Draft ’09: Early Entrants

Per Ricky Rubio non servono presentazioni…

Terminiamo la rassegna sui prospetti "international" più interessanti in vista dell'imminente draft con i cosiddetti "early entrants", vale a dire coloro che hanno scelto di dichiararsi eleggibili per il draft prima dell'entrata automatica.

Tra quelli che verranno approfonditi ognuno avrà  la possibilità  di sperare in una scelta al primo giro o all'inizio del secondo. Per comodità  inseriamo in questa categoria anche i due americani Brandon Jennings e Patrick Beverley, visto che entrambi sono nati dopo il 1987, anche se per loro, secondo i regolamenti della NBA, l'entrata è stata automatica avendo disputato la passata stagione in un campionato professionistico.

RICARD "RICKY" RUBIO
(1990, 192 cm, 82 kg, PG, Joventut Badalona)

Cominciamo subito con il pezzo da novanta, il fenomenale ragazzo catalano, Ricky Rubio. Non stupisce che si dichiari per il draft a nemmeno 19 anni, perché tutta la sua ancora giovanissima carriera è stata all'insegna di una precocità  quasi incredibile nel basket odierno.

Rubio ha buona statura per la posizione di PG, ma soprattutto braccia lunghissime; gli manca qualche muscolo, ma essendo così giovane è piuttosto normale ed avrà  tutto il tempo per metterne su.

In ottica NBA è un atleta solo discreto, anche se certo non terribile come talvolta viene considerato: non è esplosivo né un grande saltatore, ma ha buona rapidità  e piedi abbastanza veloci. Considerandone la statura e il grande talento, queste sue caratteristiche dovrebbero bastargli.

Ha grandi doti di ball handling con ambedue le mani: sa battere l'uomo in uno contro uno grazie alla sua abilità  nel cambiare velocità  e direzione nel palleggio, riconoscendo immediatamente se il difensore è in una posizione sbagliata e attaccandolo di conseguenza, andando con uguale facilità  a destra e a sinistra.

Porta palla con estrema sicurezza e facilità  anche sotto pressione e nel traffico, sempre in controllo, a testa alta e pronto a servire un compagno; infatti è già  un passatore di alto livello anche per la NBA, in grado di trovare un passaggio smarcante in qualsiasi situazione.

Eccellente nel giocare il pick&roll, serve il proprio lungo con i tempi giusti ed esegue passaggi complicati dal palleggio nel traffico facendoli sembrare semplici. Sa creare dal nulla per i compagni ma sa anche limitarsi al passaggio semplice quando ce n'è bisogno, anche se ogni tanto prende qualche rischio di troppo (ma considerate le sue capacità  sono rischi che nella maggior parte dei casi vale la pena prendersi).

Talvolta i suoi compagni attuali non si aspettano determinati passaggi o non sono in grado di concludere in certe situazioni: nella NBA avrà  ricevitori con più talento e più atletismo e quindi per lui sarà  ancora più facile pescarli. Ovviamente la sua situazione tecnica ideale sarebbe di gestire una squadra che voglia correre, in modo da poter sfruttare al massimo la sua creatività  ed il suo controllo di corpo e pallone anche in velocità , ma ha le armi necessarie anche per essere il playmaker di una squadra che giochi prevalentemente a metà  campo.

E' chiaramente un giocatore che pensa prima a mandare a canestro i compagni e solo dopo a cercare una conclusione personale, e con buone ragioni, visto che le sue potenzialità  realizzative non sono all'altezza di quelle da passatore.

Battuto l'uomo dal palleggio può concludere con ambedue le mani ed ha tocco discreto, ma manca di esplosività  e forza fisica, per cui se non anticipa in velocità  l'aiuto del lungo con un movimento di tiro accelerato, come peraltro gli riesce spesso, fa fatica a finire nel traffico già  a livello europeo.

Ma il punto debole del suo gioco, al momento, è chiaramente il tiro in sospensione: un palleggio-arresto-tiro dalla media lo renderebbe molto più pericoloso anche come realizzatore, ma al momento non è ancora abbastanza continuo in questo particolare, e paradossalmente è più efficace nel tiro da tre punti.

