Anthony Morrow, The Real Deal

Anthony Morrow, una buona notizia per i Warriors…

È difficile intuire quali pensieri navigassero per la mente di Morrow nell' immediato dopo-gara di Clippers-Warriors del 15 Novembre scorso, la partita cioè in cui Morrow ha preso fuoco come solo a tiratori del suo calibro può capitare, crivellando a ripetizione la retina dei padroni di casa sotto lo stesso sguardo incredulo e gli "ooohh" di ammirazione del pubblico dello Staples Center, stabilendo con 37p il record NBA in fatto di punti segnati per un giocatore undrafted.

È stata quella infatti la sera in cui si è presentata a Morrow l' opportunità  concessagli a sorpresa da Don Nelson di partire in quintetto base per dare più fluidità  all' attacco con il suo tiro da fuori e che il giocatore ha colto al volo imponendosi di prepotenza sul palcoscenico NBA. Diritto di cittadinanza nel basket PRO che è stato poi ulteriormente rivendicato tre giorni dopo nella gara interna contro Portland in cui Morrow con un' altra notevole prova balistica (in questo caso "solo" 25p con 4/5 da 3p ma contro un' avversario decisamente più consistente) è stato nuovamente fondamentale per la vittoria di Golden State.

Sono proprio le singole serate come quella dello Staples Center che possono fare la differenza nella carriera di un giocatore, soprattutto se questo è arrivato nella Lega senza squilli di tromba o troppa pubblicità  e con la prospettiva, quindi, che i minuti e le occasioni per mettersi in luce saranno molto limitate. Il tempismo e la reattività  mentale diventano quindi le doti fondamentali che permettono al giocatore di sfruttare queste singole ed episodiche opportunità  per conquistare spazio e credibilità ; nel caso di Morrow il tempismo è stato tale da consegnarlo addirittura agli archivi storici.

L' approccio mentale con cui la giovane guardia dei Warriors ha affrontato la gara contro i Clippers è stato probabilmente quello di interpretare la partita come un' "intervista personale", ovvero il momento tanto atteso in cui si è sotto la luce dei riflettori per esprimere il meglio di sè e farsi conoscere al mondo intero.

È stato questo infatti uno degli stimoli e dei consigli principali che Morrow ha ricevuto dalla madre Angela per affrontare e superare qualsiasi tipo di sfida: "Gli ho detto che ogni volta che va in campo è come se stesse rispondendo a delle domande; ogni volta che riceve la palla é come se fosse intervistato" – (Angela Morrow).

Come un' intervista è tanto più soddisfacente e riuscita quanto più le risposte del personaggio intervistato sono puntuali ed interessanti (=non banali), così un atleta riesce a costruire di sé un' immagine vincente quanto più si fa trovare presente nelle occasioni importanti e dimostra doti e potenzialità  non comuni.

E l' "intervista" rilasciata da Morrow nella gara allo Staples Center non poteva essere più esauriente per la puntualità  con cui il giocatore ha risposto sia alle esigenze tecniche della squadra che al suo desiderio di emergere, e per la rara bellezza del suo tiro perimetrale con cui ha deciso la sfida.

La performance di Los Angeles anche se per ora è stata quella più significativa nella carriera NBA del giocatore, non è stata tuttavia l' unica occasione in cui le doti balistiche di Morrow sono esplose in modo persino dirompente: se i tifosi dei Clippers hanno ricordato per molto tempo nei loro peggiori incubi il nome e soprattutto i polpastrelli letali di quello che fino a quel momento era un autentico carneade, non di meno devono essersi entusiasmati gli spettatori presenti al Cox Pavillion di Las Vegas in occasione dell' ultima Summer League nel vedere Morrow che impallinava 47p (!!, ovviamente record) sulla faccia dei malcapitati Hornets.

Performance come quelle citate sono indimenticabili non solo per l' eccezionalità  dei numeri ma soprattutto perché, come nel caso di Morrow, smentiscono almeno parzialmente la scarsa popolarità  che fino a quel momento ha accompagnato il giocatore.

