Razzi in volo

Ron Artest sale in cattedra in gara-6

Il lancio è riuscito!
Finalmente, dopo dodici anni di fallimenti drammatici e grandi delusioni i Rockets vincono la prima serie di playoff e, infranto il tabù First Round, sono pronti a dare battaglia ai prossimi avversari.

Houston fa sua la serie contro i Blazers senza mai cedere di fronte al proprio pubblico e facendo tesoro del match di apertura in Oregon, quando la giovane Portland si è concessa una partita intera per capire cosa sono i playoff. Sorry, you can't.

Anche da qui parte una riflessione su questi nuovi Rockets: hanno avuto un'occasione e non se la sono fatta sfuggire. Hanno fatto pesare sia la maggiore esperienza che una superiore forza mentale, un aspetto quest'ultimo che è sempre stato messo in dubbio da quando Yao è arrivato in Texas con una valigia di grandi speranze.

Scola, Yao, Battier, coach Adelman, tutti hanno ripetuto nel corso della serie che queste le due squadre sono molto, molto vicine come valori in campo e che il successo poteva andare tanto da una parte quanto dall'altra. Ed è vero, se pensiamo che nelle tre-quattro partite in cui entrambe hanno giocato per 48 minuti la serie è finita due a due. Ma Houston, a differenza di Portland, non ha sbagliato una singola partita.

Il motivo è semplice, hanno sempre difeso. A volte in modo eccellente, altre meno, ma sempre ad un livello mediamente alto. Quando due squadre in campo si equivalgono, è la difesa a fare la differenza.

Charles Barkley non ha mai messo in dubbio il passaggio del turno di Houston, ripetendo il suo solito credo “jumpshooting teams don't win a playoff series, 'cause they don't get easy baskets”. È da questo spunto che apro il commento di gara-6 di ieri notte: Portland si è affidata al tiro dal perimetro ed ha pagato la giornata no dei suoi tiratori.

Tutto qui? Assolutamente no. È difficile commentare una gara durata poco meno di un quarto: poi è stato un lento, inesorabile massacro. Oserei dire che il punteggio finale è bugiardo e non dice tutto del dominio dei padroni di casa. Una volta scavato il solco di venti punti, Houston ha giochicciato in fase offensiva, affrettando diversi tiri dal perimetro e lasciando uno spiraglio ai Blazers che, però, non scenderanno mai sotto la doppia cifra di gap.

La partita si decide tra la fine del primo quarto e la frazione successiva. Roy (22 punti) sente dolore al ginocchio, va negli spogliatoi e quando rientra il discreto avvio dei Blazers si è già  spento. Nonostante il miglior LaMarcus Aldridge della stagione, che mette assieme una partita offensiva davvero impressionante (26 punti), Portland senza Roy ha un gioco interno quasi nullo.

Ci si aggrappa al tiro dal perimetro ma, LaMarcus a parte, nessuno trova il canestro. Non è solo l'ottima difesa dei Rockets, ma anche con metri di spazio Rudy, Blake e Outlaw continuano a litigare con il ferro. Incapaci di frenare la vena realizzativa dei padroni di casa, i giovani Blazers perdono fiducia, rifiutano tiri, hanno ripensamenti, in una parola si perdono.

Nelle varie anteprime di gara-6 si diceva che in questo match tutta la pressione fosse su Houston ed i suoi senatori.

La pressione la sento eccome, – aveva ammesso Yao Ming – sarei un bugiardo se lo negassi. Le grandi partite portano con sé sempre grandi tensioni.

Guardando la partita però ci si rende conto che le gambe che tremano sono quelle dei giocatori con la divisa scura. Portland paga la serata disastrosa del supporting cast. Ad un certo punto, nella ripresa, compare l'eloquente grafica “Roy + Aldridge 16/30 dal campo, il resto della squadra 5/22”.

Loro hanno avuto tanti punti dalle due star, ma noi abbiamo annullato tutti gli altri e siamo andati bene a rimbalzo – conferma coach Adelman.

Solo Przybilla, oltre ai due top scorer della Rip City, merita una doverosa citazione. La sua è una difesa generosa ed efficace su Yao, lotta come un leone sotto canestro stoppando tutto quel che gli gira attorno e prendendo sei rimbalzi nell'area avversaria. Commovente.

