Golden State Warriors: Preview

Stephen Curry è un super talento, ma arriverà  in un ambiente non facile…

"Welcome (back) to the mess"

Per un momento è circolata davvero la sensazione che qualcosa stesse cambiando all' interno della dirigenza dei Warriors, e cioè che il trend di mediocrità  e inefficienza che sta caratterizzando la gestione della franchigia ormai da anni fosse in procinto di essere finalmente superato grazie ad una serie di mosse logiche e vincenti su tutti i fronti: salariale, tecnico, di immagine.

Una trade con la possibilità  di scaricare un giocatore indesiderato (Crawford) e il suo pesante contratto, un' altra trade che poteva potenzialmente portare sulla Baia un all-star (Stoudemire) come da quelle parti non ne vedono da anni, la possibilità  inaspettata quasi caduta dal cielo di poter scegliere al draft uno dei prospetti (Curry) più intriganti e talentuosi: tre soluzioni intelligenti e opportune che rischiavano di concretizzarsi clamorosamente nella stessa giornata (25 Giugno, giorno del draft), quasi ad essere il segnale simbolico e premonitore di una rapida rinascita tecnica e, soprattutto, di immagine.

Una svolta, tra l' altro, che paradossalmente poteva realizzarsi proprio nell' estate che aveva visto il passaggio di consegne a livello manageriale da Chris Mullin, il principale architetto del biennio 2006/08, a Larry Riley i cui esordi erano già  stati piuttosto dubbi poiché il nuovo G.M., fin dall' inizio, era apparso più preoccupato di smentire (e quindi confermare implicitamente) chi lo considerava un "Nelson's puppet" che non di dare precise indicazioni sul nuovo corso della franchigia.

Insomma sembrava davvero che il vento stesse cambiando e che al posto della solita nebbia fatta di pessimismo e disfunzionalità  si potesse cominciare a respirare un' aria nuova di elettrizzante entusiasmo e competitività .

E invece, quel fatidico 25 Giugno non ha né smentito né tanto meno invertito nulla, ma è stato piuttosto il punto di partenza di un ennesimo calvario estivo in cui i Warriors hanno respirato a pieni polmoni il clima di sfiducia e di poca credibilità  che gli avversari e i propri giocatori nutrono verso la dirigenza. In fin dei conti non si può nemmeno sperare di rivoltare una franchigia nel giro di poche ore, cancellando all' istante anni di decisioni scellerate e incoerenti, che hanno segnato nel profondo l'immagine societaria a tal punto che questa "toxicity" di fondo finisce per condizionare inevitabilmente tutto. Ed è stata questa negatività  a far virare nella direzione sbagliata situazioni di mercato che potenzialmente potevano rilanciare con decisione e velocità  la franchigia, in particolare la trade legata a Amare Stoudemire, la prima tappa da cui poi sono scaturite le altre fasi di questo calvario.

Conference: Western
Division: Pacific

Arrivi: Speedy Claxton e Acie Lw (Atlanta Haws), Devean George (Dallas Mavs), Mikki Moore (FA)
Cessioni: Crawford (Atlanta), Belinelli Toronto)
Draft: S. Curry
Probabile quintetto: Ellis, Jackson, Azubuike, Randolph, Biedrins
Head Coach: Don Nelson

Commento

Il tentativo di acquistare il fuoriclasse dei Suns ha rappresentato il punto culminante di una giornata che si era già  aperta in modo incoraggiante grazie allo scambio che aveva permesso di spedire Crawford ad Atlanta in cambio di Law e Claxton: uno scambio tecnicamente perdente ma che permetteva ai Warriors di liberarsi di un giocatore che non era mai riuscito ad entrare in sintonia con Nelson e soprattutto di alleggerire in prospettiva un salary cap soffocato da contratti piuttosto onerosi.

L' acquisto di Stoudemire di cui si era già  parlato con insistenza nei giorni precedenti e che proprio durante il draft era dato praticamente per scontato, sarebbe stato un colpo a sensazione per i Warriors da tanti punti di vista: probabilmente non avrebbe garantito un giocatore franchigia, un leader caratteriale come poteva esserlo il Barone, ma il suo arrivo avrebbe innalzato istantaneamente il termometro qualitativo della squadra poiché Stoudemire è il prototipo dell' ala grande che si inserisce a perfezione nel sistema di Nelson (vista anche la sua affidabilità  dal perimetro).

