Finals 2009: Preview

Kobe Bryant e Dwight Howard son pronti per affrontarsi in una inattesa finale

E così ci avviamo ad una finale sorprendente.
Ad ovest era dalle finali dello scorso anno che ci si attendeva il ritorno dei Lakers, vogliosi di vendicare la sconfitta dello scorso anno, ma ad est ben pochi ad inizio stagione pronosticavano un simile cammino da parte dei Magic.

Intendiamoci, che Superman e compagni fossero un bel gruppo, solido, ben allenato, capace di dar fastidio alle rivali più accreditate, Celtics e Cavaliers, era assodato, ma erano visti come un'outsider, che difficilmente avrebbe battuto le due rivali più accreditate.

Ed invece la squadra di Stan Van Gundy, dopo aver faticato più del previsto contro i Sixers, ha eliminato prima i Celtics e poi i Cavaliers, meritandosi in pieno questa finale.

Certo, diranno i tifosi Celtics, la sfida con i campioni uscenti è stata lunga e difficile nonostante le pesantissime assenze che hanno limitato Pierce e compagni, prima di tutto mancava un certo Kevin Garnett, poi in sua contumacia è stata pesante anche l'assenza di Leon Powe, cosicchè le rotazioni fra i lunghi sono state ridotte all'osso.

La fatica fatta contro i Celtics però ha irrobustito i Magic e li ha resi abbastanza solidi da affrontare Lebron e compagni e sconfiggerli con relativa tranquillità .

Partiamo proprio dai Magic, la squadra sorpresa, quella che rischia di sconvolgere tutte le previsioni della vigilia.

Lo scorso anno già  hanno disputato una buona stagione, chiudendo la regular season con una terza posizione all'est, ma poi sono sembrati una squadra inadatta ai play off, venendo spazzati via dai Pistons al secondo turno.

Squadra troppo perimetrale, troppo basata sul tiro da tre, adatta per la stagione regolare ma non ai play off, quando le difese si stringono e gli avversari sono più o meno tutti forti, si diceva.

Quest'anno ci sono stati pochissimi ritocchi alla squadra, due guardie che non sembrava potessero incidere molto, Lee e Pietrus, abbiamo visto una stagione regolare sempre discreta, anche migliore dello scorso anno, ma chiusa sempre al terzo posto all'est.

Annata costante, una squadra che ha giocato sempre piuttosto bene, ma le perplessità  restavano.
Prima di tutto sembrava limitante l'eccessivo ricorso al tiro da tre ed al gioco perimetrale, oltre alla mancanza di alternative interne della stessa efficacia.

Poi il brutto infortunio a quello che era faticosamente diventato uno dei leaders della squadra, Jameer Nelson, il quale ha dovuto saltare tutta la seconda parte della stagione. Nella sfortuna, per lo meno la disavventura è avvenuta quando ancora non era scoccato il termine per la chiusura della finestra di mercato invernale, quindi Smith e Stan Van Gundy hanno potuto provare a metterci una toppa.

La toppa però è stata Rafer "Skip to me Lou" Alston.
Alzi la mano chi avrebbe mai immaginato di vedere un giocatore simile in quintetto base nelle finali NBA, e questo non solo tre o quattro anni fa, quando davvero era un indisciplinato giocatore da playground che alcuni tecnici coraggiosi provavano a trasformare in un giocatore di basket, ma ancora qualche settimana fa.

Ed invece Alston ha saputo con intelligenza calarsi al meglio nel meccanismo della squadra, prendendosi a volte qualche tiro di troppo, ma nel complesso lavorando per una buona circolazione di palla.

Non è un regista sopraffino?
Pazienza, il vero regista dei Magic è un altro giocatore, che non porterà  palla al di la della metacampo, non palleggerà  in punta, ma detta i ritmi e comanda i giochi con grande intelligenza; ovviamente sto parlando di Hedo Turkoglu, giocatore che con Stan Van Gundy ha effettuato un salto di qualità  inatteso.

Quel giocatore che in precedenza sembrava il solito tiratore europeo, sopravvalutato per un'altezza non indifferente, ma incapace di incidere davvero, è diventato il perno di questa squadra, forse ancora più importante dei due lunghi, Howard e Lewis.