Nel pre-partita si era anche parlato di quali potessero essere gli uomini della provvidenza per entrambe le contendenti. Da un lato si indicava Rudy Fernandez, che con i suoi canestri e la sua intelligenza cestistica potevo costringere Battier e Artest a non concentrarsi sul solo Roy.

Rudy, a furor di popolo, si è guadagnato a sorpresa il posto da starter, ma non ha mai preso ritmo ed ha chiuso la partita con un canestro su sette tentativi.

Dall'altro lato il difference-maker poteva essere Ron Artest, fin qui presente nella serie solo difensivamente, ma mai convincente nell'altra metà  campo (37% dal campo nelle prime cinque sfide). E proprio Artest (27 punti) è stato l'MVP della gara. In avvio di partita una sequenza impressionante di tiri dal perimetro (alcuni in seguito a blocchi monumentali del cinese) tengono testa ai jumper di Aldridge. Poi inizia anche a battere gli uomini in penetrazione, incuneandosi nel pitturato e finendo con facili lay up.

Mancava solo lui a Houston ed il suo “arrivo” ha colto impreparata la difesa di McMillan. Game, set, match, series!

L'avventura dei Blazers finisce con diverse brutte immagini: Blake pasticcione e difensivamente inadeguato, Outlaw incapace di emergere per tutto la serie, Oden che perde palla ogni volta che la mette a terra e capace perfino di sbagliare una schiacciata tutto solo. Ma in fondo, è stata solo una partita storta, di una stagione da incorniciare.

Se ci guardiamo alle spalle, è stato un grande anno per noi – sottolinea con orgoglio Aldridge. – Nessuno ci pronosticava 50 vittorie (in regular season, ndr) e di essere protagonisti di questi playoff. Abbiamo perso al primo turno e questo ci darà  nuove motivazioni per il prossimo anno.

E se guardiamo avanti, l'ottimismo ha un nome e cognome: Brandon Roy.
Il #7 dei Blazers è stato davvero provato da questa estenuante successione di sfide con due dei migliori difensori della Lega (Artest & Battier), ma ha superato il test playoff con il massimo dei voti. Per lui quasi 27 punti di media e l'incoronazione che arriva dai due mastini texani. Per Artest, Brandon è il più difficile avversario mai marcato, più di Kobe e LeBron. Battier non condivide il paragone del compagno, ma nel tessere le lodi dell'AllStar avversario aggiunge che non è ancora a livello di quei due per ora.

John Canzano dell'Oregonian rivela che Roy, seduto in panchina durante il garbage time, ha confessato al compagno al suo fianco di essere veramente stanco. Ancora non è noto quanto abbia influito il fastidio avvertito al ginocchio, ma a poco sarebbe servito il miglior Roy ieri notte.

Ron Artest, con gli avversari già  sulla via degli spogliatoi, ha chiesto al pubblico di fare un applauso agli sconfitti, dando il via ai commenti sportivi e sinceri del dopo-gara.

Bisogna dare credito ai Rockets, – gli fa eco Roy. – Loro sono stati la squadra migliore in questa serie.

E squadra è proprio la parola giusta. Coach Adelman è stato bravissimo nel coinvolgere tutti i giocatori della sua rotazione che, a turno, sono stati protagonisti nella serie. Luis Scola, forse il migliore nella serie, ha dato lezioni di basket approfittando della libertà  concessa da una frontline avversaria focalizzata su Yao.

Brooks ha dato un importante contributo offensivo nelle prime due gare, Lowry è salito nel corso della serie, portando in dote una difesa arcigna, qualche importante (e inatteso) rimbalzo offensivo, qualche canestro in penetrazione e trovando spesso i falli di Oden. Perfino Chuck Hayes si fa ricorda per alcune fondamentali giocate difensive, come lo sfondamento subito da Roy nel finale della pivotal game-4. Carl Landry ha giocato quarti finali con il ghiaccio nelle vene, trovando canestri e rimbalzi offensivi determinanti. Von Wafer ha portato energia e una minaccia dall'arco dei tre punti per tutta la serie, con delle prove che ci saremmo aspettati da Outlaw.

Perfino Mutombo, che in questa serie ha subito l'infortunio che conclude la sua carriera agonistica, ha giocato una partita solida da vice Yao.

Questi sono i Rockets che tornano a fare paura. Sul finire del terzo quarto i tifosi del Toyota Center hanno iniziato ad intonare i cori “Beat L.A., Beat L.A.”.

Kobe e compagni sono avvisati.

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