Melo for MVP?

Anthony pronto per schiacciare: Mvp e titolo?

Cerca l'immortalità  entrando nel cuore degli americani. Magari passando da un titolo Mvp e da playoff giocati mirando al bersaglio grosso.

Carmelo Anthony ha iniziato la stagione appoggiando un mattoncino sull'altro per costruirsi una stagione da miglior giocatore della Lega.

Il ragazzo di Baltimora è l'unico che viaggi ben sopra la media di 30 punti a partita (dato aggiornato all'alba di dicembre), ma quello che lampeggia vicino suo nome è l'atmosfera completamente cambiata. Non è più il ragazzo sospeso 15 partite per un pugno rifilato a un avversario in una sfida contro i Knicks. Non è più il discolo fermato e arrestato dalla polizia per possesso di marijuana (accusa poi caduta grazie alla benevolenza di un amico che si è preso la colpa).

A far girare la vita di Melo, e forse della storia cestistica, è stato l'arrivo in squadra di Chauncey Billups. Numero uno sulla canotta e numero uno in professionalità  e serietà . Sbarcato da Detroit nel 2008, il gentleman del parquet ha influenzato in maniera positiva Anthony. Il primo passo è stato fatto durante le Olimpiadi di Pechino 2008. E' maturato fuori dal campo, rendendosi conto che se vuole diventare un'icona positiva del movimento cestistico mondiale bisogna partire dalla parte umana.

Capelli corti e interviste più mature. E dire che da freshman aveva portato Syracuse al titolo quando stava al college. La sua 'sfortuna' è stata solo quella di entrare nel draft che ha portato in Nba gente come LeBron James e Dwayne Wade. Amicizie sbagliate lo hanno inizialmente distratto dal canestro (con Iverson ha formato la miglior coppia di non-allenamento della storia molto probabilmente).

Billups, al contrario, ha portato ai Nuggets la cultura del lavoro ed è anche per questo che Anthony ora è più versatile sia in difesa sia in attacco. Difende in maniera più aggressiva, ha un movimento di gambe più continuo e soprattutto si fida in maniera intelligente di chi lo circonda.

Il sorriso positivo stampato sul suo volto è la prova che l'Nba adesso lo diverte un sacco. Ma per capire se può rincorrere il titolo di Mvp bisogna ragionare su quanto i Nuggets cambiano - nel senso di miglioramento - con la sua presenza. Ovvero quanto di Carmelo ci sia in questo inizio di stagione che da quelle parti non vedevano da ben 24 anni.

Se togliamo lui, Denver si giocherebbe il ruolo di anti-Lakers? La risposta è con ogni probabilità  'no'! Ed è su questo tasto che si può pigiare per mettere il ragazzo nel cesto dei papabili insieme con i mammasantissima James, Bryant e Wade. Restano aspetti da migliorare, è vero. George Karl chiede a lui - come al resto del team - di passare da 'well' a 'hard'.

Una differenza che può apparire sottile. Ma che secondo il coach rende una squadra mentalmente pronta al titolo.

Per essere la seconda forza a Ovest i Nuggets devono migliorare fuori casa, dove Suns e Mavs vanno decisamente meglio. La squadra non deve perdere concentrazione in difesa e deve far girare palla anche quando il vantaggio è in doppia cifra.

L'esempio che Karl porta spesso nelle interviste ai media Usa è quello di Gary Payton. Uno che con i Seattle Supersonics arrivò alle Finals nel 1996. Lui sì che giocava 'hard'. Ed è a lui che i vari Anthony, Nenè, JR Smith e Lawson devono ispirarsi per acquisire la mentalità  da titolo.

Denver è una squadra efficiente quando occupa bene gli spazi in campo e quando la palla circola liscia come l'olio. Si incastra invece quando ognuno pensa di poter risolvere il match con giocate singole, sbattendo il corpo contro l'avversario. Serve un movimento di palla fluido in attacco e più impegno in difesa, dove ogni possesso avversario va giocato come se fosse quello decisivo.

Per essere 'great' e non solo 'good'.

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