NBA Finals: Gara1 alla lavagna

Ghigno da Gioconda per il Mamba, ma la serie è appena iniziata.

Meglio non lasciarsi ingannare dal massacro di Gara1: i Magic sono una squadra tatticamente preparatissima, che ha sempre le idee chiare sul proprio gameplan offensivo e difensivo, e lo esegue senza pause e senza esitazioni.

Tanto per fare un esempio, l'impressione visiva e le cifre dell'attacco dei Lakers possono dare l'impressione che i padroni di casa abbiano fatto a fettine l'eccellente difesa dei Magic (la migliore in assoluto, statisticamente parlando, della regular season), ma i Lakers hanno fatto saltare il banco soprattutto grazie alle loro percentuali sui tiri in sospensione tra i 4 e gli 8 metri: i Magic, come tutte le squadre che “fanno i compiti” da un punto di vista statistico (i Rockets su tutte), sanno che il tiro statisticamente meno efficace nel basket NBA è il jumper dalla lunga distanza (tra i 4 metri e la linea del tiro da tre), e concentrano la loro strategia sull'invitare le squadre avversarie a prendere proprio quel tipo di tiro, negando invece i tiri nel pitturato e le triple.

Ecco, nei primi tre quarti di gioco (cioè finché c'è stata partita) i Lakers hanno tirato un irreale 11/18 su questo tipo di conclusione, grazie soprattutto ad un Bryant inarrivabile, facendo saltare inevitabilmente il piano difensivo degli ospiti: ma questo non ne pregiudica l'efficacia e la sensatezza, e nelle prossime partite, quando quelle percentuali si abbasseranno, i gialloviola troveranno molto più difficile mettere punti sul tabellone.

In ogni caso, anche soffrendo nella propria metà  campo, i Magic avrebbero potuto (e dovuto) fare molto meglio dei 75 miseri punti segnati (con una altrettanto misera efficacia offensiva di 88.2 punti per 100 possessi): andiamo quindi a vedere cosa non ha funzionato nell'attacco di Orlando, e perché, dopo aver fatto vedere i sorci verdi a due formidabili difese come Celtics e Cavs, non è riuscito a fare breccia in quella dei Lakers, normalmente abbastanza porosa.

Prima di analizzare la sua brutta prestazione in Gara 1, andiamo a vedere come si comporta normalmente l'attacco di Orlando, prendendo come esempio proprio la fantastica Gara 6 contro Cleveland.

L'attacco dei Magic: 1) Seven seconds or less

Van Gundy ha creato un attacco semplice ma efficace, che prende le mosse da pochi principi offensivi studiati apposta per massimizzare il limitato talento a disposizione.

La prima regola dimostra, come detto, che i Magic hanno fatto bene i loro conti da un punto di vista statistico: infatti, se da un lato il tiro meno efficace dell'NBA è il long jumper, d'altra parte i numeri dicono che quello in assoluto più efficace è il tiro da tre dall'angolo.

Di conseguenza, all'inizio di ogni azione offensiva la prima opzione per i Magic è sempre una tripla in transizione nei primissimi secondi dell'azione; per farlo, Orlando impone alla SG in campo in quel momento (Lee o Pietrus) di sprintare a tutta birra verso uno dei due angoli del terreno di gioco, mentre Howard attira l'attenzione della difesa invadendo il corridoio centrale con la sua esuberante potenza fisica:

Mo Williams va su per il jumper dopo un blocco di Ilgauskas, ma sbaglia, e Rashard Lewis conquista il rimbalzo aprendo subito la transizione: gli accoppiamenti difensivi degli esterni dei Cavs in questo caso sono Williams-Alston, Gibson-Lee e West-Pietrus, mentre James è su Lewis e Ilga su Howard… almeno in teoria, perché Superman prende subito un paio di metri di vantaggio sul lituano, ed è evidente che quest'ultimo non ha nessuna speranza di recuperarli.

I Cavs, che sono una signora squadra difensiva, rientrano con grande disciplina, ma la situazione non promette niente di buono: West è stato costretto a stringere al centro su Howard, per permettere ad Ilga di rientrare, ma in questo modo Gibson è preso in mezzo tra il suo uomo, Lee, e Pietrus, che ha preso posizione nell'angolo.

Ilga ha recuperato e West può tornare sul suo uomo, ma è troppo tardi: con due rapidi passaggi la palla è già  arrivata a Pietrus, che ha disposizione una tripla con tutto lo spazio del mondo, una facile penetrazione prendendo in contropiede il disperato tentativo di rientro di West, uno scarico indietro a Lee se Gibson tenta di chiudere nell'angolo, o anche un assist al centro per una comoda schiacciata di Howard.

