Il nuovo Ariza dei Rockets

Il futuro dei Rockets passa per le mani di Trevor…

"Carpe Diem" diceva il sommo poeta Orazio all'interno di una delle sue Odi.
Sicuramente questo brocardo ha attraversato la mente sia di Ron Artest, sia di Trevor Ariza durante questa estate.

Il primo ha deciso di "cogliere" l'ultimo attimo disponibile all'interno della sua carriera per provare a mettersi un anello al dito. Ron Ron sa di non essere più un giovincello e, non appena ha avuto la possibilità , ha deciso di abbandonare Houston, che non aveva "un solo" problema, e si è accasato nel team neo-detentore del titolo NBA, per provare a consegnare a Kobe tanti Larry O'Bryan' Trophy quanti ne ha il suo unico mentore e modello, il grande MJ.

Il secondo invece, ha deciso di legarsi ad un importante progetto, che gli avrebbe permesso di ottenere un ottimo contratto e finalmente togliersi di dosso quell'appellativo di "giocatore di ruolo" che gli era stato cucito addosso.

La gavetta all'interno della Lega così si concludeva, era il momento di prendere in mano le sorti della propria carriera e mostrare a tutti la quantità  di talento che si portava dentro.

L'arrivo a Houston è stato salutato da molti critici con grande stupore: pur essendo un giocatore con caratteristiche molto simili a quelle del suo predecessore Artest, forti dubbi si nutrivano sul fatto che potesse prendere in mano la squadra dal punto di vista caratteriale e fornirgli la necessaria dose di testosterone che il numero 93 aveva portato in Texas.

Certo, erano evidenti a tutti anche i lati positivi dell'approdo dell'ex UCLA: dalla sua ha infatti un'età  anagrafica decisamente inferiore (6 anni di differenza), un carattere ben più malleabile ed un potenziale offensivo in continua crescita.

Quando venne scelto dai New York Knicks, squadra unica per la dote di selezionare talenti e lasciarseli sfuggire, era un giocatore mono-dimensionale, che prediligeva la propria metà  campo ed in attacco si limitava ad utilizzare il suo debordante atletismo per infilare la retina con conclusioni ravvicinate, rimbalzi d'attacco e schiacciate.

Il suo range di rilascio era molto limitato, prova ne è il deludente 23% dall'arco con sole 3 canestri infilati a fronte di 13 tentativi. Nelle due stagioni successive trascorse con addosso la casacca dei Magic, i suoi tentativi da oltre l'arco si sono limitati a 12, con un imbarazzanti 0% di realizzazione.

Probabilmente l'aria angelena deve avergli fatto bene perché dal suo arrivo in maglia purple-gold le statistiche al tiro pesante sono schizzate alle stelle, così come il numero di tentativi.

Se nella seconda metà  di stagione aveva effettuato più tiri da tre che nei due anni precedenti ad Orlando (15 tentati), la scorsa annata ha inserito definitivamente questo fondamentale all'interno del suo arsenale offensivo, concludendo la stagione regolare con un buon 31% e migliorando palesemente nei Play-Off in cui ha mantenuto un incredibile 49% con 40 bombe infilate su 84 tentativi.

In realtà , anche durante il college si era notato quanto fosse fluido il rilascio di Trevor, ciò in cui però difettava era il controllo da parte del resto del corpo. Al momento dell'abbandono della palla dai polpastrelli infatti, uno strano tremolio gli percorreva il busto e la gamba, che si allargava innaturalmente, non permettendogli di avere l'equilibrio necessario ad un tiratore.

Nella stagione 2007-2008, Ariza subì un grave infortunio al piede (rottura) che lo tenne fermo per più di metà  stagione. Durante questo periodo ha potuto lavorare molto sul suo tiro, notare quali fossero i difetti e sistemarli definitivamente.

I Rockets in questo momento lo stanno cavalcando decisamente in attacco: è infatti il miglior marcatore della squadra con la bellezza di 18,4 punti segnati ed un ottimo 34% da tre, a cui si aggiungono 5 rimbalzi e 4 assist di media partita.

Questa statistica risulta particolarmente importante poiché dimostra come non si sia trasformato nel classico accentratore di gioco, molto attento alle statistiche personali e poco a quelle dei compagni, ma si stia impegnando a "migliorare" anche gli altri.

Evidenti difficoltà  nella metà -campo avversaria si notano nel momento in cui ricopre il ruolo di palleggiatore all'interno del pick&roll. Come detto è in grado di passare la palla al compagno, ma la capacità  di ball-handling e di splittare i raddoppi è ancora tutta da costruire, inoltre sembra abbia qualche difficoltà  a capire rapidamente il tipo di difesa che gli si pone davanti e quindi lentezza nell'individuare rapidamente come attaccare.

Mostra il meglio di sé quando può prendersi tiri piazzati da oltre l'arco, una palla scaricata da un lungo che ha attirato il raddoppio o lo scarico del proprio play a seguito di un gioco a due. Notevole è la tempistica di taglio dal lato debole; è infatti molto bravo a farsi trovare dal front-court dei Rockets posizionati sia in post-basso che al gomito, con frequenti incursioni back-door che si concludono spesso con poderose bimani.

Nato come specialista difensivo, durante questa stagione pare aver abbandonato un po' questo ruolo per dedicarsi prevalentemente all'attacco. La ragione di questa trasformazione è dovuta probabilmente al fatto che le stelle della squadra in questo momento sono assenti ed il suo contratto debba essere onorato con delle statistiche offensive adeguate.

Come tipologia di giocatore, ricorda molto le ali piccole vecchio stampo; personalmente trovo una vaga somiglianza con il primo Scottie Pippen, fatte ovviamente le dovute proporzioni: difensore eccelso, che può marcare giocatori più rapidi o più grossi, grazie ad un'impressionante velocità  di piedi e lunghissime leve, attaccante prevalentemente perimetrale con buona propensione offensiva, in grado di prendersi anche delle responsabilità  nella metà  campo avversaria.

Probabilmente in questo momento le sue cifre sono "gonfiate" dalla mancanza di un leader offensivo all'interno della squadra; capiremo la reale entità  dell'impatto che il giovane Ariza avrà  sui Rockets solo al momento del rientro in campo di McGrady ed, ancor di più, il prossimo anno, quando ritornerà  la pietra angolare della squadra, Yao Ming, col quale potrà  creare una coppia potenzialmente devastante.

Il gioco di Adelman sembra gli sia stato cucito addosso dal sarto, soprattutto in questo momento storico nel quale, non essendoci un centro vero e proprio, la squadra in campo può correre molto più liberamente.

Se continuerà  la sua parabola ascensionale, diventerà  il giocatore cardine del dopo-Tracy nel back-court dei Razzi, che, con lui ed il cinese a fare legna sotto le plance, potranno volare lontano.

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