La squadra e la sua chimica

Carl Landry sta emergendo prepotentemente come leader tra le file dei Rockets.

I risultati

Houston @ Philadelphia 96-91 (Landry 20)
Houston @ Toronto 88-101 (Landry 25)
Houston vs Detroit 107-96 (Scola, Brooks 23)
Houston @ Denver 101-111 (Brooks 23)
Houston @ Dallas 116-108 (Lowry 26, 10 assist)
Houston vs Oklahoma City 95-90(Ariza 31, 6 assist)
Houston vs LA Clippers 108-99 (Landry 27)
Houston @ Orlando 87-102 (Landry 20)
Houston @ New Jersey 98-93 (Landry 26)
Houston @ Cleveland 83-108 (Brooks 23)
Houston vs New Orleans 108-100 (Brooks 27)

Record: 19-13

Classifica: terzo posto della Southwest Division

He's (not-so) back!

E' tornato sfoggiando la sua nuova maglia con il numero 3, anche se la chiave della sua finora cortissima stagione è stata un'altra cifra, ovvero l'8. Precisamente corrispondente all'esatto numero di minuti, non uno di più, non uno di meno, che Rick Adelman ha cronometrato per l'utilizzo di Tracy McGrady, sulla quale vicenda qualcosa s'era già  intuito, se non altro per via delle continue illazioni che volevano T-Mac già  pronto a giocare ben prima del tempo previsto, e della volontà  di Adelman di non affrettare eccessivamente questo rientro, soprattutto dovendo valutare una chimica di squadra che, visto il livello raggiunto, era bene rimanesse intatta il più a lungo possibile.
Non era certo di questo avviso McGrady, il cui desiderio di giocare era senza ogni dubbio comprensibile, così, dopo 6 gare a quota 3.2 punti di media, la superstar (oramai ex) aveva espressamente chiesto di vedersi aumentare l'impiego complessivo sul parquet, sentendosi tuttavia rispondere dall'head coach che ciò non sarebbe accaduto.

Vanificate quindi le ipotesi che lo volevano in campo per esibirsi davanti a nuovi probabili acquirenti, è venuto da pensare che i Rockets non lo volessero in campo anzitutto per il motivo già  citato prima, costituito dal non voler rompere un giocattolo perfettamente funzionante, e quindi di preservarlo da altri infortuni gravi, fatto che avrebbe sicuramente impedito la ricerca di nuove destinazioni per smazzare il contratto più oneroso che la franchigia possiede ad oggi. In seguito al no di Adelman, agenti e general manager hanno cominciato a lavorarci sopra, McGrady, da buon professionista, non s'è intromesso nella faccenda evitando di portare eventuali distrazioni in spogliatoio e si è semplicemente fatto da parte, lasciando che i suoi rappresentanti cercassero per lui una sistemazione migliore.

Al momento novità  non sembrano essercene, le squadre interessate non sono tante, e non hanno la merce di scambio che interessa a Houston. Stay tuned.

East Coastin'

Avevamo lasciato, nello scorso team report, i Rockets in procinto di partire per un viaggetto dall'altra parte degli Stati Uniti, che ha dato, come sempre, ulteriori indicazioni sulla squadra, qui posta a confronto con avversarie che si incontrano al massimo un paio di volte l'anno. La panchina è stata fondamentale per vincere a Philadephia, visto il demoralizzante (per i Sixers) 46-6 con cui Landry e compagni si sono affermati sulle riserve opposte, e dal momento che la gara è stata comunque decisa sul filo di lana, grazie ad un piazzato di Aaron Brooks con poco più di 8 secondi da disputarsi. E dire che, nonostante un record ben diverso, erano stati i Sixers a condurre la gara per la maggior parte del suo svolgimento, ed il primo canestro utile per prendere il comando nel punteggio da parte di Houston era arrivato solamente dopo l'intervallo, seguito da un mortifero 13-0 alimentato principalmente da Brooks ed Ariza (13, 12 rimbalzi).

