Jared Dudley è l'incarnazione dei sorprendenti Suns (7-1) di questo avvio di stagione.
Se non trovate i Suns nella classifica della NBA è perché state guardando troppo in basso. No, non sono fuori dai Playoff, come molti esperti ed "insider" avevano previsto. Non sono nemmeno tra le squadre che lottano per gli ultimi biglietti per la postseason, sono lassù, in prima posizione.
Sembra uno scherzo ma non è così. In America molti probabilmente si staranno chiedendo se è più incredibile che il congresso sia a un passo dalla riforma sanitaria, o che questi Phoenix Suns siano la miglior squadra della NBA dopo otto partite giocate. Ovviamente non possiamo dimenticarci i sacrosanti, seppur prevedibili come un vecchio cliché scaramantico, avvertimenti del tipo: "È presto", "La stagione è lunga…" etc, etc. Tuttavia, questi Suns sembrano fare sul serio. Non si possono sottovalutare le vittorie a Miami e Boston troppo facilmente. I Celtics, prima della visita della squadra di Gentry, non avevano permesso a nessun avversario di superare i 90 punti al Garden. I Suns ne hanno fatti 110. I Celtics prima dell'arrivo di Nash e compagnia vincevano le partite casalinghe con una media di 22 punti di differenza. I Suns li hanno battuti con un vantaggio di 7 punti.
Qual è il segreto di questo inaspettato successo?
"Non ci è andato giù quello che è successo l'anno scorso - dichiarava Steve Nash, che sembra definitivamente tornato ai tempi del Run'n'gun di D'Antoni, finendo due partite su otto con 20 assist e vantando 18,3 punti e 12,9 assist per match - è per questo che molti di noi sono venuti a Phoenix già ad Agosto per preparare la nuova stagione. Siamo molto motivati e vogliamo dare il meglio di noi. Forse non siamo una delle migliori squadre della lega in quanto a talento ma abbiamo una buona rosa e molta grinta, due cose che stanno facendo la differenza".
Eccole le due chiavi del successo dei Suns: la sorprendente profondità della panchina e la grinta e la motivazione di tutta la squadra.
Il giocatore che probabilmente rappresenta meglio ambedue questi aspetti è l'ex Bobcat Jared Dudley. Il giocatore proveniente da Boston College, partendo dalla panchina, sta dando un contributo inestimabile alla squadra con la sua solida difesa, le sue giocate intelligenti e la voglia di sacrificarsi per i compagni. Con la sua grinta contagia il resto della squadra.
"È il sogno di tutti gli allenatori - affermava Gentry, il coach che l'anno scorso lo ha incluso nella rotazione dei Suns dopo due mesi nel dimenticatoio di Porter - gioca duro ed è lui che ispira la nostra panchina".
Non solo la panchina, a dire il vero. Nell'ultima partita, contro i Sixers, Dudley ha giocato tutti i minuti del quarto periodo segnando 13 dei suoi 18 punti totali, catturando 4 rimbalzi e rubando due palloni, senza dimenticare il suo lavoro in difesa sulla star dei Sixers, Iguodala. Jared finora sta contribuendo con 9 punti, 3,5 rimbalzi e 1,5 palle rubate a partita (in quest'ultima categoria è il leader della squadra) in soli 21 minuti. Ma ciò che Dudley dà alla squadra probabilmente non può essere misurato con semplici statistiche. "Se l'avessi visto al liceo - dichiara il suo allenatore dei tempi del Boston College - non avresti mai immaginato che sarebbe arrivato così in alto. Le statistiche non possono misurare il suo cuore, il suo desiderio o l'intelligenza che gli permettono di giocare nella NBA".
"Quando entro semplicemente cerco di apportare la mia energia, cambiare il ritmo alla partita e dare il mio contributo alla squadra", sostiene un modesto Jared. Il resto della squadra sembra stia seguendo il suo esempio, come attestano le seguenti parole di Channing Frye: "Non credo che nessuno di noi qui dia importanza alle statistiche, ognuno fa quello che può per aiutare la squadra a vincere. Non dipendiamo da un solo giocatore, tutti devono fare la loro parte".
L'esempio lampante di questo lavoro di squadra sono i rimbalzi. Prima dell'inizio della stagione questi erano senza dubbio la preoccupazione numero uno dello staff dei Suns, dei loro tifosi e di qualsiasi analista NBA. Dopo otto partite sembra che non ci siano ragioni per allarmarsi. La squadra dell'Arizona cattura il 50% dei tiri sbagliati (sia dagli avversari che dei propri giocatori), una cifra che vale il diciassettesimo posto nella NBA, al di sopra dei Lakers, San Antonio o Denver.
"Credo sia la più grande sorpresa della stagione - affermava Alvin Gentry - pensavamo sarebbe stato il nostro tallone d'Achille ma per ora stiamo facendo un ottimo lavoro sotto le plance". Nessun giocatore spicca individualmente per i suoi numeri a rimbalzo ma quattro Suns hanno una media superiore ai 5 rimbalzi a partita. Hill e Stoudemire ne catturano 8,5 di media, con Richardson e Frye che si aggirano intorno ai 5.
Anche i punti sono distribuiti equamente. Sei giocatori (il quintetto titolare più Barbosa) segnano in doppia cifra. Si va dai 12,8 del brasiliano ai 20,3 di Stoudemire. Questo equilibrio statistico ricorda molto i Suns della stagione 2005-2006, quando Stat era fuori per l'infortunio al ginocchio e Nash e soci superarono qualsiasi aspettativa giungendo fino alla finale di Conference. Quella squadra è considerata da molti come la miglior squadra dell'era Nash.
Possono questi Suns eguagliare quella squadra e sorprendere tutto il mondo NBA?
A Gentry piace ricordare che i Suns di Porter partirono 6-2 per poi finire 11-11. Richardson è d'accordo: "La stagione è ancora lunga", anche se ci tiene a dire che la squadra è "orgogliosa di quello che abbiamo fatto fino ad adesso".
La prudenza è d'obbligo. Le sette vittorie e il gioco spettacolare non possono comunque far dimenticare che, per ora, la squadra di Gentry sta tirando col 47% dalla linea dei tre punti, una percentuale quasi irreale che è destinata sicuramente a scendere (i Suns di D'Antoni non hanno mai superato il 39% ed erano squadre piene di ottimi tiratori). Inoltre, i dubbi in quanto alla difesa interiore rimangono irrisolti. Stoudemire sembra più attivo e motivato in difesa, ma il duo Frye-Stat rimane molto vulnerabile di fronte a squadra con un buon gioco interiore.
In queste prime otto partite questo trend si è già potuto intuire, anche se nascosto dal luccichio delle vittorie inaspettate. Kaman e Camby, per esempio, hanno entrambi avuto una gran partita contro i Soli (23 punti e 11 rimbalzi per il primo, 22+9 per il secondo). I Magic Ryan Anderson (20+10 col 57% dal campo), Gortat (8+8) e Bass (12 punti e 75% dal campo) hanno tutti fatto un'ottima prestazione contro i Suns, così come Speights (20+8 in soli 28 minuti e 62% dal campo).
Insomma, i Suns sono decisamente meglio di quello che ci aspettavamo, ma è ancora presto per tornare a chiedersi se fanno parte dell'élite del Wild Wild West. Un buon test saranno le due prossime partite back-to-back di stanotte contro gli Hornets e di domani contro i Lakers.