Le facce dei Rockets in panchina, alla fine delle partite, sono spesso state queste…
Il punto
Doveva essere un momento molto propizio per dare un'ulteriore svolta alla stagione, ma così non è andata. Gli operai Rockets, privi di tutte le loro stars ma ugualmente in grado di giocarsela con tutte le squadre della lega, erano in calo al precedente checkpoint, e rimangono in picchiata dinanzi alla pausa per l'All Stars Game 2010, che si giocherà a pochissima distanza da Houston, e che non vedrà impegnato alcun elemento del roster di Rick Adelman.
Doveva essere una cavalcata casalinga che avrebbe rimesso a posto alcune cose, non che le aspettative si siano modificate perché partire con un handicap (leggi: senza le tue due stars) è già un fattore deprimente in prospettiva, ma a furia di vincere, c'era pur sempre chi vi si stava abituando.
Proprio per questo stridono in una maniera impressionante le numerose sconfitte raccolte al Toyota Center nell'ultima tornata di gare, in una serie di impegni che, secondo giocatori e coaching staff, avrebbe dovuto permettere alla squadra di affrontare tutto con meno frenesia, con meno stress, senza pensare a valigie, alberghi, ed a tutte quelle cose cui bisogna rivolgere attenzione quando la sera giochi, e la notte devi partire per un'altra destinazione.
La generosa striscia di gare tra le mura amiche si è conclusa nel peggiore dei modi, in quanto nei ben sei tip-offs casalinghi consecutivi, Houston ha raccolto un record di 2-4, raccogliendo tre pesanti sconfitte consecutive dai prime tre ospiti, i rinati Bulls, gli atletici Hawks ed i forti Nuggets, senza mai riuscire a sfiorare la fatidica quota dei 100 punti, elemento che come pochi altri è servito ai Rockets per scrivere la parola vittoria in maniera quasi automatica.
Le difficoltà ci sono, da ambo i lati del campo, e non sono più passabili in secondo piano, nel senso che i limiti di squadra su cui si è soprasseduto nella fase iniziale del campionato, stanno contribuendo a determinare il vero valore di questo team di ragazzi/uomini poco baciati dal talento, ma guerrieri e volenterosi sempre al punto giusto.
I Rockets, ad oggi, sono alla disperata rincorsa dell'ottavo posto utile per i playoffs, la boa di metà anno è già stata sorpassata, e dopo l'All Stars break c'è da lavorare e vincere parecchio, se non si vuole rimanere tagliati fuori.
Tre sconfitte consecutive, dicevamo, e 5 nelle ultime 7 gare disputate in casa, il che diventa un bel problema da affrontare, pensando al fatto che negli ultimi due anni Houston usava dare il meglio di sé proprio nel caro Texas.
Passi falsi che pesano per due motivi: il primo è il mancato raggiungimento di una vera e propria winning streak, un ciclo vincente di prestazioni che può rimettere in pista una franchigia in crisi, piuttosto che fornire il giusto allungo finale per chiunque voglia scalzarsi l'eccessiva concorrenza ad Ovest di dosso; il secondo è lo sbocciare di realtà giovani e nuove come Oklahoma City e Memphis, agguerrite avversarie di Conference tornate ad essere competitive, abbinate alla rimonta che i New Orleans Hornets, altro problema proprio perché cugini di division, sta tentando di portare a termine senza l'idolo Chris Paul.
Per analizzare i motivi di tutte queste sconfitte, non resta che pensare alla struttura della squadra, e trarre le relative conclusioni.
Anzitutto, il problema a rimbalzo si sta facendo sentire sempre più: elementi come Chuck Hayes garantiscono ottimi sprazzi di difesa, per via del fisico ben piazzato, del buon movimento di piedi, e della capacità di infastidire il palleggio dell'avversario in post basso, ma il minutaggio non può essere elevato, perché la differenza di centimetri con una moltitudine di pari ruolo è troppo elevata per estenderla ad una gara intera.
Quindi la fluidità offensiva: Aaron Brooks, che sta emergendo come Mvp di squadra, ha anche i suoi difetti, e di tanto in tanto tende a premere troppo il piede sull'acceleratore, con la conseguenza che vengono commessi troppi turnovers, e la squadra non rientra in tempo per la transizione difensiva.
La transizione offensiva, invece, è quella fase del gioco dove i Rockets sono al loro meglio, ma se Brooks non fa girare il pallone, cominciano i guai. Ecco spiegata in parte la cattiva selezione di tiro di giocatori come Trevor Ariza, e le basse percentuali registrate in molte partite.
Infine Carl Landry: il miglior scorer dei Rockets nel quarto periodo si è visto dedicare una serie impressionante di raddoppi, con metodi simili, con le dovute proporzioni, a quelli applicati da alcuni allenatori verso Yao Ming, ovvero ponendo un uomo davanti per impedirne la ricezione, ed uno dietro ad un paio di passi, in modo da coprire movimenti spalle a canestro senza perdere il proprio attaccante in fase di marcatura.
