Tony LaRussa ha dominato tatticamente la post-season
Division Series
La caccia a Ottobre (poi divenuto rosso) è iniziata a Minneapolis il pomeriggio del 3 ottobre; Oakland-Minnesota, Zito-Santana. Il momento chiave di quella serie è arrivato proprio nella prima partita, non più tardi del secondo inning. Il fuoricampo da due di Frank Thomas sull'invincibile Santana ha dato agli A's quasi tutti i punti di cui necessitavano; il Cy Young Award (sarà ufficializzato a metà novembre) dell'American League ha lanciato alla grande, ma quell'unico colpo è costato la Division Series ai Twins. Già , perché il piano era trovare il modo di vincere una delle gare di mezzo, considerando che la prima e l'ultima, nelle mani di Santana, erano in cassaforte.
Invece, all'uscita dei partenti all'ottavo, Oakland era sopra 2 a 1; Gardenhire, sotto nel punteggio, non si è affidato al solido closer Nathan, dando la palla a Crain che nell'ultimo mese comunque era stato intoccabile. Il secondo homer di Big Hurt ha dato a Street la possibilità di concedere un punto nella parte bassa del nono.
Le eventuali speranze residue dei Twins si sono infrante in gara-2 su una imperdonabile scelleratezza del miglior esterno centro difensivo della lega. Il tuffo senza speranze di Hunter ha trasformato un singolo in un /b]inside-the-park home run per Kotsay, chiudendo una partita che altrimenti sarebbe stata ancora in parità .
La chiusura, a buoi già scappati, affidata a Nathan dà da pensare sull'utilizzo di Gardenhire di uno dei migliori bullpen delle Majors (l'altro è proprio quello di Oakland).
Dopo lo sweep, gli Athletics si sono messi in attesa della corazzata Yankees, che invece non è stata in grado di superare i Tigers, apparsi, nel finale della regular season, in declino inesorabile.
Il momento chiave di questo confronto è probabilmente avvenuto un mese prima che le squadre si incrociassero nei playoff. Nei giorni scorsi ci hanno ricordato che la formula pitching and defense è imprescindibile nei playoff.
Bene. New York ha un lineup stellare, domina la propria division attendendo il rientro delle mazze pesanti di Sheffield e Matsui… e si assicura i servigi di Abreu in un campo esterno dove è già dotata di Matsui, Damon, Sheffield, Cabrera e Williams (e altri).
La rotazione è Wang, Mussina e basta; i Gold Glove in campo sono fasulli (Jeter non è un difensore, Abreu nemmeno, Rodriguez li ha vinti in un altro ruolo, Williams anni orsono), tranne quelli di The Moose, che però ha altro a cui pensare.
Così un ordine di battuta che forse fa impallidire quello del 1927 con Ruth, Gehrig & co. (la terza batting average della lega è nell'ultimo slot!), esce di scena dopo quattro partite.
Leyland ha tenuto i suoi migliori partenti lontanti dal confronto con Wang e la scelta ha pagato.
La gara decisiva è stata la seconda; i Tigers hanno segnato un punto negli inning 5, 6 e 7 su Mussina, ribaltando il punteggio; Leyland, dal canto suo, si è affidato presto a Walker e alle fiamme di Zumaya (costantemente sopra le 100 mph), praticamente perfetti, prima di dar palla al closer Jones.
La serie Cardinals-Padres si presentava differente da quella della passata edizione delle NLDS: quest'anno era St. Louis la vincitrice a stento della Division più sgangherata.
La squadra del Missouri, rivoluzionata nell'arco della stagione, aveva idee simili a quelle dei Twins: due vittorie per il candidato Cy Young Carpenter e portarne a casa un'altra lungo la via.
Loro ci sono riusciti, e l'incontro chiave è, necessariamente, quello non vinto dall'asso della rotazione.
In gara-2 LaRussa si è accontentato di 5 riprese di qualità da parte di Jeff Weaver; nonostante la casella punti del partente fosse ancora intonsa, il manager ha dato fondo alle risorse del proprio bullpen, capitalizzando i 2 punti battuti a casa dal cuore del lineup (Pujols e Edmonds).
