Dopo Pierce-Garnett-Allen il futuro dei Celtics è assicurato con Rajon Rondo
Non è stata sicuramente fortunata la stagione per i Celtics, i quali hanno visto Garnett, il loro giocatore più rappresentativo, infortunato nella parte più importante dell'anno, ovvero l'ultima di stagione e tutti i play-off. Avrebbero lottato per il titolo NBA con Kevin in campo? Cercheremo di capirlo in questo ultimo numero del Celtics report 2008-2009.
La stagione
Dopo i festeggiamenti per il diciassettesimo titolo NBA conseguito alla fine della scorsa stagione la voce prevalente che si levava tra i tifosi Celtics era "squadra che vince non si cambia", quindi c'era un auspicio diffuso di mantenere la squadra così com'era costruita, e che aveva dimostrato di poter vincere il titolo NBA.
Ed invece la squadra non è stata mantenuta invariata, la delusione per la quasi totalità dei tifosi Celtics è stata forte quando James Posey non ha firmato per i Celtics e si è accasato agli Hornets per sostanzialmente un anno in più di contratto (da 3 a 4 anni) allo stesso prezzo annuale di circa 5,5 milioni di dollari il primo anno.
Proprietari improvvisamente col braccino corto? Consapevolezza di poter vincere il titolo anche senza Posey? Ainge ha voluto tenere il monte salari dei Celtics libero dal suo contratto per la stagione 2011/12 in prospettiva di strategie future? Tutti questi interrogativi non hanno avuto una spiegazione ufficiale quindi non sapremo mai il motivo di questo mancato allungamento di contratto, ma meriterebbe un articolo a parte per sviscerare tutte le sfaccettature.
La dipartita di Posey, peraltro molto importante, non è l'unica modifica rispetto alla stagione precedente, anche P.J. Brown e Sam Cassell non faranno parte del roster, ma in questo caso c'è soprattutto lo zampino dei giocatori perché in entrambi i casi si sono ritirati dall'attività agonistica.
La stagione parte molto bene per i Celtics, a livello ed a tratti ancora meglio di quella già trionfale dell'anno prima, in questo caso però la differenza è che la franchigia biancoverde non è da sola al comando, ma accompagnata da altre squadre che non hanno intenzione di lasciare andare Boston com'era successo in precedenza.
Per tutto il 2008 i Celtics giocano bene e la crescita dei giovani compensa fino a questo momento in modo più che adeguato la mancanza di alcuni veterani che avevano dato tanto per la conquista dell'anello dell'anno prima.
Prima di Natale la squadra viaggiava bene, pure troppo visto che il ritmo era quello dei Bulls di Jordan degli anni 90 quando avevano siglato il record di vittorie in stagione regolare, e nel loro piccolo i Celtics battono il precedente record di vittorie consecutive della propria franchigia. Poi da Natale qualcosa s'incrina, saranno state le troppe vittorie, la troppa sicurezza in sé stessi, il fatto che in ogni caso 2-3 crisi in stagione bisogna metterle in conto, fatto sta che la squadra non gira più come prima ed inizia a segnare il passo delle contendenti. In particolare i Cavaliers sembrano irresistibili (e così sarà per tutta la stagione regolare) ed i Celtics, dopo aver fatto "da lepre" per i primi mesi, devono limitarsi a lottare per il secondo posto ad est con Orlando.
La stagione per Boston sarà però segnata da una data precisa: 19 febbraio 2009. In quel giorno, uno dei tanti in una stagione così frenetica, Garnett non riesce a completare il 15esimo minuto di gioco e si deve accasare in panca. Sarà questa la sua ultima vera partita della stagione. Ne giocherà altre 4 verso la fine di marzo, ma non supererà mai i 20 minuti e dopo questa prova si capisce che per lui la stagione è finita, ed anche per i Celtics la stagione è segnata. Non tutti lo sanno, forse solo il medico della squadra e qualche dirigente, ma pure loro forse sperano in un recupero fisico miracoloso che non avverrà mai.