Quando ha la possibilità  di prendersi una tripla piedi per terra è ormai sufficientemente affidabile nonostante una meccanica di tiro onestamente bruttina (piuttosto lenta, “strappata” e con poca elevazione), che infatti gli rende assai difficile anche solo prendersi un tiro dal palleggio a meno che il difensore non gli lasci metri di spazio.

Arrivati a questo punto, però, non si può omettere di scrivere due parole riguardo all'infortunio al polso destro che lo ha tenuto fuori per i primi mesi della passata stagione, e condizionando pesantemente il suo gioco per diverse settimane anche una volta ritornato, a fine 2008: per diverse partite ha infatti giocato in sostanza solo con la mano sinistra, e una parte delle sue difficoltà  al tiro in questa stagione è certamente ascrivibile a questi problemi.

Difensivamente, Rubio mostra di avere piedi migliori rispetto a quanto gli venga spesso riconosciuto, ed anzi non è un'esagerazione dire che nel complesso è un ottimo difensore a livello europeo; è molto aggressivo sulla palla, pressando il portatore con intensità  e sfruttando le sue braccia interminabili per infastidirlo nel palleggio e impedirgli la visuale nel passaggio.

Ha anche mani veloci per strappare la palla a un attaccante disattento che gli palleggi davanti ma è molto bravo a non incorrere in falli di ingenuità  nonostante il suo stile aggressivo.
La sua mobilità  laterale è buona, non straordinaria, ma la sua capacità  di capire le intenzioni dell'attaccante spesso gli permette di tenere anche giocatori più rapidi in uno contro uno.

Nella NBA farà  più fatica contro quel genere di giocatori ed avrà  certamente bisogno di un periodo di adattamento, ma sembra improbabile che sarà  "mangiato vivo" come alcuni, in America, gli prospettano. Anche lontano dalla palla è molto pericoloso, grazie a intelligenza e rapidità  di gambe e mani: recupera tanti palloni intercettati sulle linee di passaggio ed è rapidissimo nel portare raddoppi; non disdegna neanche flop e giocate di “mestiere” da veterano nonostante la giovanissima età .

Una cosa su cui fa ancora fatica è il seguire il proprio uomo sui blocchi, a causa del fisico non ancora perfettamente potenziato.

In generale, si può capire che si tratta di un giocatore speciale anche solo dal suo modo di stare in campo: non si può assolutamente accusarlo di essere un giocatore soft, anzi gioca con grande intensità  sui due lati del campo e non teme i contatti fisici, si tratti di attaccare il canestro, accettare un cambio su un giocatore più grosso o piazzare un blocco su un lungo avversario. Nonostante sia sempre, tuttora, il giocatore più giovane in campo mostra già  segnali di grande leadership e personalità  con compagni; ha insomma esattamente l'atteggiamento che ogni coach vorrebbe dal proprio playmaker.

La passata stagione è stata travagliata per lui, dopo la positiva esperienza olimpica: l'infortunio al polso gli ha praticamente impedito di giocare l'Eurolega, facendogli saltare la maggior parte delle partite e condizionando il suo rendimento nelle poche in cui è sceso in campo, e senza il miglior Rubio la Joventut non è riuscita ad approdare alle top 16.

Nei playoff della ACB ha inoltre subito un infortunio al ginocchio nella prima partita ai quarti di finale contro il Real Madrid; è stato poi presente nelle due partite seguenti ma non nelle migliori condizioni, ed alla fine i suoi sono stati eliminati in gara 3.

In tutto questo, ci sono state beghe contrattuali con la società : Rubio ha ancora diversi anni di contratto con la Joventut, a cifre molto basse per il valore del giocatore, inizialmente 80.000 € annuali poi raddoppiati unilateralmente dalla società .

Il problema è ovviamente rappresentato dal suo buyout, che si aggira intorno ai 5 milioni di €, una cifra spropositata in considerazione del suo salario e del fatto che la squadra che lo sceglierà  al draft potrà  contribuire solo per 500.000 dollari, il che significa che Rubio dovrebbe metterci i restanti soldi di tasca propria; soldi che, pure tra il contratto di una seconda/terza scelta assoluta e le sponsorizzazioni che riceverà , restano una somma molto importante.

