Grande la stagione di Roy Halladay, ma non è bastata ai Blue Jays…
E’ la prima frase che viene da dire guardando le classifiche finali della American League. I vincitori delle tre division infatti sono gli stessi dell’anno scorso, ossia Yankees, Twins ed A’s, e l’unica novità per la postseason è data dai Red Sox, aggiudicatisi la wildcard al posto degli Angels.
Nella East Division, per il sesto anno consecutivo gli Yankees hanno preceduto i Red Sox (prima volta che succede nella storia delle majors). Di entrambe si è già parlato a lungo durante la stagione, e se ne riparlerà ancora nelle prossime settimane, quindi è meglio soffermarsi sulle altre squadre della division.
Per Blue Jays, Orioles e Devil Rays si può parlare di stagione positiva o quantomeno promettente, seppure sotto aspetti differenti per ciascuna squadra. Tutte infatti sono in piena ricostruzione, e si sono notati i primi risultati del lungo e paziente lavoro che peraltro ancora le attende.
A Toronto il programma di rilancio prosegue secondo la tabella di marcia; i Jays sono rimasti in corsa per la division fino a luglio, grazie alla potenza del lineup, guidato dai candidati al trofeo di MVP Carlos Delgado e Vernon Wells.
Tra i lanciatori, in evidenza ovviamente Roy Halladay, favorito per il Cy Young, mentre il resto dei partenti ed il bullpen sono sicuramente da migliorare. E sarà questo il reparto sul quale probabilmente si concentrerà il più che valido GM J.P. Ricciardi nella offseason.
Prospettive interessanti anche a Baltimore: gli Orioles hanno reso la vita difficile sia a Yankees che Red Sox negli scontri diretti, e non sono più da considerare una squadra materasso. Oramai sono stati venduti tutti i veterani con contratti onerosi (ed inversamente proporzionali al rendimento…), ed il lineup è costituito da molti giovani che si stanno progressivamente affermando, come Luis Matos, Jay Gibbons, Jerry Hairston Jr. Anche qui sono da migliorare rotazione e bullpen, e la trade di Sidney Ponson ha portato tre prospetti sui quali puntare per il futuro.
I Devil Rays nemmeno quest’anno si sono schiodati dall’ultimo posto ed hanno finito la stagione in deciso calo, ma perlomeno stanno mettendo delle basi incoraggianti. L’arrivo di Lou Piniella (ritornato a casa in Florida) è indice di voglia di costruire come si deve; anche qui sono stati venduti tutti i veterani superpagati e poco motivati, sono stati lanciati molti giovanissimi, come Rocco Baldelli (candidato a Rookie dell’anno) e Carl Crawford, e si è affermato quasi di nascosto l’ottimo Aubrey Huff. Il lavoro che aspetta Piniella peraltro è ancora enorme, e sarà curioso vedere se avrà la pazienza di portarlo fino in fondo…
Nella Central Division i Twins si sono ripetuti con un finale inarrestabile (e grazie anche al livello mediocre della division…); la formula vincente per i Twins è sempre la stessa, ossia “pitching and defense”: la rotazione si è ripresa alla grande dopo l’All-Star Game (grazie all’impatto positivo anche di Johan Santana), il bullpen si è confermato estremamente valido, ed il lineup, “costruito” su misura per il Metrodome, si è giovato dell’arrivo da Toronto di Shannon Stewart. Non ci sono mazze pesanti come nelle altre squadre della lega, ma giocatori veloci, che ricordano come stile di gioco i Cardinals degli anni’80.
Alle spalle si sono piazzate due squadre che hanno concluso l’annata con sensazioni diametralmente opposte: positive per i Kansas City Royals, a lungo in testa alla division a dispetto delle previsioni, e guidati ed ispirati dal probabile manager dell’anno, Tony Pena. Alla fine hanno dovuto cedere al maggior talento delle rivali ed all’infortunio di Michael Tucker, in compenso con il record vincente si sono garantiti la permanenza del prima base Mike Sweeney.