E proprio perché eccezionali, tali prestazioni portano inevitabilmente a riflettere chi le ha realizzate nel tentativo di dare un significato a tutto quello che è successo e trovare lo stimolo decisivo per raggiungere ulteriori traguardi. In sostanza, è come se l' individuo ripercorresse in pochi istanti il corso della sua intera vita attraverso un filo logico che colleghi passato-presente-futuro e che per questo lo porti a considerare gli exploits del presente come la conseguenza dei sacrifici del passato e un punto di partenza per una crescita futura.

Ecco perciò che le sensazioni provate da Morrow nell' immediato dopo-gara contro i Clippers e i Blazers in regular season (ma si potrebbero citare anche quelle contro Dallas, New Orleans e Phoenix) e gli Hornets in SL, probabilmente sono state varie e anche contrastanti proprio perché sono state una reazione istintiva a diversi aspetti che avevano caratterizzato fino ad allora la carriera cestistica del giocatore.

Sicuramente la giovane guardia ha subito indirizzato un duplice pensiero di profonda e doverosa gratitudine, il primo in direzione della mamma Angela che con la sua "filosofia dell' intervista" ha fornito al figlio una precisa "forma mentis" per affrontare la sfida sul campo e con sé stesso; il secondo invece in direzione dell' ormai ex G.M. dei Warriors Chris Mullin il quale, al di là  dello scetticismo generale dei vari scout americani, fu il primo a credere seriamente nelle sue qualità  tecniche e comportamentali tanto da invitarlo alla Summer League (sempre di Las Vegas) del 2008 per dargli una prima possibilità .

Proprio nei confronti degli scout e presunti intenditori di basket universitario, il sentimento nutrito da Morrow deve essere stato invece con tutta probabilità  di sana e giustificata vendetta se è vero che il giocatore appena uscito da Georgia Tech si presentava sullo scenario del draft NBA 2008 con credenziali tutt' altro che incoraggianti: "Uno dei migliori tiratori del college con raggio di tiro al di là  del tiro da 3p universitario, utilizzato al meglio come giocatore da catch&shoot"atleta NBA sotto gli standard, non un grande saltatore e manca di esplosività " le sue doti di 1c1 sono povere e manca di consistenza nel sapersi creare un tiro da sé..la sua mancanza di forza ed esplosività  non gli consentono di penetrare fino al ferro e guadagnare tiri liberi" difensore nella media"

In definitiva, nella migliore delle ipotesi, si poteva preveder per il giocatore un futuro in qualche franchigia NBA come semplice specialista del tiro che sporadicamente si alza dalla panchina per dare un contributo "tattico", ma non di certo un ruolo da giocatore più consistente e in grado di avere un impatto davvero notevole sulla gara a tal punto da deciderla.

Tali previsioni erano state rafforzate ancora di più dal fatto che nel predraft media-guide che l' NBA realizza ogni anno con le biografie dei migliori 124 prospetti universitari e internazionali (un numero doppio rispetto a quelli che poi possono essere scelti nel draft), il profilo di Morrow era introvabile ed era di conseguenza necessario rivolgersi ad altre fonti per sapere qualcosa su di lui.

Attualmente molti tra gli opinionisti che hanno realizzato quel fascicolo si stanno sicuramente ricredendo, almeno parzialmente, per il poco credito concesso al rookie da Georgia Tech: "parzialmente" perché se da un lato le prestazioni del giocatore al suo debutto tra i Pro hanno effettivamente contraddetto i giudizi che erano stati formulati sul suo conto, dall' altro lato era onestamente difficile prevedere per Morrow numeri e performance così interessanti visti i suoi precedenti al college.

Non che le sue statistiche al college fossero state negative (14.3ppg, 44.8% da 3p nel 2007/08), ma il giocatore appariva troppo spesso limitato al tiro da fuori e comunque, come leadership ed importanza, era preceduto da Jarrett Jack, Will Binum e non aveva mai dato la sensazione di essere un trascinatore offensivo.

