The Steve Nash Legacy

Rinnovo biennale per Nash che rimarrà  in Arizona alla guida dei Suns

"I miei idoli sono Isiah Thomas, Micheal Jordan e Magic Johnson. Penso che erano così competitivi e così creativi. Specialmente Isiah, che non era poi così alto. Mi faceva credere che anch'io avrei potuto trovare un modo per fare lo stesso" (Steve Nash)

Normolineo in un mondo di giganti, atleticamente normodotato in un campionato di super atleti, Steve Nash è un pianeta unico nell'universo della NBA, diverso da qualunque altro giocatore del nuovo millennio. Capelli sempre spettinati, 191cm per 89kg, ball-handing d'altissimo livello e una visione di gioco fuori dal comune, unita ad una tecnica di tiro perfezionata con ore di allenamento.

Nato in Sud Africa nel 1974, da madre gallese e padre inglese, giocatore professionista di calcio emigrato per lavoro fino a Johannesburg, Steve cresce però in Canada, paese di cui possiede la cittadinanza, dove scopre il basket all'High school di St.Micheal Vict.

Nonostante chiuda il suo ultimo anno tra i liceali sfiorando la tripla doppia di media (21,3pt, 11,2 as, 9,1 rb) la poca competitività  del torneo a cui partecipa non gli permette di entrare negli oltre 30 college a cui aveva mandato un video-tape di presentazione, idea poco fortunata avuta dal suo coach. L'unico a credere in Steve fu l'allenatore di Santa Clara che rimase colpito dopo averlo provinato e gli offrì una borsa di studio.

Nei quattro anni ai Broncos Steve guidò la squadra a tre partecipazioni al torneo NCAA. Durante l'anno da freshman fu eletto MVP del torneo della WCC (Wes Coast Conference), primo giocatore al primo anno a riuscirci, torneo vinto per due volte.

Negli ultimi due anni a Santa Clara fu eletto MVP della Conference e durante il suo ultimo anno fu eletto All-America. Nel 1993 portò il Canada alla medaglia d'argento alle Universiadi, battuti solo in finale dagli USA di Finley.

L'entrata nel mondo NBA si preannunciava ricca di soddisfazioni per il giovane Nash.
Scelto alla 15 dai Suns, una squadra che l'allora coach Angie aveva predisposto per un gioco veloce in cui Steve si sarebbe inserito facilmente.

Come PG titolare un Kevin Johnson sul viale del tramonto ma in grado d'essere un insegnante come pochi, per Nash invece il primo anno fu avaro di soddisfazioni. Infatt i Suns durante l'estate presero Jason Kidd da Dallas, talento emergente su cui puntarono da subito, relegando Nash in panchina e a soli 10 minuti giocati a partita.

Dopo un secondo anno in cui aumentarono i minuti d'impiego perchè spesso schierato da guardia accanto a Kidd, durante l'estate Nash accettò il trasferimento ai Dallas di coach Nelson e del giovanissimo Nowitzki.

Il tedesco e il canadese erano le scommesse su cui rilanciare la franchigia del Texas, formando con Finley un terzetto dal potenziale offensivo difficilmente eguagliabile. Dopo due anni di rodaggio e qualche difficoltà  i nuovi Mavs erano pronto all'assalto al titolo.

Le cifre di Nash non erano ancora da All-Star, anche perché il nuovo proprietario Cuban aveva aggiunto alla squadra due ottimi giocatori come Walker e Jamison che richiedevano possessi e tiri in attacco. Nash ora guidava una squadra potenzialmente da titolo.

Il pick-and-roll con Nowitzki era una delle giocate meno marcabili della lega ma i loro sogni s'infransero contro gli Spurs nella finale di Conference del 2003.

Free-agent nel 2004, Cuban rifiutò di concedere un contratto lungo e redditizio a Nash che decise di tornare ai Suns dove lo aspettava D'Antoni e una squadra da meno di 30 vittorie in stagione. Il gioco ultra offensivo di D'Antoni e la guida di Nash in regia portarono i Suns a raggiungere 62 W la stagione seguente.

Per due anni consecutivi Nash vinse il titolo di MVP della lega, primo giocatore bianco dai tempi di Bird ('86) e uno dei soli nove giocatori a farlo per due anni consecutivi. Phoenix viaggiava ad oltre 110 punti di media a partita, Nash a 18 punti a oltre 10 assist di media. Ancora una volta però i sogni di titolo s'infransero contro San Antonio nella finale di Conference del 2005 e Dallas nel 2006.

Steve Nash ha dimostrato di essere un vincente a livello personale ma non è riuscito a vincere il tanto desiderato titolo NBA. La domanda, ad oggi, è se Nash sarà  in grado di guidare i Suns al titolo nei prossimi due anni?

