Iverson sarà la Risposta giusta per Memphis?
"Iverson non è la Risposta per Memphis"
"Iverson e Randolph non sono i veterani che servivano ai giovani di Memphis"
Un paio di considerazioni a caso presi dalla Rete per commentare il mercato estivo dei Grizzlies.
Cominciamo bene…
Conference: Western Conference
Division: Southwest
Arrivi: Iverson (dai Pistons); Randolph (dai Clippers); Williams (dai Warriors); Taylor (dai Clippers); Hunter (free agent)
Partenze: Warrick (ai Bucks); Milicic (ai Knicks); Ross (ai Mavericks); Buckner (ai Mavericks); Miles (free agent)
Scelte: Thabeet (Connecticut); Young (Pittsburgh); Carroll (Missouri); Gilder (Northern State-Louisiana); Rodgers (Northern Illinois)
Probabile Quintetto
PG: M. Conley
SG: O. J. Mayo
SF: R. Gay
PF: Z. Randolph
C: M. Gasol
ROSTER
Guardie: Conley; Mayo; Iverson; Jaric, Taylor; Williams; Gardner
Ali: Randolph; Gay; Young; Arthur; Carroll; Gilder; Rodgers
Centri: Gasol; Thabeet; Hunter; Haddadi
Head Coach: Lionel Hollins
Commento
Preferisco iniziare da un articolo del 15 settembre 2009, postato su nba.com da John Schumann.
The Oklahoma City Thunder showed patience this summer, keeping their young core intact and not shopping for any big free agents, despite having the cap space to do so. The Charlotte Bobcats also displayed restraint, not making Allen Iverson an offer in fear that he would curb the development of their young guards. The Memphis Grizzlies chose a different route. Not only did they sign Iverson, but they also traded for Zach Randolph, whom the Clippers (as well as his two previous teams) were happy to get rid of. There's no overstating how talented Iverson and Randolph are, but each arrives in Memphis with a reputation as me-first players. And for a team with a talented young core, neither seems like a wise addition. No team moved the ball less than the Grizzlies did last season. They are the only NBA team in the last 10 years that had an assist/field goal ratio of less than 50 percent. And with the additions of Iverson and Randolph, they just might repeat that feat .(") Allen Iverson and Zach Randolph are not the right veterans".
Due precisazioni, da questo copia-incolla.
La prima è il titolo dell'articolo: "The Numbers Game: Iverson isn't the answer in Memphis".
La seconda riguarda quella -apparentemente- piccola porzione di testo omesso prima della frase finale: una sterminata serie di tabelle che vorrebbero dimostrare l'inutilità , se non la nocività , di Iverson e Randolph allo spogliatoio dei Grizzlies, franchigia già colpevole di avere il peggior rapporto assist-tiri dal campo di tutta la NBA degli ultimi dieci anni.
Rispetto al titolo dell'articolo, modello di questa mia preview, mi limito ad osservare che il punto di vista di Schumann si spiega da se, ed è del tutto discutibile.
Se è vero che il basket non è pura statistica è anche vero che un simile giudizio su Iverson e Randolph è del tutto avventato e incontentabile. Incontentabile, poiché di tempo, per essere pessimisti, ce n'è stato abbastanza nella scorsa stagione, e questo si spiega sì con delle statistiche, ma di altro tipo: basterebbe riflettere sul record dei Grizzlies 2008-'09, sul loro roster, sul gioco che hanno espresso, sulla loro inesperienza.
Non credo si possa semplicisticamente affermare che Iverson e Randolph siano giocatori "dannosi" ai vari Gay, Mayo, Gasol e Conley: stiamo parlando, certo, dei quattro migliori realizzatori di Memphis (escluso Warrick, ora a Milwaukee), tutti giovanissimi, nati tra 1985 e 1987, ma stiamo trascurando le statistiche più pesanti.
Iverson ha chiuso per la prima volta in carriera al di sotto del ventello quotidiano: un evento, e un vero e proprio smacco; la carriera dello stesso parla di 27 di media, di varie classifiche marcatori, di Finali, di All-Star Game. Iverson terrà senz'altro ben presente questo dato, e forse ci darà altro di cui rallegrarci oltre alle sue comparsate al Palalido.
Il giocatore andava dichiaratamente in cerca di una "happy situation" per chiudere in bellezza e rinfrancarsi da Detroit, e Memphis, anche alla luce del deludente mercato che Allen ha avuto e delle possibilità che possa mantenersi ad alti livelli, è la vera e propria ultima chance di The Answer.
Il motivo delle perplessità è evidente: un giocatore quasi trentacinquenne come Iverson, che in carriera ha subito spesso la pena del contrappasso sul proprio metro e ottanta, non è il free agent su cui impostare il prossimo lustro. Ma sia che ritorni oltre i venti serali, sia che si limiti semplicemente a "dare una mano", il primo motivo dei detrattori di Iverson è sempre lo stesso: l'individualismo del giocatore, caratteristica comprovata in carriera, ma sempre bilanciata dalle caterve di canestri che Iverson metteva assieme.
