per il tiro da 3 (9/19) sempre più termometro delle partite dei nero argento e soprattutto per una difesa capace di limitare Denver a soli 92 punti sul proprio parquet.
Il bicchiere mezzo pieno che si trasforma in mezzo vuoto con la successiva ripresa dopo il break: sudatissima vittoria ad Indianapolis e le prime due sconfitte della stagione contro squadre dal record perdente a Philadelphia e Detroit, dove gli Spurs hanno sprecato tantissime possibilità di portare a casa il match.
"Nelle ultime 4-5 gare abbiamo sempre avuto in mano il pallino del gioco. Abbiamo perso due partite che avremmo dovuto assolutamente vincere" le parole di un Tim Duncan deluso, realista ma sempre oggettivo nelle osservazioni mentre l'istrionico Greg Popovich non dimentica l'ironia nell'armadietto e alla domanda-punzecchiatura sul perché del 18° quintetto diverso della stagione mandato in campo a Detroit, ha risposto con un sarcastico: "Perché sono scaltro ed intelligente".
Le pagelle del Rodeo Trip
TIM DUNCAN (15.8 ppg, 12.2 rpg, 2.3 apg; 30' in 8 gare)
Difensivamente è la peggior versione di Tim Duncan che si è vista su un campo di basket. Se negli ultimi anni le sue difese sono state selettive, ora è al quanto difficile vederne almeno una. In attacco è ancora capace di supportare l'intera squadra ma sull'altro metà campo fa molta, troppa e sorprendente fatica.
Se escludiamo la prima gara di Sacramento e l'ultima di Detroit, il buon vecchio Tim ha viaggiato su cifre modeste anche in attacco (12.6 ppg) chiudendo 34/82 (41.4%) dal campo e andando in lunetta soltanto una volta ogni 18 minuti contro una media stagione che lo vede tirare un libero ogni 6 minuti. Rimane, nello stato di confusione generale, un punto fermo. Difensivamente, però, nel vero senso letterale. VOTO 5
TONY PARKER (16.4 ppg, 6.8 apg, 2.2 TOpg; 32.4' in 5 gare)
Nel momento nel quale scriviamo, Tony Parker è atteso da un risonanza che stabilirà l'entità del suo infortunio che sta limitando e non poco la stagione del franco-belga. Nelle ultime 11 partite giocate dagli Spurs, Parker ne ha saltate 6 (divise in 3 parti).
Nei suoi continui rientri ha illuminato la scena a Los Angeles contro i Clippers (14 pts, 14 asts) e nella vittoria ad Indianapolis (28 pts) ma ha anche chiuso a soli 2 punti a referto la sfida contro i Sixers sbagliando 8 dei 9 tiri tentati. I problemi per TP sono molteplici. I guai alla caviglia, la persistente fascite plantare ed ultimo in ordine di tempo, un guaio muscolare al flessore della gamba sinistra.
Per fare i maligni, possiamo tradurre questi continui stop ed infortuni come figli dell'estate passata sui campi di mezza Europa a trascinare la sua Francia all'Europeo, poi successivamente disputato. VOTO 6 (con riserva).
MANU GINOBILI (18.6 ppg, 4.5 apg, 1.6 spg; 29.3' in 8 gare)
Senza dubbio il più brillante dei nero-argento. Per efficacia, continuità e freschezza atletica, quest'ultima comunque lontana parente di quella scintillante di un paio di stagioni fa. 5 gare sopra i 20 punti con le percentuali al tiro in netto rialzo (47% dal campo, 39% da 3) rispetto ad una mediocre prima metà di stagione.
Le uniche certezze dell'amletica rotazione di Popovich sono due: Duncan in quintetto e Ginobili sesto uomo. Per il momento degli Spurs potrebbe non essere una malvagia idea garantire lo spot di guardia titolare all'argentino, visto e considerato che in altre fasi di calo e di mancanza di risultati, questo aggiustamento ha portato i suoi benefici. E' molto cresciuta la sua efficienza di passatore passando dai 3.7 assist per gara delle prime 28 gare ai 5.3 delle ultime 26. VOTO 7
RICHARD JEFFERSON (9.6 ppg, 3.5 rpg, 1.5 apg; 30.5' in 8 gare)
Ora è ufficiale. Gli Spurs hanno clamorosamente sbagliato la mossa di mercato dell'estate. Richard Jefferson e il sistema San Antonio Spurs, dopo diversi tentativi di avvicinamento hanno palesemente mostrato l'un verso l'altro la proprie avversità .
