Aaron Brooks ha iniziato molto bene la stagione, mostrando chiari segnali di leadership.
Fiducia, continuità , aggregazione, e chimica di squadra sono tutte parole di stretta attualità per gli Houston Rockets, una squadra diversa, ma forse neanche troppo, rispetto al team guerriero che aveva messo in difficoltà i Los Angeles Lakers nei playoffs 2008. Le sensazioni che ci sono adesso, sono le stesse che si provavano allora: da una parte la solita matematica, quella che però è spesso un'opinione, ovvero Rockets meno cinese e T-Mac uguale a squadra spacciata; dall'altra una realtà ben diversa, rappresentata da un gruppo di giocatori determinato nel far rimangiare tutto a tutti, unito, sottodimensionato (parliamo di centimetri sotto le plance - ndr), ma in possesso di un cuore in grado di fare provincia.
Con queste stesse caratteristiche, le stesse che quindi avevano costretto Kobe ed i gialloviola ad allungare una serie dallo svolgimento davvero imprevedibile, è ripartita una nuova stagione dove già in molti hanno mortificato la squadra di Rick Adelman senza nemmeno averla vista scendere in campo, dando per scontato che il catastrofico infortunio di Yao Ming e la prolungata assenza di un McGrady che difficilmente solcherà un parquet in via ufficiale prima dell'anno venturo, fossero penalità troppo pesanti per riuscire a restare a galla in un ovest sempre più selvaggio ed equilibrato, lo stesso che lascia sovente fuori dai playoffs chi perde anche solo un metro di terreno rispetto al diretto avversario.
L'avventura, frattanto, è partita. C'è molto da lavorare, ma ancora una volta, la direzione intrapresa dal coaching staff potrebbe rivelarsi una gradevole sorpresa per tutti.
I risultati
Houston @ Portland 87-96 (Brooks 19)
Houston @ Golden State 108-107 (Ariza 25)
Houston vs Portland 111-107 (Ariza 33)
Houston @ Utah 113-96 (Brooks 19)
Houston vs L.A. Lakers 102-103 OT (Landry 20)
Record: 3-2
Classifica: terzo posto della Southwest Division
Che cos'è cambiato?
Una delle principali preoccupazioni dei Rockets in pre-stagione, era senza dubbio la mirata ricerca di un giocatore in grado di assumersi i gradi di scorer principale, fornendo contemporaneamente un po' di gradita leadership al gruppo.
Il compito, perlomeno a giudicare da queste prime uscite, è stato accolto con responsabilità e determinazione sia da Trevor Ariza che da Aaron Brooks. Il primo, durante tutta l'estate, era entrato in ogni santo discorso riguardante Ron Artest, se non altro perché i due si erano idealmente scambiati maglia e ruolo, l'uno passando dal nemico/amico Kobe, l'altro percorrendo tale strada esattamente al contrario, con un anello al dito e tanta credibilità guadagnata, un giovane titolato, ricco, ed ora con una squadra dove dovrà dimostrare di poter recitare il ruolo di primo piano, non più di comparsa specialistica.
Il secondo, invece, si è preso sulle spalle i gravosi compiti di una regia spesso discussa, da tempo si dice che Houston avrebbe avuto bisogno di un play ragionatore, che facesse girare bene i ritmi di squadra, traguardo che per svariati motivi non è stato possibile raggiungere. Parte del motivo era senz'altro il contrasto tra il tipo di gioco storicamente attuato da Adelman e le caratteristiche del personale a roster, nel senso che il gioco spumeggiante, veloce e spiccatamente offensivo visto a Sacramento non era adattabile in Texas, vista la presenza di un big man di peso (e quindi lento) come Yao, che peraltro costringeva al gioco a metà campo, e di un accentratore come Tracy McGrady, che sovente prediligeva la ricerca della soluzione personale piuttosto che la circolazione del pallone.
Senza le due star, il momento è stato propizio per giocarsi il tutto per tutto e sperimentare un po', perché da un certo punto di vista gli infausti infortuni hanno dato la possibilità al coaching staff di testare i quintetti piccoli e veloci, ritrovandosi improvvisamente un discreto numero di giocatori adatto a questo compito. Ecco quindi che il play gestore non serviva più, e l'istintivo Brooks si è conseguentemente trovato ad essere il titolare di un ruolo che lo ha visto sia nei panni dello scorer prolifico (ha attualmente raddoppiato la sua media 2008) che del creatore di opportunità per i compagni, visto l'ottimo rapporto assist/turnover che sta mantenendo in queste primissime gare.
Certo, s'è visto anche qualche passaggio sparato dietro la schiena finire altrove, ma del pacchetto fa parte anche questo, ed al momento, se non si esagera, va senz'altro bene così. Il fatto che Kyle Lowry possa dargli minuti per rifiatare e possegga caratteristiche tutto sommato similari, eccezion fatta per il tiro da tre, consente di non alterare troppo i ritmi di squadra, nonché di schierare i due in contemporanea in quintetti piccoli, in grado di abbinarsi a dovere a squadre veloci come Golden State, contro cui i Rockets, con Yao in campo, perdevano puntualmente.
Di contro, il gioco in post ne ha ovviamente risentito, e nei minuti in cui Luis Scola, altra pedina fondamentale, riposa in panchina, le soluzioni al centro non sono esattamente devastanti. Carl Landry fa ciò che può, come sempre con grande dedizione, ma è evidentemente impossibilitato nel duellare costantemente contro il Boozer di turno, dal quale viene sovrastato fisicamente, con la conseguenza che la difesa avversaria sa già che bene o male la palla potrà tornare sul perimetro.