In realtà , Paul Hewitt, suo allenatore al college, propone una interpretazione ben precisa di quelle statistiche, avvisando che esse non vanno lette in sé stesse ma vanno relazionate ai problemi e alle difficoltà  che il suo ex-giocatore ha dovuto affrontare nel suo anno da senior.

Hewitt infatti è convinto che se non fosse stata per la eccezionale durezza del calendario di partite di Georgia Tech che prevedeva non solo la partecipazione alla già  competitiva ACC ma anche avversari del calibro di Indiana, Notre Dame e futuri campioni di Kansas, la media punti di Morrow sarebbe potuta lievitare fino a 18/19ppg.

Inoltre, "Morrow nell' anno da senior ha sofferto problemi alla schiena che lo hanno sicuramente limitato"; aggiungiamo infine il fatto che la sua Università  lo scorso anno ha fallito, come raramente succede nella storia di quell'Ateneo, l'accesso al torneo NCAA, ed ecco elencati una serie di motivi plausibili per cui il giocatore è finito fuori dai radar NBA.

Tuttavia, il fatto di rivendicare a Morrow quel credito e quelle attenuanti che precedentemente non gli erano state riconosciute, non deve indurre nell'errore opposto: sopravvalutare cioè un giocatore che al di là  di alcune notevoli prestazioni rimane, anche in prospettiva, un buonissimo giocatore ma non comunque un potenziale fuoriclasse o un elemento che possa alterare fino in fondo i destini di una franchigia o tanto meno di una conference.

È per questo motivo che uno dei principi mentali che hanno da sempre caratterizzato la sua attitudine è stato il senso del sacrificio, la grande etica lavorativa, assolutamente essenziale per chi voglia costruirsi un nome ed un futuro a dispetto di un talento non proprio superiore alla media.

This guy is a gym rat

"Un topo da palestra", lo definisce così sempre il suo ex-coach universitario Paul Hewitt, ovvero un giocatore infaticabile, abituato ad sedute supplementari di esercizi per rafforzare i pregi e limare le lacune.

D' altra parte un tiro in sospensione come quello di Morrow non può spiegarsi solo con una predisposizione naturale per quel tipo di fondamentale tecnico: compatto, fluido, con un rilascio morbido e, ciò che più ancora conta per i parametri NBA, veloce, una parabola e una rotazione impresse sulla palla che sembrano dipinte tanto sono esenti da errori. Raramente si sono viste interpretazioni così perfette: Ray Allen, Glen Rice, Steve Kerr, Allan Houston, l' èlite più esclusiva di chi ha scritto le pagine più significative di una ideale storia dell' "estetica del tiro".

Un gesto così lineare difficilmente prescinde da una esercitazione continua e incessante in cui l' esecuzione di tiro viene ripetuta all' infinito fino a renderla automatica e la parabola di tiro non è altro che il naturale collegamento tra il polso del tiratore e il canestro.

In questo senso, il sentimento che sicuramente prevaleva nell'animo di Morrow successivamente alle grandi prestazioni balistiche è stato un profondo senso di gratificazione personale perché senza questa ferrea mentalità  dell'allenamento e della serietà  professionale, le sole abilità  perimetrali non sarebbero state sufficienti per archiviare gli incoraggianti numeri della sua stagione da rookie (10.1ppg, 46.7% da 3p, primo nella speciale graduatoria e primo giocatore nella storia della franchigia a vincere la speciale classifica).

"Sono semplicemente uno di quei ragazzi che vogliono andare in palestra per allenarsi ed imparare, non voglio che mi venga regalato niente perché non mi è mai stato regalato niente; voglio solo lavorare duro, essere pronto e avere fiducia in me stesso".

Paradossalmente però, la sua avventura con i Warriors (Summer League di Las Vegas 2008) iniziò in modo curioso, ovvero con un potenziale ritardo che rischiò di macchiare la sua immagine personale e compromettere le sue chances prima ancora di provare a sfruttarle.

"Mi stavo recando alla prima partita del torneo, dovevo prendere la BART (la famosa metropolitana della Bay Area) ma ero in ritardo; temevo di non riuscire ad arrivare in tempo per la partita e subire i rimproveri della dirigenza. Sarebbe stata la fine."

