Ty Lawson, uno dei pochi nuovi nei Nuggets
Il tempo sembra essersi fermato per i Denver Nuggets alla scorsa finale della Western Conference: la dirigenza ha infatti scelto la linea della continuità del roster e dei tagli finanziari ove possibile per approcciare la nuova stagione. Proprio quella finale ha apportato un forte entusiasmo a tutto l'ambiente e si vive ancora di quelle passate emozioni.
E tutto questo grazie ad un solo giocatore, Chancey Billups, tornato da figliol prodigo a Denver, ed in grado incredibilmente di rivoltare tecnicamente e mentalmente un quintetto di talento ma disequilibrato nelle scorse stagione. I Nuggets di colpo hanno trovato il tassello che mancava loro e il talento che attornia Billups ha fatto il resto come noto.
Cosa si è aggiunto al roster della scorsa stagione?. Poco, se parametriamo i movimenti in entrata a quelli avvenuti in altri lidi nella Western Conference. E poco se parametriamo i movimenti in uscita. Si susseguono alcune voci in queste settimane, secondo le quali i Nuggets vorrebbero aggiungere un altro giocatore al roster.
Uno dei papabili delle scorse settimane, Desmon Mason, si è accasato ai Kings recentemente. Fiducia nei propri mezzi ed in modo particolare nel quintetto titolare; una buona point guard da svezzare in Ty Lawson e una panchina dove sembra non dovranno stringersi per starci.
Basterà questo per riportare i Nuggets in finale della Western Conference?.
Conference: Western Conference
Division: Northwest
Arrivi: Arron Afflalo, Malik Allen
Partenze: Steven Hunter, Linas Kleiza, Dahntay Jones, Jason Hart
Scelte al draft: Ty Lawson
Probabile quintetto base:
Playmaker: Chancey Billups
Shooting Guard: J.R.Smith
Small Forward: Carmelo Anthony
Power Forward: Kenyon Martin
Center: Nenè
ROSTER:
Guardie: Chauncey Billups, Anthony Carter, Ty Lawson, Arron Afflalo, J.R. Smith
Ali: Malik Allen, Chris Andersen, Carmelo Anthony, Renaldo Balkman, Kenyon Martin
Centri: Nenè, Johan Petro
HEAD COACH: George Karl
Commento
La finale della West Conference raggiunta nella scorso campionato, dopo aver terminato la stagione regolare 54-28, rappresenta il miglior risultato della strategia sportiva dei Denver Nuggets degli ultimi anni. La squadra è stata rivoltata come un calzino dall'arrivo di Chauncey Billups che si è dimostrato il giusto cardine umano sportivo all'interno di quel sistema.
Un roster lo ricordiamo su cui si era tentato in precedenza di inserire un certo Allen Iverson, senza riuscire ad ottenere gli stessi risultati. Si è passati da una politica orientata ad accumulare il maggior talento possibile ad una scelta oculata, soppesata in profondità , che ha dato dividendi insperati come riconosciuto dalla stessa dirigenza.
E ancora, tecnicamente l'arrivo di Billups ha portato una squadra come Denver, talentuosa si , ma negli ultimi alle prese con le sue idiosincrasie per difesa, ordine nei possessi, equilibrio tattico; in una macchina da punti, capace di rivaleggiare in stagione regolare con chiunque.
E poi ancora, si è coperto lo post di point guard titolare, un problema mai risolto in precedenza. Denver dicevamo si è trasformata in una macchina da punti ed in regular season ha registrato il maggior numero di possessi – 94.3 – in partita di tutta la NBA, una statistica quindi superiore a quella degli stessi Lakers, quando nelle stagioni precedenti l'attacco era di qualità , ma caratterizzato da troppe azioni personali.
Un attacco caratterizzato da una corretta distribuzione di possessi e anche dal più alto valore di assist ratio ancora di tutta la NBA. A George Karl si è materializzata la squadra che sognava da tempo immane; un team in grado di segnare 114.1 punti per 100 possessi – miglior valore di tutta la NBA – e di subirne 104.5 sempre per 100 possessi – Denver qui si pone circa a metà classifica tra tutte le squadre NBA.
Più che i singoli, per esempio Carmelo Anthony senza dubbio tra i primi 5-6 giocatori NBA, a fare le fortune di Denver è stato un gruppo compatto di giocatori, che ha sfruttato senza dubbio in primis per l'alto tasso di talento del proprio quintetto per giungere alla finale della Western Conference, ma che ha avuto anche anche una certa dose di fortuna per essere entrati nel tabellone dal lato giusto.
Se si somma a questo l'arrivo del giocatore giusto che mancava, la stagione giusta ed ecco che si è materializzata la finale contro dei Lakers impegnati anche loro da Denver più del previsto in quella serie. Ma in campo naturalmente è emerso il diverso spessore tra le due squadre e per i Nuggets è risuonato un roboante “Capolinea gente”.
