Miller sta facendo un po' fatica ad inserirsi nel sistema Blazers…
"Quant'è bella giovinezza", cantava Lorenzo de' Medici nel Rinascimento, in una poesia divenuta una specie di inno.
A quei tempi si vivevano molti meno anni di oggi e giovinezza era una parola che voleva dire soprattutto fugacità , ma anche un attimo fuggente che di certo non tornerà .
A Portland la giovinezza è sbocciata già da qualche tempo e ci si comincia a domandare fino a quando si dovrà attendere per la maturità definitiva.
Ultimamente, nella città delle Rose, lavorare sui giovani sembra il motto preferito. Work in progress, lavoro, opera in fase di elaborazione.
Pablo Neruda scriveva che "soltanto l'ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendida felicità ".
John Wooden diceva di dedicarsi "quotidianamente a studiare, ad applicare, a sperimentare, a sbagliare, a riprovare, a pensare, ad ascoltare, ad osservare, a modellare, a scambiare idee", aggiungendo che "probabilmente ci vuole tanta pazienza, tanto tempo, tanta onestà … ed anche tanti strumenti, per ottenere un buon risultato".
La pazienza è senz'altro un'arte, se non altro di sperare.
I Trail Blazers sono una squadra con notevoli margini di miglioramento in grado senz'altro di stupire ed essere quindi una mina vagante per tutte le contenders. Sono reduci dalla migliore stagione degli ultimi 20 anni.
C'è chi pensa che ai Blazers manchi esperienza, chi ordine sotto canestro, chi una certa dose di carattere. In effetti durante l'estate in parecchi abbiamo avuto l'impressione che le idee in Oregon non fossero del tutto chiare. C'era l'esigenza di avere in squadra dei veterani, ma anche dei giocatori in grado di riempire un ruolo a roster senza esigere un ruolo di primo piano, seri professionisti bravi a giocare con istinto e fiducia, sapendo cosa fare senza doverci pensare su troppo.
Si sono cercati uno dopo l'altro tre giocatori con caratteristiche molto diverse tra loro come Millsap, Turkoglu e Miller, ultimo tentativo andato poi a buon fine. L'ex playmaker dei Sixers va ad aggiungersi all'attacco più produttivo della NBA per quanto riguarda il numero dei possessi.
Con Miller, Portland può contare sul classico regista di esperienza non appariscente, ma concreto, che perde pochi palloni e sa far girare la squadra. Con ottima protezione della palla, ball handling, tipologia del passaggio, uso dei cambi di velocità . Oltre a buona capacità ad attaccare il miss match con un difensore lungo e lettura del cambio difensivo. Un vero allenatore in campo. Più cose riesce a produrre più diventa importante per la squadra.
I Blazers praticano, però, un basket piuttosto statico e hanno una difesa poco aggressiva, nonostante abbiano giocatori che individualmente sono validi difensori.
Miller dovrà dunque conformarsi a un tipo di gioco piuttosto distante dal suo modo di interpretare la pallacanestro, anche se con un allenatore ex point-man come Nate McMillan non si sa mai.
Miller è stato scelto col numero 8 nel draft del 1999 dai Cleveland Cavaliers che lo prelevarono da Utah. Nella sua carriera ha una media di 14,6 punti, 4,2 rimbalzi e 7,4 assist in 815 partite, 768 da titolare. Può contare anche su 174 doppie doppie in carriera.
Dal punto di vista tattico, Portland può contare su un roster di giocatori in grado di occupare allo stesso modo le posizioni di guardia ed ala piccola senza patirne con gli accoppiamenti difensivi così da permettere ai Blazers di mettere in campo quintetti alti oppure veloci in base alle varie necessità . Nella scorsa stagione hanno però gestito tre point guard che non sono riuscite a riempire in modo soddisfacente il ruolo per 48 minuti.
Per Miller, a trentatrè anni, potrebbe essere l'ultima occasione per vincere il titolo, anche se Andre, in questo primo scorcio di stagione, non sembra convinto più che mai. McMillan fa partire nei primi cinque Steve Blake e Miller non ha perso tempo a dirsi scettico, asserendo che "se avessi saputo che non avrei avuto il posto in quintetto non sarei venuto a Portland".
Secondo molti è il giocatore ideale per togliere pressione a Brandon Roy, l'uomo-franchigia, il go-to-guy nei finali punto a punto che in poco tempo ha dimostrato fuori e dentro il campo una maturità da veterano.
Al The Portland Tribune, Roy ha dichiarato: “Quest'estate è stata molto importante per me, ho potuto riposarmi e tornare in forma. Voglio essere sicuro di essere in forma per iniziare la stagione con i Blazers, per i tifosi, la dirigenza, e i miei compagni di squadra. Glielo devo, devo essere al meglio per loro.” E' chiaro che ci crede.
Roy è un giocatore poliedrico che spesso dà il "la" alle azioni da oltre metà campo allo stesso modo di una point forward. Sa fare tutto, segnare, distribuire assist, catturare rimbalzi e coinvolgere i compagni grazie alle notevoli doti di serietà e leadership (significativa l'intervista ad Artest durante gli ultimi playoff: “Brandon Roy, mai marcato nessuno di così forte”).
Con l'arrivo di Miller potrà tornare alla sua posizione naturale di shooting guard e molti critici tra i più accesi sono convinti che questo sia un bene.
La squadra, per le diverse soluzioni offensive, può senz'altro giocare il pick 'n roll sia con Miller che con Roy. Ognuno dovrà imparare a muoversi in sintonia e Roy dovrà essere messo nelle condizioni di giocare con gli spazi e i tempi giusti e di sfruttare al meglio le proprie qualità . Altrettanto vero è che per rendere efficiente un attacco, tutti i giocatori devono avere ben presenti alcuni principi tecnici di base. E, soprattutto condividerli.
Miller e Roy insieme potrebbero senz'altro dar vita a un valido ed efficace contropiede e mettere in difficoltà gli avversari con rapide ripartenze. Bisognerà vedere se McMillan ci crederà davvero. Qualche volta è necessario anche modificare le proprie idee.
E' comunque soprattutto la squadra nel suo insieme che dovrà tenere alta l'attenzione e l'intensità , migliorando in alcune piccole cose che non hanno sempre funzionato a dovere.
Il problema maggiore sarà cambiare mentalità in difesa. Nel gioco in transizione, ma anche come capacità di muovere la difesa avversaria.
I più giovani dovranno dare intensità , alzare il loro livello e avere fiducia, capire che spesso i numeri non sono in grado di raccontare fino in fondo l'andamento di una partita. Nelle statistiche non compaiono di certo gli aiuti difensivi, i tiri sporcati, le chiusure nei raddoppi. Ma sono queste piccole grandi cose che contano veramente nell'economia di un team.