Ultima foto della stagione che ritrae Greg in piedi sul parquet.
La rotula del ginocchio sinistro ha fatto crack!
E Greg Oden passerà il resto della stagione a guardare i compagni. Di nuovo.
È successo dopo quattro minuti della partita di sabato notte, quando il centro dei Blazers è saltato per stoppare Aaron Brooks. Atterra sul parquet e in un amen è disteso e dolorante. Uscito sulla portantina, è già stato operato con successo. Nessun danno ai legamenti, dicono. Nel tono con cui si aggiungerebbe per fortuna.
Quanto mancherà Oden a questi Blazers?
Per Coach McMillan è stato il giocatore più consistente in questo inizio di stagione. In una stagione che continua con gli Warriors privi di Jackson e Biedrins che ridicolizzano Portland, e con i Grizzlies dell'ex Zach Randolph capaci di dominare il Rose Garden, dando il via ad una striscia di tre sconfitte consecutive per Roy e compagni. In una stagione decisamente sotto le attese, l'unico Blazers ad essere indiscutibilmente in crescita era proprio l'ex big man di Ohio State.
L'unica idea buona di McMillan negli ultimi tempi è stata quella di coinvolgere sempre di più Oden nella fase offensiva. Nelle sette partite prima della sciagurata contesa di sabato, Greg ha registrato 15,6 punti di media, con il 62% dal campo ed un superbo 86% ai liberi. Portland ha giocato anche per Oden, non più costretto ad elemosinare qualche tiro in situazioni casuali o in seguito ad un rimbalzo offensivo. I Blazers, una squadra che ha costruito i suoi successi sulla completezza di Brandon Roy e sulle qualità balistiche dei suoi tiratori perimetrali, ha trovato una fonte di punti nel pitturato, quello che le mancava.
A quanti sostengono che Oden sia fermo alla A del proverbiale ABC dei movimenti offensivi di un centro, posso rispondere con due semplici considerazioni.
1. Le partite bisogna guardarle, anziché limitarsi agli highlights.
2. Nei primi due anni di NBA tale Dwight Howard – ora autentica macchina di canestri in post basso – disponeva di un bagagli tecnico offensivo al cui confronto Greg Oden è il nuovo Sabonis.
Mi sfugge ancora la ragione di tanto astio o catastrofismo nei confronti di questo gigante buono. Dal precedente grave infortunio si è ripreso e quest'autunno si è fatto trovare in forma fisica smagliante, come d'altra parte aveva anticipato lo staff medico della franchigia. Anche questa volta sostengono che al suo ritorno all'attività non avrà alcuna conseguenza che ne limiti l'atletismo. Ma come sempre c'è chi fa la coda per definirlo injury-prone o ancor più crudelmente il nuovo Sam Bowie.
Greg poi è davvero un'anti-star. Non si è mai lamentato quando in attacco faceva semplicemente numero. Non ha mai avuto atteggiamenti individualisti. Sempre estremamente disponibile con i media. A detta di tutti gli addetti ai lavori locali, un grande lavoratore.
Stava imparando. A prendere bene posizione, a mettere buoni tiri, a passare la palla in situazioni di raddoppio. A limitare i falli.
È stato un pungo nello stomaco – in sei parole, tutta l'amarezza del g.m. Kevin Pritchard.
Il danno di questo infortunio è duplice: non solo Oden tra un anno dovrà ricominciare il processo di crescita (e gli servirà qualche tempo anche solo per tornare agli attuali standard), ma anche Portland dovrà riprendere a trovare i giusti equilibri con lui in campo. Questo periodo di assestamento, infatti, avrebbe potuto dare i suoi frutti nel corso di stagione. Invece da queste brutte figure Portland non avrà imparato niente.
I Blazers ora programmano il futuro della stagione senza Oden, stravolgendo il lavoro fatto fin qui. Sotto il profilo del gioco e dei risultati, il contraccolpo potrebbe non esserci affato.
La penso esattamente come Dwight Jaynes: ora ci sono un sacco di scuse a cui aggrapparsi per giustificare uno brutto spettacolo, le aspettative scendono, la pressione diminuisce e proprio per questo ci saranno miglioramenti.
Sarà come tornare indietro di un anno, con la coppia Roy & Aldridge a gestire ogni possesso offensivo. A Martell Webster, Rudy Fernandez e lo stesso Andre Miller si chiederà di mantenere alto il livello di pericolosità in attacco quando una delle due star prenderà fiato, ricoprendo quello che nella passata stagione era il compito di Travis Outlaw.
