Ciao T-Mac, benvenuto K-Mart

I nuovi Rockets sorridono assieme al GM Daryl Morey.

Anche per quest'anno la trade deadline è passata, e si sono compiuti importanti movimenti a roster in diverse squadre Nba, con Houston a recitare un ruolo di assoluto primo piano.

Era nell'aria da tempo, e pochi si aspettavano che Tracy McGrady potesse rimanere in Texas fino alla naturale scadenza del suo contratto ultra-milionario, i Rockets gradivano sbarazzarsi di quei 22 milioni di dollari e scendere sotto la luxury tax, non senza avere una corretta contropartita tecnica ed un pezzo importante di futuro in cambio.

McGrady lascia Houston dopo 6 anni dopo aver mostrato tutte le sue sfaccettature di giocatore, alternando momenti di inarrivabilità  cestistica a periodi dove la sua mancanza di cattiveria è stata troppo determinante nel non proclamare i Razzi come potenziale squadra da titolo.
Episodi come i 13 punti in 35 secondi di pura esaltazione nella storica rimonta contro San Antonio resteranno indelebili per sempre, così come il grande basket giocato durante la striscia vincente di 22 partite consecutive nello scorso campionato, senza dubbio i due punti più alti della permanenza di T-Mac con questa uniforme.

Per ogni ricordo positivo, ce n'è anche uno negativo, tuttavia: il costante mancato superamento del primo turno di playoffs, comunque non totalmente a lui imputabile (anzi), ha fatto in modo che l'eccitazione per la combo di superstars fornita da lui e Yao Ming si sgonfiasse davanti alla decrescente voglia di attaccare con grinta la partita nei momenti che contavano davvero, quando invece la coppia sembrava premonitrice di grandi successi, rimasti solo nei sogni dei tifosi texani.

Questa stagione era cominciata sotto i peggiori auspici, nel senso che la dirigenza aveva già  decretato il fallimento di questa sua esperienza a Houston ponendolo presto sul mercato, o comunque forzandolo ad una possibile situazione di trade, in particolar modo quando Rick Adelman ha chiarito che il suo minutaggio (7/8 minuti per gara) non sarebbe aumentato di lì a poco.
Può sembrare un trattamento vile per una star di quel calibro e di quel talento, ma la mossa è risultata più che comprensibile una volta osservata la chimica di squadra, mutuata direttamente dalla scorsa edizione dei playoffs, quando d'un tratto quel nucleo di giocatori sottostimati e sottodimensionati aveva combattuto senza i suoi due pilastri contro i futuri campioni Nba.

La squadra era diventata di Aaron Brooks, di Carl Landry, di Luis Scola. Ed era diventato intuibile che il contratto di McGrady, in scadenza quest'estate, sarebbe divenuto preziosa merce di scambio per portare i pezzi di talento mancanti, e dopo un vortice di voci ed ipotesi, tradizione della deadline dove si sparla il più possibile senza costrutto alcuno, è accaduto ciò che doveva accadere.

Daryl Morey è intervenuto nelle aree di bisogno della squadra, che prima dell'All Stars break non navigava certo in acque tranquille per colpa di un roster dove l'assenza di centimetri non poteva più essere sopportata a lungo, nel quale la profondità  di molti ruoli non era adeguatamente coperta, e soprattutto dove mancava un realizzatore in grado di mettere tiri importanti e fornire punti.
Proprio le lunghe sabbie mobili offensive dove la squadra cadeva per troppi minuti consecutivi, erano state il motivo principale per cui Houston aveva cominciato a perdere tanto, finendo per ritrovarsi tagliata fuori momentaneamente dalla corsa per i playoffs, agganciata con i denti ad un nono posto con un record che ad est sarebbe valso il quarto od il quinto, ma si sa, ad ovest se non si è competitivi si resta fermi al palo.