Con il leader carismatico della squadra, il miglior difensore della Lega nel 2008 e collante dei Celtics in borghese, la squadra non è più in grado di poter lottare ad armi pari con le altre potenze dell'NBA, ma bisogna anche tener conto che vari elementi del roster devono fermarsi per problemi fisici più o meno gravi.
Nonostante tutti questi problemi, la stagione regolare è stata chiusa al secondo posto ma, a differenza dell'anno scorso ed a dispetto dei minuti medi giocati, sia Pierce che Allen ci sono arrivati con più affanno rispetto all'anno scorso visto che sono stati costretti a "tirare la carretta", circondati com'erano di giovani e senza il supporto, com'è stato l'anno prima, né di Garnett, né degli altri veterani (Posey, Brown, Cassell).
Pensare poi di poter arrivare fino in fondo ai play-off senza The Big Ticket sarebbe stato quasi illusorio, e questo lo sapevano tutti anche tra i giocatori, ma va apprezzato il generale impegno profuso in campo nel tentativo di andare avanti il più possibile.
Il primo turno di play-off dei Celtics contro i Bulls è già entrato nei libri di storia con ben 7 supplementari su altrettante partite, record NBA di tutti i tempi. Il dubbio sul motivo per cui Boston abbia faticato così tanto per battere Chicago è da verificare tra la mancanza di Garnett che ha livellato la quantità di talento dei rispettivi roster oppure c'è chi pensa che i Celtics avrebbero comunque fatto fatica visto la difficoltà nel battere gli avversari anche l'anno scorso col roster al completo. La risposta potremo averla il prossimo anno se non ci saranno ulteriori infortuni.
Anche contro i Magic la battaglia è stata durissima e pure in questo caso si è arrivati a decidere la vincitrice solo alla settima partita, però a passare è stata la franchigia della Florida, alla settima sfida le gambe dei Celtics hanno ceduto e non sono riusciti a resistere, ma la vera partita che ha deciso la serie è stata la sesta in cui Boston, in vantaggio di 3 partite a 2 ed avanti di una decina di punti a metà del terzo quarto, da quel momento ha in pratica terminato di giocare, la benzina era palesemente finita e gara-7 è stata solo una formalità per Orlando.
Se c'era ancora qualcuno che aveva dei residui dubbi sulla bontà del gioco di Garnett e soprattutto dell'importanza della sua presenza in campo ben oltre il puro gioco, ora se li dovrebbe essere tolti. Kevin non solo gioca molto bene in attacco, ma gioca anche meglio in difesa, dove con lui il genio della difesa Thibodeau può sbizzarrirsi. Garnett però è forse ancora più importante come motivatore, con lui tutta la squadra gira meglio perché si accolla tutti gli oneri psicologici ed i suoi compagni di squadra si sentono liberi di giocare al loro meglio senza preoccupazioni di sorta.
Quest'anno ha però visto nascere la stella di Rajon Rondo, play velocissimo che ogni mese incrementa in modo considerevole il suo livello di gioco e nei play-off ha avuto la consacrazione con giocate molto efficaci e soprattutto ha mancato per qualche centesimo di punto la tripla doppia di media, segno che ha come sua forza la multidimensionalità . Tenendo conto che ha solo 24 anni, il futuro per lui e per i Celtics è brillante anche dopo il ritiro di Pierce, Garnett ed Allen.
I giocatori
Paul Pierce
Ha iniziato la stagione lasciando le luci della ribalta ai compagni di squadra, ma quando gli infortuni hanno iniziato a martellare si è messo a tirare la carretta, col risultato di farlo arrivare spompato a fine stagione trovandosi poco lucido nei momenti che contavano. Nonostante non sia riuscito a portare i Celtics oltre un onorevole semifinale di Conference la sua stagione non è per nulla negativa, il problema è che per vincere serve un roster sano, un buon Pierce non è sufficiente.