In più, un acquisto così clamoroso, dato che tra l' altro l' iniziale contropartita tecnica non sembrava nemmeno eccessiva (al di là  di Biedrins, per il resto Belinelli e B.Wright non hanno mai trovato uno spazio continuo nella rotazione), sarebbe stata una vigorosa iniezione di credibilità  per la dirigenza finalmente capace di realizzare quel "big splash" di mercato per un profondo salto di qualità  sul piano dell' immagine e per poter esercitare di conseguenza un maggior ascendente anche su altri nomi di spicco.

E invece, anche in questo caso, il prologo finale è stato lo stesso che caratterizzò due anni fa la vicenda relativa a Kevin Garnett: anche in quel caso era la notte del draft e i Warriors erano praticamente ad un passo da quello che poteva essere un acquisto decisivo per i futuri della franchigia (e nel caso di Garnett ancora più che in quello di Stoudemire), mancava solo la firma del contratto.

Tuttavia è proprio il momento della firma, e quindi della volontà  o meno da parte del giocatore di impegnarsi nei confronti di una organizzazione, che alcune questioni sostanziali come la solidità  societaria fanno la differenza: come due anni fa K.G rifiutò (giustamente) i Warriors per andare a vincere un titolo a Boston, così il rifiuto di Stoudemire in questo caso è ancora più clamoroso poiché il giocatore ha preferito rimanere ai Suns che pure stanno vivendo un momento meno brillante rispetto al recente passato dovuto a ristrutturazioni dirigenziali e quindi di roster.

Erano sorti inoltre altri problemi che avevano improvvisamente bloccato la trade, in particolare l' incedibilità  di Stephen Curry che i Suns aveva inserito come condizione fondamentale, e i dubbi da parte dei Warriors stessi sull' opportunità  di offrire una importante estensione contrattuale ad un giocatore come Stoudemire reduce da un intervento di chirurgia all' occhio.

In ogni caso era stato Stoud a sgombrare il campo da qualsiasi eventualità  di scambio dichiarando in maniera inequivocabile ai media che mai avrebbe accettato quel tipo di soluzione. Il messaggio è stato piuttosto chiaro ed è sintomatico di una situazione di fondo: la franchigia di San Francisco non esercita nessun tipo di attrazione verso i grandi nomi e non solo per una questione di risultati scadenti, ma soprattutto per mancanza di fiducia verso una dirigenza che nel corso degli anni si è dimostrata incapace di svilupparsi con costanza e mentalità  vincente, in cui i singoli dirigenti raramente sono riusciti ad individuare una unitaria linea di pensiero e di azione e dove invece è prevalso l' egoismo personale.

Ne deriva un senso di inconsistenza che non solo allontana potenziali acquisti ma inevitabilmente crea un clima di tensione e insoddisfazione all' interno dello spogliatoio con i giocatori che per primi vivono sulla propria pelle tale senso di frustrazione e l' assenza di prospettive. Ovvio quindi che prima o poi qualcuno esploda per sfogare la sua rabbia soprattutto se a farlo è un personalità  come quella di Step Jackson da sempre noto per il suo spirito combattivo e per il carattere schietto e sfrontato.

Anche le parole dell' attuale capitano della squadra sono state inequivocabili: "Abbiamo fatto solo passi indietro da quando abbiamo battuto i Mavs, non stiamo migliorando..Io sono fatto per giocare i play-offs e vincere il campionato, Io sono "Big Shot Jack""Non penso che giocherò per i Warriors la prossima stagione, sto cercando di andarmene" (28 Agosto).

Il caso di Jackson è piuttosto controverso in quanto va relazionato da un lato alle attuali prospettive della squadra, dall' altro all' importante (probabilmente troppo importante") estensione contrattuale (28mln per i prossimi 3 anni) che lo stesso giocatore ha firmato nella passata stagione per una franchigia già  in evidente difficoltà .

Sorge spontaneo quindi il dubbio se le attuali lamentele del capitano non siano in realtà  la conseguenza di un comportamento "programmato e opportunistico" con cui il giocatore ha cercato di assicurarsi la sicurezza contrattuale per poi cercare di essere ceduto a realtà  più competitive. In realtà  questo è solo un aspetto della vicenda poiché per interpretare la situazione con più profondità , sarebbe importante capire se Jackson non abbia pure ricevuto delle precise "promesse tecniche" dalla società  al momento della firma.