In sostanza, come spesso accade, se il successo di una persona passa attraverso quella rara chance di mettersi in luce (il simbolico "treno") che si presenta una volta nella vita e va di conseguenza colta al volo, nel caso di Morrow fu proprio un treno nel senso più letterale del termine che rischiava di precludere al giocatore la possibilità  "to make an NBA team" per spedirlo invece in Ucraina dove c' era già  un contratto pronto per lui.

In realtà  Morrow poi arrivò puntuale alla gara come si dimostrò assolutamente puntuale durante il torneo nel tenere fede al suo biglietto da visita di tremendo tiratore, tanto che a Las Vegas inscenò una sorta di clinic di tiro infilando 16 dei primi 19 tiri da 3p e in seguito fu addirittura MVP della Rocky Mountain League che i Warriors disputarono nello Utah.

Clinic di tiro che Morrow riuscì a traslare poi nella NBA grazie alle sensazionali prestazioni contro Clippers e Portland, subite marchiate a fuoco dalle parole di Don Nelson: "È un vero affare, una garanzia ("The real deal", appunto), ma non abbiamo ancora imparato a giocare con lui; ho detto alla squadra che dobbiamo sapere dove il ragazzo si trova in ogni momento. Dobbiamo trovarlo sul perimetro per dei buoni tiri perché è davvero una sentenza".

Purtroppo però le parole e i giudizi di Nelson contengono sempre delle controindicazioni, hanno dentro di sé qualcosa di sinistro tanto che spesso invece di rappresentare una vera e propria consacrazione, sono invece il preludio a momenti difficili e in saliscendi, tanto che a Matt Steinmetz, bordocampista dei Warriors, verrebbe quasi voglia di chiamarlo "Mr Jinx" (Signor "Jella").

L' archivio personale di Nelson è ricco in questo senso di vari "ipse dixit": Belinelli due anni fa venne definito "sensazionale e pronto a diventare una stella", Webber nella sue seconda reincarnazione con i Warriors era pronto secondo Nelson a giocare 30/35 minuti a sera, Mike Dunleavy avrebbe dovuto essere l' "ala piccola creativa della squadra".

Risultato: tutti e tre sono spariti per motivi diversi dagli orizzonti della squadra, mentre Morrow nelle successive tre gare ha visto scendere costantemente il suo minutaggio.

In realtà , l' impiego incostante di Morrow nel primo anno con i Warriors si spiega anche con una lettura più profonda delle stesse parole di Nelson che mettono in evidenza un preciso aspetto del suo gioco: la capacità  di muoversi senza palla e farsi trovare libero in situazioni di catch&shoot, prerogativa fondamentale non solo dei tiratori puri (Reggie Miller) ma soprattutto dei giocatori che non avendo al momento altri grandi risorse tecniche, devono sfruttare in pieno il tiro perimetrale.

Da questo punto di vista il sistema di Nelson è una specie di arma a doppio taglio per le caratteristiche di Morrow: da un lato, prediligendo il gioco in velocità  e in transizione, spesso si sono presentate al giocatore favorevoli opportunità  di tiro dalla distanza a difesa non schierata. Viceversa è il gioco dei Warriors a metà  campo che non sempre si dimostra compatibile con tali caratteristiche: Nelson infatti tendeva ad insistere con gli isolamenti in 1c1 di Jackson, Maggette e, una volta rientrato, Ellis, piuttosto che creare un sistema basato sulla circolazione di palla o su "blocchi" per liberare i tiratori.

Dal momento che gli isolamenti si concludevano più con iniziative personali che con scarichi dopo i raddoppi per trovare i giocatori rimasti liberi sul perimetro, notoriamente è difficile per un tiratore trovare ritmo in un attacco così asfittico e poco fluido.

Tuttavia, nonostante le logiche difficoltà  del primo anno legate ovviamente all' inesperienza, alla continua precarietà  della squadra e al gran numero di esterni presenti nel roster che comportano inevitabilmente una problematica ripartizione e gestione dei minuti, la conferma del giocatore per il 2009/10 rappresenta la possibilità  di dare continuità  e possibilmente migliorare il rendimento del primo anno.