Addormentati parevano nel primo quarto contro Phila, e addormentati sono stati persino a Toronto, altra franchigia dal bilancio perdente, in quella che si è rivelata essere una delle tre peggiori partite viste disputare ai Rockets in questa stagione. Sotto per 32-17 nei primi dodici minuti, Houston ha tentato di rimediare invano a duna situazione che non lo era più, combattendo e vincendo i tre quarti rimanenti in termini di parziali, ma risultando, con tale sforzo, assolutamente insufficienti per colmare il disastroso gap iniziale.
Da salvare solamente i 25 punti con soli due errori dal campo del solito Landry, ed i 21 con 15 rimbalzi di un mai domo Luis Scola, da gettare invece completamente la prestazione di Ariza, 1 punto con 0/9 dal campo, ed un'espulsione immatura per un fallo di reazione nei confronti di DeMar DeRozan, costatogli un'espulsione ed una squalifica per un turno.

L'assenza forzata di Ariza ha regalato spazi importanti per Chase Budinger contro Detroit, dove il rookie ha giocato la sua miglior partita stagionale (e quindi di carriera) concludendo con 16 punti e 12 rimbalzi prima di doversi assentare, tre gare dopo, per un infortunio alla caviglia che l'avrebbe tenuto fuori per i successivi quindici giorni.
Proprio la vittoria contro i Pistons è stata il palcoscenico per il ritorno in capo di McGrady, che nemmeno sapeva che sarebbe sceso in campo, in una partita più che altro contrassegnata dai 23 punti a testa fatti segnalare da un Brooks capace anche di 10 assistenze, e da uno Scola che chiaramente è uno dei giocatori cui fare riferimento quando servono abilità  realizzative sotto canestro.

Dental care

Tra tutte le possibili opzioni che potevano fungere da chiave di volta per riuscire a vincere almeno una volta contro i Mavericks nella presente stagione, l'ultima cui avremmo pensato erano senza dubbio i"denti di Carl Landry. Protagonista di uno scontro molto, molto doloroso con Dirk Nowitzki che ha estromesso entrambi i giocatori dalla partita, l'ala dei Rockets si è ritrovata con cinque denti in meno (sicuri che nella Nba ci sono pochi contatti?) ritrovandosi a dover mangiare solamente cibo liquido ed a sottoporsi ad un intervento chirurgico durato ben sei ore. Alla classica domanda su cosa avrebbe voluto ricevere per Natale, Landry ha semplicemente risposto: "I due denti davanti""

Il miglior elemento della panchina dei Rockets è stato decisivo anche senza volerlo essere: dopo l'impatto, Nowitzki ha difatti eseguito i tiri liberi conseguiti con l'altra mano, perché il taglio al gomito del braccio destro, quello con cui tira normalmente, aveva una ferita talmente profonda da costringerlo ad abbandonare definitivamente la gara per l'eccessivo dolore, che gli impediva qualsiasi movimento corretto in fase di esecuzione della meccanica di tiro.
Innegabile, quindi, che senza il proprio punto di riferimento principale, i Mavericks abbiano trovato qualche difficoltà  ad avere ragione di un avversario che nel recente passato avevano letteralmente distrutto, con la conseguenza del forzato overtime e della tirata vittoria al supplementare per Houston, grazie soprattutto al prezioso contributo di un Kyle Lowry da 26 punti, 10 assist, 6 rimbalzi e 5 palloni recuperati, oltre a ben 50 punti provenienti dalle seconde linee, tra i quali i 16 di un ottimo David Andersen.

Quest'ultimo si è ritrovato protagonista inatteso della vittoria, la terza in tre tentativi, contro Oklahoma City, nell'unica gara saltata da Landry in seguito al delicato intervento, coronando un settimana durissima per tutti i giocatori più attivi del roster, costretti a disputare ben quattro partite nel giro di cinque giorni, tornando a casa con un più che soddisfacente 3-1. Andersen, in campo per soli 18 minuti, è riuscito ad essere determinante nell'ennesima situazione di rimonta concessa agli avversari dai Rockets, tendenza persistente ed assolutamente da correggere a livello psicologico, segnando 8 dei suoi 10 punti finali negli ultimi sette minuti del quarto periodo, ed assieme a lui si è issato Chuck Hayes, responsabile di 15 rimbalzi, 4 dei quali, tutti offensivi e validi per secondi possessi determinanti, sono arrivati negli ultimi tre minuti di gara.