Ovvio che alla base vi fosse stata la comprensibile volontà  del giocatore di sfruttare, in chiave economica e con una certa tempestività , i risultati e il rendimento positivo del biennio precedente in cui Jackson era stato in alcuni casi il cuore e l' anima della squadra persino più del Barone; in questo senso, la dirigenza stessa sentiva il bisogno di trattenere e identificarsi in un possibile leader per il futuro soprattutto dopo le perdite di giocatori cardine in campo e in spogliatoio come Davis e Richardson.

È possibile quindi che i Warriors possano aver dato delle precise garanzie di crescita e programmazione al giocatore e di cui Jack avrebbe rappresentato un elemento di continuità  e riferimento. La stessa aggressività  con cui è stato affrontato il mercato estivo (Stoudemire") si spiegherebbe quindi non solo con la volontà  di rinforzare la squadra ma con il tentativo di tenere fede a certi patti e dare così un segnale di affidabilità  societaria. I successivi e negativi sviluppi di mercato non hanno fatto altro che acuire il senso di insoddisfazione del giocatore che lo ha portato a ribadire nel "Media day" (28 Settembre) tutta la freddezza e il distacco verso la dirigenza già  dichiarato ad Agosto:

– T.Kawakami: "Se la squadra avesse acquistato Amare, questo avrebbe fatto una grande differenza per te?

– Jackson: "Avrebbe fatto una grande differenza per noi, e questo lo sanno tutti. Un All-star che può dare punti nel pitturato, sarebbe stato grande per noi" (San Josè Mercury News)

In definitiva, ora per Jackson giocare ed essere il capitano dei Warriors non è più una missione con precisi traguardi e ambizioni ma è semplicemente una questione di business, un impegno definito da un contratto da affrontare con lo stesso atteggiamento con cui, secondo Jack stesso, il management ha gestito la società : semplice business ma senza la reale volontà  di costruire qualcosa di vincente.

Dopo la vicenda di Stoudemire e il giorno in cui Jackson ha chiesto ufficialmente di essere ceduto, il "Media day" è stata quindi la terza tappa di un' estate in cui i Warriors hanno percorso questa spirale verso il baratro innescando una serie di premesse davvero preoccupanti per la prossima stagione.

L' incontro con i giornalisti infatti è stato poi reso ulteriormente pesante dalle dichiarazioni con cui Monta Ellis bocciava di fatto l' idea di coesistere con Stephen Curry: "Noi due insieme? No, semplicemente non si può. Io voglio solamente vincere e così non si può"

Evidente in questo caso il riferimento di Ellis al fatto che per caratteristiche fisiche, un back court formato da lui e il rookie incontrerebbe seri problemi difensivi contro pariruolo più alti (Bryant, Richardson, R.Allen) in un team che già  di per se presenta notevoli carenze a livello di sistema.

Al di là  delle questioni strettamente tecniche, ciò che emerge e ritorna con costanza anche nelle parole di Ellis è il senso di sfiducia e negatività  che i giocatori nutrono nei confronti delle scelte dirigenziali, è la totale assenza di sintonia tra le soluzioni della dirigenza e i desideri e le aspettative dei giocatori.

Le parole di Ellis poi sono per certi versi ancora più sinistre rispetto a quelle di Jackson perché se la delusione del secondo è dovuta alla logica volontà  di lottare "subito" per il titolo visto l' avvicinarsi della soglia dei 30 anni, nel caso di Monta invece la delusione viene da un elemento giovane, investito appena lo scorso del ruolo di nuovo uomo franchigia e che per questo dovrebbe nutrire una fiducia e un' ottimismo quasi "obbligati" verso il futuro difendendo comunque le scelte societarie.

Al contrario, anche la sua aggressività  giovanile sembra essere stata travolta dalla precarietà  e dall' attitudine perdente dell' ambiente che lo circonda, proprio lui che ne dovrebbe incarnare all' opposto la freschezza e la vitalità . In sostanza, si è trattato di un "Media day" che ha tradito se stesso per il semplice fatto che difficilmente i Warriors riescono a smentire il loro spirito caotico.

Il media day è il giorno in cui la squadra si presenta alla stampa e dove si esprimono entusiasmo e speranze, in cui si mettono sul tavolo gli stimoli e gli obbiettivi da soddisfare per la stagione ventura. L' evento si è trasformato piuttosto in una specie di confessionale in cui i giocatori più rappresentativi della squadra, i potenziali leader, hanno sfogato la loro frustrazione, lanciando critiche profonde verso chi comanda. Non ci poteva essere modo migliore (") di cominciare una stagione, decisamente: nessuna unità  di intenti, nessun spirito di gruppo, nessun senso di responsabilità  e volontà  di guidare un gruppo, nessuna "dichiarazione di guerra" agli avversari.

