Rotazione corta per Adelman: Gasol vs Cook
I Lakers registrano la più larga vittoria ai playoff degli ultimi ventitre anni, rifilando ben quaranta punti a dei Rockets abulici e incapaci di reagire.
La batosta subita in gara-4 in Texas aveva sollevato molte critiche e malumori. Da una lato gli addetti ai lavori che mettono impietosamente a confronto il percorso netto dei Cavaliers con quello fatto di lampi ed improvvisi blackout dei californiani. Un tema, questo dei cali d'intensità dei Lakers, destinato a rimanere sotto la lente d'ingrandimento anche nell'eventuale finale contro Denver.
Dall'altro la rabbia dei tifosi gialloviola, delusi per la prestazione poco decorosa contro una squadra inferiore e priva delle sue due star.
Il pubblico dello Staples Center mette in guardia i suoi beniamini già nel primo quarto, quando la squadra ospite sembra entrata subito in partita e guadagna sette lunghezze di vantaggio nei primi minuti. E visti i precedenti dei texani, meglio non aspettare il secondo quarto per accendere la luce.
Una circolazione di palla paziente e intelligente permette a Battier di infilare la tripla del 18-12. Da lì in poi la squadra allenata da Adelman non darà più la sensazione di poter fare canestro con continuità .
Dal punto di vista difensivo Chuck Hayes, favoloso in gara-4, commette il secondo fallo su Gasol troppo presto e mentre lo spagnolo infila uno dei due tiri liberi, il role-player lascia il campo con i suoi avanti di tre. Da quel momento la retroguardia biancorossa sarà una copia sbiadita, quasi irriconoscibile, della versione apprezzata in questa stagione.
Siamo a poco più di metà primo quarto e la contesa sta per finire.
Gasol mostra ben altra intensità rispetto all'ultimo match e si fa valere sotto i tabelloni con sei rimbalzi (la metà in area texana) già nei primi dodici minuti. Bynum, tornato nello starting five a causa delle non perfette condizioni fisiche di Odom, mette tutti i primi tre tiri della sua partita. Kobe miscela sapientemente jumpers e penetrazioni infilando cinque conclusioni su sette. Ariza, Odom e Farmar infilano in rapida successione tre triple dando vigore al parziale di 29-11 con cui i Lakers portano a termine la prima frazione.
A bordo campo Adelman commenta il momentaccio dei Rockets e spiega con due parole la chiave di volta del match: poor passing.
Phil Jackson ha preparato una difesa più attenta ed efficace sui pick'n'roll orchestrati da Brooks e le scorribande del play con il numero zero sono ben limitate da una difesa pronta a chiudere i varchi nel pitturato e ad aiutare Fisher.
Houston fatica anche a dare la palla sotto, dove la coppia Bynum-Gasol costringe Scola a numeri d'alta scuola per trovare il canestro in post basso, e finisce con l'affidarsi alle conclusioni dal perimetro. Con risultati non incoraggianti e che peggioreranno sempre più con il passare dei minuti.
Non potendo contare sulla buona vena dei suoi tiratori, i Rockets appaiono sempre più a corto di idee. La circolazione di palla rallenta, i passaggi diventano prevedibili e fioccano le palle perse. I Lakers corrono e segnano in campo aperto, Houston forza pessimi tiri allo scadere dei ventiquattro secondi.
Lo spartito non cambia nella seconda frazione.
Mentre l'adagio dei Rockets continua ad essere scandito dal rumore del ferro (sette tiri da tre consecutivamente sbagliati e un terribile 4/22 dal campo nei dodici minuti), l'allegro dei Lakers trova in Kobe Bryant un solista d'eccezione.
Sono due canestri dei suoi a svilire ulteriormente gli avversari. Con un paio di secondi da giocare e palla da rimettere in gioco lateralmente, Kobe riceve dai sei metri ed infila un tiro in sospensione in fadeaway, vanificando la strenua difesa di Artest. L'azione seguente sorprende Battier tirando da un metro oltre l'arco dei tre punti per il più classico degli swish!
L'MVP della scorsa regular season ha già 20 punti all'intervallo, ben bilanciati dai 19 del duo Gasol-Bynum. Un ulteriore parziale di 17-2 manda Houston negli spogliatoi sotto di venticinque punti.