Insomma, i Magic hanno impiegato solo i fatidici sette secondi per mettersi in una condizione tatticamente ideale, con il miglior tiro possibile a disposizione ed un ampio ventaglio di soluzioni alternative ad alta percentuale; è impossibile fare meglio di così, e infatti Pietrus prende la tripla senza esitare: solo rete.

2) Correte dietro a Superman

L'elemento determinante dell'azione precedente è l'assalto di Superman Howard al tabellone avversario, un leit-motiv che si ripete praticamente ad ogni azione: una distrazione impossibile da ignorare per qualsiasi difesa, dal momento che spesso e volentieri basta quell'assalto centrale per regalare ai suoi una facile schiacciata.

Altro jumper lungo per i Cavs (la soluzione che, come abbiamo visto, Orlando “suggerisce” preferibilmente agli attacchi avversari): il pallone rimbalzerà  sulla destra, mentre Howard e Varejao sono appaiati sulla sinistra; Superman, come sempre quando non ha da occuparsi di recuperare il rimbalzo, si precipita in attacco per linee centrali.

Il brasiliano, che pure fa dell'atletismo, dello spirito di sacrificio e degli intangibles il suo punto di forza, rientra troppo pigramente, e la belva col #12 gli prende parecchi metri di vantaggio in pochi secondi (sta già  uscendo dallo schermo, mentre il rastone arranca al centro).

Gli esterni di Orlando puntano decisi verso gli angoli del campo, e i rispettivi difensori (Szczerbiack in basso e James in alto) non hanno che da scegliere il loro veleno; chiudere su Howard realizzerebbe di nuovo la situazione vista in precedenza, concedendo un'altra facile “corner three”, ma non farlo regala una facile schiacciata a Superman: Anthony Johnson ha una chiara linea di passaggio per il suo centro, che riceve in corsa e piega il tabellone incendiando il pubblico.
Ancora una volta i Magic hanno impiegato solo sette secondi per mettere in scacco matto la difesa.

3) Difesa schierata

Se gli avversari riescono a rientrare efficacemente, negando la situazione di early offense, Howard (che ha comunque guadagnato posizione profonda) inizia ad apparecchiare la tavola in post basso.

In questo caso le difese avversarie cercano solitamente di negargli la ricezione con un anticipo forte, ma spesso con scarsi risultati:

In questo caso è Varejao che prova l'anticipo, ma la visione di Johnson non è disturbata dal suo marcatore: lui e Howard sono in pieno contatto visivo, e il lob è agevole.

West ruota tempestivamente per aiutare ed evitare la schiacciata, ma così facendo espone tutto il lato sinistro della propria difesa ad una evidente inferiorità  numerica: è l'inizio della fine, perché i Magic sono letali nel punire le difese avversarie dopo averle mosse, ribaltando velocemente il pallone verso il lato debole.

Howard è rapidissimo a scaricare sul raddoppio, e con l'eccellente spaziatura dei suoi quattro esterni Orlando ha a disposizione la solita pletora di facili soluzioni offensive. In questo caso Lee taglia verso il centro, attirando l'attenzione di LeBron, e Lewis può segnare da tre con tutta tranquillità  sullo scarico di Howard.

4) Il pick and roll e l'high double

Una delle soluzioni preferite dai Magic è il pick and roll alto di Howard, che esce per piazzare uno dei suoi blocchi granitici, e subito dopo si tuffa nuovamente verso il canestro: una giocata sin troppo semplice per richiedere una illustrazione visiva, ma che diventa veramente difficile da difendere quando il portatore di palla è “triple threat” Turkoglu, l'uomo di Howard è già  spossato dopo averlo inseguito sui 28 metri, e nell'angolo c'è Lewis in attesa.

Una variante più raffinata è rappresentata dal gioco “pollice”, in cui non è solo Howard ad uscire per piazzare il blocco, ma anche Lewis esegue specularmente lo stesso movimento: si tratta della cosiddetta situazione di “high double”.

Come si vede dalle tre immagini, la difesa a questo punto è portata ad attendersi che i due lunghi in post alto escano a portare un doppio blocco sulla linea del tiro da tre; in questa particolare versione, però, Lewis finge soltanto di portare il blocco, e va invece ad incrociare il portatore di palla sfruttando a sua volta il blocco di Howard, e quindi liberandosi alle spalle di Howard stesso:


Immagine 4

La difesa non è certo in una posizione raccomandabile: il portatore di palla ha sfruttato il blocco di Superman e punta deciso verso il ferro, e la difesa ha già  “le mani piene” per difendere su loro due (soprattutto, come detto, quando il portatore di palla è Turkoglu): Howard sta tagliando verso il canestro, e c'è bisogno di un aiuto dall'uomo di Lewis (in questo caso Ben Wallace) per non concedere un layup al penetratore o un suo scarico per la schiacciata di Howard.