Solo pessimismo invece, presa di distanza dai vertici decisionali, sfiducia verso un progetto che non riesce a strutturarsi o che peggio ancora non c'è e di cui i giocatori hanno piena consapevolezza a tal punto che con il loro crudo realismo sembrano persino più intelligenti dei loro stessi dirigenti.

Ora sembra che ai Warriors sia in atto un conflitto a tutto campo che se lo scorso anno si limitava alla dirigenza e ai contrasti tra Mullin e Nelson/Rowell, adesso si è esteso pure ai giocatori. Le premesse di questa ouverture sono davvero cupe a breve e lunga scadenza: l' ambiente si preannuncia davvero infuocato con giocatori insoddisfatti, pronti a polemizzare al primo momento di difficoltà  e con l' occhio sempre rivolto al mercato (Jackson").

Un clima instabile, teso dove viceversa servirebbe stabilità , coesione, voglia di lottare in un team che è molto giovane e che inevitabilmente dovrà  affrontare le difficoltà  del caso. Inoltre, i riflessi di tale situazione condizioneranno necessariamente la già  discutibile immagine societaria, il che rischia di complicare i futuri scenari di mercato, sia per quanto riguarda la possibilità  di trattenere i giovani che potrebbero emergere definitivamente nei prossimi mesi, sia nella prospettiva della tanto attesa estate 2010 dove, visti i free-agent di lusso potenzialmente disponibili (Bosh, Wade, James, Anthony), la competitività  e la serietà  dirigenziale saranno fattori ancora più determinati di quello economico. In definitiva, la franchigia sembra essere indirizzata verso un tunnel piuttosto oscuro che rischia seriamente di farla diventare una di quelle organizzazioni indesiderate agli occhi dei giocatori e che di conseguenza viene "sfruttata" con opportunismo o per trovare minuti di gioco e mettersi in luce per emigrare poi verso altre mete, oppure per strappare quei contratti sostanziosi (Maggette, e forse anche Jackson..) che altrove difficilmente si otterrebbero.

"Questioni di chimica"

Il panorama complessivo lascia indubbiamente perplessi alla luce del fatto che vi sarebbero anche alcuni presupposti molto interessanti su cui impostare già  per la prossima stagione un riscatto almeno parziale dalle delusioni recenti e guardare con moderato ottimismo ad eventuali trade o firme di free-agent: lo scambio con Atlanta ha permesso ai Warriors di acquisire due contratti che possono essere scaricati a fine anno liberando quasi 7mln di $, cui si devono aggiungere quelli di Devean George e Foyle che liberano ulteriore spazio.

I Warriors quindi potrebbero presentarsi con una più che discreta disponibilità  salariale per tentare qualche buon colpo ma vista la forza e lo spazio salariale di altre franchigie saranno altre questioni ad indirizzare i grandi splash.

Una carta molto convincente potrebbe essere ad esempio quella di mostrare incoraggianti segnali di crescita durante la prossima stagione per presentarsi alla free-agency del 2010 con basi solide per un definitivo salto di qualità . Ad Oakland, la crescita ruoterà  necessariamente attorno ad alcune questioni chiave: dare spazio ai tanti e interessanti giovani del roster, recuperare la totale affidabilità  fisica di alcuni elementi, dare più equilibrio tattico alla squadra.

Lo "young core" a disposizione di Nelson è indubbiamente uno dei più profondi e intriganti di tutta la Lega con Biedrins che è ormai uno dei giovani lunghi più solidi e costanti del panorama, Ellis, Morrow e in particolare Randolph sono attesi ad una ulteriore maturazione, Curry era uno dei rookie più quotati nell' ultimo draft.

Randolph e Morrow hanno sfoggiato un' etica lavorativa e prestazioni notevoli nelle amichevoli estive che li propongono con decisione non solo come giocatori emergenti in se stessi ma come possibili punti di riferimento del futuro. In particolare sono i miglioramenti e le prestazioni esibite da Randolph che suscitano molte aspettative sia per come "Randy" ha saputo sviluppare il suo gioco (particolarmente quello perimetrale) sia per come ha consolidato certe sue doti che potrebbero essere davvero essere benefiche per la chimica e le deficienze della squadra: la capacità  di correre per il campo, le sue doti di rimbalzista e di occasionale stoppatore, l' atletismo e la reattività  che gli permettono di essere un valido collante difensivo lo hanno reso di prepotenza il candidato principale a ricoprire il ruolo di "4" titolare per la stagione ventura.