Rubio e i suoi agenti hanno cercato di trovare un accordo con la società  per una cifra inferiore, ma non ci sono riusciti; recentemente, hanno minacciato di ricorrere in tribunale, basandosi sul fatto che il contratto è stato firmato quando Rubio era minorenne e che il buyout è sproporzionato rispetto al salario percepito dal giocatore. La situazione non è ancora risolta ma la forte impressione è che in ogni caso lo spagnolo andrà  da subito nella NBA.

A tal proposito bisogna precisare che vedendolo giocare, ci si dimentica del fatto che non ha ancora 19 anni: da una scelta tra le prime 3 solitamente ci si attende un grande impatto fin da subito, ma sarebbe sbagliato aspettarsi che sia una stella fin dal primo giorno; avrà  invece bisogno di ambientarsi, adattarsi al gioco americano, lavorare sul proprio fisico e sul tiro da fuori.

Credo personalmente che sia già  in grado di contribuire, ma ci vorrà  del tempo per realizzare tutto il suo immenso potenziale e di tempo sarà  giusto dargliene. In ogni caso, è indubbiamente vero che Rubio sia stato “pompato” come nessun altro prospetto europeo finora, ma ci sono molte buone ragioni per questo.

Sarà  comunque una delle primissime scelte, anche se non è facile capire chi alla fine se lo accaparrerà .

BRANDON JENNINGS
(1989, 183 cm, 77 kg, PG, Virtus Roma)

E' il momento di uno dei giocatori più chiacchierati nell'ultimo anno: Brandon Jennings, a seguito di qualche problema avuto per l'ammissione ad Arizona, ha deciso di saltare completamente l'opzione di andare al college e fare ciò che finora nessun prospetto del suo livello aveva ancora fatto, e cioè andare a giocare professionalmente in Europa, proprio nel nostro Paese.

Jennings non è particolarmente alto per la posizione, ma ha braccia lunghe; a lui come un po' a tutti manca qualche chilo ma nulla di preoccupante.

E' atleta di altissimo livello, capace di piazzare accelerazioni fenomenali e incredibilmente veloce in campo aperto; inoltre è anche dotato di grande elevazione.

Ball handling eccellente, con un crossover letale e la capacità  di cambiare velocità  e direzione in un attimo grazie alle sue grandi doti atletiche sono le sue migliori qualità  tecniche. C'è da aggiungere che è mancino, il che lo rende ancora più pericoloso.

In uno contro uno è parecchio difficile da contenere, in campo aperto praticamente impossibile: nelle penetrazioni a difesa schierata fatica a finire il movimento una volta battuto l'uomo, a causa della sua mancanza di forza e del fatto che comunque le aree in Europa sono in genere molto più piene e i contatti concessi molto più spesso; ma con qualche muscolo in più e il maggior spazio che troverà  nella NBA potrebbe perfino essere più facile per lui.

Ha un palleggio-arresto-tiro dalla media-lunga distanza con un tocco promettente, dai risultati però alterni e con una meccanica di tiro veloce ma perfettibile, troppo spesso tendente ad andare fuori equilibrio; problema che peraltro si riflette anche sul suo tiro da fuori, ancora molto incostante in qualsiasi situazione.

E' un playmaker di stile decisamente americano, e anche per questo ha sofferto nel basket europeo (oltre che per il fatto che molte volte da playmaker non ha giocato, visto che tra i suoi compagni a Roma c'erano giocatori come Ibby Jaaber o Sani Becirovic che gli impedivano di giocare come vorrebbe).

Infatti Jennings è un giocatore che, al momento, per rendere al meglio ha bisogno di monopolizzare il pallone, in modo da poter creare personalmente per i compagni, mentre in Europa serve soprattutto saper eseguire, e gestire un attacco con precisione e lucidità , cosa che a Jennings è riuscita assai di rado nella sua esperienza italiana e che del resto è stato difficile per lui migliorare vista la situazione tecnica in cui si è venuto a trovare.