“the Dodgers have three men on base”
“which base?”
Questa sorta di barzelletta andava di moda quando i Dodgers erano stanziati a Brooklyn, ben prima dei fasti di Jackie Robinson e Pee Wee Reese.
L'episodio scatenante della derisione non fu molto differente da quanto accaduto quest'anno in gara-1 della serie con i Mets.
Il contemporaneo arrivo a casa di Kent e Drew, entrambi eliminati dal catcher LoDuca, è costato a Los Angeles le poche chances di rendere difficile la serie ai dominatori della National League.
Sweep doveva essere e sweep è stato, ma il doppio invito a correre a casa del coach di terza è avvenuto in un incontro terminato con un solo punto di scarto.
In quella partita Delgado si era preso gioco dello shift attuato su di lui, battendo costantemente valido alla destra dei difensori avversari (prima di eluderlo definitivamente con un homer).
Grady Little, già ampiamente criticato nella gestione di Pedro Martinez nelle ALCS 2003 dei Red Sox, si è esposto a possibili critiche durante la seconda partita.
Con il punto del pareggio in seconda al quinto, ha lasciato battere il partente Kuo già in difficoltà nell'ultima gita sul monte. Risultato: niente punti e Kuo rilevato nel mezzo inning successivo dopo aver fatto danni.
L'avanzamento dei Mets alla Championship Series ha preso un sapore amaro quando, nell'ultima sfida ai Dodgers, si è infortunato Cliff Floyd; New York si era presentata alla post-season già orfana dei partenti Martinez e Hernandez.
Championship Series
Difficile trovare una storia per Oakland-Detroit, la sfida per designare la rappresentante dell'American League alle World Series.
Quattro gare, altrettante vittorie per i Tigers, sempre nette (ad esclusione dell'ultima).
Interessante, comunque la prima. Zito ha avuto qualche problema di controllo durante la stagione (4 basi ball per nove inning di media, con punte a 5 in settembre); contro i Twins era spesso fuori zona, ma gli avversari non avevano avuto pazienza. I Tigers, dal canto loro, non erano arrivati ai playoff tenendo la mazza sulle spalle (terzultima in regular season per basi ball ricevute).
I punti dei Tigers sono arrivati anche a seguito delle tre basi concesse da Zito, rilevato prima della fine del quarto.
In gara-2, contro Loaiza, Leyland ha voluto aggiungere mazze mancine al proprio lineup, iniziando con Alexis Gomez (.259 e 1 HR in carriera) al posto del consueto Thames. Risultato: 2 su 3, un homer e 4 RBIs per Gomez.
Altra lega, altro scenario. Il pennant della National League è assegnato dopo sette entusiasmanti incontri; qui è difficile individuare un momento chiave, perché di azioni e decisioni importanti ce ne sono state in quantità .
A cominciare dalle rotazioni: Randolph lascia inalterata la propria strategia; LaRussa, a seguito del rainout di gara-1, inverte Carpenter e Suppan (che originariamente doveva lanciare la seconda a New York) e vince le due gare in questione.
Glavine domina la prima e LaRussa lascia Rolen fuori dal lineup per la seconda (sostituito da un eccellente Spiezio); entrambi i manager si affidano presto ai bullpen (più grave per St. Louis che schiera l'asso della rotazione). Alla fine decide il secondo HR della postseason di Taguchi, in altrettanti turni da pinch-hitter.
La terza è stata proprietà di Suppan, ma un altro paio di scelte di LaRussa meritano menzione: torna a Rolen terza base, ma lascia Spiezio nel lineup, spostandolo a sinistra; su anche Wilson, a destra, e a sedere Encarnacion e Duncan, spenti nelle prime gare. Spiezio è autore di un triplo, Wilson segna due punti, e Rolen trova la prima valida nella serie.