Big Ben, quindi, è costretto a chiudere verso il centro, e Alston non può più concludere né servire Howard; Lewis, però, a questo punto è completamente libero, con un intero lato del campo a propria disposizione, e la scelta tra posizionarsi all'angolo o rientrare verso il centro, come ha scelto in questo caso; in entrambi i casi lo scarico è agevole, e il #9 può mettere la tripla con metri e metri di spazio a disposizione.

Gara 1: 1) Gasol e Howard

Se avete avuto la pazienza di arrivare fin qui, è giunto il momento di vedere che cosa non ha funzionato in questi schemi, che per tutti i playoffs hanno fatto le fortune dei Magic; iniziamo da quello che per tutti doveva essere il tallone d'Achille dei gialloviola, vale a dire la sfida tra la potenza di Howard e la proverbiale “morbidezza” di Gasol.

In questa immagine, Gasol ha appena segnato con una bella schiacciata su assist al bacio di Walton; ma non c'è tempo per festeggiare, perché i Magic partono subito con la loro transizione da canestro subito, e Howard ha già  un paio di metri di vantaggio sullo spagnolo: è una situazione critica per tutti gli avversari dei Magic, apparentemente identica a quella vista in precedenza con Ilgauskas.

Gasol, però, mette in mostra una grinta ed un'abnegazione che non gli sono propriamente consuete: in pochi secondi recupera su Howard, mettendosi tra lui ed il canestro; Kobe, allo stesso tempo, non si lascia impaurire dall'1vs1 Howard-Gasol, e resiste alla tentazione di raddoppiare rimanendo su Pietrus; l'early offense è disinnescata, e Howard si sposta quindi verso il post basso, incrociando il pitturato in direzione del portatore di palla.

Gasol sa di non avere alcuna possibilità  se Superman conquista posizione profonda, e quindi tenta l'anticipo forte.
I risultati, in questo caso, sono molto più efficaci della stessa situazione vista in precedenza in casa Cavaliers; come si può vedere dall'immagine, tutti i membri del quintetto dei Lakers hanno un evidente vantaggio in termini di centimetri e “apertura alare” sui Magic: le braccia lunghe di Walton disturbano la visuale di Turkoglu, e l'”ombrello” di Gasol ricopre Howard.
Di conseguenza, il lob è impraticabile.

Howard riesce finalmente a farsi recapitare il pallone, ma ormai dieci secondi se ne sono già  andati, la ricezione è statica ed avviene in una posizione molto lontana dalla sua “comfort zone”: anziché spazzare via Gasol a spallate, è costretto ad affrontarlo con una partenza frontale, dovendo fare i conti con i piedi da ballerino e l'estensione del catalano, che lo aspetta stando basso sulle ginocchia.

Superman attacca a testa bassa andando a destra, ma Gasol si muove rapido e guadagna un meritato sfondamento, il secondo fallo per il centro di Orlando: è un momento molto significativo, perché per tutta la gara questa situazione tattica, sulla carta la più favorevole per Orlando, si è conclusa quasi sempre con un nulla di fatto, grazie soprattutto alla dedizione dei centri lacustri nel mettersi sempre tra Howard e il ferro durante le transizioni difensive: non è un caso se il #12 non ha messo a segno nemmeno una schiacciata, evento più unico che raro.

2) La difesa in transizione

Ma non sono stati solo Gasol e Bynum (altrettanto efficace su Howard) ad immolarsi per i Lakers: tutti i gialloviola si sono fatti in quattro per negare a Orlando i canestri facili da “early offense” che ne hanno determinato le fortune; un evento ancor più sorprendente se si pensa che i lacustri sono sempre stati estremamente carenti nella difesa in transizione (vedi serie finale dell'anno scorso).

La situazione tattica ormai è più che nota: i Magic “invitano” Bryant (parzialmente mimetizzato sullo sfondo dei suoi compagni) al jumper lungo, e per una volta il mamba lo sbaglia, innescando la transizione do Orlando sul rimbalzo conquistato da Howard; Ariza, in basso sul teleschermo, è il marcatore designato di Turkoglu, e quindi inizia a risalire il campo per andare a chiudere sul turco.

Pietrus, come al solito, sta sprintando verso il suo angolo di competenza: Kobe però si è attardato su Turkoglu per impedire che partisse in contropiede, e così facendo il francese ha campo libero; la situazione è critica, perché Pietrus è completamente solo e Ariza è perso in una terra di nessuno, non avendo più il proprio uomo da marcare.