Il rinnovo biennale per 22 milioni complessivi sancisce la fine della carriere del canadese nei Suns e preclude probabilmente allo stesso tempo ogni sua ambizione di titolo.

I Suns sono una squadra in rifondazione. Dopo l'abbandono di D'Antoni, causa contrasti con il GM Kerr, la guida tecnica non è più stata salda e le decisioni prese negli ultimi anni si sono rivelate poco producenti. Dopo le cocenti delusioni del 2005 e del 2006 era evidente che la mancanza di un centro di spessore fosse la causa delle mancate vittorie nei play-off, unito ad una tendenza a sottovalutare la fase difensiva.

Alla base del gioco di D'Antoni c'era un ritmo altissimo e un numero di possessi superiore a qualsiasi altra squadra, che rendeva al massimo solo se in fase difensiva venivano concessi alcuni vantaggi agli avversari.

Ad esempio era un regola quella di non commettere falli pur di non abbassare il ritmo di gioco, quindi gli avversari dei Suns erano invogliati a loro volta a prendersi delle conclusioni rapide. Il loro modo di giocare prevedeva un quintetto atletico, votato alla corsa e alla ricerca degli intercetti e ai recuperi più che ad una difesa conservativa. Lo scambio che portò Shaq in Arizona e Marion in Florida fu orchestrato dal solo Kerr ma mai digerito da D'Antoni.

Kerr aveva potenziato la squadra con il giocatore che secondo le sue idee mancava.
Un centro dominante, anche se a fine carriera, che portava esperienza e presenza vicino a canestro. D'Antoni vedeva però così snaturalizzato il suo progetto.

A quel punto la convivenza tra il coach e il Kerr era impossibile e vista l'eliminazione dai play-off del 2007 l'allontanamento di D'Antoni era scritto e si materializzò nell'estate seguente. La mancata partecipazione alla post season del 2008 sanciva invece il fallimento del progetto "Shaq" e del nuovo allenatore Porter, allontanato già  a metà  stagione.

Analizzando il roster dei Suns sconfitti in finale di Conference 2005 troviamo tra i giocatori più rappresentativi Nash, Stoudamire, Barbosa, Joe Johnson, Quentin Richardson, Jim Jackson e Marion. Una squadra forse troppo debole sotto canestro per poter vincere.

Per rimediare nella stagione successiva oltre ai confermati Nash, Stoudamire, Marion, Barbosa e Jackson arrivarono Bell, House e James Jones tra gli esterni per sostituire Johnson e Richardson, ma sopratutto Kurt Thomas, Tim Thomas e Brian Grant come lunghi. Squadra meglio attrezzata ma arenatasi contro i Dallas di un Nowitzki stellare.

Ad oggi oltre a Nash ormai 35enne e Stoudamire che viene dall'ennesimo infortunio, Phoenix può schierare Barbosa e J Richardson, un Grant Hill a fine carriera, il neo acquisto Frye, il secondo anno R. Lopez e il neo arrivo da Cleveland Pavlovic, Ben Wallace è stato liberato ed è tornato a Detroit. Un paragone impietoso con la squadra del 2006, giovane e di prospettiva nei suoi giocatori di riferimento, con il solo Nash oltre la trentina.

Il futuro prossimo dei Suns non è roseo e passa decisamente dalle mani di Nash e di Stoudamire, non è escluso che un posto ai play-off si possa strappare, magari l'ottavo, sempre considerando il livello altissimo e forse mai così equilibrato della Western Conference.

Scaricato Marion, troppo pretenzioso e troppo prima donna, neanche Shaq è servito allo scopo ed è scappato ai Cavs. Perso D'Antoni per divergenze tattiche, forse la mossa coraggiosa, probabilmente impopolare, ma che darebbe un senso al futuro dei Suns sarebbe scambiare sia Stoudamire che Nash, simboli di una squadra che non c'è più ma che stancamente si sta trascinando verso il basso.

Ripartire da un gruppo nuovo e faticare per qualche anno sarebbe più costruttivo che rimanere aggrappati a giocatori che a Phoenix hanno dato tanto ma che non possono fare parte del fututo.

Restare ai Suns per Nash significa abbandonare ogni speranza di titolo.
Strappato un biennale ad ottime cifre è probabile che scaduto il contatto Nash si ritiri.

Una possibilità  alternativa invece è quella che, libero dal contratto dei Suns, ormai vicino ai quarant'anni, metta le sue doti al servizio di una contender, magari senza grandi pretese di minutaggio, come cambio di un playmaker più giovane, pur di provare a vincere l'anello.

Immaginare Steve al servizio di una squadra come gregario, svolgendo il suo compito senza quel pizzico di visionaria follia che ha sempre contraddistinto il suo gioco renderebbe tutto più grigio e più triste.

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