Ma per quante vittorie potranno arrivare, mi è difficile pensare che sarà vera crescita. Portland, una delle migliori squadre della Lega, sta fallendo nel passo fatidico che negli States definisco The Next Level.
Quello di McMillan è indubbiamente il primo nome da farsi. Portland non ha una precisa identità di gioco. Inevitabile, se pensiamo che la filosofia del coach è quella di adattarsi agli avversari e sfruttare i mis-match favorevoli. Red Auerbach, che qualche titolo l'ha vinto, diceva che erano gli avversari a doversi preoccupare di come giocavano i Celtics e non viceversa.
Coach Nate, tradizionalmente accusato di esagerata rigidità nelle rotazioni e nei minuti concessi ai giocatori, quest'anno fa e disfa in continuazione lo starting five. Dall'ultimo team report segnalo il fallimento dell'inizialmente efficace backcourt con il doppio play: Miller e Blake.
L'autorevolezza di McMillan è in costante declino. In pochi mesi prima Jerryd Bayless, poi Andre Miller hanno detto di non sapere quale sia il loro ruolo in squadra. Quando a dichiararsi disorientato è il tuo franchise player, i segnali di crisi scritti ci sono tutti.
Roy non è contento. Di cambiare costantemente ruolo e modo di giocare. Rimprovera al suo coach di farlo pensare troppo in campo e, con qualche giro di parole, di aver intrapreso una strada sbagliata.
I saw it coming – ha detto Roy dopo le tre sberle consecutive prese da Grizzlies, Jazz e Heat, intendendo che i problemi erano evidenti anche quando Portland vinceva e comandava la Division. – Perché non possiamo tornare a giocare come un anno fa, cercando di migliorare quel sistema? Questo non sta funzionando, non so perché ma non sta funzionando.
Devo essere sincero e confessare (con dolore) che Roy un po' mi ha deluso. Non per manifestare i suoi dubbi sulle scelte tecniche, ma per aver reagito alla crisi di gioco chiedendo al coach un pecking order, una gerarchia per fare chiarezza su chi sia la prima, la seconda e la terza opzione offensiva (tra lui, LaMarcus e Greg). Ha inoltre preteso (ed ottenuto) una riunione a quattro con il coach e gli altri due giocatori appena citati.
Nel confusionaria gestione McMillan di questi tempi, ci si dovrebbe concentrare maggiormente sull'esecuzione corale piuttosto che definire spazi e modalità dei solisti.
Se il coach non mi sembra il candidato ideale per portare al compimento finale il progetto Blazers, in fase di valutazione ora c'è anche il management della franchigia oregoniana. Andre Miller, principale acquisizione al mercato dei free-agent, non è mai entrato nelle grazie di McMillan, così come Roy ancora preferisce giocare accanto a Blake.
Batum e Outlaw non dovrebbero vedere il campo prima dell'Allstar Game, per Oden come detto l'attuale stagione è finita. Così ora Portland si ritrova con 3 playmaker, ma con un vuoto inatteso in ala.
LaMarcus, che almeno beneficiava della presenza di Oden per giocare la pallacanestro che ama, lontano da canestro, ora dovrà giocare anche molti minuti da centro. E su entrambe le metà campo.
Da notare inoltre che Przybilla non ha avuto problemi di falli molto diversi da quelli di Oden, fin qui. L'assenza di Outlaw pone poi un serio interrogativo sul ruolo di ala forte alternativa a Aldridge. Con ogni probabilità toccherà puntare sul rookie Dante Cunningham, che come Outlaw è un valido scorer, ma anche decisamente undersized per contenere ali forti robuste e abili nel segnare in avvicinamento. Questo a meno di non voler chiedere gli extra al veterano Juwan Howard.
Il roster di Portland, solitamente rinomato per profondità , ha ora necessità di qualche addizione. I rumors che circolavano prima della perdita di Oden davano Andre Miller come possibile partente.
Non si possono attribuire a Pritchard e collaboratori gli infortuni che hanno colpito il roster. Il general manager ha dimostrato di essere molto bravo nel selezionare i giovani e nel costruire un progetto, ma meno scaltro quando si tratta di completare delle trade che portino in Oregon le pedine mancanti.
Anche con il G.M siamo ancora in attesa della mossa che conduca al fantomatico piano superiore.
STATS & STANDINGS
NorthWest Division:
Denver 75,0% [15-5]
Portland 61,9% [13-8]
Utah 57,9% [11-8]
Oklahoma City 52,6% [10-9]
Minnesota 15,0% [3-17]
Playoff race: seed #5
1st: LA Lakers 84,2% [16-3]
9th: Oklahoma City 52,6% [10-9]