Queste sue difficoltà  non sono certo presenti perché il ragazzo californiano non sia un buon passatore, comunque, giova ricordarlo: se lasciato libero di creare, anzi, dimostra grandi istinti per il passaggio in qualsiasi situazione, con una predilezione per la spettacolarità  che si concretizza soprattutto in contropiede, ed è perfettamente in grado di eseguire qualsiasi tipo di passaggio con naturalezza ed efficacia; semplicemente deve ancora imparare il mestiere di un playmaker vero per mettere insieme tutte le sue qualità , e a Roma non ha avuto possibilità  di farlo (anche per colpa sua).

Paradossalmente, ma nemmeno poi tanto, l'impatto maggiore avuto nel suo periodo italiano è stato difensivo: la sua incredibile rapidità , le sue braccia lunghe e la sua aggressività  possono mettere in seria difficoltà  qualsiasi portatore di palla, e gli permettono di recuperare diversi palloni intercettando le linee di passaggio; chiaramente tutta la sua inesperienza ed immaturità  si notano anche da questa parte del campo, visto che spesso si fa prendere dalla foga commettendo banali ingenuità , o perde la concentrazione facendosi battere troppo facilmente.

Anche la sua scarsa massa muscolare lo ha penalizzato talvolta quando si è trovato a marcare le guardie avversarie, e nella NBA i playmaker più potenti lo metteranno in difficoltà ; però il suo impegno è migliorato con il passare dei mesi, ed ha il potenziale per essere un difensore più che adeguato una volta che farà  esperienza.

Volendo fare un bilancio della sua avventura romana, si può dire che dal punto di vista della crescita tecnica e delle opportunità  di giocare è stato un errore. Probabilmente Jennings ha sopravvalutato le proprie abilità  o sottovalutato il livello del basket europeo, pensando di poter essere decisivo ai massimi livelli europei fin da subito, pur essendo un fragile playmaker americano di 19 anni proveniente dall'high school: si è trovato di fronte a un basket completamente diverso da quello che era abituato a giocare, e in linea di massima non esattamente adatto alle sue caratteristiche attuali.

Per di più, ha scelto di andare in una squadra con ambizioni e un reparto guardie affollato come Roma, trovandosi in una situazione tecnica a lui poco congeniale, dovendo dividere il backcourt con giocatori talentuosi, di personalità  e "mangiapalloni" come Becirovic e Jaaber, ed essendo quindi costretto a guadagnarsi minuti giocando lontano dalla palla e in un ambiente con poca pazienza (meno che mai per un giocatore che aveva già  messo in chiaro che se ne sarebbe andato al termine della stagione); il cambio di allenatore in corsa poi non ha certo aiutato a stabilizzare il tutto. In retrospettiva, ma non solo, sarebbe stata una scelta decisamente migliore andare in una società  più piccola, in cui avrebbe avuto più spazio nel suo vero ruolo e meno pressione.

In definitiva, s'è ritrovato con una bella esperienza di vita per un teenager americano e con i suoi primi soldi guadagnati da professionista, ma apparentemente senza aver fatto grandi progressi dal punto di vista tecnico o grande esperienza in partita. La fatica fatta nel vecchio continente, in ogni caso, non sembra aver scalfito il suo carattere estremamente sicuro di sé ed ai limiti della strafottenza, il che non è necessariamente una cattiva cosa, a patto che riesca ad incanalare questa personalità  in senso positivo (e questo non è scontato).

E' ancora un giocatore estremamente acerbo ed avrà  bisogno di essere gestito e aiutato a migliorare con pazienza, ma il suo potenziale resta molto importante, forse superiore a quello di qualsiasi altro playmaker in questo draft, Rubio escluso. Per questo, nonostante le tante problematiche che si possono individuare relativamente al suo gioco ed al suo atteggiamento, è parecchio difficile immaginarlo al di fuori della lotteria.

OMRI CASSPI
(1988, 203 cm, 96 kg, SF, Maccabi Tel Aviv)

Casspi ha la stazza ideale per essere un'ala piccola nella NBA, ed un fisico promettente sul quale dovrebbe essere in grado di aggiungere qualche altro chilo. Agile nei movimenti, corre molto bene e ha un discreto stacco da terra: in passato era stato impostato anche da ala grande, ma viste le sue qualità  alla fine s'è deciso giustamente di provarlo solo come esterno.