Lo stesso Morrow ha dato continuità  nel corso dell' estate a quanto di buono fatto e mostrato in precedenza, confermando quel tiro mortifero che lo ha reso lo scorso anno il miglior percentualista nel tiro da tre punti e dimostrando una capacità  nel crearsi soluzioni dal palleggio non ancora completamente sviluppate ma in fieri.

La loro importanza può essere ancora più rilevante se rapportata al contesto e al momento della squadra: la reattività  e le braccia lunghe di Randolph possono essere una benedizione per la difesa dei Warriors, storicamente una delle più perforate e slegate dell' NBA, mentre l' eventuale conferma ad alti livelli di Morrow potrebbe rendere a questo punto meno doloroso in posizione di guardia il sacrificio di Jackson che già  in pre-season ha dato evidenti segnali di insofferenza.

Anche Stephen Curry, al di là  dei dubbi manifestati da Ellis, potrebbe rappresentare un sostanzioso update in uno degli aspetti tecnici più dolenti dello scorso anno, quello di point-guard. Con la prolungata assenza di Ellis a causa del discusso "moped-gate", si sono alternati come play D.Nelson, Watson, Jackson ma con risultati insoddisfacenti e con Jack che ha completamente snaturato il suo stile di gioco.

Nemmeno Curry è la soluzione ideale poiché il figlio di Dell Curry è più un realizzatore naturale con un raggio di tiro pressoché sconfinato che non un vero e proprio costruttore di gioco; tuttavia ball-handling, velocità  e abilità  nel penetra&scarica costituiscono solidi punti di partenza per provare a fare di lui (in coppia con Ellis) il faro dell' attacco di Nelson che in ogni caso necessità  più di giocatori ruspanti e aggressivi che non di ragionatori o meri esecutori. In questo momento è difficile stabilire se sarà  quello formata da Curry e Ellis il reparto guardie titolare e non solo per questioni legate allo scetticismo (giustificato) di Monta, ma anche perché nessuno dei due infatti è un play puro e questo tipo di utilizzo, alternato o combinato, è un ripiego per le caratteristiche offensive dei due giocatori. Nonostante ciò, entrambi garantiscono maggiore sicurezza nella gestione del pallone, ritmo e opportunità  di attacco, permettendo allo stesso tempo a Jackson (sempre che nel frattempo non ci siano sviluppi di mercato) di ricoprire il suo ruolo naturale di guardia.

Ellis sarà  un altro degli osservati speciali, probabilmente il giocatore da cui ci si aspetterà  la definitiva consacrazione per confermare la bontà  della scelta dirigenziale di investirlo nuovo uomo franchigia e cancellare per sempre le polemiche legate all' infortunio della scorsa stagione.

Già  le poche partite che Monta ha disputato nel 2009 hanno dato le sensazione di una caviglia guarita e di una esplosività  pressoché ritrovata; il 2010 dovrà  essere in questo senso l' anno in cui Ellis, oltre a ribadire le sue doti di realizzatore, dovrà  dimostrarsi più maturo come leader (soprattutto ora vista la questione Jackson), come trascinatore in grado di traghettare i Warriors verso il futuro. Come per "Randy" e "Mo", pure per Ellis quest' estate è stata una tappa di maturazione importante per gli intensi work-out che ha svolto con Rico Hines, per la capacità  di superare definitivamente il "moped-gate" e per la nascita del figlio che lo ha ulteriormente responsabilizzato: "Avrà  una grande annata quest' anno se starà  bene" (Don Nelson).

"È cresciuto molto, il fatto di essere diventato padre lo ha fatto diventare un uomo, è più concentrato" (Jackson).

Per quanto il materiale umano a disposizione di Nelson sia valido per talento e futuribilità , il problema sarà  dare una strutturazione e un equilibrio a queste potenzialità  creando quindi un sistema organico e funzionale. In pratica, lo stesso problema di fondo che penalizza la dirigenza sembra colpire di riflesso la squadra: dare logica e ordine a certe scelte, individuando una precisa linea di sviluppo e facendo in modo che la squadra non sia abbandonata a se stessa e ai propri limiti di inesperienza.

Le lacune di fondo sono sempre le stesse da risolvere e dipendono non solo dalle caratteristiche dei singoli ma dai principi stessi dello stile di Don Nelson che sembrano poco in sintonia con le esigenze egli obbiettivi della franchigia. Difesa e rimbalzi, questi i primi due target su cui è necessario lavorare e che spesso poi identificano il grado di consistenza di un team.