Il settore guardie è sempre stato giudicato inadatto ad una lunga corsa nella post season, con un Nelson che non era riuscito a crescere dopo le prime promettentissime stagioni, poi, dopo aver finalmente compiuto il salto di qualità , è stato messo fuori gioco dalla sfortuna.

In questo momento il settore è composto da Rafer Alston, come già  detto una volta indisciplinato giocatore da playground, oggi rimane qualche lampo di palleggi mirabolanti, basti pensare ad una famosa ridicolizzazione inflitta a Vujacic nell'ultima sfida con i Lakers, ma una maggiore propensione al gioco di squadra, passaggi molto più razionali ma poco fisico ed un tiro ondivago, l'esperto play Johnson, il tiratore JJ Redick, fenomenale all'università , a Duke, ma mai davvero convincente in NBA, e due giocatori sottovalutati, Pietrus e Lee, che hanno dato quella fisicità  e quell'intensità  difensiva che mancava dopo la partenza di Ariza.

Le ali titolari sono i due giocatori più decisivi nel gioco dei Magic, più ancora di Howard. Quando girano Turkoglu e Lewis sono problemi per tutti, quando gli capitano passaggi a vuoto allora sono guai per i loro compagni.

Coppia strana oltreoceano, più frequente nel basket europeo, con un'ala piccola alta ma non velocissima, ottimo regista aggiunto, ed un corpaccione grosso come un armadio a 4 ante, ma non potentissimo in rapporto alla stazza, che amano giocare perimetrali, hanno un buon tiro da tre, buoni fondamentali, buona mobilità , buona visione di gioco ma soffrono avversari atletici e potenti fisicamente.

Nel pitturato poi c'è quella forza della natura che risponde al nome di Dwight Howard, un giocatore che oltre ad essere alto e grosso ha una potenza atletica ed una elevazione fuori dal comune, più facili da trovare in una guardia che in un centro.

Howard, non a caso autosoprannominatosi Superman, ha una tale superiorità  fisica ed atletica che quasi sempre domina contro i pari ruolo, è poi molto migliorato anche in fase difensiva, e l'intimidazione che offre nel pitturato è stata premiata con il titolo di difensore dell'anno, peccato che i progressi tecnici non siano pari a quelli tattici ed il gioco spalle a canestro non sia ancora valido.

Questo difetto, unito alle difficoltà  ai tiri liberi, rende Howard un giocatore a volte in difficoltà  nei finali tirati, nei quali i compagni possono affidarsi a lui solo con molta cautela.

Ottimo poi si è rivelato il suo cambio, un Marcin Gortat ben conosciuto da chi segue il basket europeo, giocatore che ha fatto bene in Eurolega partendo da un inusuale trampolino di lancio nella sua Polonia, ma assolutamente sorprendente per gli esperti americani.

Quasi nessuno si aspettava un simile rendimento da quello che ai play off è stato il centro più incisivo dalla panchina, ben più incisivo, ad esempio, del più celebrato Bynum, contro cui si sfiderà  in finale.

Ecco, mentre il cammino dei Magic ai play off ha convinto, al punto che oggi sono molti di più gli analisti che guardano con fiducia alla squadra proveniente dalla Florida, il cammino dei Lakers qualche perplessità  l'ha sollevata.

Ottima stagione regolare, ovest vinto come lo scorso anno, una squadra che già  prima dell'arrivo di Gasol era al primo posto all'ovest, poi con l'arrivo dello spagnolo, un anno e mezzo fa, non ha mai visto in discussione la propria leadership.

Primo posto all'ovest in ghiaccio da tantissimo tempo, miglior attacco della lega, infinite opzioni offensive. Queste doti hanno portato i Lakers in finale già  lo scorso anno, quando vennero sconfitti nettamente dai Celtics, ma lo scorso anno mancavano Bynum ed Ariza, i due giovani migliori, due giocatori importanti in quanto il primo era l'unico intimidatore d'area ed il secondo l'unico esterno potente ed atletico, l'unico oltre a Kobe in grado di essere un buon difensore sull'uomo.