Il partente dei Mets Trachsel concede 5 punti ed è fuori gara al secondo inning per una contusione sulla battuta di Wilson; Randolph, che ha usato sei rilievi la sera prima, chiama Oliver (passato da partente) che mangia sei inning, fornendo un contributo prezioso per il prosieguo della serie in una gara già persa.
Dopo l'esplosione di gara-4, i Mets ripropongono Glavine, intoccabile nell'opener, ma con soli tre giorni di riposo; Randolph telefona al bullpen prima che finisca il quinto.
Nel sesto attacco St. Louis, Jeff Weaver, già a 95 lanci, è sostituito da un pinch-hitter: LaRussa, devoto al platooning quasi all'ossessione, sorprende tutti affrontando il mancino Feliciano con il mancino Duncan… L'homer di Chris rende geniale la scelta del manager, e mette la partita al sicuro sul 4 a 2.
La sesta è la partita della sopravvivenza per Randolph, che non esita a rimuovere un eccellente Maine (solo una valida concessa), per mettere Bradford contro Rolen: la battuta in doppio gioco legittima il ricorso precoce al bullpen da parte del manager newyorkese.
A inizio settimo, con corridore in prima e uno fuori, tocca a Carpenter, che ha soli 76 lanci nel braccio; LaRussa, sotto 2 a 0, sente che, con soli otto out dalla fine, è ora di provarci. Pinch-hitter Duncan, mancino; Randolph risponde rimuovendo Bradford, destro, sostituito da Mota, pure destro: la scelta curiosa paga perché, ancora una volta, un doppio gioco chiude la ripresa.
Queste sono le scelte che un manager di American Leaugue non deve mai affrontare; quando Looper consente ai Mets di segnare altri punti, la decisione di togliere il partente assume una sfumatura differente.
Nella settima e decisiva, per due volte Randolph concede fiducia al partente Oliver Perez, che ha tre soli giorni di riposo. Prima si sbarazza di Wilson e Prince Albert con due uomini in base al quinto; poi è graziato dal volo di Endy Chavez che trasforma un homer da due di Rolen in un doppio gioco difensivo, preservando la parità dopo sei inning. Se i Mets avessero vinto la serie, quell'azione sarebbe entrata nei libri di storia; le avrebbero pure dato un nome, come in precedenza accadde a “The shot heard 'round the world“, “Merkle's boner” e poche altre.
Nella parte bassa della stessa ripresa è chiamato in causa lo stratega LaRussa: un errore di Rolen mette gli uomini in seconda e terza con un solo eliminato; Tony ordina l'intenzionale a Green e Suppan viene fuori dai problemi con un K e un debole F8.
L'homer di Molina al nono rompe l'equilibrio, ma c'è ancora tempo per giocare a scacchi.
I primi due uomini dell'ultimo attacco New York giungono in base, preparando una possibile bunt-situation.
Randolph toglie (ovviamente) dal box il pitcher e chiama il claudicante Floyd: niente bunt e strikeout; il finale è mister-playoff Carlos Beltran nel box con le basi piene e due fuori… tutti sappiamo come è finita.
Sull'ultima decisione di Randolph si può discutere all'infinito. Io sono con lui: tento la mia carta migliore, tanto più che eseguire una buona smorzata sulle fastball a 95 miglia e l'ottima curva di Wainwright non è cosa scontata.
World Series
Eccoci così giunti al grande show finale… per modo di dire!
Gli esperti davano Detroit strafavorita: migliore nella rotazione, nel lineup e nel bullpen; nessuna squadra con così poca pazienza nel box era mai arrivata tanto avanti ma, dal primo momento che era lì, per tutti si sarebbe sbarazzata agevolmente di St. Louis.
“Detroit in 3“, aveva titolato qualcuno.
LaRussa non è stato d'accordo: come sempre Tony aveva le sue informazioni e, come sempre, le ha sfruttate a dovere, istruendo i propri lanciatori su come lavorarsi l'impaziente attacco avversario.