Le residue speranze di recupero svaniscono pochi minuti dopo il ritorno in campo. Nonostante Brooks inizi a trovare qualche spiraglio nella difesa avversaria e si guadagna tiri liberi in rapida successione, ci pensa Bynum a recuperare due rimbalzi offensivi ed a mettere insieme due azioni da tre punti: canestro e fallo.
Quattro minuti dopo l'intervallo Scola e Hayes hanno già quattro falli a referto e, un minuto più tardi, il quinto fischiato ad Hayes si traduce nell'ingresso in campo di Brian Cook. E con lui è davvero notte fonda.
Le quattro triple consecutive fallite dall'ex Lakers affondano ulteriormente la statistica nel tiro dalla lunga distanza che, dopo tre quarti, dice 3/23. Con Mutombo e Yao costretti a guardarlo sconsolati, Cook riesce anche a perdere tre palle in pochi minuti con passaggi a dir poco telefonati. I Lakers corrono in campo aperto con Ariza, sorridono per i canestri di un ritrovato Farmar e chiudono la terza frazione a +40!
Kobe può riposarsi in panchina, mentre i gasati tifosi dello Staples Center invocano a gran voce il nome dell'unico gialloviola a non aver ancora messo piede in campo nei playoff. Ecco allora che per quasi sei minuti anche DJ Mbenga è della partita e si gode gli applausi per il suo unico canestro.
Non c'è stata partita.
Abbiamo giocato esattamente al contrario di quanto abbiamo fatto nell'ultima gara, – sostiene coach Adelman. – Nel primo tempo abbiamo tirato malissimo e commesso troppe turnover. Avevo messo in guardia i ragazzi, se perdiamo la palla contro questa squadra siamo in grossi guai. Ed è esattamente quello che abbiamo fatto.
Gran parte delle diciassette palle perse di Houston si trasformano nei 24 punti segnati nella colonna “fast-breaks” dei Lakers. Questa l'analisi più tecnica del coach dei Rockets, mentre quella più emotiva aumenta l'enfasi sulla prova negativa dei suoi: “dopotutto loro non hanno fatto poi molto, abbiamo fatto tutto da soli.”
Sette uomini in doppia cifra tra i campioni in carica della Western Conference, solo tre dall'altra parte, compresi i punti di Wafer nel lungo garbage-time.
L'intensità difensiva dei Rockets è venuta meno non appena è subentrata la consapevolezza di aver compromesso la partita. Era successo anche in gara-4, quando al contrario l'esito della sfida era già deciso in loro favore e, come appurato, se i texani non danno il massimo in difesa, perfino dei Lakers modesti possono recuperare venti punti.
Guardando alla partita di giovedì notte, al Toyota Center, non mi preoccuperei troppo dell'energia e dell'attenzione che Houston metterà nella propria metà campo. Il vero problema è la fase offensiva, perché è da una scarsa esecuzione dei giochi in attacco che sono partite le controffensive dei Lakers, quelle che non hanno permesso a Houston di farsi trovare preparata nella propria metà campo.
Non si può vincere la sfida a rimbalzo contro la frontline dei Lakers (o meglio solo loro la possono perdere) ed altrettanto difficile è il confronto alla voce “punti nel pitturato”.
Brooks, Lowry e Artest sono gli unici a poter attaccare il canestro tagliando l'area e la difesa avversaria, ma se non si dimostrano in serata nelle conclusioni dal perimetro i Lakers si concedono il rischio di “battezzarli” e si concentrano sull'affollamento del pitturato. Niente penetrazioni, niente scarichi sull'uomo libero: pochi palloni buoni per Battier dall'angolo o per Scola dai cinque metri.
Accontentandosi di tirare con l'uomo addosso i Rockets in gara-5 hanno messo assieme percentuali orribili: 32% dal campo, 17% da tre. I buoni tiri nascono da una buona circolazione ed in questo i due play texani ed Artest non sono apparsi affatto ispirati ieri notte.
Ci sono sette partite a disposizione, questo è il bello dei playoffs. Quindi possiamo continuare ad essere positivi, – predica ottimismo Ron Ron.
Ma d'altra parte come dare torto a Charles Barkley quando, durante l'intervallo, sottolinea il macroscopico mismatch a favore dei Lakers? Basta che continuino a dare la palla sotto a Gasol! Chi lo tiene quello ora?
Dopo due partite tanto diverse ma ugualmente a senso unico, gara-6 si profila come una sfida decisamente più incerta. Anche se le probabilità che si tratti dell'ultimo episodio della serie superano il proverbiale fifty-fifty.