In questo contesto un difensore tatticamente mediocre (vedi Radmanovic nell'analisi delle Finals dell'anno scorso) si limiterebbe a “rinculare” verso il centro dell'area, e Pietrus avrebbe una facile tripla a disposizione: Ariza però esegue una di quelle giocate silenziose che nessuno nota, ma che rappresentano veri e propri colpi di classe, degni di qualsiasi numero offensivo: non appena si rende conto che Kobe è su Turkoglu, identifica immediatamente l'uomo di competenza del 24, e cambia rotta precipitosamente per andare a coprirlo.

Il risultato è straordinario: la palla passa rapidamente da Turkoglu a Nelson verso Pietrus, nel classico giro di palla dei Magic per innescare una tripla non contestata al settimo secondo dell'azione, ma Ariza ha coperto in un lampo la distanza che lo separava dal francese, andando ad intercettare il pallone.
Ancora una volta una delle situazioni tattiche preferite dai Magic, e teoricamente una delle più indigeste per i Lakers, si è conclusa in un clamoroso nulla di fatto.

3) Il pick and roll e il gioco “pollice”

Fino a questo momento abbiamo analizzato i meriti dei padroni di casa nel trovare le giuste contromisure alla devastante “early offense” di Orlando; i Magic però sono stati largamente inefficaci anche nel gioco a metà  campo, e questa volta sembrano più significativi i loro demeriti dell'abilità  altrui.

Alcuni commentatori hanno ironicamente sottolineato che “le squadre di Phil Jackson hanno problemi a difendere il pick and roll da quando il muro di Berlino era ancora in piedi”, ed in effetti è dal lontano 1989 che questa situazione tattica risulta particolarmente ostica per Zen Master.

Per riuscire a tenere botta contro una squadra che vive dei giochi a due con Howard, i Lakers hanno scelto di non seguire il bloccante (cioè, tipicamente, Howard stesso) con il suo uomo.

In queste due immagini, praticamente identiche, è evidente la ripetuta situazione di gioco a due Turkoglu-Howard che ha fatto le fortune dei Magic per tutta la stagione, ma anche la identica reazione di Bynum, che non esce ad ostacolare Turkoglu, per evitare di spianare ad Howard la via verso il canestro, ma rimane arretrato nel pitturato mentre Ariza aggira il blocco per spingere Turkoglu verso il suo centro.

Sostanzialmente i Lakers invitano il portatore di palla a punirli con un jumper non contestato dalla lunga distanza, ma negano sia la sua penetrazione che lo scarico per il taglio poderoso di Howard verso il ferro.
Una strategia elementare, quasi rudimentale, ma che ha pagato dividendi inattesi grazie alla ritrosia di Nelson, Alston e Turkoglu a punire il “battesimo” della difesa gialloviola, andando invece ad infilarsi ad ogni costo al centro della difesa dei padroni di casa, dove gli pterodattili Gasol, Bynum, Odom e Ariza hanno avuto buon gioco ad alterare i tiri e sporcare le linee di passaggio.

Per quanto riguarda il gioco “pollice”, il “falso” doppio blocco alto di Lewis e Howard, che come abbiamo visto si è dimostrato letteralmente indifendibile per i Cavs, Orlando sembra averlo semplicemente dimenticato: in tutto il primo tempo di Gara 1, i Magic hanno utilizzato questo set offensivo per la prima volta nell'ultima azione del secondo quarto, quando lo svantaggio era già  consistente e si avviava a diventare irrecuperabile.

Nelson chiama lo schema, Lewis e Gortat (in questo caso in campo al posto di Howard) escono in posizione di high double, ma in realtà  è solo il polacco a piazzare un blocco per il portatore di palla, mentre Lewis incrocia verso destra.

Nelson sfrutta il blocco per puntare deciso verso il pitturato, ma finisce proprio nel ginepraio della difesa dei Lakers collassata attorno al proprio canestro, quindi scivola e perde equilbrio e pallone.
Va però sottolineato che, in questo caso, la posizione di partenza di Lewis gli aveva permesso di essere completamente libero nelle vicinanze del pallone: Se Nelson avesse mantenuto il controllo del corpo e della situazione, i Magic avrebbero avuto a disposizione una giocata ad alta percentuale.

Insomma, la difesa “contemplativa” dei Lakers sui giochi a due di Orlando è tutt'altro che impenetrabile: è sufficiente che il portatore di palla temporeggi dopo aver passato il blocco, rimanendo lucido senza farsi immediatamente ingolosire dal centro dell'area, e che un esterno (preferibilmente Lewis) abbia l'intraprendenza di concedergli una valvola di sfogo centrale, all'altezza della lunetta del tiro libero o sull'arco del tiro da tre.

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