La vittoria di Reyes in gara-1 ha indirizzato la serie nelle mani dei Cardinals: battuto il solido Verlander – a cui la lunga pausa dopo lo sweep nella ALCS non ha giovato -, conquistato il fattore campo e impedito all'intoccabile Rogers di mettere la serie fuori portata in gara-2.
Quando la serie si sposta nel Missouri, una vittoria a testa senza troppo spazio per le magie dei due manager, Leyland si deve inchinare alle regole della National League, che comunque gli sono piuttosto familiari, dato il suo passato.
A inizio sesto, lo stratega dei Tigers manda un pinch-hitter nel box per Robertson; il partente se la stava cavando bene ma, nella prossima difesa, avrebbe dovuto affrontare Edmonds, di cui non aveva buoni ricordi; al cambio di campo Ledezma mette K Edmonds (che in stagione ha chiuso a .156 contro i mancini), poi Leyland chiama Zumaya per sbarazzarsi di Taguchi e Carpenter.
L'asso dei Cardinals lancia 82 palle (55 strikes) in 8 inning, e resta in partita nella parte bassa eseguendo un bunt di sacrificio; tutto indica un possibile complete game, invece LaRussa decide di chiudere con Looper.
La quarta è l'unica partita di buon livello in tutta la serie.
Terzo inning, Suppan nel box con uomo in prima e uno fuori; ancora il fascino della National League: tutti pensano al bunt, Miles corre verso la seconda e Suppan sventola per un possibile batti-e-corri; il contatto non avviene, ma Miles è salvo in seconda e segna sulla valida di Eckstein, accorciando un precoce vantaggio di 3 a 0 dei Tigers.
Al sesto è nuovamente LaRussa-Leyland show.
Rolen apre con un doppio e Tony lo porta in terza ordinando un sacrificio a Wilson (St. Louis è sotto di uno); Molina prende quattro ball e lo skipper di Detroit va a prelevare Bonderman, tutt'altro che entusiasta.
Rodney manda al piatto Miles con tre changeup; tocca a LaRussa: fuori il lanciatore Suppan e dentro John Rodriguez (a chi piace la regola del DH?), che pure termina strikeout.
Le grandi World Series sono ricordate per grandi azioni: il fuoricampo di Joe Carter nel '93, quello di Mazeroski nel '70, The Catch di Willie Mays quasi vent'anni prima.
Gli emblemi dell'edizione 2006 sono due immagini del settimo inning.
Il leadoff double di Eckstein avviene grazie a un'imbarazzante caduta dell'esterno centro Granderson; quando LaRussa ripropone la strategia di un inning prima, Rodney si unisce alla sagra degli errori dei pitcher di Detroit, regalando il pareggio e mettendo in seconda il punto del sorpasso.
Con uno fuori e punto del pareggio in terza, LaRussa decide che all'ottavo è già il momento del closer Wainwright: alle World Series i piani della Regular Season si modificano un poco.
Sulla conclusiva c'è poco da dire: qualcuno suggeriva di dare anticipatamente la palla in mano a Rogers, ma le gare da vincere erano tre e Kenny ha avuto, per tutto l'anno, numeri migliori in casa; la scelta di Verlander di tirare in terza sul bunt del collega Weaver era sensatissima… il tiro no!
La fotografia della serie è il turno conclusivo. Inge è strikeout con tre palle, due per terra: i Tigers, fedeli all'impazienza che li ha contraddistinti per tutto l'anno, hanno visto, nelle 5 partite, una media di 13 lanci a inning: di sicuro non la ricetta migliore per affaticare lo staff avversario.
La postseason 2006 non è stata tra le più entusiasmanti degli ultimi tempi; credo però che, per una volta, le successive eliminazioni delle pretendenti, fino all'incoronazione dei Cardinals, abbiano rispecchiato la brillantezza dei timonieri di ciascuna compagine.
Standing ovation, dunque, a LaRussa per la sua impeccabile gestione a ottobre; applausi a Leyland e a Randolph che, privo di alcuni ingredienti, non ha potuto confezionare la torta di cui sarebbe stato capace.