In questa pausa All-Stars, Adelman dovrà cercare delle soluzioni per ovviare a questo tipo di problemi, che se trascinati troppo a lungo potrebbero costare davvero cari.
I risultati
Houston vs Milwaukee 101-98 OT
Houston @ San Antonio 116-109
Houston vs Chicago 97-104
Houston vs Atlanta 95-102
Houston vs Denver 92-97
Houston vs Portland 104-100
Houston vs Phoenix 111-115 OT
Houston vs Golden State 119-97
Houston @ Memphis 101-83
Houston vs Philadelphia 95-102
Houston @ Miami 66-99
Record:27-24
Classifica:terzo posto della Southwest Division
Le partite
Parte della striscia di partite disputate tra le mura a miche è cominciata contro i Milwaukee Bucks, squadra che ha saputo trovare delle idonee contromisure difensive per adattarsi al gioco di Adelman, in special modo nel secondo tempo. Fondamentale è stata una delle migliori prove in carriera di Luis Scola, 27 punti con 15 rimbalzi, in una gara dove, nella ripresa, i compagni hanno faticato a trovare il canestro. Houston ha quindi sprecato un vantaggio di 11 punti andando in blocco offensivo di fronte alla zona dei Bucks, adeguamento che è conseguito in 33 punti totali sommando terzo e quarto periodo, con una sequenza terrificante che ha visto infilarsi nella retina solo 2 di 20 conclusioni tentate. In overtime Carl Landry si è eretto quale salvatore della situazione, mettendo 5 punti utili al mantenimento di un esiguo, ma mai più pericolante vantaggio.
Kyle Lowry è stato l'indiscusso protagonista della mini-trasferta a San Antonio: dopo una partenza disastrosa dei Razzi, il suo contributo dalla panchina ha aggiunto velocità al backcourt ed un minimo di intensità difensiva, trasformando uno svantaggio di 12 punti nel secondo quarto, in uno scarto di una sola lunghezza. Lowry ha coronato la sua prestazione con statistiche quali 23 punti, 9 assist e 6 rimbalzi, tirando con il 63% dal campo, continuando ad eseguire giocate decisive nel parziale che ha allungato definitivamente le distanze in prossimità dell'intervallo, proseguito in principio di terzo periodo. Landry, come di consueto, ha alzato il suo rendimento nel quarto finale, segnando 10 dei suoi 19 punti final proprio in quella frazione nonostante la presenza di Tim Duncan.
Nelle due sconfitte successive, la squadra ha sofferto tantissimo la combinazione di centimetri portata da Chicago attraverso Noah e Miller, in una partita che non li ha sempre visti rincorrere senza successo, mentre contro gli Hawks è stato letale l'atletismo di Josh Smith, che oltre ai 22 punti e 10 rimbalzi, ha aggiunto una buona dose di palloni recuperati e stoppate, la sua specialità .
Uno dei problemi più evidenti dei Rockets, ovvero il passare lunghi minuti senza segnare, si è manifestato anche contro Atlanta, quando la squadra, da metà secondo quarto in poi, ha concluso la frazione con un misero 1/12 dal campo.
La terza sconfitta casalinga consecutiva è giunta per mano di Denver, nella quale la differenza di velocità si è fatta notare parecchio, dal momento che Aaron Brooks, una delle pedine offensivamente fondamentali, è stato fortemente limitato da problemi di falli derivanti dalla marcatura su Billups, terminando con soli 20 minuti trascorsi sul parquet, seppur con 22 punti segnati frutto di un 8/11 dal campo. Ancora decisivo in negativo il secondo periodo, dov'è stato sciupato un vantaggio di 15 punti con i Rockets a segnare 7 punti in altrettanti minuti.
Contro Portland si è invece ripetuto un matchup tattico molto favorevole ai Rockets, che ha ricordato da vicino la scorsa edizione dei playoffs: Aaron Brooks ha giocato una delle sue migliori gare dell'anno segnando 33 punti, ponendosi come attaccante troppo veloce per essere contenuto da Steve Blake e Jerryd Bayless, che partiva in quintetto al posto dell'infortunato Roy. Adelman ha quindi messo Shane Battier, 8 punti ed 8 rimbalzi, su Andre Miller limitandolo a segnare uno solo dei 6 tiri tentati, mossa che ha contribuito a trasformare il -10 del primo periodo in un vantaggio che i Rockets hanno sempre tenuto fino in fondo, anche quando hanno rischiato di regalare la gara ai Blazers negli ultimi secondi, salvati da un rimbalzo offensivo del medesimo Battier.