In campo fa fatica ad essere "uno" degli Spurs, a implementare il suo indubbio spessore tecnico in un sistema che garantisce isolamenti ma tanti pick 'n roll e "open shots". Jefferson sembra un giocatore disperso, a volte apatico, quasi invisibile che fa fatica anche a prendere ritmo, a incidere almeno con qualche giocata estemporanea.
Sono passate 54 partite e non si è mai visto il giocatore che poteva (e doveva) far fare il salto di qualità ai texani. Mai. Nelle 8 gare della lunga trasferta, l'ex Nets ha chiuso con un pessimo 24/72 dal campo (33%) dal campo con sole 3 doppie cifre. Ed è ancor più preoccupante la fattispecie che traveste i numeri come uno degli ultimi problemi di Jefferson. VOTO 4
GEORGE HILL (15.5 ppg, 3.5 rpg, 3.3 apg; 35.1' in 8 gare)
Se ne facciamo un discorso di lungo periodo, denso di prospettiva e di ottimismo, il giovane George Hill dal secondario college di IUPUI, è senz'altro uno dei pochi motivi per il quale sorridere. Personalità da vendere, buon difensore, discreto attaccante e sottovaluto tiratore, la guardia titolare dei San Antonio Spurs garantisce a Popovich quel minino di tenuta atletica che bilancia la stropicciata carta d'identità del resto della squadra.
Non a caso Hill è stato il giocatore più impiegato nel "Rodeo Trip" con quasi 35' di media corrisposti con buone prove: la quasi doppia doppia di Sacramento (23 pts, 9 asts), i 17 punti nel primo quarto della sfida contro i Clippers e la buona prova difensiva su Billups nell'illusoria vittoria a Denver. Se a tempo per farlo, Popovich può essere felice del suo pupillo (nascosto). VOTO 7
GLI ALTRI
Molte vittime delle vorticose scelte di Popovich. In primis c'è Roger Mason Jr. che è (ed è rimasto) a San Antonio per un solo motivo. Tirare. Sarà per la scarsa e fuorviante fiducia, per la modesta considerazione o per un pessimo momento personale ma sbagliare 24 delle ultime 29 triple tentate non ti garantisce tanti minuti in prospettiva, soprattutto se il tuo allenatore ti fornisce un minutaggio accettabile (20' di media nelle 8 trasferte).
Non vanno meglio le cose a casa Bonner dove per colpa dell'infortunio e di un rientro abbastanza lento, il rosso degli Spurs fatica a trovare canestri, ritmo e minuti. Siamo a 38 punti complessivi in 12 gare con 8/32 dalla lunga distanza mentre prima del mese di stop (16 gare saltate) il centro atipico di San Antonio viaggiava a 9 punti di media tirando il 45% da 3. Di Bogans si potrebbero dire mille cose ma balza subito agli occhi una statistica: 12 punti negli ultimi 147'. Pochi per uno che parte in quintetto di una possibile "outsider" per titolo mentre l'impatto di DeJuan Blair è leggermente sceso di pari passo con il suo minutaggio.
COMING SOON
Gli Spurs nonostante l'aver giocato le ultime 8 partite in trasferta, si apprestano ad affrontare il rush finale della regular season con 16 gare fuori casa e 12 in Texas. Le prossime 7 sono impegnative e tutte contro squadre dal record vincente.
Si parte mercoledi con la sfida ai giovani rampanti dei Thunder. Venerdi trasferta a Houston e appuntamento domenicale a mezzogiorno contro i Suns all'At&t Center. Back to back a New Orleans e dopo 4 giorni nuova sfida agli Hornets, questa volta in casa. Per chiudere questa difficile fase del calendario, c'è la doppia trasferta di Memphis e Cleveland.
Pronostico: 4-4.