Kevin Garnett
In genere si sente quanto manca una persona solo quando è assente: questo assioma si sposa bene a Kevin Garnett, leader carismatico riconosciuto che ha creato non pochi problemi con la sua assenza, sia dal punto di vista del gioco, sia soprattutto dal punto di vista del morale, infatti Kevin teneva alto lo spirito dello spogliatoio e senza la sua guida si è trovato un po' perso. Purtroppo la gestione del suo infortunio non è stata svolta bene, è auspicabile che non commettano altri errori e che, per il bene del buon basket, ritorni in piena forma per la prossima stagione.
Ray Allen
Nonostante sia il più vecchio (34 anni), in teoria doveva essere il giocatore che sentiva meno il peso degli anni dato il suo gioco molto meno dinamico rispetto agli altri due, invece sembra che sia lui quello che dovrà cercare di preservarsi nei prossimi anni se vorrà cercare di mantenere il livello attuale perché è sembrato molto più logoro fisicamente del previsto. Non gioverà il fatto che sia al suo ultimo anno di contratto, quindi per tutta l'estate e ad ogni sua prestazione negativa durante la prossima stagione le voci di mercato si rincorreranno, ma attualmente il suo futuro più probabile è sempre ai Celtics con un contratto inferiore alle cifre attuali per chiudere la carriera a Boston.
Rajon Rondo
Alzi la mano chi pensava che potesse diventare il leader dei Celtics in soli tre anni, si perché il leader è proprio lui, in questi play-off lo è stato ufficiosamente, ma la prossima stagione ci sarà la dovuta consacrazione, è stato messo in quarta posizione in questo report solo perché come computo totale della stagione non è stato migliore dei primi tre. Mister tripla doppia (16,9 punti, 9,7 rimbalzi e 9,8 assist nei play-off) ha tutto per essere una stella: velocità , visione di gioco, capacità di capire qual è il compagno di squadra più caldo e dove andrà il pallone per catturare il rimbalzo. Quello che gli manca è solo un tiro affidabile, è migliorato ma deve continuare nei suoi progressi, e lui lo sa benissimo. Pensiamo che la firma al massimo salariale sia una pura formalità .
Kendrick Perkins
Tra i due giovani virgulti biancoverdi quello che aveva meno possibilità di miglioramento era proprio Perkins, troppo sgraziato, troppo grezzo, pochi miglioramenti per poter offrire ulteriori passi avanti, invece il giocatore si è disinteressato di queste previsioni e ha continuato a migliorare anche quest'anno, raggiungendo lo status di uno dei migliori centri in circolazione ed avallato dalla buonissima prova contro Howard nelle Semifinali di Conference.
Glen Davis
Alto ma non a sufficienza e troppo grosso per poter essere un giocatore da NBA. Quante volte si è sentito dire queste parole? Eppure lui le ha ignorate ed è risultato spesso decisivo non sul tonnellaggio che può e comunque continua a mettere sotto le plance, ma su un insospettabile tiro dalla media sul quale ha lavorato tutta la scorsa estate. Già la mano morbida era nelle sue corde, ora l'ha resa morbidissima. Il suo stato di free agent rischia di creare qualche problema per il suo rinnovo perché si prevede che possa chiedere cifre troppo alte per i Celtics.
Eddie House
È partito un po' lento ad inizio stagione, ma poi si è disteso e ha martellato il canestro avversario con un buon numero di bombe. Ai play-off non ha offerto prestazioni sempre eccellenti, ma il suo l'ha fatto. Chiaramente è un giocatore monodimensionale ed oltre al tiro da tre punti ha poco o nulla, ma finché gli entra il tiro dalla lunga distanza saprà sempre essere utile.
