I Falchi non temono il caldo

Servirà  un Wade molto migliore agli Heat per poter sperare

Sulla Philips Arena di Atlanta, Georgia, si aggirano minacciose delle poiane, i falchi del deserto che non temono il caldo, anzi, vi si trovano perfettamente a loro agio.

Questa avrebbe in teoria dovuto essere la serie più equilibrata di tutti i play off, con due squadre arrivate quarta e quinta all'est, distanziate di quattro vittorie, con gli Heat che hanno creduto di poter completare l'inseguimento fino a poche giornate dalla fine della regoular season, quando Dwyane Wade si è preso fisiologicamente qualche giornata di pausa.

Due squadre relativamente giovani, gli Hawks sono si guidati da due giocatori che in passato hanno già  provato l'assalto al titolo con due squadre molto spettacolari, Mike Bibby, ex play dei bellissimi Kings di inizio millennio, e Joe Johnson, protagonista delle prime annate dei Suns di Mike D'Antoni, ma gli altri elementi sono giovani ed hanno solo una serie di esperienza ai play off.

Josh Smith e Marvin Williams hanno grandissimi mezzi atletici, ma spesso in passato venivano bollati come giocatori limitati, ed in effetti al loro ingresso in lega lo erano, Smith era una specie di capra salterina che schiacciava a canestro, giocava sempre sopra il ferro ma era deficitario sia in alcuni fondamentali che nelle letture, Williams era timido e spaurito, ed Al Horford non ha la stazza del centro dominante.

Gli Heat in teoria erano all'inizio di una ricostruzione, ma hanno stupito con il loro quinto posto, l'ex miglior giocatore delle finali Dwyane Wade miglior realizzatore e candidato all'MVP, Udonis Haslem è quello di sempre, solido ed efficace, un Mario Chalmers, sconosciuto ai più e sottovalutato da quasi tutti, compreso chi scrive, che si è rivelato il play ideale da affiancare a Wade, buon difensore, non chiede tantissimo palla in mano, buon tiratore sugli scarichi, giocatore solido e di carattere, come ala piccola fra James Jones, Jamario Moon e Jakuba Diawarà  bene o male un minimo di contributo usciva fuori sempre, la stessa cosa fra i centri, con i precocemente decaduti Jermaine O'Neal e Jamaal Magloire, due ex all star che a poco più di 30 anni son minati da tanti infortuni, e Joel Anthony. In più la seconda scelta assoluta Michael Beasley, che aveva cominciato male, segnando ma mostrando un gioco inconsistente, fatto di poca difesa, cattive letture, tanto individualismo e lunaticità , ma che lentamente si è adattato all'NBA ed al gioco dei compagni, risultando via via sempre più produttivo.

Aggiungiamo due allenatori inesperti, ma con Spoelstra che ha una critica molto migliore di Woodson ed un mentore come Pat Riley, detentore di cinque anelli, pronto a consigliarlo. In sostanza sembrava il quadro di una serie molto equilibrata, con gli Heat pronti a sgambettare gli avversari nonostante lo svantaggio del campo.

Invece, come sempre, nello sport la carta serve solo per farsi aria e, se vogliamo, ai pubblici servizi, il campo ha una sua storia ed una sua logica stringente che non si piega alle elucubrazioni dei critici.

Pronti e via, palla a due, ed apparentemente il pronostico è rispettato, con un primo quarto equilibrato, giocato sul filo dei punti.

Già  nel secondo quarto però gli Hawks hanno scavato un divario notevole, arrivando all'intervallo di metà  partita con un rassicurante vantaggio di 20 punti.

Al Horford e Zaza Pachulia hanno macinato i centri avversari, Jermaine O'Neal e Joel Anthony, Mike Bibby ha diretto le danze lasciando giocare i compagni, Joe Johnson non ha sfigurato affatto con Dwyane Wade, Marvin Williams, ha fatto la sua parte, ma soprattutto abbiamo visto un Josh Smith dominare gli avversari, nonostante fosse spesso opposto ad Udonis Haslem, uno che in passato è riuscito a mettere in difficoltà  gente come Rasheed Wallace e Dirk Nowitzki.

Che Smith non fosse più l'ignorante di basket degli inizi si sapeva, il ragazzo ha dimostrato molta intelligenza ed umiltà  lavorando sui propri difetti e migliorando di anno in anno, ma in questa serie ha dimostrato di essere vicinissimo al salto di qualità  che potrebbe portarlo nell'olimpo dell'NBA.