La offseason al contrario si presenta densa di incognite per i Chicago White Sox. Dati per favoriti unanimi, hanno compromesso la stagione con un finale disastroso ed un cappotto subito a Minnesota. L’unica certezza è il siluramento del manager Jerry Manuel, per il resto bisognerà vedere cosa deciderà il proprietario Jerry Reinsdorf, alle prese con molti veterani e contratti in scadenza.
Per i Cleveland Indians valgono le medesime considerazioni esposte per Orioles e Devil Rays: sono in piena ricostruzione, con un roster pieno di giovani e prospetti, che comunque già quest’anno si sono comportati più che dignitosamente. Prova ne è l’estensione contrattuale per il manager Eric Wedge, segno di apprezzamento e fiducia per il futuro.
Le note dolenti vengono dai Detroit Tigers: la ricostruzione prosegue ormai da anni, ma senza risultati positivi, anzi, hanno sfiorato il poco invidiabile record di 120 sconfitte in una stagione, “mancandolo” solo per una vittoria…..
Il lineup è stato a dir poco asfittico, forse nemmeno degno della AAA; non mancano certo i prospetti, specie nei lanciatori, peraltro costretti a subire sconfitte in serie che rischiano di intaccarne la fiducia e lo sviluppo. C’è poco da dire, per il pur valido manager Alan Trammell la luce in fondo al tunnel è ancora molto lontana.
Nella AL West infine, alle spalle degli Oakland A’s, sui quali si tornerà durante i playoff, troviamo tre squadre che sicuramente desiderano archiviare in fretta l’annata conclusa.
I Seattle Mariners sono stati a lungo in vetta alla division, poi hanno accusato l’oramai consueto calo finale, in coincidenza della altrettanto consueta rimonta di Oakland; e come l’anno scorso, è difficile accettare di restare a casa ad ottobre dopo aver vinto oltre 90 partite. Il calo finale è imputabile soprattutto alle mazze, con medie battuta precipitate in settembre, in particolare quella di Ichiro, ritenuto giustamente il termometro dell’attacco dei Mariners.
Bene nel complesso la rotazione, guidata dall’inossidabile Jamie Moyer, 21 vittorie e che sembra migliorare con gli anni, ben supportato da Pineiro, Meche e Garcia (peraltro alquanto discontinuo); buono anche i rilievi, che hanno risposto bene all’infortunio del closer Sasaki.
Anche quest’anno però Seattle non ha fatto acquisti a stagione in corso per rinforzarsi, dato che ha scontentato diversi giocatori e che non depone certo a favore delle intenzioni del management per il futuro.
Annata da dimenticare per i campioni in carica di Anaheim, mai realmente in corsa per i playoff. L’attacco prorompente dello scorso autunno non si è quasi mai visto, tutto il lineup è calato sensibilmente, con l’eccezione di Garret Anderson.
La rotazione dei partenti ha confermato i limiti mascherati l’anno scorso dall’attacco e dal bullpen, e quest’ultimo non ha potuto contare sulla sorpresa dei playoff 2002, ossia “K-Rod” Rodriguez. Se il posto del manager Scioscia non sembra in pericolo, resta da vedere quali sono le intenzioni della nuova proprietà per il resto del roster.
Ed infine, ennesimo ultimo posto per i Texas Rangers, ottenuto sulla falsariga dei precedenti: attacco eccellente, guidato dal probabile MVP Alex Rodriguez e dal sempiterno Rafael Palmeiro, ma lanciatori da dimenticare, sia nei partenti che nei rilievi.
I Rangers hanno cercato di liberarsi di qualche contratto pesante per avere più margine di manovra sul mercato (Everett, Urbina, Ivan Rodriguez lasciato libero), ma si trovano ancora con la palla al piede di Juan Gonzalez, che ha rifiutato più d’un trasferimento. Per la stagione prossima il messaggio ad Arlington è semplice: trovare lanciatori validi!