E la crescita di nuclei giovani e forti come Oklahoma City e Memphis, in aggiunta alle potenze già  affermate (Dallas, Lakers), ed infine mischiate a squadre non da titolo ma dal sicuro record vincente come Utah e Portland, hanno solamente complicato la situazione.

La trade studiata dal management è stata un po' una sorpresa, se non altro perché non ha toccato nessuna delle ipotesi di cui s'era tanto parlato prima.
Niente Butler + Haywood da Washington, tantomeno Iguodala e Dalembert da Philadelphia. Alla fine è arrivata a buon fine la proposta dei Knicks, ma con una variante importante, che ha coinvolto i Sacramento Kings.

Ecco quindi arrivare Kevin Martin, ragazzo con tanti punti nelle mani e realizzatore di indubbio valore, che tecnicamente si inserisce a dovere in una situazione dove Trevor Ariza non verrà  più chiamato a prendersi un numero troppo elevato di tiri, caratteristica esattamente contraria alla sua natura di giocatore specializzato in triple, difesa e contropiede, e nella quale Shane Battier può complementare alla perfezione la semi-totale assenza di difesa messa in mostra da Martin in questi anni recenti.
L'ex Kings, tra l'altro, con Adelman ha già  giocato, e conosce i suoi principi tattici come si deve.

L'aggiunta di talento, ha comportato un sacrificio non da poco, ovvero la privazione di un gregario fondamentale come Carl Landry, che ha percorso il tragitto inverso: tra i più seri candidati al premio di sesto uomo dell'anno, Landry è secondo in tutta la Nba per punti segnati nel quarto periodo, segno che il suo rendimento aumentava in maniera esponenziale quando la squadra aveva bisogno di lui, ed era diventato uno dei punti di riferimento di questo nuovo corso assieme a Brooks. Il suo è stato un sacrificio necessario, ma il vuoto che ha lasciato è destinato a sentirsi, viste anche le basse cifre con cui era firmato a libro paga, il tutto rapportato ad un rendimento vicino all'eccellenza.

Il nuovo sesto uomo, al momento, dovrebbe essere Shane Battier, al quale partire o meno titolare non interessa un granchè, sapendo che avrà  comunque il compito di incidere difensivamente sulle partite.
Quando Kyle Lowry rientrerà  dall'infortunio alla caviglia, sarà  più prezioso di prima, perché sarà  il solo Rocket con vere possibilità  di cambiare il ritmo della partita.

Hilton Armstrong darà  i centimetri che servivano in area, ed è stata preso per contribuire a coprire una delle grosse lacune di squadra, la mancanza di uno stoppatore coi fiocchi, caratteristica che l'ex centro di New Orleans e Sacramento porta in dote, oltre ad essere un lungo che corre molto bene da una parte all'altra del campo.

Jordan Hill è ancora un oggetto misterioso e non è ancora chiaro quale possa essere il suo margine di crescita, ma a rimbalzo ci va con consistenza, ed ha un buon fisico da opporre agli avversari, cosa che fa di lui il candidato ideale per diventare il backup di Luis Scola.
Jared Jeffries, infine, oltre ad avere un contratto pesante (quadratura del cerchio per portare McGrady a New York), può dare molta difesa, un reparto che ha bisogno di riuscire a fermare gli avversari in lacuni momenti delicati delle partite, dove Houston prende parziali troppo onerosi, spesso non più recuperabili.

I Rockets hanno inoltre ceduto Joey Dorsey, ed ottenuto la possibilità  di invertire la prima scelta del 2011 con i Knicks con una protezione a favore di New York qualora tale scelta fosse la prima assoluta, nonché avuto la prima scelta 2012 dei Knicks medesimi, protetta se questa dovesse rientrare nelle prime cinque.

Non resta che indossare le nuove uniformi, e cominciare questa nuova avventura, finire con dignità  il campionato (ovvero qualificarsi ai playoffs) e lasciare che sia il futuro a dire cosa questa franchigia riuscirà  a fare se Yao Ming tornerà  fisicamente integro ai nastri di partenza dell'anno venturo.

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