David Andersen, in particolare nella gara vinta a Salt Lake City, ha mostrato qualche limite difensivo nel tenere gente più grossa di lui, nello specifico Okur, ed in attacco ha faticato parecchio, probabilmente appesantito mentalmente dalle preoccupazioni difensive.
Due statistiche importanti
In sede di pre-stagione, una delle maggiori preoccupazioni di Rick Adelman, guardando ai centimetri del suo roster, era il come riuscire a vincere la battaglia a rimbalzo. Non a caso, nell'opener contro Portland, Oden e Przybilla hanno giganteggiato sotto canestro, ed i Blazers hanno terminato con un significativo 51-33, ed un numero consistente di seconde possibilità in una partita che Houston per tre quarti sembrava addirittura non aver giocato, reagendo solamente quand'era troppo tardi.
Nella seconda sfida in pochi giorni contro Portland, il differenziale a sfavore è sceso a soli 5 rimbalzi, segno che l'aspetto era stato tenuto in considerazione come margine di miglioramento per le gare future, dove la squadra ha dimostrato di aver cominciato a prendere forma. Il 46-38 con cui i fisici Jazz sono stati annichiliti, nonostante un roster decisamente più massiccio, ne è stata la piena conferma, con uno Scola arrivato a quota 15 carambole, season high.
Altro punto debole dei vecchi Rockets erano le percentuali offensive, la squadra da tempo non arrivava a toccare i 100 punti di media, prima per la mentalità eccessivamente serrata di Van Gundy, e poi perché la squadra presa da Adelman era stata ereditata proprio da quella gestione, e tanto diversa da com'era non poteva ovviamente essere. Quest'anno tale fattore sembra essere cambiato in positivo, con il risultato che le cifre della coppia T-Mac/Yao sono state ampiamente sostituite dalle nuove leve, ed al momento Houston sta segnando 104 punti a gara. Il 40% del fatturato offensivo è opera della nuova coppia d'assi, Brooks/Ariza.
Al momento sono 5 i Rockets che tengono una media punti in doppia cifra, chiaro segnale di una ritrovata fluidità offensiva, che rispetto al passato è diventata fulminea nel condurre la transizione dopo il rimbalzo difensivo, sempre conclusa a dovere dai velocisti presenti in un roster dove ogni lungo ha delle spiccate doti atletiche per mangiarsi il campo da un lato all'altro, altro fattore dove l'assenza di Yao influisce al momento positivamente.
A quota 9.3 punti di media, inoltre, c'è il rookie Chase Budinger, che ha avuto impatto istantaneo in questo sistema offensivo, e che potrebbe diventare il sesto uomo del futuro.
The rematch
Ce ne sono stati tanti, per i Rockets, di rematch"Houston ha già affrontato per due volte i Blazers, eliminati al primo turno dei playoffs 2008, incrociato le armi con Utah, bestia nera nelle postseason del recente passato, e nell'ultima gara giocata è toccato ai Lakers, gli stessi protagonisti della bizzarra serie poi da essi portata a casa in sette gare.
La gara, risolta solamente all'overtime grazie ad un Kobe capace di segnare 16 dei suoi 41 punti tra quarto periodo e supplementare, ha visto un acceso duello proprio tra i due giocatori che nello scorso maggio si erano affrontati ad uniformi invertite, dal quale sono emerse delle prevedibili scintille.
Artest, il quale ha minimizzato dichiarando che tornare a Houston non significava nulla perché nulla aveva fatto con quella squadra (e la cavalcata dell'anno passato Ron? Già dimenticata?), è ovviamente stato beccato dal pubblico, al quale non ha risparmiato qualche piccolo gesto provocatorio, salvo vedersi segnare da Ariza la tripla del pareggio con pochi secondi da giocare, con Trevor a mostrare le classiche tre dita alzate alla panchina della sua vecchia squadra. Prima di segnare quel tiro, l'ex Ucla aveva tirato con percentuali molto basse, sia per la nota difesa arcigna di Ron Ron, che per la probabile emozione nell'affrontare i vecchi compagni del titolo.
Il fatto che i Rockets abbiano saputo tenere testa alla favorita ad Ovest, che abbiano vinto la battaglia a rimbalzo per 54-48, e che ben sei membri di squadra abbiano segnato più di 10 punti, non fa che confermare le statistiche esposte sopra, ed a patto di lavorare sui palloni persi in attacco, determinanti per questa sconfitta, tutto ciò significa che questa è una franchigia che lotterà fino in fondo per raggiungere dei playoffs che sulla carta le sono stati troppo presto preclusi.
What's Next
I prossimi dieci giorni presentano un'importante sfida casalinga contro Oklahoma City, da non sottovalutare assolutamente visto l'inizio di stagione di Durant e compagnia, quindi ci sarà un riposo di ben tre giorni, utile per ricaricare le pile ed affrontare la vicina trasferta a Dallas, altro impegno di alto livello, molto importante per la division. Seguiranno i Grizzlies di nuovo al Toyota Center, quindi una doppia gita californiana, prima tappa Sacramento, mentre la seconda sarà un'altra sfida infuocata con Artest, stavolta allo Staples Center.