Brian Scalabrine
Bianco, alto, mollaccione e lentissimo. Il buon Brian può benissimo adattarsi a questi clichè, ma ha due qualità che dicono un'altra verità : un buonissimo tiro da tre punti ed una difesa insperatamente buona. Non sarà mai da All-Star Weekend, non riuscirà mai a schiacciare dalla linea del tiro libero con un 360 gradi e salto mortale a corredo, ma quando c'è da difendere lo fa davvero e se bisogna mettere un tiro da tre punti per modificare l'inerzia della partita Brian è uno degli uomini indicati per segnarlo, un giocatore concreto al 100%.
Leon Powe
Se c'è un giocatore che ha un immenso credito con la fortuna questo è sicuramente Powe. Infortunatosi più volte al ginocchio, pure in questa stagione ha avuto la grande sfortuna di vedersi ancora saltare il legamento crociato dopo che aveva dato molto alla causa biancoverde. Il suo ritorno è previsto per l'inizio del 2010, ma non si sa come potrà rientrare e se riuscirà a tornare ai suoi livelli pre-infortunio. Purtroppo, ben conoscendo cosa vuol dire un'operazione al crociato, dubitiamo che possa essere ancora utile in campo come nella prima parte della stagione appena conclusa.
Stephon Marbury
Non poche erano le persone che pensavano che potesse creare problemi ai Celtics, invece ha sorpreso tutti giorno dopo giorno con una tranquillità che nessuno gli attribuiva alla vigilia, sia in spogliatoio sia con la stampa, purtroppo per lui e per i Celtics il suo gioco era altrettanto calmo, senza un ben che minimo interesse ad emergere dal gruppo. Sono pochissime le occasioni in cui è stato decisivo e non è detto che questo sia sufficiente per vederlo firmare con Boston.
Mikki Moore
È famoso più per i suoi pitoni che per il suo gioco e questo non è mai positivo perché vuol dire che è poco considerato in campo dove lo abbiamo visto sbattersi senza tregua e con una dinamicità commovente, ma il conto dei suoi falli e la concretezza del suo gioco sono impietosi. Dalla sua ha il fatto che non è stato impiegato nel suo ruolo ideale, infatti l'assenza di Garnett l'ha costretto a fare cose a lui non congeniali; ci sarebbe piaciuto vedere cosa avrebbe potuto fare con un suo impiego corretto, ma dubitiamo che ne abbia la possibilità il prossimo anno.
Tony Allen
La sua metamorfosi ormai è completa. Uscito dal draft anni fa come ottimo difensore e scarso attaccante, ora è diventato un ottimo attaccante se gli si dà la palla in mano, ma ha perso tutto il suo talento in fase difensiva, peccato che ai Celtics interessava quest'ultima parte e quindi è possibile che venga inserito in uno scambio alla prima occasione dato che attualmente non serve ai biancoverdi, infatti non è stato utilizzato negli ultimi play-off.
Bill Walker
Chiamato da Ainge al secondo giro del draft pagando cash, ha sopravanzato il più quotato Giddens uscito al primo giro sia durante il camp di ottobre sia alla "verifica" di febbraio. Dalla sua un atletismo eccellente, ma deve costruirsi sul resto, ovvero crearsi un tiro affidabile e raggiungere un livello minimo di difesa se vuole rimanere a Boston.
J.R. Giddens
Dopo aver gettato al vento la possibilità di diventare una stella durante gli anni di università , ora deve combattere per cercare di diventare almeno un giocatore da NBA, infatti dopo essere stato superato da Walker ha dato qualche segnale positivo dalla D-League e quindi i Celtics lo proveranno ancora per un anno, ma già in autunno ci sarà un primo giudizio basato sulle sue prestazioni alla Summer League ma soprattutto sulla sua etica lavorativa. Sta a lui dare il segnale che i Celtics attendono per continuare ad investire su di lui.