Si pensava che con quei due il salto di qualità  sarebbe stato immediato, invece così non è stato, nonostante l'eccellente stagione di Ariza. Bynum non ha inciso quanto ci si aspettava, prima infatti ha impiegato mesi per essere redditizio, soffrendo la presenza di un altro lungo molto più tecnico di lui, poi, quando finalmente sembrava essere entrato in forma, ecco un nuovo infortunio al ginocchio, che teoricamente ormai sarebbe superato, ma il bimbo ha notoriamente grandi difficoltà  a recuperare dagli infortuni, difficoltà  più psicologiche che fisiche.

La stagione regolare è stata buona, giocata spesso in pantofole, senza spingere quasi mai, tanto il perfetto meccanismo offensivo messo a punto da Jackson e Winter era sufficiente per vincere l'ovest senza grossi patemi.

Quelle poche volte che l'intensità  è stata messa in campo si sono viste le ottime vittorie contro i Celtics ed i Cavaliers, contro cui i Lakers hanno avuto un percorso netto.

La mancanza di intensità  e di applicazione difensiva nel resto della stagione è stata però a tratti addirittura irritante. Chissà  se saranno dovute a questo o no le due sconfitte rimediate contro i Magic, a breve lo scopriremo.

Poi nei play off la prima sfida, quella contro i Jazz ha avuto un andamento simile alla stagione regolare, con una comoda vittoria dei Lakers che non hanno faticato più di tanto.

La grande fatica fatta contro i Rockets invece ha suscitato qualche dubbio.
Già  all'inizio la squadra texana ha messo vari granelli di sabbia negli ingranaggi gialloviola, ma poi ci si chiedeva come caspita potesse faticare tanto un attacco che sotto canestro poteva schierare ben 4 giocatori sopra i due metri e 10 che venivano marcati, dopo l'infortuno a Yao Ming, da Pisolo, Brontolo, Eolo e Mammolo.

I giocatori texani, mediamente 10 centimetri più bassi dei Lakers, con la loro intensità , il loro coraggio, la loro carica agonistica hanno messo a nudo i limiti dei tecnici giocatori californiani.

Contro i Nuggets poi abbiamo rivisto i soliti Lakers, capaci di complicarsi la vita inutilmente con una evitabilissima sconfitta interna un gara uno, ma poi capaci anche di rifilare un netto e senza discussioni 4 a 1 nelle 5 partite successive a degli avversari che faticavano sia in attacco che in difesa, nonostante la presenza di un ex MVP delle finali come Billups e di un attaccante pericolosissimo come Melo Anthony.

E così siamo obbligati ancora una volta a sospendere il giudizio su dei Lakers che a tratti sembrano irresistibili, a tratti sono davvero irritanti.

Eppure gli ingredienti per dominare ci sarebbero in teoria tutti.
Prima di tutto un gioco offensivo validissimo, con una palla che circola bene, un attacco armonico e veramente di squadra, non basato sulle iniziative individuali come troppo spesso accade nell'NBA odierna.

I lunghi sembrano fatti apposta per far ammattire gli allenatori avversari, con Odom e Gasol che sono entrambi tecnici e mobili, ottimi passatori, veri registi aggiunti. Entrambi hanno una tecnica e dei fondamentali degni di una guardia, entrambi superano però i 2 metri e 10, entrambi sono capaci sia di giocare vicini a canestro, sia di fronte che di spalle, entrambi hanno un buon tiro in sospensione, anche se quello di Odom è ondivago.

In panca poi troviamo un Bynum che è altissimo, potente, atletico, con fisico migliore della stragrande maggioranza degli avversari. Nonostante un Kareem Abdul Jabbar preso come allenatore solo per sviluppare il settore, in particolar modo Bynum, questi giocatori solo a tratti hanno dominato come ci si attendeva, hanno sofferto quasi sempre avversari aggressivi ed atletici, a volte hanno faticato a trovare il bandolo della matassa. Quando ci sono riusciti, come contro i Nuggets, seppur in ritardo, sono risultati impossibili da contenere,

Fra le ali troviamo l'atletico e volitivo Ariza ed il tecnico Walton, altro passatore eccellente ed altro regista aggiunto, fra le guardie un Fisher che inizia a mostrare i segni del passare del tempo, due giocatori tecnici che raramente hanno convinto in pieno, nonostante i buoni mezzi, Farmar e Vujacic, ed un altro giocatore atletico e volitivo, che forse è sulla strada di Ariza, Shannon Brown.