Giocatore atipico, si tratta infatti di in classico "tweener", un giocatore che oscilla fra i due ruoli di ala, cosa che di solito è uno svantaggio, lui grazie alla sua potenza atletica la trasforma in un grande pregio, non temendo il confronto con un Udonis Haslem che in fatto di potenza fisica teme pochissimi rivali e potendo partire molto da lontano, grazie alla sua rapidità , obbligando il povero Udonis ad inseguirlo.

Oltretutto i suoi innegabili progressi al tiro rendono impossibile lasciargli spazio, cosa che, grazie alla sua ottima partenza, gli apre spazi per attaccare il ferro con continuità . Ci vorrebbe un bel centro intimidatore per aiutare il povero Udonis, ma li sotto ci sono i poveri O'Neal ed Anthony che hanno le loro brave gatte da pelare contro i centri avversari.

Allora? Si prova ad inserire Beasley?
In difesa non è eccelso, si sa, ma magari in attacco farà  faville dando problemi ai lunghi avversari almeno nella metà  campo offensiva. Dieci punti con quindici tiri, nessun tiro libero, c'è da commentare la prova offensiva di Michael?

Certo, il ragazzo ha mostrato qualche bel lampo, ha anche preso 10 rimbalzi per una doppia doppia pleonastica, dedicata agli amanti dei tabellini anche se di scarsa utilità , ma per incidere ai play off se ne parlerà  più avanti.

Immaginiamo cosa stesse pensando il povero Pat Riley, abituato ad allenare lunghi strepitosi, Jabbar a Los Angeles, Ewing a New York, prima Mourning e poi Shaquille O'Neal a Miami, ora deve sorbirsi il suo delfino tentare di spremer sangue dalle rape con dei lunghi non all'altezza.

Ed il leader assoluto, l'uomo guida, colui che ha portato di peso gli Heat ai play off, Dwyane Wade? 19 punti con 21 tiri tentati, 5 assist, che per lui sono pochi, 3 palle recuperate ed 8 perse, messo in grande imbarazzo pure lui dalla buona difesa degli Hawks.

I Falchi di Atlanta ancora una volta si sono dimostrati una squadra adatta ai play off, come l'anno scorso, quando hanno portato in gara 7 i campioni NBA, i Boston Celtics, grazie alla loro notevole potenza fisica riescono ad imbastire una buona difesa ed avendo tanti giocatori in grado di segnare nei modi più disparati non sono facili da limitare.

Ed allora? Serie già  finita? Pensiamo al prossimo turno contro Lebron James ed i suoi Cavaliers o, meno probabilmente, contro i Detroit Pistons?

Direi di no. Tante volte abbiamo avuto la prova che ai play off nulla si può dare per scontato, gli stessi Heat qualche tempo fa si sono trovati sotto per 0 a 2 in una finale ed in grande imbarazzo in gara 3, e tutti sappiamo com'è andata a finire.

Per affrontare questi Hawks però prima di tutto servirà  un Wade diverso, quello ammirato in tante partite di regoular season (e qualche tempo fa anche ai play off) e non la sua controfigura, poi coloro che possono incrementare il loro rendimento, cioè Chalmers, Beasley e, soprattutto, Haslem, devono dare di più, in difesa ci vuole più gioco di squadra ed un maggiore aiuto ai compagni in difficoltà , in attacco ci vuole una migliore circolazione di palla e non palla al n.3 che ci pensa lui. Il coach Spoelstra, che verrà  sicuramente aiutato da Pat Riley, può riuscire a cambiare l'atteggiamento dei suoi, ma ci vorrà  un gran lavoro svolto in fretta.
Certo, Spoelstra si affretta a dire: "Il coach sono io, Pat Riley non viene certo a dirmi quello che devo fare!"

Ma qualche consiglio serve proprio, immaginiamo che il buon Pat, l'uomo dalle cravatte più improbabili dell'NBA, stia già  provvedendo.

Dall'altra parte gli Atlanta Hawks devono solo continuare così, con tranquillità , senza rilassarsi ma anche senza farsi prendere dalla frenesia per il primo passaggio del turno della maggior parte dei giocatori della franchigia della Georgia, quella che una volta era la barzelletta dell'NBA e che ora inizia a farsi rispettare.

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