Può ancora fare il 4 atipico in quintetti veloci in Europa, ma in questa stagione è successo più di rado che in passato; per l'NBA comunque è un 3 e basta.

Offensivamente ha un primo passo veloce e buone doti di palleggio con entrambe le mani, soprattutto con la sinistra nonostante sia un destro: una volta messa palla per terra è in grado di cambiare direzione con crossover o virate, anche se in queste situazioni talvolta gli capita di non proteggere la palla a sufficienza e con i difensori NBA, più atletici e lunghi, dovrà  fare più attenzione.

Ogni tanto si fa ancora tradire dalla voglia di attaccare il canestro e cerca di andare dentro dritto per dritto anche quando non c'è spazio, però finisce al ferro con grande decisione, senza paura del contatto e con buon tocco. In generale conclude piuttosto bene anche nel traffico grazie alle sue doti atletiche.

Dovrà  comunque continuare a lavorare sul proprio gioco dalla media distanza, per essere più imprevedibile nei suoi movimenti offensivi: di tanto in tanto trova dei bei canestri dopo l'uno contro uno in palleggio, ma gli serve più continuità  in questo aspetto del gioco. Da fuori è tiratore migliorato al punto da essere sufficientemente affidabile piedi per terra, seppur con una meccanica di tiro un po' particolare, poco fluida e con i gomiti molto larghi; per questo motivo non è altrettanto valido quando ha meno spazio o nel palleggio-arresto-tiro.

E' attivo anche senza palla, si muove molto e spesso si fa trovare nei pressi del canestro grazie ai suoi tagli: in un sistema che dia particolare importanza a questo fondamentale potrebbe essere molto efficace.

Non è un passatore particolarmente fantasioso, ma esegue a dovere e con i tempi giusti i passaggi che deve fare, anche se potrebbe utilizzare maggiormente il penetra e scarica. Inoltre, come già  detto, corre veloce e per questo è decisamente pericoloso in contropiede ed è quasi sempre uno dei primi ad arrivare al canestro avversario.
Difensivamente non gli manca la voglia di fare ma ha una mobilità  laterale non straordinaria, e soffre in marcatura su giocatori più piccoli che lo attaccano dal perimetro in uno contro uno, sebbene continui a migliorare di anno in anno; ogni tanto poi lascia troppo spazio per il tiro, temendo di essere battuto dal palleggio.

In compenso è già  discreto nelle situazioni che richiedono atletismo e voglia di lottare: ha buoni tempi per l'aiuto e discreti istinti per mettersi sulle linee di passaggio anche se a volte rischia troppo.

Nel complesso comunque gli serve ancora un po' di esperienza per limitare gli errori e imparare le piccole cose che gli permetterebbero di massimizzare il suo potenziale da questa parte del campo e mascherare le sue debolezze; a rimbalzo invece fa già  il suo con buona intensità  e senso della posizione ed ha buone statistiche per un giocatore che ormai viene impiegato principalmente sul perimetro.

In generale, il suo gioco si basa soprattutto sulla sua grande voglia di lottare e sul suo entusiasmo: gli piace prendersi responsabilità  e appare molto sicuro di sé, ed anzi in passato ha dato l'impressione di esserlo anche troppo; anche se a quasi tutti gli allenatori un atteggiamento del genere in fin dei conti piace, almeno finché rimane entro certi limiti, in ottica NBA Omri dovrà  armarsi di pazienza se non troverà  spazio inizialmente.

Ha deciso di dichiararsi con un anno d'anticipo dopo una buonissima stagione in cui si è imposto come uno dei giocatori più importanti nel Maccabi, il che è un bel biglietto da visita per un ventenne, e sembra deciso a tentare la carta NBA fin da subito, tanto che immediatamente dopo la fine della stagione in Israele è volato negli USA per prepararsi al draft.

Ha mostrato le sue buone qualità  fisiche alla Draft Combine e pare che stia ben impressionando nei provini privati per le squadre NBA, sfruttando le proprie caratteristiche di gioco che lo rendono adatto a un contesto di gioco simile. Ci sono per lui buone probabilità  di trovare qualche ammiratore nella seconda metà  del primo giro, e viste le sue qualità  e la sua voglia di emergere dovrebbe trovare la sua nicchia anche nella NBA come utile giocatore di complemento.