Oltre a questi, nel settore guardie, c'è lui, il leader indiscusso di questi Lakers, Kobe Bryant, l'uomo col nome da bistecca che faticosamente ha riscalato le posizioni nella considerazione di critici ed appassionati.

Quello che era l'enfant prodige dell'NBA era stato bollato, non del tutto a torto, come egoista, spocchioso, ingestibile nell'economia di una squadra, ma ha saputo tornare sui propri passi, tornando a lavorare con Phil Jackson, ed oggi è un giocatore che sa giocare con la squadra e per la squadra, prendendosi a volte tantissimi tiri e caricandosi la squadra sulle spalle in partite come gare 2 e 3 delle serie con i Nuggets, in cui ha trascinato i compagni alla vittoria, ma capace anche di fare passi indietro e lasciare il proscenio ai compagni come nelle gare 5 e 6 della stessa serie, quando ha visto che gli avversari iniziavano a raddoppiarlo sistematicamente ed i lunghi sotto canestro erano finalmente entrati in partita.

La sfida fra queste due squadre è molto difficile da interpretare, in quanto le atipicità  sono speculari, i vari Odom e Gasol troveranno di fronte gente completa e capace di variare gioco come loro, Turkoglu e Lewis, se Howard sembra difficile da limitare per un pacchetto lunghi in cui solo Bynum ha i mezzi fisici per provarci, ma non è al suo livello, così l'unico col fisico per stare dietro a Kobe è Pietrus.

Entrambe le squadre si sono basate molto sulla circolazione di palla, entrambi gli attacchi rendono di solito di più di quanto in teoria dovrebbero in base al valore dei singoli.

Se Howard è nettamente superiore a rimbalzo sia a Gasol che a Bynum, Odom ed Ariza possono provare a riequilibrare la sfida prendendone più di Turkoglu e Lewis.

Di buoni difensori sull'uomo ce ne sono pochi, oltre al miglior difensore dell'anno i Magic hanno Pietrus e Lee, i Lakers oltre a Kobe, che non si sforza mai più di tanto per non perdere lucidità  in attacco, hanno Ariza e Brown, le difese dipendono tanto dalla voglia di impegnarsi e di aiutarsi l'un con l'altro dei vari giocatori, e dalle abilità  degli allenatori che hanno costruito un sistema strutturato.

Tutto dipenderà  dal funzionamento di questi meccanismi, offensivi e difensivi, e dall'abilità  di contrastare i meccanismi avversari.

Se vogliamo, una leggera preferenza nei pronostici per i Lakers va data per tre motivi: in primo luogo l'abitudine a contrastare meccanismi creati per vincere, come quelli degli Spurs e dei Celtics affrontati l'anno scorso o quello ottimo dei Rockets quest'anno, in secondo luogo il fatto che il coach dia il meglio di se sotto pressione, non a caso Phil Jackson va alla caccia del record di titoli vinti, dopo aver raggiunto il mitico Red Auerbach, mentre Stan Van Gundy tende ad essere eccessivamente nervoso, pur essendo anche lui un ottimo allenatore, infine i Lakers hanno Kobe, l'unico giocatore delle due squadre in grado di uscire dagli schemi e rendersi pericoloso anche quando la palla non gira.

Però i gialloviola devono fare molta attenzione: questi tre aspetti favorivano anche i Cavaliers nel turno precedente, ed abbiamo visto come sia andata a finire. Per far valere questi leggerissimi vantaggi dovranno essere convinti, attenti e concentrati dall'inizio e, soprattutto, giocare sempre con intensità , altrimenti i Magic sapranno senza dubbio sfruttare i loro difetti.

Ed ora siamo a pochissimo tempo dalla palla a due, non resta che comprare un bidone di popcorn e coca all'americana, o frittatona con cipolle e Peroni familiare secondo tradizioni nostrane, scegliere la poltrona più comoda di casa ed assistere alle finali più indecifrabili degli ultimi anni.

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