Tuttavia affrontare queste questioni richiede una certa delicatezza poiché le carenze strutturali dei giocatori si intrecciano e sono addirittura esasperate dall' assenza di un sistema di base che possa quanto meno attutirle: l' esatto opposto di quanto avviene in una "normale" collettività  dove i principi di base servono proprio ad esaltare le doti individuali, e non ad abbandonare il singolo esponendolo ancora di più ai suoi limiti.

Individualmente infatti, nel roster sono presenti degli ottimi difensori come Azubuike, lo stesso Jackson, Biedrins, Randolph, Turiaf da quali partire per dare un minimo di solidità  alla propria metà  campo; è altrettanto evidente comunque che ci sono precise lacune in termini di peso e forza fisica poiché Biedrins, Randolph e B.Wright (fuori comunque per problemi alla spalla) sono tutti agili, con braccia lunghe e reattive ma leggeri fisicamente per ingombrare l' area.

Anche la posizione di point-guard sembra piuttosto debole difensivamente tanto che la scorsa annata è stato questa una delle coordinate in cui i Warriors sono stati martoriati con più continuità , e ne Ellis, Curry e Watson danno garanzie in questo senso. L' aspetto però che emerge più evidente in questo contesto è la completa mancanza di principi collettivi: non ci sono game-plan relativi alla difesa su situazioni di pick&roll, non vengono disegnate rotazioni e aiuti contro le penetrazioni degli esterni, Biedrins è abbandonato vicino a canestro.

L' inconsistenza a rimbalzo (peggior differenziale a rimbalzo di tutta la Lega) sono una conseguenza logica: roster complessivamente leggero, la storica inclinazione di Nelson nello schierare quintetti piccoli con un esterno (spesso Azubuike) in posizione di "4" che causa inevitabilmente miss-match difensivi, la mancanza di giocatori di perimetro atletici come in passato erano Barnes, Pietrus, lo stesso Davis che possono dare un contributo sotto i tabelloni. Nemmeno l' ultimo mercato estivo ha saputo dare una risposta a questa eterna condanna: probabilmente quando Jackson si riferiva a come Stoudemire avrebbe potuto cambiare le sorti di questa squadra, si riferiva anche a questo"

La stessa chimica offensiva sarà  tutta da costruire. Il quintetto quest'anno prevede una strutturazione diversa dallo scorso anno con Randolph schierato da ala grande al posto del classico giocatore di perimetro: ci sarà  di conseguenza più esplosività , trattamento di palla, capacità  di creare dal palleggio invece del lungo mascherato che tira fuori. La stessa coesistenza tra Curry ed Ellis è tutta da scoprire: innanzitutto è da valutare l' impatto di Curry con la realtà  NBA che già  in pre-season è stata piuttosto dura sia fisicamente che al tiro, in secondo luogo bisognerà  valutare se gli istinti offensivi dei due giocatori sarà  un imput a coinvolgersi reciprocamente o se invece porterà  loro a rubarsi e contendersi il pallone.

Una situazione così complessa e ricca di perplessità  alimenta necessariamente dei dubbi su chi dovrà  risolvere a amalgamare questi ingredienti: Don Nelson.

Le inclinazioni tecniche di Nellie sembrano onestamente poco in sintonia con i piani dirigenziali e le caratteristiche dei giocatori, il che conferma ulteriormente la disfunzionalità  di questa franchigia. Nelson storicamente preferisce puntare sui giocatori esperti e affidabili per vincere subito piuttosto che far maturare i giovani; inoltre il suo stile di gioco strutturato sugli isolamenti in 1c1 e sul run&gun quasi eccessivo difficilmente costruirà  dei precisi equilibri in una squadra rinnovata in alcuni ruoli chiave e giovane.

In definitiva, qualsiasi aspetto si tratti di questa dirigenza, alla fine si torna sempre al punto di partenza, si finisce sempre per chiudere il cerchio senza però trovare la giusta quadratura: manca una gestione solida e coerente del patrimonio tecnico, manca un piano logico che permetta uno sviluppo costante e credibile nel tempo senza che niente sia lasciato al caso o travolto dagli eventi.

Non è un caso che il prossimo "grande colpo di mercato" tanto desiderato dai tifosi sia quello di Larry Ellison, magnate plurimiliardario della Oracle che avrebbe avanzato l' acquisto della franchigia, perché a questo punto il futuro dei Warriors sembra passare davvero per una nuova dirigenza.

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