VICTOR CLAVER
(1988, 206×102 kg, SF/PF, Pamesa Valencia)

Claver è fisicamente molto interessante: alto e lungo, lo spagnolo ha un ottimo atletismo per la sua stazza: è agile e fluido nei movimenti, ed ha un buon stacco da terra, sia quanto a elevazione che quanto a rapidità  nel salto. Come a molti altri, ma a maggior ragione per qualcuno nel suo ruolo, gli farà  comodo aggiungere un pizzico di forza fisica.

Offensivamente non ha un gioco ancora particolarmente sviluppato: come si era potuto notare già  nella stagione precedente, Claver è ormai diventato un buon tiratore da fuori, in particolar modo quando non deve mettere la palla per terra. Ha infatti una buona meccanica di tiro, lo lascia partire velocemente e da quella altezza è difficile contestarlo, inoltre ha fiducia nel proprio tiro e non ci pensa due volte quando ha lo spazio per provare, anche se arriva da qualche errore.

Le sue caratteristiche fisico-atletiche gli permettono di finire con facilità  nei pressi del canestro quando è pescato dai compagni dopo un taglio, spesso con un passaggio in alley-oop, e di essere pericoloso a rimbalzo d'attacco, anche solo con deviazioni che tengano vivo il pallone; la sua rapidità  gli consente anche di attaccare e battere il difensore dal palleggio quando questo deve chiudere su di lui in recupero e quindi si trova in una situazione di svantaggio.

Però, in generale, si tratta di un giocatore che si affida principalmente ai compagni per poter segnare, non essendo in grado di crearsi con facilità  il proprio tiro; le sue capacità  di palleggio sono infatti limitate: al momento non appare in grado di battere un difensore dal palleggio in uno contro uno, neanche quando ha un vantaggio di rapidità , e una volta partito in penetrazione -a destra o a sinistra- non lo si vede praticamente mai cambiare direzione o arrestarsi dalla media distanza per un tiro, rendendolo piuttosto prevedibile.

Inoltre raramente cerca di approfittare di un vantaggio in termini di centimetri nei confronti del proprio marcatore vicino a canestro, preferendo orbitare comunque intorno al perimetro; ne consegue che, pur essendo un giocatore potenzialmente in grado di causare matchup favorevoli, all'atto pratico non ne trae troppi vantaggi, almeno al momento.

Non è un giocatore egoista, anzi sa riconoscere le situazioni in cui non conviene correre rischi e quindi perde pochi palloni; non è certamente un passatore particolarmente fantasioso ma sa fare il passaggio giusto nel momento giusto. Talvolta questa tendenza sfocia tuttavia in una certa passività .

Difensivamente Claver è un giocatore attivo e con la sua combinazione di statura e mobilità  è in grado di dare molto fastidio agli attaccanti, soprattutto in situazioni di aiuto e sulle linee di passaggio; è anche in grado di tenere discretamente su molti cambi difensivi.

In ottica NBA, però, il suo potenziale difensivo si ridimensiona: pur avendo mostrato miglioramenti incoraggianti in questo senso, sulle sue capacità  di marcare sul perimetro esterni atletici e/o dotati di buona proprietà  di palleggio rimane tuttora più di qualche dubbio. Ed in ogni caso vi potrà  marcare quasi esclusivamente i 3, visto che già  in Europa i lunghi avversari che ne hanno la possibilità  hanno buon gioco nel portarlo vicino a canestro, spostandolo facilmente a causa della sua mancanza di chili e forza fisica.

Nonostante i difetti evidenziati, Claver resta un giocatore di grande interesse, anche in ottica NBA, dal momento che le ali ventenni, sopra i 2.05, atletiche e con un buon tiro da fuori non crescono sugli alberi.

Ha anche mostrato dei miglioramenti nel corso delle ultime stagioni, ma un bruttissimo infortunio subito a fine 2008 ne ha condizionato la stagione; rientrato ad aprile, era fuori condizione e non è sembrato lo stesso giocatore visto in precedenza.