Gabe Pruitt
Se conosciamo la dirigenza Celtics allora la sua sorte è segnata. Gabe infatti si è fatto trovare con le mani nella marmellata (arrestato per guida in stato d'ebbrezza) e questo i Celtics non lo tollerano affatto, per la franchigia bostoniana il comportamento integerrimo è quasi importante come il talento, questo per evitare comportamenti da Iverson o Rasheed. Se teniamo pure conto che le sue performance in campo non sono state eccezionali allora è quasi impossibile che lo rivedremo ancora ai Celtics a novembre.
Il general manager
Su queste colonne abbiamo spesso lodato l'ex general manager ora presidente Danny Ainge perché molte delle sue operazioni ci convincevano, culminati con l'arrivo di Garnett e di Allen grazie ad un superbo lavoro preparatore acquisendo buoni giovani, buone scelte e buoni contratti in scadenza.
Per giudicare la bontà di un general manager è opportuno ponderare le sue buone e cattive operazioni nel suo complesso, ma anche Ainge ha commesso degli errori, o comunque alcune sue mosse non hanno portato del valore aggiunto, è una cosa normale per un GM.
Ebbene, negli ultimi 12 mesi non giudichiamo il lavoro di Ainge particolarmente positivo, e le motivazioni sono due: la dipartita di Posey e la mancanza di aggiunte particolarmente utili al mercato di riparazione di febbraio.
Possiamo infatti giudicare gli arrivi di Marbury e di Moore poco efficaci perché Moore non ha inciso più di tanto e comunque le aspettative per lui non erano mai state elevate, mentre Starbury ha meravigliato in positivo per la sua compostezza, ma ha anche meravigliato in negativo la sua mancanza di carattere in campo che poteva dare quel qualcosa in più alla squadra. La domanda che dobbiamo porci però non è se Ainge abbia fatto bene, ma se poteva fare di più, e da quello che abbiamo potuto vedere, da quello che c'era disponibile sul mercato e da Posey escluso in poi secondo noi Ainge ha fatto tutto quello che era possibile per mantenere la squadra ad un livello di eccellenza. Se poi Garnett si è fatto male non è colpa sua.
Nonostante la mancanza di una prima scelta Ainge ha comunque già iniziato a visionare i giocatori che potranno essere utili per la chiamata al secondo giro, ma pensiamo che speri di trovare qualche giocatore utile eventualmente da far chiamare da altre franchigie prima dei Celtics ed acquisirlo tramite scambio.
Qualunque scelta faccia Ainge, non sarà condizionato dal leggero attacco di cuore che lo ha sorpreso nelle fasi iniziali dei play-off, si è ormai ripreso completamente e ha già ricominciato a lavorare.
Il coaching staff
Se Brown è stato nominato allenatore dell'anno perché sostanzialmente la sua squadra ha chiuso la stagione in prima posizione, allora Doc doveva ricevere quel riconoscimento la scorsa stagione, se invece i parametri sono come quelli dell'anno scorso allora Doc Rivers lo meritava quest'anno per aver concluso una stagione regolare con 62 vittorie con molti più problemi fisici del roster rispetto all'anno prima quando aveva finito la stagione con sole 4 vittorie in più.
Doc quindi non ha ancora ricevuto il riconoscimento dovuto per il gran bel lavoro che sta facendo anche se può sfoggiare l'anello di campione dell'anno scorso, ma il suo lavoro degli anni prima del titolo andrebbe rivalutato alla luce di quello che abbiamo visto recentemente perché è facile vantarsi dei propri risultati quando c'è a disposizione un roster di campioni, ma il lavoro fatto da Rivers nei suoi primi anni a Boston va oltre il semplice "traghettamento" in attesa di tempi migliori visto che il corretto sviluppo dei giovani è stata una delle chiavi che ha permesso ad Ainge di poterli scambiare con ottime contropartite oppure, come per esempio Perkins, farne un buon titolare.