Tuttavia, quanto accaduto nell'annata di Detroit, dove questo caratteristico egoismo ha raggiunto l'esasperazione, rende dubbiosi su quanto Allen possa essere una "chioccia" utile a quei ragazzi, senza rubar loro la scena; gli stessi dubbi devono avere preso corpo, in estate, tra Miami, Charlotte, Oklahoma e New York. Iverson dovrà smentire questa critica più di ogni altra- tralasciamo, volutamente, la dichiarazione twitteriana per cui "Dio ha scelto Memphis", segno di un gradito compromesso, più che di una scelta felice.
Zach Randolph è ben noto nel panorama delle ali grandi. Ha radunato, in otto anni di carriera, 16 punti e 8 rimbalzi, ma arriva da cinque annate consecutive, sostanzialmente, in doppia-doppia di media.
Ritengo che Randolph, a Memphis, avrà , per i numeri che può mantenere, tutto lo spazio possibile. In generale è più esperto di Western di qualunque compagno di squadra; non deve fare da balia a nessuno, e ha solo bisogno di un team che lo valorizzi come elemento centrale.
Inoltre è il terzo per anzianità : se si eccettua Iverson, il secondo è Marko Jaric, ormai trentunenne e reduce da una stagione (la peggiore di sempre, con 2,6 punti a sera senza mai partire in quintetto) in cui è stato celebre, più tristemente, per l'ennesimo presunto caso di violenza sessuale che coinvolga un atleta.
Il terzo è Randolph (1981 come Steven Hunter, non pervenuto da qualche tempo), che in post-season ha giocato, in carriera, solo otto partite in più, per esempio, del rookie O.J. Mayo: la dimostrazione che qui, forse, Randolph è un'incognita al pari dei suoi compagni, se non la dichiarata ammissione di non poter puntare, ora come ora, ai Play-Off.
Lo possiamo solo presumere più affamato, specie dopo le annate tra New York e la sponda povera di Los Angeles, lui che da sophmore, nel 2003, partiva in quintetto in serie "importanti", come contro i Mavs dell'epoca.
In conclusione: Iverson e Randolph prima non c'erano; ora ci sono.
Non c'è più Warrick (e di Darius Miles si sa poco al momento), Milicic è ai Knicks e Buckner ai Wolves. Poco male, però, se restano loro: una vera e propria truppa di promesse.
Questo è uno dei pochi lati a favore della franchigia di Memphis; si può ragionevolmente sperare che qualcuno tra Mayo (18,5 lo scorso anno), Gay (18,9 punti, 5,5 rimbalzi e 1,24 recuperi), l'altro Gasol (11,9 con il vizietto di famiglia del rimbalzo: 7,4) e Conley (quasi 11 punti, 3,4 rimbalzi e 4,3 assist), abbia espresso non per caso quei numeri tanto incoraggianti.
E sono, questi, altre statistiche non secondarie su cui potremmo intavolare un nostro "The Numbers' Game" in chiave, per una volta, ottimistica verso i Grizzlies, semplicemente pensando che undici dei quindici componenti del roster hanno tra i ventuno e i ventiquattro anni.
E ancora, si tenga presente che i rookies sono ben quattro: il numero 2 assoluto, Hasheem Thabeet, e il 27 DeMarre Carroll sono senza dubbio i più quotati, mentre il secondo giro ha riservato, in trentaseiesima posizione, la chiamata di Sam Young, fresco di una preseason per tutti sorprendente e che, si sarà notato, inserisco d'ufficio tra le ali per le doti da rimbalzista mostrate al college, ma che è segnalato di norma come guardia-ala.
S'intende, proprio a fronte di tanta freschezza di organico, che a nessuno, che sia sano di mente, devono balenare in mente i Play-Off, ma che rispetto al 24-58 del 2009 si deve necessariamente progredire, e non è affatto escluso che avvenga.
Ulteriore spinta al realismo è nel fatto che si parli pur sempre di Western, ovvero di una Conference in cui dei Suns con un record di 46-26 hanno terminato al di fuori delle prime otto, e il quintetto recitava: Nash; Richardson; Hill; Stoudemire; O'Neal.
Decisamente più sensato inquadrare i Grizzlies in prospettiva futura; valorizzare Randolph e far maturare un vivaio interessante, sperando che The Answer abbia il buon senso, in questo anno da 3,5 milioni di dollari, di non fare danni, per non rovinarci ulteriormente l'immagine cui ci aveva abituati: per ora è infortunato; vedremo quale sarà l'interazione con Mayo.
Come questi auspici possano avverarsi, è senz'altro materia di Lionel Hollins, il quale si ritrova ad essere coach tanto immaturo quanto il suo team: ha tappato buchi qua e là , per un record personale di 31-72 frutto di tre diverse apparizioni, dipanate in dieci anni.
Quanto ad attaccamento alla squadra, Hollins non è meno motivato degli altri suoi membri; ha assaporato i fasti di Hubie Brown e di un team per certi versi irripetibile, su cui ha potuto studiare e sperimentare con mano.
E' il collegamento più diretto con quel momento, e con i primissimi Vancouver Grizzlies del '95, di cui fu come sempre, vice-allenatore. In parte, in buona parte, dipende anche da lui; da come si imporrà , da come farà coesistere le due generazioni, da quale gioco riuscirà a produrre.
La sfida è più ardua che mai, ma Hollins non avrà , davvero, nulla da perdere in Tennessee. Come Randolph, come Iverson. Altrimenti avrà (anzi, ha già ) ragione John Schumann.