L'impressione è che, per lui come del resto per molti altri, la cosa migliore sarà  restare in Europa per un altro paio di stagioni, a prescindere da dove verrà  scelto, così da poter avere tempo e modo di lavorare ulteriormente sui propri limiti, prima di fare il grande salto, e del resto sembrano queste le sue intenzioni dopo aver firmato un prolungamento del contratto che lo lega al Pamesa Valencia. Ha comunque le potenzialità  per diventare uno dei migliori giocatori europei nel suo ruolo.

Viste le difficoltà  fisiche avute nella passata stagione e il contratto appena firmato, sembra difficile che possa valere una prima scelta in questo momento, anche perché, per lui come per molti altri giocatori europei, sentire il proprio nome chiamato sul finire del primo giro sarebbe probabilmente molto peggio di una chiamata al secondo: questo a causa delle note regole salariali per cui alle prime scelte si possono offrire solo contratti garantiti a cifre già  definite, penalizzanti rispetto a quelle che può ottenere uno come Claver in Europa, mentre per quanto riguarda le seconde non ci sono limiti.

E' chiaro che il valore potenziale del giocatore è decisamente da primo giro, e per questo una squadra che lo chiami a inizio secondo potrebbe ritrovarsi fra le mani uno steal entro poche stagioni.

RODRIGUE BEAUBOIS
(1988, 185 cm, 82 kg, PG, Cholet)

L'ultimo prospetto che approfondiremo in questo articolo, giocatore relativamente poco conosciuto ad alto livello ma dalle caratteristiche interessanti per il basket americano.

Altezza nella norma per un playmaker ma braccia davvero interminabili, il suo fisico non è ancora prontissimo per il piano di sopra ma non dovrebbe essere un grandissimo problema in prospettiva.
Estremamente veloce, rapido anche negli spostamenti difensivi, gran saltatore, è complessivamente un atleta di alto livello anche per la NBA, il che è poi il motivo principale per cui verrà  scelto.

Possiede un ball-handling solido con ambedue le mani, ma è soprattutto grazie alle sue fenomenali qualità  atletiche che è in grado di battere l'uomo dal palleggio, anche se farlo nella NBA ovviamente sarà  più difficile: riesce a finire le penetrazioni con buona efficacia grazie alla velocità  e a un tocco discreto, anche se usa quasi sempre la mano destra per concludere.

Ha un buon tiro da fuori, pure se con una meccanica non pulitissima, ed è in grado di prenderlo anche in uscita dai blocchi o dal palleggio, e di certo non mostra paura nel provarci. Resta ancora incostante in questo fondamentale, può avere giornate di grande imprecisione e viceversa, ma in ottica NBA non dovrebbe essere "battezzato".

Sta ancora imparando ad essere un playmaker, e peraltro nello Cholet si divide il ruolo con un altro prospetto di questo draft, Nando De Colo, spesso giocando in coppia con lui e affidandogli le responsabilità  principali del trattamento di palla.

Ha mostrato qualche miglioramento incoraggiante nella seconda parte di stagione ed è tutto sommato un passatore decente, sebbene dar via la palla gli piaccia molto meno che concludere personalmente; è tuttora lontano dall'essere un gestore del gioco affidabile in un attacco a metà  campo, con qualche palla persa e decisione sbagliata di troppo.

Ad ogni modo, c'è un po' di scetticismo sul fatto che possa diventare un "vero" playmaker offensivamente parlando, e quindi per lui la soluzione migliore, anche in prospettiva NBA, potrebbe rivelarsi forse l'essere affiancato nel backcourt a una guardia cui piaccia tenere la palla fra le mani e che abbia spiccate doti di costruzione del gioco, situazione che del resto per lui sarebbe simile a quella della stagione appena trascorsa.

Difensivamente è in grado di mettere grande pressione sul portatore di palla, con la sua rapidità  e le braccia lunghissime; da questo punto di vista siamo convinti che sarà  utile fin dal primo giorno.