Doc Rivers e Danny Ainge, contro i loro stessi interessi e contro quelli della squadra, hanno aiutato Tom Thibodeau a cercare una panchina da capo allenatore. Le franchigie papabili erano due, Philadelphia e Sacramento, ma la prima l'ha già trovato in Eddie Jordan e quindi non è più un'opzione fattibile, mentre è difficile pensare che convenga al buon Tom di andarsi ad impelagare in una situazione difficile come quella attuale dei Kings. Ma quello che importa rilevare è: perché Doc e Danny hanno cercato di trovare una panchina per Tom? Sincera volontà di fargli un favore oppure i rapporti si sono incrinati e quindi sarebbe opportuno separare le strade prima che succeda qualcosa di irreparabile?
Non abbiamo mai sentito voci di lotte od incomprensioni all'interno dei Celtics quindi saremo tentati di scegliere la prima ipotesi, ovvero sincero interesse verso il bene di Thibodeau, ma forse Doc e Danny dovrebbero pensare in questo caso anche al bene dei Celtics, obiettivo non raggiunto se il buon Tom se ne andasse dai Celtics. "Tom sarà un eccellente capo allenatore, ha solo bisogno di un'occasione (per dimostrare il suo valore)" ha detto Ainge, e Rivers prosegue "ha una grande mente per il basket, non è solo bravo per la difesa, è un vero allenatore". Tom ha il contratto scaduto e Ainge ha già detto che il rinnovo è già pronto per lui negli uffici dei Celtics, e tutti i tifosi biancoverdi sperano che alla fine apporterà la firma su quel contratto.
Infortuni
Con i Celtics fuori dai play-off ora i giocatori che hanno bisogno di cure possono eseguirle senza problemi come per esempio Kevin Garnett, il quale si è operato allo sperone osseo, la prima operazione della sua vita, lo scorso 26 maggio dal dottor Brian McKeon, coadiuvato dai dottori Belkin e Richmond e dovrebbe essere al 100% per il prossimo training camp ad ottobre. Ora che la stagione è finita s'iniziano a sapere varie cose, per esempio lo sperone gli è stato diagnosticato all'inizio della stagione appena trascorsa, ma non è stato considerato un problema serio. Il problema è che una stagione è lunga ed era illusorio pensare che non creasse dei problemi, quindi per noi sarebbe stato meglio operarlo subito visto che il ritorno in campo sarebbe avvenuto dopo 6-8 settimane. Questa pausa dovrebbe anche sistemare il problema al tendine poplipeo che non gli permetteva di giocare per più di 20 minuti.
Anche Brian Scalabrine ha bisogno di recuperare con calma dopo le tre commozioni cerebrali avute durante l'ultima stagione, ha già previsto varie visite ed analisi e ha dichiarato che non giocherà fino a settembre.
Tony Allen è andato sotto i ferri del chirurgo lo scorso 3 giugno, per lui un intervento in artroscopia nella caviglia e nel tendine posteriore tibiale destri eseguito al New England Baptist Hospital da parte del medico della squadra Brian McKeon. Dovrebbe recuperare completamente per il training camp.
Si è parlato anche di possibili interventi chirurgici per Perkins (spalla) e Pierce (possibile frammento osseo nella caviglia), ma per il momento nessuno dei due sembra necessitare dei servigi del medico.
Curiosità
Rondo e Perkins sono stati convocati dalla US Basketball, associazione che si occupa di organizzare la nazionale americana di basket, del prossimo 22 luglio per 4 giorni, ma Perkins si sposa proprio il 25 luglio a Houston e quindi sia il centro che il play, invitato alla cerimonia, hanno deciso di non partecipare a questo mini-camp. Inizialmente i due avevano accettato perché pensavano che il camp si sarebbe svolto in giugno, rimane comunque la loro disponibilità a partecipare ai campionati del mondo in Turchia del 2010 ed all'olimpiade a Londra del 2012. pure Glen Davis è stato invitato alla cerimonia, ma ha preferito accettare di partecipare al camp della nazionale.
Dopo qualche anno in cui non veniva svolto a Newport, il training camp ad ottobre si svolgerà quest'anno in questa storica località dove per molte volte in passato i Celtics hanno trascorso il tradizionale camp in preparazione della stagione.