E per ripartire da quella finale la dirigenza poteva seguire due direttrici. La stessa finale in un certo senso lo imponeva. I Lakers in quella serie si sono dimostrati superiori ed il gap tra le due squadre si doveva colmare, non toccando naturalmente il quintetto, ma rinforzando non poco la panchina. Ed invece si è scelto di seguire la direzione opposta.
A sorpresa specialmente Linas Kleiza e Dahntay Jones hanno fatto il biglietto aereo rispettivamente per la Grecia e per l'Indiana. La dirigenza di Denver senza batter ciglio si è privata di un giocatore, Kleiza da contro-break, di segnare 20 punti in un amen; e in Jones, di un giocatore da sguinzagliare sul giocatore perimetrale avversario più pericoloso per mordergli come minimo le caviglie.
Se la partenza di Kleiza ha risvolti economici che era difficile per il giocatore ignorare, e la partenza di Jones ha risvolti probabilmente ha risvolti di maggior responsabilità per il giocatore in quel di Indiana, lascia un sapore agrodolce il mercato estivo dei Nuggets, con la squadra pronta all'ultimo salto di qualità ed invece non si è fatto quell'ultimo fatidico passo.
A Denver l'estate appena trascorsa è stata questa l'opinione espressa con più forza e alla quale l'estensore di queste righe si accoda; è mancato quell'ultimo passo. Non si chiedeva la luna; anche se in altri lidi – Lakers – un pezzetto di luna se lo sono portati a casa – Artest – ; ma si chiedeva una maggior decisione per aggiungere un paio di decisivi tasselli.
Nelle ultime settimane gli stessi abboccamenti tra il management dei Nuggets e gli ultimi papabili; Desmon Mason, come detto, Flipp Murray per dirne un altro; si sono progressivamente dissolti lasciando sulla carta i Nuggets con soli 13 uomini al fronte.
Tra i nuovi arrivi spicca il promettentissimo TY Lawson, che si è ritrovato inserito sulla carta in un contesto per lui ottimale con Billups a fargli da chioccia e a insegnarli il mestiere, ma soggetto comunque ad un naturale processo d'inserimento da rookie che richiederà alcune stagioni. Intanto vista la firma di Anthony Carter, Lawson è nell'ordine la terza point guard del lotto.
E' arrivato Arron Afflalo da Detroit, che difficilmente potrà fare le veci di Jones. Più facile possa fornire qualcosa in attacco. Si sono rifirmati anche come noto il Birdman – positivamente – e Johan Petro, come cambio dei lunghi. Più difficile che l'altro arrivato Malik Allen possa dare un'ulteriore sterzata positiva al gioco di Denver.
Una conferma delle attuali intenzioni della dirigenza si è avuta dalla lettura del roster che partecipa al training camp con il solo Joey Graham in evidenza tra le terze linee :
FORWARDS
Malik Allen
Carmelo Anthony
Renaldo Balkman
Keith Brumbaugh (pictured above)
Joey Graham
Kenyon Martin
James White
GUARDS
Arron Afflalo
Chauncey Billups
Anthony Carter
Dontaye Draper
Ty Lawson
J.R. Smith
CENTERS
Chris Andersen
Kurt Looby
Nene
Johan Petro
Difficile possa succedere qualcosa da qui all'inizio della stagione; verosimilmente questo è il materiale tecnico-umano da plasmare per lo staff tecnico. Si partirà anche con un handicap, la squadra infatti dovrà fare a meno di J.R. Smith per le prime 7 gare e di Renaldo Balkman; e una soluzione per Smith si dovrà trovare tra le mura di casa.
Il treno della Western Conference sembra aver accelerrato ulteriormente, con oltre ai sopracitati Lakers, anche dei San Antonio Spurs ancora più pericolosi e con i Portland Trail Blazers che sembrano pronti ad esplodere richiedendo il loro posto in prima fila.
I Nuggets al momento di scrivere queste righe si configurano come una squadra di vertice per la stagione regolare e sulla carta ha il talento e la chimica di squadra per giocare a viso aperto contro quasi tutte le squadre della lega, ma sarebbe stato meglio aggiungere qualcuno su quella panchina.
Qualcuno in grado di entrare e di sferzare tecnicamente la partita in attacco; non tanto quindi fisicamente viste le presenze di Andersen e Balkman e Petro. Serve quindi anche una gran dose di fortuna che tenga alla larga infortuni e amenità varie, dentro e fuori dal campo.
Denver è davvero matura per contendere in una finale di Conference?
Al momento non lo sembra e la scorsa stagione di colpo si potrebbe dimostrare come una stagione fortunata e lasciare al popolo delle pepite la forte sensazione di avere una squadra ad un passo dall'elite, ma con un'ancora ai piedi a causa della pervicace tendenza della dirigenza a non voler fare quell'ultimo passo, anche finanziariamente.