Grazie ai due gregari, Houston ha tenuto al largo un parziale di 11-1 con cui i Thunder si erano rifatti sotto, e suggellato un'importante vittoria di 5 punti (95-90) che non solo ha chiuso in bellezza l'estenuante serie di fatiche a tempi ravvicinati, ha anche decretato un successo morale molto valido, tenuto conto che in sostanza la partita è stata vinta nonostante le assenze di Landy, Budinger (caviglia) e con un Aaron Brooks da 2/15 dal campo. Difensivamente, Kevin Durant è stato arginato con le stesse modalità  applicate su LeBron James nella vittoria dello scorso mese su Cleveland, ovvero alternandogli le marcature di Ariza e Battier cercando di creargli confusione nelle decisioni offensive da prendere, con la conseguenza di soli 13 punti con 6/18 al tiro, quanto Durant, si sa, scollina con una certa facilità  oltre i 25 con costanza micidiale.

Una settimana pre-natalizia molto positiva si è chiusa con l'affermazione sui Clippers, dove le gerarchie sono tornate ad essere quelle di sempre, con un Landry, nuovamente possessore di tutti i propri denti, da 27 punti, 7/10 al tiro e 13/15 dalla lunetta, ed un Luis Scola da 19 e 7 rimbalzi, responsabile di 13 di quei punti nel solo terzo quarto.

La chiara assenza di centimetri in area è sfociata nel career high di Chris Kaman (29 punti), ma senza l'aiuto degli esterni, con Baron Davis ed Eric Gordon fermi ad un 11/30 complessivo dal campo, i Clippers, in gara, ci sono rimasti veramente poco. La gara con Los Angeles, peraltro, è stata l'ennesima testimonianza della varietà  di soluzioni a disposizione di Adelman, che può definitivamente contare su più di un giocatore per risolvere a proprio favore gli esiti di alcune partite, come si evince dalla vittoria ugualmente arrivata in una serata decisamente disgraziata (2/11) per chi, come Trevor Ariza, questa squadra dovrebbe prenderla per mano con maggiore continuità .

Not winning big

Nel report scorso, avevamo sottolineato la tendenza dei Rockets nel non riuscire a portare a casa le partite più importanti, ovvero quelle disputate contro le migliori potenze delle varie divisions. E se uno spiraglio di luce s'era visto nella prima affermazione stagionale contro una rivale texana, altrettanto non s'è potuto dire delle chiare sconfitte arrivate contro Orlando e Denver, che andrebbero ulteriormente a creare conferme sull'inabilità  di Houston nel vincere quando conta sul serio, mettendo un po' più in risalto il fatto che le vittorie sono state tante, vero, ma molte di esse sono state ottenute contro avversarie mediocri, solo un piccolo appunto in una stagione che resta al di sopra di ogni ragionevole attesa.

Nel primo caso, sconfitta per 102-87 in Florida, è stata determinante la prestazione di un Dwight Howard dominante, che ha fatto mancare più di ogni altra occasione i centimetri di Yao, mentre nel secondo i Nuggets hanno fatto valere il loro maggior talento, individuabile nei 38 punti di Carmelo Anthony, nei 21 di J.R. Smith dalla panchina, e dal fatto che la squadra non si è scomposta dopo l'uscita per infortunio di Chauncey Billups, sostituito più che degnamente dal rookie Ty Lawson e dall'esperto Anthony Carter, con i quali l'attacco di Denver non ha perso un giro.

Tale trend pare essere stato confermato anche dalle ultime tre gare disputate, dove i Rockets si sono affermati contro i Nets (e ci mancherebbe - ndr) ed hanno battuto gli Hornets per un successo divisionale sempre importante superando i 44 di David West e la tripla doppia di Chris Paul con un quintetto molto equilibrato a livello di marcature, andando tuttavia a perdere il secondo ed ultimo confronto stagionale contro LeBron in quel di Cleveland.

Per rimediare, si può sempre battere Dallas nell'ultima notte dell'anno e pareggiare il conto stagionale. Sarebbe davvero un bel modo di terminare l'anno.

What's next

Detto di questa prossima notte contro i Mavs, Houston inizierà  il nuovo anno con tre trasferte consecutive, che partiranno dal secondo confronto con gli Hornets nel giro di quattro giorni, e con impegni molto difficili a Los Angeles sponda Lakers ed a Phoenix, che dovrebbero raccontarci qualcosa di più si quanto questa squadra valga contro le big. Più "morbidi" gli impegni che traghetteranno la squadra fino a metà  gennaio, quando i Rockets incroceranno le armi con Knicks, Bobcats e T-Wolves, prima di ospitare Dwyane Wade e soci al Toyota Center il giorno 15.

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