Ha cercato di farsi assumere dai Celtics, ma evidentemente non erano interessati, quindi Sam Cassell, che l'anno scorso ha aiutato la franchigia bostoniana a vincere il 17esimo titolo NBA, ha cercato un'altra squadra e l'ha trovata nei Washington Wizards dove lavorerà come assistente allenatore.
Il futuro
Cosa dobbiamo e possiamo aspettarci dai Celtics per il prossimo futuro? La finestra di tempo dei tre migliori giocatori è ancora aperta e quindi l'obiettivo è quello di cercare di vincere subito, ma Ainge lavora anche in prospettiva futura, quindi non è improbabile che operi al draft e sul mercato con scambi e firme di free agent che poco hanno a che fare col presente. In passato abbiamo visto la mancata firma di Posey e non sarà impossibile vedere altre mosse poco spiegabili nell'immediato.
L'anno prossimo la finestra si ridurrà ancora di più e non è detto che ci siano ulteriori anni con questa configurazione, quindi per i tifosi Celtics è stavolta auspicabile cercare di spendere tutte le cartucce per la conquista del titolo nell'immediato.
Difficile dire chi possa arrivare o chi rimanere, House ha una player option ed è facile che la eserciti, su Pruitt la l'opzione ce l'ha la squadra e noi pensiamo che non venga esercitata. Invece Davis, Powe, Marbury e Moore sono free agent. Mentre per gli ultimi due è difficile prevedere se rimarranno (ma tendiamo a dire di no per entrambi, forse Moore verrà ritenuto troppo poco talentuoso anche se ha dichiarato che gli piace il cameratismo che ha visto nei Celtics e Marbury probabilmente cercherà un contratto discreto altrove), rimangono Powe e Davis, incerti sul futuro in biancoverde per motivi differenti.
Mentre su Powe c'è il dubbio che possa realmente rientrare in campo in forma dopo l'ennesima operazione al crociato ma è facile pensare che verrà invitato a provare a Boston dopo che si sarà rimesso in salute, Davis probabilmente sarà protagonista di una telenovela che durerà per tutta l'estate. Il giocatore infatti non ha giocato affatto male ai play-off, ma il suo gioco è stato esaltato dai Celtics, offrendo al giocatore una vetrina che lo ritrae in modo più favorevole rispetto al suo reale valore col rischio che arrivi un'altra franchigia con un contratto che i Celtics non vorranno pareggiare, ma finché non sapremo quanto Boston è disposta a spendere per lui non sapremo quante possibilità ha di rimanere a Beantown, dipendente anche dalla volontà del giocatore il quale ha espresso la volontà di rimanere col giusto compenso. Quale che sia non l'ha detto, ma temiamo che sia un po' troppo alto.
La prossima estate sarà molto calda per il numero di giocatori liberi o liberabili e per i numerosi problemi finanziari che attanagliano molte franchigie, ed in questo caso i Celtics sono un'isola se non felice almeno non problematica. Ainge ha già dimostrato la sua bravura quindi non possiamo che continuare a rinnovargli la nostra fiducia su di lui, sicuri che sarà fare del suo meglio per offrire ai tifosi Celtics la miglior squadra possibile.
I prossimi appuntamenti saranno il draft di fine giugno in cui i Celtics avranno solo la seconda scelta al 58esimo pick (la prima è stata data a Minnesota nell'affare-Garnett), poi la Summer League di Orlando in cui vedremo all'opera, tra gli altri, Giddens e Walker in lotta per contendersi i posti in roster per la prossima stagione e per finire il camp pre-season di ottobre. In estate vedremo cosa ci riserverà Ainge o cosa il mercato gli permetterà di fare.
Una cosa è certa: i Celtics saranno ai blocchi di partenza del prossimo novembre con l'intenzione di riconquistare l'anello di campione NBA.