Ogni tanto incappa in qualche ingenuità  dovuta all'eccesso di foga, ma dopotutto è normale per un giocatore della sua scarsa esperienza e l'atteggiamento è comunque positivo; fa inoltre ancora un po' di fatica a seguire l'uomo sui blocchi, ma aggiungendo qualche chilo dovrebbe essere a posto.
Beaubois ha certamente le qualità  atletiche per essere un buon giocatore NBA, soprattutto in una squadra a cui piaccia correre e che possa magari affidargli un ruolo offensivo in cui possa giocare a briglia sciolta e senza pensare troppo; bisognerà  comunque tenere conto che per molti versi è un giocatore ancora da costruire, cestisticamente più giovane dei suoi 21 anni, vista la scarsa esperienza: il materiale fisico è di primissimo ordine, ma se verrà  portato in America fin da subito ci vorrà  pazienza e occorrerà  lasciargli il tempo di crescere, cosa non semplice nella NBA.

La possibilità  che varchi l'oceano fin dall'anno prossimo infatti c'è, visto che tra l'altro il suo gioco è comunque adatto alla NBA forse più di quanto non lo sia ad un contesto europeo, ed a quanto pare ci sono diverse squadre che si stanno “innamorando” di questo giocatore. Probabile inizio secondo giro, ma non ci si dovrà  stupire troppo se dovesse finire anche al primo.

Gli altri

Patrick Beverley
(1988, 183 cm, 81 kg, PG/SG, Dnipro)

Caso interessante, è una tipica combo guard sottodimensionata made in USA, di quelle che nel nostro continente fanno spesso onde. Ottimo atleta, realizzatore e tiratore talentuoso, difensore attivo, ha il solito limite dell'essere, in sostanza, una guardia nel corpo di un playmaker.

Sospeso per un anno dalla NCAA dopo due stagioni promettenti ad Arkansas, per una questione di imbrogli scolastici che ha poi candidamente ammesso, ha deciso di farsi un anno di basket professionistico e seppur a livello non altissimo (seconda lega ucraina) ha messo ottime cifre e fatto esperienza. Potrebbe scapparci una seconda scelta, ma in ogni caso è il tipo di giocatore che dovrebbe guadagnarsi un invito a un training camp anche se non dovesse essere scelto.

Christian Eyenga
(1989, 195 cm, 95 kg, SF, Joventut Badalona)

E' un altro dei quattro giocatori targati Joventut presenti in questo draft. Africano del Congo, Eyenga è un grande atleta dal fisico già  maturo che sta ancora imparando a giocare a basket sul perimetro. Ha mostrato miglioramenti tecnici, ma pur sempre giocando nella seconda squadra della società  di Badalona, nella terza divisione spagnola. Ovviamente si tratta di un progetto a lungo termine, sorprende che abbia deciso di restare nel draft così presto. Può darsi che ci sia lo zampino di una delle franchigie abituate ad operazioni di questo genere.

Vitor Faverani
(1988, 210 cm, 118 kg, PF/C, Unicaja Malaga)

E' un lungo brasiliano di buon fisico e qualità  atletiche per la stazza.
E' dotato di mano tutt'altro che disprezzabile anche da fuori, anche se spesso ne abusa. Avrebbe tutte le doti necessarie per essere un protagonista in Europa eppure ad ormai 21 anni non è ancora riuscito a trovare spazio nell'Unicaja ed ha passato la stagione in prestito nella seconda divisione spagnola.

Stagione in cui ha continuato a mostrare i propri talenti e i propri limiti, che sono perlopiù mentali: riguardano la cosiddetta "intelligenza cestistica" e la semplice voglia di mettere intensità  in campo, rendendolo giocatore inaffidabile ed estremamente discontinuo. Non è da escludere che comunque qualcuno provi a sfruttarne il potenziale tuttora inespresso con una seconda scelta.

Sergii Gladyr
(1989, 195 cm, 86 kg, SG, MBC Mykolaiv)

E' una guardia che aveva disputato un buon campionato in Ucraina mettendo 15 punti a partita, ma che era semisconosciuta ai più prima di prendere parte all'Eurocamp di Treviso, in cui si è messo positivamente in luce mostrando un ottimo tiro da fuori, un fisico già  formato con discreto atletismo e buoni fondamentali.

Giocatore a cui manca parecchia esperienza ad alto livello ma ancora molto giovane, può avere un buon futuro. Ha ritenuto che la buona impressione lasciata a Treviso bastasse per convincere una squadra a sceglierlo, probabile che qualcuno gli abbia fatto una promessa per il secondo giro.

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