L'overtime forzato ai Suns, dal momento che la partita è stata comandata a lungo dagli ospiti per via della loro chiara superiorità nelle transizioni offensive, ha lasciato indicazioni tutto sommato positive, in una partita dove Stoudemire è stato incontenibile segnando 36 punti con 11 rimbalzi, creando problemi difensivi in quantità industriali.
Ancora decisivo Landry, che nel quarto periodo ha vinto una palla a due consentendo a Trevor Ariza di infilare la tripla del pareggio, peccato che la squadra non sia riuscita ad approfittare del sesto fallo di Stoudemire nel supplementare proseguendo i suoi problemi al tiro, restando all'asciutto per due interi minuti del prolungamento e regalando a Nash e soci quattro punti di vantaggio mai più messi in discussione.
Se con i Warriors è tornato un clima sereno e disteso, non a caso sfociato in una larga vittoria contro una delle peggiori difese Nba, senz'altro più impegnativo è stato lo scontro frontale con i Grizzlies, divenuti all'improvviso dei seri concorrenti per i playoffs. Proprio la trasferta vincente a Memphis è corrisposta alla miglior prestazione di carriera di Joey Dorsey, appena rientrato dalla Nbdl, ed autore di 7 punti e 12 rimbalzi nella città che l'aveva visto eccellere al college. Battier è stato determinante nel difendere sia contro Gay che contro Mayo.
Nella pessima sconfitta contro Philadelphia è stata fondamentale l'assenza di Lowry, che prima di infortunarsi alla caviglia aveva fortemente contribuito ad un parziale di 26-4, con la squadra sopra di 11 lunghezze al momento del suo forzato abbandono. Inconsistenti per tutto il secondo tempo a livello offensivo, i Rockets parevano aver riacciuffato la gara a cinque minuti dal suo termine, quando una tripla di Battier aveva pareggiato le sorti, ma il 2/11 con cui è stata chiusa la partita non lascia spazio ad ulteriori commenti.
Il peggior momento stagionale è stato raggiunto contro Miami, sancendo lo 0-2 in stagione contro gli Heat, con la miseria di 66 punti messi a referto da una squadra che era parzialmente giustificata dalle pesanti assenza di Lowry ed Ariza, con Landry costretto a spostarsi in quintetto, e l'aumento di minuti in campo per Budinger, solo 3/12, Conroy, Dorsey e Temple. Praticamente una mezza squadra di lega d'espansione.
Il roster
Stop momentaneo per Kyle Lowry, fuori, come detto, contro i Sixers per il problema alla caviglia: in questi giorni il suo status verrà valutato dai medici, che poi forniranno una tempistica più precisa sui tempi di recupero.
I vari problemi fisici occorsi a Houston, che di recente hanno colpito pure Ariza, sono scaturiti nella provvisoria chiamata di Will Conroy, che al momento gioca da backup di Aaron Brooks, e dalla presenza di Garrett Temple, giocatore multi-ruolo chiamato a far rifiatare diversi elementi a seconda delle esigenze, con lo spostamento di Chase Budinger in quintetto.
Il mancato sviluppo di Jermaine Taylor gli è costato la retrocessione alla squadra satellite di Houston, i Vipers della Nbdl, salvo tornare per sovraffollamento dell'infermeria nell'ultima sfida contro Miami, in aggiunta al rientro a roster di Joey Dorsey, il quale ha aggiunto preaziose libbre sotto canestro, pur non risolvendo il problema centimetri.
Sul fronte mercato, qualcosa sta cominciando a muoversi. Daryl Morey aveva più volte dichiarato che nulla sarebbe accaduto se non in prossimità della trade deadline, e le possibilità di cessione di Tracy McGrady sembrano aver preso due direzioni ben distinte, essendoci pochi interessati al suo contrattone in scadenza. La prima via è una trattativa che sarebbe stata intavolata con i Sixers, i quali vorrebbero cedere Andre Iguodala, con Samuel Dalembert a fare da aggiunta. Non è chiaro chi sia il giocatore che Houston dovrebbe mandare in Pennsylvania per equilibrare i conti, e l'affare pare bloccato soprattutto in attesa di capire se Iguo servirà ai Sixers per avere Stoudemire dai Suns.
L'altra strada chiamerebbe in causa Washington, che parrebbe disposta a cedere tutto e tutti dopo la vicenda Arenas, e spedirebbe a Houston Caron Butler e Brendan Haywood per ricevere Al Harrington dai Knicks, con T-Mac a chiudere il giro a tre vestendo il blu-arancio.
In ogni caso, c'è sempre un centro coinvolto, segno che Morey si sta seriamente preoccupando di quell'assenza di centimetri.
I Rockets rientreranno in azione il 16 febbraio prossimo, in una gara delicata contro gli Utah Jazz.