Una conferma che per certi versi arriva persino un po' a sorpresa se è vero che ad inizio estate la dirigenza nel tentativo di sfoltire il reparto guardie sembrava intenzionata a mettere sul mercato Morrow per puntare invece sulla maggiore completezza tecnica di Belinelli.

In ogni caso, la svolta in favore del primo, coincisa anche con la cessione di Belinelli a Toronto, porta con sé dei risvolti che vanno anche al di là  del semplice valore tecnico e statistico del giocatore: la volontà , per esempio, di valorizzare la sua solidità  mentale e caratteriale, una risorsa umana che può essere davvero rilevante in un ambiente giovane e instabile per questioni di maturità , oltre che di scadenti risultati tecnici.

In secondo luogo la sua scoperta è la conferma di una notevole abilità  da parte della dirigenza (in particolare l' ex G.M Mullin") nello scovare giocatori dal sommerso per poi valorizzarli: Azubuike è stato reclutato dalla D-League quando Nelson pensava si trattasse di una bottiglia di liquore, C.J. Watson dopo un passato in Italia per la verità  tutt' altro che brillante, ha dimostrato lo scorso anno di poter essere per lo meno un buon back-up come point-guard.

A questo punto, per il 2009/10, Morrow rappresenterà  uno dei principali giocatori giovani su cui la dirigenza proverà  a ricostruirsi un' immagine credibile e soprattutto sarà  uno dei pochi elementi a costituire una parziale continuità  con il corso dirigenziale appena terminato con il divorzio dei Warriors da Mullin.

In un biennio come quello appena trascorso in cui i Warriors hanno gradatamente ristrutturato i vertici dirigenziali svuotando sempre di più la figura di Mullin, cedendo i giocatori acquistati dallo stesso (la clamorosa rinuncia al Barone, le cessioni di Harrington, Crawford, Belinelli fino alla ideale chiusura del cerchio culminata nella separazione con il G.M. stesso) e in cui altri giocatori di quel corso sembrano sempre sul punto di finire sul mercato (Jackson ma anche Ellis), Morrow, Randolph, Azubuike e Biedrins saranno i superstiti di un deludente passato recente rispetto al quale provare a cambiare rotta.

Se gli obbiettivi di una franchigia si realizzano necessariamente anche attraverso lo sviluppo dei suoi giocatori, ecco che gli intensi e continui work-out sostenuti dalla coppia Anthony&Anthony (Morrow e Randolph) durante l' estate non sono stati altro che la prima tappa di un ipotetico percorso in cui i due giovani si propongono di migliorare individualmente aiutando così di riflesso la crescita della squadra.

E fin dall' inizio delle sessioni estive è apparso piuttosto chiaro quali fossero gli i traguardi personali che Morrow si era prefissato di raggiungere attraverso le sue sedute tecniche: il giocatore infatti "ha trascorso la sua off-season lavorando principalmente sul suo ball-handling per avere un migliore feeling con la palla, migliorare il suo controllo della palla e andare più veloce in palleggio. Ha lavorato poi sulla sui tecnica (mobilità  di piedi, senso della posizione, lettura di gioco) per avere più opzioni offensive a suo favore. Le difese ora sanno che è un tiratore e lo staff di allenatori ora vuole che Morrow migliori nei pick&roll, nel tirare dal palleggio, nel penetrare fino al ferro" – Marcus Thompson, San Josè Mercury News.

E una volta di più sono emerse le sue doti di infaticabile lavoratore: "La sua etica lavorativa è assolutamente fuori dal comune; incredibile, diventerà  sicuramente buono" – Stephen Silas, assistant coach.

Testimoni oculari riportano in questo senso di averlo visto realizzare impressionanti shootaround in cui il giocatori avrebbe sparato da oltre l' arco dei 3p prima un' agghiacciante 90/102 per poi ripetersi il giorno dopo con 98/114" Così, tanto per vedere l' effetto che fa, e tanto per ribadire che l' Ucraina è meglio conoscerla attraverso i mezzi di informazione che di persona"

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